Felice
Laudadio
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Bona
Sforza e il castello di Bari
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Un
pregevole volume, esaurito
da tempo, racconta la
vita della "donna del
Rinascimento"
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Ma
quale castello svevo? Non è affatto federiciano
il possente edificio che si eleva da diversi
secoli ai margini del borgo antico di Bari.
Quantomeno, non è dovuta al Puer Apuliae
la trasformazione di una semplice
caserma-prigione, qual era per volontà dei
costruttori normanni e del ristrutturatore
svevo, nella sede degna di una nobile corte
rinascimentale. Quel progetto ha portato la
firma a torto ignorata di Isabella d'Aragona.
È
però di un'altra insigne sforzesca che vogliamo
parlare: della figlia Bona, regina di Polonia e
signora di Bari. Di lei parla un volume
eccezionale, tanto straordinario da risultare
pressoché introvabile. Padre Gerardo Cioffari,
direttore del Centro Studi Nicolaiani, completò
nel 2000 una ricerca dettagliata, pubblicata
dagli editori baresi Levante col titolo Bona
Sforza. Donna del Rinascimento tra Italia e
Polonia, 420 pagine, 20.000 lire. Non sembri
anacronistica l'indicazione del prezzo in
vecchie lire. Il volume, elegante e curato nei
dettagli, è esaurito. Lo è stato praticamente
da subito, stampato in soli 250 esemplari, in
vista di una più ampia edizione, non ancora
realizzata. I cultori della materia potranno
forse trovare qualche copia presso la Basilica
di San Nicola. Inutile rivolgersi a casa
Levante, non ce ne sono, più, neanche facendo
affidamento sulla generosità di Gianni Cavalli.
È un peccato, perché si tratta di un lavoro
davvero importante. Un bel volume, anche sotto
l'aspetto grafico. È fuori commercio, ma resta
un paradigma della qualità delle edizioni
Levante.
Tornando
alla protagonista, Bona, dal nome della nonna,
Bona di Savoia, è venuta ragazzina e c'è
cresciuta nel castello di Bari. Nata a Vigevano
nel 1494, da Gian Galeazzo Sforza e Isabella,
fece il suo ingresso a sette anni, nel settembre
1501, nelle sale illuminate dalla calda luce del
Sud, in una fortezza che non aveva ancora nulla
della residenza nobiliare in cui la mamma
vedova, perso il ducato di Milano e acquisito
quello barese, vorrà trasformare il
penitenziario normanno-svevo. Non era - o non
ancora - una reggia da film, ma che spettacolo
per la piccola rispetto ai tetri ambienti di
Vigevano!
Erano
comunque tempi difficili, anche in Puglia. Tanto
per ricordare, nel 1503, in una piana presso
Corato i cavalieri francesi e italiani
consumarono i rispettivi rancori nella disfida
di "Barletta". La ragazza era protetta
dalla fazione spagnola, ma più della guerra patì
l'assenza morale della madre, troppo assorbita
da lavori e architetti per dedicare attenzione
alla figlia. Non le mancarono invece i migliori
precettori, che le garantirono una formazione
intellettuale e religiosa invidiabile per una
donna del tempo. Non le fecero difetto più
avanti cottarelle e sbandate per qualche giovane
della nobiltà appulo-napoletana. La sensibilità
dell'epoca trasformava innocenti e platoniche
infatuazioni in serissime corrispondenze di
amorosi sensi, celebrate da lettere, poesie e
rime degne di un dolce stil novo in sedicesimo.
È
qui i contemporanei si divisero sul giudizio,
tra chi la riteneva educata ai più puri e
amorevoli sentimenti e chi la considerava capace
di concretizzare pragmaticamente i suoi sogni
attraverso incontri e relazioni carnali.
Un'ovvia curiosità, a questo punto, ci porta ad
interrogare l'opera di padre Cioffari per
conoscere l'aspetto fisico di Bona. Nulla di
appariscente, nel senso di un gran bellezza ma
anche del contrario, a sentire il suo
istitutore, Crisostomo Colonna: «sana
corporatura, statura mediocre, non magra, non
grassa». Una ragazza normale, non certo una
velina. Si può dire, perciò, che i ritratti le
rendano più del dovuto, presentando un volto
grazioso ma con un che di vago. Ecco,
genericamente aggraziato, non decisamente bello.
Una sorta di Gioconda, come appare dalla nota
effigie giovanile in copertina.
È
evidente che il nostro interesse si incentra
sugli anni giovanili della duchessa, ma il libro
Levante - alla peggio potrà essere consultato
in biblioteca - risponde ad ogni altro
interrogativo, occupandosi in maniera esauriente
anche del periodo polacco, del ruolo nella
storia di Bari e nella politica europea di metà
1500. Su questa linea, si spinge fino alle
riforme nella Russia occidentale, vicino
ingombrante per la Polonia. Grande attenzione è
rivolta naturalmente agli anni del ducato di
Bari ed al governo dei feudi minori.
In
appendice, uno studio della ricercatrice polacca
Monika Werner sulla figura di Bona Sforza nella
letteratura italiana del suo secolo.
Felice
Laudadio
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