GERARDO
CIOFFARI |
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Il Graal
e la Basilica di San Nicola
di Bari: poca storia, molta fantasia
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Enigmi
e miracoli? Solo pubblicità...
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La
nostra è un'epoca strana: più progredisce la
scienza, più hanno fortuna cartomanti e
indovini. Il paradosso si spiega forse con la
spinta che nasce nel profondo dell'anima verso
mondi nuovi, alla scoperta di possibili segreti
rispetto alla realtà quotidiana. E la Basilica
di S. Nicola, come già Castel del Monte, non
poteva sfuggire a questa interpretazione
"esoterica" che chiama in causa
Templari e perfino la leggenda del Graal.
Il
programma televisivo andato in onda su Rai2 ne
è una dimostrazione. Quando mi è stato
presentato il progetto del programma sono
rimasto alquanto deluso, in quanto ho notato che
quell'interpretazione [...] voleva rimanere in
piedi nonostante la carenza di supporto
documentario. Trattandosi però della Basilica
di S. Nicola, della quale conservo appunto la
documentazione pergamenacea, qualcuno potrebbe
considerare inopportuno il mio silenzio.
I
Templari sono un ordine cavalleresco fondato
dopo l'anno 1100 e quindi non c'entrano nel modo
più assoluto con la traslazione delle reliquie
di S. Nicola (anno 1087). Né i Templari ebbero
a che fare con la Basilica successivamente (se
non per rapporti superficiali e comunque non
documentati). L'archivio della Basilica possiede
quasi 1800 pergamene, di cui oltre 500 solo del
periodo angioino. Da esse non risulta né
direttamente né alla lontana che gli Angioini
abbiano proceduto ad "una delle più
imponenti campagne di cancellazione della
memoria federiciana e della presenza
musulmana". Questa è pura fantasia. In
realtà, Bari fu sempre l'ultimo dei pensieri di
Federico II. Se gli Angioini avessero voluto
cancellare la memoria federiciana avrebbero
cominciato col buttare giù la bella iscrizione
sulla facciata (consacrazione della Chiesa nel
1197 ad opera del padre di Federico II). Le
pareti della Basilica non contengono vestigia di
affascinanti segreti e misteri. Le iscrizioni,
se si sanno leggere, sono chiare e non
contengono segreti. Certamente vi sono molti
vuoti e punti interrogativi, che in parte si
cercherà di chiarire nel secondo volume della
Storia della Basilica. Ma ciò deriva da reale
mancanza di documentazione, e talvolta da
insufficiente conoscenza storica o linguistica
(non mancano di quelli che scrivono sulla
Basilica senza un minimo di conoscenze
paleografiche e persino di latino). In passato
qualcuno ha voluto accostare alcune scene e
simboli, specialmente del Portale dei Leoni, al
ciclo dei cavalieri della Tavola Rotonda. In
realtà l'epopea della prima crociata, con il
suo spirito cavalleresco e la sua viva
sensibilità per il recupero delle reliquie del
tempo di Gesù, favorì lo sviluppo nel XII
secolo del romanzo cavalleresco incentrato sulla
figura del re Artù. Ma forse è bene ricordare
che il Portale dei Leoni è anteriore alla
diffusione di questo romanzo, come del romanzo
del Santo Graal.
Come
si sa, il Santo Graal, nella fantasia di questi
romanzieri che si ispirarono ad un Vangelo
apocrifo, era la coppa in cui Giuseppe di
Arimatea avrebbe raccolto il sangue del costato
di Cristo, già impiegata dal Signore
nell'Ultima Cena. Tra il XII e il XIII secolo,
la ricerca di questo calice, considerato dotato
di prodigiose virtù, vide il cavaliere Parsifal
quale protagonista di mirabolanti avventure. Io
mi sono divertito a collaborare col sig.
Castelli nel creare un fumetto (Martin Mistère),
fantasticando come questo Santo Graal si trovi
ora nel Tesoro della Basilica. D'altra parte,
perché mettere limiti alla fantasia? L'unico
neo in tutto questo è che qualcuno ci possa
credere per davvero. Un po' come sta succedendo
col romanzo "Il Codice da Vinci".
Certo, nel Portale dei leoni e negli altri
portali della Basilica, calici e coppe non si
contano. Ma il calice (come i grappoli d'uva e
le spighe di grano) fa parte del simbolismo
dell'eucarestia, mistero fondamentale (questo sì)
della vita cristiana.
Su
RaiDue, per circa un quarto d'ora, si è parlato
di Bari e della Basilica di S. Nicola. Il
programma di "Voyager. Ai confini della
conoscenza", è andato in onda non quando
fu annunciato alcuni giorni fa, bensì ieri [30
marzo 2005] alle 0,20, vale a dire una ventina
di minuti dopo la mezzanotte tra martedì e
mercoledì. L'orario, alquanto proibitivo, non
ha
impedito che molti baresi lo vedessero.
Dopo
un servizio su Rennes le Château e la sua
immancabile società segreta, la Basilica di S.
Nicola ha avuto la parte del leone nella puntata
di ieri per quanto riguarda le tracce del Santo
Graal in Italia. Una bella presentatrice ha
accompagnato lo spettatore dentro e fuori la
Basilica mettendo in rilievo queste possibili
tracce, partendo dalla traslazione, e
coinvolgendo nella straordinaria avventura papi
(Gregorio VII) ed imperatori (Enrico IV).
Mentre, in realtà, l'impresa del rapimento di
S. Nicola fu totalmente ideata e realizzata dal
popolo barese.
Anche
la manna fa la sua bella figura in questo grande
affresco misterico che avvolse i primi tempi
della Basilica. Un ruolo importante è stato
dato al Portale dei Leoni, un capolavoro che
effettivamente fa rivivere l'atmosfera dei
cavalieri della Tavola Rotonda, con i cavalieri
che (armati di lance, spade e scudi) assaltano
un castello. Anche se, a parte l'atmosfera, qui
dovrebbe trattarsi della rievocazione di un
fatto storico (forse la conquista di Antiochia
da parte del signore di Bari, Boemondo, nel
1098).
Quindi,
scorrendo velocemente le immagini sulle reliquie
della prima crociata, sulla sfinge, sui
pellicani e sui grifi, ci si è infine
soffermati sul
criptogramma di 650 lettere senza senso compiuto
che si trova sulla lastra della mensola
dell'altare d'argento, e che risale al 1684. Non
scoraggiati dalla data troppo recente, i
realizzatori del programma
hanno presentato una [...] recente lettura: «La
cassa e lo scrigno
provenienti dalla cripta di Mira ed il Gradale
proveniente dal sacello dell'Eremo di Galvano
sono qui nascosti». La fantasiosa
interpretazione che vede finire il Santo Graal
in una Cripta nascosta (da qualche parte sotto
la Basilica) diversa dall'attuale, trova delle
apparenti conferme dall'assenza del punzone del
Marinelli sulla lamina del criptogramma (che
quindi sarebbe ben anteriore) e, neppure a
dirlo, dalla perdita delle "Conclusioni
Capitolari" del 1684, che avrebbero potuto
rivelare quanto scoperto dagli argentieri
napoletani nello smontare l'altare d'argento
dello zar di Serbia Uro? II Milutin.
Mi
è venuto di pensare al direttore egiziano dei
musei delle Piramidi, amante (come me) di
documenti e fatti concreti, costretto però a
riconoscere che se si vogliono offrire immagini
belle e pubblicizzarle, è utile (se non proprio
necessario) affidarsi a chi parla di miracoli,
di enigmi e di misteri.
Gerardo
Cioffari
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