C’è
da tempo attorno a Castel del Monte una gran
folla. Un pullulare di sacerdoti delle scienze
del mistero, cultori di ufo-reliquie,
archeoastronomi e numerologi da strapazzo; e di
giornalisti preoccupati - secondo un consolidato
luogo comune - di riempire di falsi misteri le
pagine estive di riviste e quotidiani. Tutti
impegnati ad alimentare una sequela di assurde
credenze sull’ottagono federiciano - come
quella secondo cui l’edificio sarebbe stato
costruito per ospitare e custodire il Santo
Graal - che poco hanno a che fare con la realtà
storica. Checché ne dicano i seguaci del filone
esoterico, che sottolineano lo "splendido
isolamento" e la (presunta) totale assenza
di difese di Castel del Monte, gli storici e gli
studiosi di professione puntano infatti a
recuperarne l’originaria identità di castello
medievale. Una struttura di straordinaria
bellezza, di monumentale imponenza e di
fascinosa presenza, ma pur sempre un castello.
Inserito a pieno titolo in un organico
"sistema" castellare realizzato da
Federico II e progettato a fini militari,
politici e per così dire "di
propaganda".
È
la tesi, supportata da solide fonti
documentarie, che Raffaele Licinio - professore
di Storia medievale nella Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università di Bari - espone
nel libro Castel del Monte e il sistema
castellare nella Puglia di Federico II:
appena uscito per i tipi di Edizioni dal Sud
contiene saggi di Maria Afronio, Massimiliano
Ambruoso, Antonio Diviccaro, oltre che dello
stesso Licinio. Il quale, oltre che storico di
mestiere - di quelli, tanto per intenderci,
abituati agli strumenti dell’indagine
scientifica - è un fine polemista. E nel libro
addita con chiarezza i limiti delle mirabolanti
invenzioni sul Graal, sugli allineamenti con la
cattedrale di Chartres e con Gerusalemme e sulla
tomba del faraone Cheope.
«Castel
del Monte non è pieno di misteri o di enigmi da
svelare - afferma - ma di problemi storici e
questioni aperte su cui ridiscutere». Magari
con le armi "desuete" (sic) della
ricerca storica seria e non con quelle della
divulgazione magico-esoterica. Non a caso la
rivista «Medioevo» (De Agostini-Rizzoli), nel
numero di luglio 2001 attualmente in edicola,
raccomanda caldamente il sito web www.storiamedievale.net
curato da Raffaele Licinio: un sito di
approfondimento della cultura medievale che
assicura un’informazione storica doc e
contribuisce ad abbattere una serie di luoghi
comuni e di corbellerie sul Medioevo. Proprio
come quelle riguardanti Castel del Monte.
"Quel
castello sorge lì e non altrove - spiega
Licinio - perché deve completare le maglie di
un sistema che serve a controllare il
territorio". Un maniero che va dunque
considerato nell’ambito dei rapporti
comunicazionali con i principali castelli della
zona: Barletta, Canosa, Trani, ma anche Andria,
Ruvo, Corato, Terlizzi, Bari, Gravina, il
Garagnone. "Un grande personaggio politico
come Federico II conosce perfettamente l’importanza
del controllo, anche militare, del territorio.
Non si tratta infatti soltanto di un processo di
costruzione di castelli, ma di modifica dello
sviluppo di un territorio: delle colture, dei
trasporti, dei commerci, della politica, della
demografia".
E
poi c’è la valenza spettacolare di un
monumento che è ostentazione di potenza: «Il castrum
di Santa Maria del Monte serve a Federico -
aggiunge lo storico - come rafforzamento della
simbologia del potere: che con Castel del Monte
diventa talmente esplicita da rappresentare in
pietra la corona ottagonale degli svevi, ossia
il simbolo della casa imperiale». Ottagonale
come la corona di Ottone il grande, che fu cinta
da Federico II; o come la pianta della Cappella
Palatina di Aquisgrana (capitale dell’impero
di Carlo Magno), nota a Federico II in quanto vi
fu incoronato re dei Romani il 25 luglio del
1215; o come il grande lampadario di rame dorato
- con otto sportellini ed altrettante torri -
fatto costruire da Federico I Barbarossa e che
pende dal soffitto della cappella. Una figura,
quella dell’ottagono, evidentemente assai
familiare e vicina agli Svevi: e a Federico in
modo particolare.
L’asso
nella manica dei cultori delle teorie esoteriche
resta la condizione di "solitudine"
territoriale dell’ottagono in pietra di Castel
del Monte, insieme con la tesi che vuole il
maniero del tutto privo di elementi di difesa.
Due stereotipi che Licinio rifiuta: «L’isolamento
- osserva - si rivela un grande bluff. Il
castello è sulla via che collegava Andria a
Gravina, in un paesaggio vivo, frequentato,
dinamico. Non bisogna farsi ingannare dalla
distorsione prospettica, un fenomeno ben noto
agli storici: registrando un dato attuale, si
cede alla tentazione di proiettarlo
meccanicamente all’indietro, nel passato.
Neppure risponde al vero il ritornello che
Castel del Monte non avesse difese: non mancano
certo, ad esempio, chiare testimonianze dell’esistenza
di una cinta muraria».
E
se poi, come Licinio è propenso a credere, si
accettasse l’idea che Federico II abbia potuto
scegliere per il suo castello la collina
murgiana perché lì - o nelle immediate
vicinanze - esisteva una precedente
fortificazione di età normanna, per completare
la maglia di un sistema castellare indebolito in
quel punto dal degrado di quella struttura?
Verrebbero meno le basi della matrice esoterica,
del simbolismo magico, dei richiami al Santo
Graal e alla piramide di Giza. Che ne sarebbe
dei tanti «ricercatori di misteri», rimasti in
agguato per anni come i soldati giapponesi in
isole sperdute del Pacifico? «Qualcuno dovrà
pure informarli - risponde ironico Licinio - che
la guerra è finita da un pezzo; e che Castel
del Monte è, semplicemente e per fortuna, solo
un magnifico castello medievale».
Edoardo
Altomare
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