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LA CASA EDITRICE

Raffaele Licinio (a c. di), Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II, Edizioni dal Sud, Bari 2001; testi di R. Licinio, M. Ambruoso, A. Diviccaro, Mariella Afronio.

Quando e perché è stato costruito Castel del Monte? Perché su quella collina? Era davvero privo di difese? 
Come valutare un assai poco noto documento che assicura che il castello esisteva già in età normanna, prima ancora che Federico II nascesse? Si tratta di una notizia falsa o è possibile che ci fosse in zona una precedente fortificazione normanna?

Questioni e domande aperte su cui ridiscutere documenti alla mano, non misteri o enigmi da svelare. Questo libro non ha l’ambizione di proporsi come “manuale di resistenza” contro le mirabolanti invenzioni della divulgazione magico-esoterica e del Medioevo neotemplare, con i loro illusori richiami alla piramide di Cheope, ai percorsi iniziatici, al santo Graal. Più semplicemente, indicati i limiti di teorie incongrue e improbabili, esso vuole recuperare l’originaria identità di Castel del Monte: un castello medievale dalle funzioni polivalenti, un maniero, da leggere all’interno dell’organico sistema castellare realizzato dallo svevo per governare il territorio, e da analizzare nei rapporti comunicazionali con i principali castelli della zona, Barletta, Canosa, Trani, ma anche Andria, Ruvo, Corato, Terlizzi, Bari, Gravina, il Garagnone.

ANNALISA RITUCCi

 

Castel del Monte

 

Un castello senza misteri

 

     

   

Restituire un’immagine storicamente nitida della figura e dell’operato di Federico II, nonché del più suggestivo gioiello architettonico d’epoca federiciana, Castel del Monte: questo lo scopo della battaglia “filologica” condotta dal prof. Raffaele Licinio. Una battaglia che conosce un momento di grande chiarezza concettuale nella sua recente pubblicazione Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II (Edizioni dal Sud, 2001). Il testo è stato al centro di un incontro svoltosi presso la Sala Mazza del Museo civico di Foggia con il patrocinio dell’Associazione “Amici del Museo”.

Partendo da un’analisi dello stato attuale delle conoscenze, il prof. Licinio spiega come la varietà di ipotesi del tutto fantasiose e volutamente enigmatiche che fanno di Castel del Monte un “contenitore di leggende” (specie quella del Sacro Graal), sia dovuta al fatto che “il castello, come pure il personaggio di Federico II, sono ‘mitomotori’, cioè miti che si identificano con le nostre radici ed in quanto tali stimolano una fantasia che, se non educata dalla razionalità, produce null’altro che confusione”. Il punto focale del discorso è senz’altro il recupero di Castel del Monte nella sua originaria identità di “castello” e non di tempio laico privo di ogni finalità civile e militare.

“Tra le cose da smitizzare dal punto di vista storico - sostiene il prof. Licinio - vi è la questione secondo cui Castel del Monte non sarebbe un castello perché manca di tutte quelle strutture che un’idea stereotipa e diffusa ritiene indispensabili per identificarlo come tale: ponte levatoio, fossato, muro di cinta, difese, i sotterranei ecc. In realtà fonti di vario genere testimoniano come Castel del Monte fosse, ad esempio, circondato da un muro di cinta, scomparso in seguito come tutte le costruzioni in legno, deperibili, comprese nel circuito castellare”. Può sorprendere scoprire come esso sia stato abitato per circa 5-6 secoli, spesso col ruolo di prigione di lusso per illustri personaggi. In questa stessa prospettiva analitica e demistificatrice si colloca l’intervento del dott. Massimiliano Ambruoso, coordinatore del gruppo di ricerca su Castel del Monte. Egli sfata il mito della presunta perfezione geometrica del castello: “Castel del Monte non è un ottagono regolare, è ricolmo di imperfezioni architettoniche e geometriche e dunque non rientra nella perfetta figura costruita a tavolino nella quale si è voluto a tutti i costi farlo rientrare”.

Segue poi una dettagliata analisi dei problemi metodologici che rendono inattendibili le teorie – prime tra tutte quelle dello studioso Aldo Tavolaro - che legano la costruzione di Castel del Monte a complessi calcoli geometrici ed astronomici, nonché a particolari proiezioni d’ombra prodotte nei giorni equinoziali. “Queste eleborazioni teoriche -sottolinea il dott. Ambruoso- hanno monopolizzato l’opinione pubblica perché affascinanti, ma il loro errore di base sta nella decontestualizzione del castello”. A tal proposito fortemente innovativo è l’invito ad allargare la visuale consueta ed a «considerare Castel del Monte parte integrante di un sistema castellare, organizzazione complessa voluta da Federico II (ed ereditata, in realtà, dalla rete dei castelli normanni) per fini politici, militari e simbolici. Al suo interno ogni castello diventava strumento di dominio e di controllo e comunicava con gli altri attraverso mezzi di comunicazione visivi quali segnali di fuoco e fumo».

Quest’operazione di contestualizzazione spiega anche perché Castel del Monte occupi proprio quella particolare posizione nel panorama assolato delle Murgie. Al di là del motivo legato alla presenza di un precedente castello normanno su quella stessa collina, è proprio la mentalità razionale e pragmatica di Federico II che imponeva il sorgere di un castello in un punto chiave della rete viaria dell’epoca allo scopo di evitare smagliature nel sistema di controllo da lui ideato. Quella stessa mentalità che fece della Capitanata la provincia più densa di castelli del regno di Federico: castelli intesi, più che come fortezze, come domus, masserie con funzioni produttive per l’accelerazione delle colture cerealicole destinate alla commercializzazione. Una curiosità riguardante il rapporto Capitanata-Castel del Monte: benché quest’ultimo non appartenesse al sistema castellare della nostra provincia, un’ipotesi accreditata vuole che il marmo necessario per le rifiniture del castello provenisse da cave presenti proprio in Capitanata (forse Apricena).

In definitiva è spontaneo osservare come gli studi condotti dal prof. Licinio e dai suoi collaboratori non puntino affatto, come qualcuno ha suggerito, a ridimensionare i meriti di Federico II: bensì, al contrario, restituendo all’affresco storico la purezza dei suoi colori originari, essi accrescono lo spessore di un personaggio a tutt’oggi così vivo nella memoria storica collettiva.


Annalisa Ritucci

 

 

 

 
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da "ProtagonistiWeb", 14 marzo 2002

 

    

 

 

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