FRANCO
CARDINI |
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Tutte balle senza remissione
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Il
Codice da Vinci a
cinema
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Ormai, tutti quelli che erano davvero interessati a capire che cosa
ci sia di storicamente vero dietro Il codice da Vinci di Dan Brown,
sanno perfettamente quel ch'è necessario sapere. I libri, gli
articoli di giornale, i dibattiti in TV, gli incontri continui nelle
più disparate sedi, hanno chiarito fino alla noia quelle poche cose
che c'erano da chiarire: perché, a dir la verità, la cosa non è poi
così difficile. E nemmeno così interessante.
Ora, dopo il «successo
annunziato» del libro, arriva quello del film. Piomba sul grande
schermo la quasi-scomunica della Chiesa, che diffida i fedeli dal
recarsi a vedere la pellicola. E io mi domando se è stata una buona
mossa, quella che procurerà a chi ha formulato l'interdizione una
fama d'intolleranza e di repressione e, al tempo stesso,
d'impotenza: perché la gente, cattolica o no, al cinema ci andrà lo
stesso. Per indolenza, per conformismo, per curiosità. E d'altronde,
se la Chiesa cominciasse ora a informare sistematicamente i
cattolici sul rapporto tra vangeli canonici e vangeli apocrifi,
sull'effettiva natura di organizzazioni come l'Opus Dei e via
dicendo, sarebbe come chiuder la stalla quando son scappati i buoi.
Poteva d'altro canto la Chiesa tacere, di fronte a un libro e a uno
spettacolo che la trattano esplicitamente da associazione a
delinquere? La vera sconfitta è la Storia. Dal canto mio, mi chiedo
qualcosa in più: se le facoltà universitarie all'interno delle quali
s'insegna la storia, la filologia, la storia dell'arte e delle
religioni, non dovrebbero costituirsi parte civile contro imprese
editoriali e cinematografiche le quali, diffondendo scientemente il
falso, recano sistematicamente un danno a tutti coloro che come
docenti e come studiosi faticano per affermare la verità
scientifica.
Ma siamo sicuri che giovi davvero tornar su cose che
ormai tutti sanno o dovrebbero sapere, quanto meno se fossero di
media intelligenza e di una qualche buona fede? Repetita iuvant?
Ripetiamolo, comunque. Chi ha letto il libro di Dan Brown e chi
vedrà il film ad esso ispirato, è entrato ed entrerà in contatto con
un mucchio di sciocche bugie, in parte riprese da vecchie leggende
ormai da tempo destituite di fondamento, in parte nuove ma già
abbondantemente smascherate come tali. Chi si dice sconvolto
dalle «verità» scoperte e diffuse dal signor Brown, sappia che
soltanto lui ne proclama la corrispondenza alla realtà. Sciocchezze
e anche scopiazzate Balle: tutte, senza riserve e senza remissione.
E ben lo sa il signor Brown, che ha scopiazzato la storia
dei «misteri» di Rennes-le-Château da un libro pubblicato nel 1979
da M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, Il Santo
Graal, che prendeva per buone delle dicerie sistemate negli anni Trenta del Novecento
nientemeno che dall'autore della serie dedicata ad Arsène Lupin. Il
sodalizio del «Priorato di Sion» non è mai esistito: se l'è
inventato negli anni Cinquanta un noto intrallazzatore, tal
Plantard, intrufolando alcuni documenti falsi (da lui stesso fatti
redigere) nella Bibliothèque nationale di Parigi: ma l'inghippo è
emerso a metà anni Settanta, e vi sono documenti di tribunale a
comprovarlo.
Quanto alla storia del matrimonio di Gesù con Maria
Maddalena, sapevamo da tempo che un vangelo gnostico del II-IV
secolo ne tratta; e da decenni sappiamo come vanno interpretate le
letture allegoriche. Il resto è pura e, non so quanto bella,
letteratura. Colpi di scena, uccisioni, fughe, serrati dialoghi nei
quali sembra si tratti di teologia e di filologia mentre invece non
si parla di nulla.
Vi diverte uno spettacolo fondato su queste
sciocchezze? Allora andate pure al cinema e buon pro vi faccia.
Franco
Cardini
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