di
Luisa
Derosa
Introduzione - Le schede: 1. Adamo ed Eva - 2. Vita di Cristo - 3. Arazzo di Bayeux - 4. Santa Margherita - 5. San Nicola - 6. San Francesco (Bonaventura Berlinghieri) - 7. San Francesco (Giotto) |
2.
Portale
con scene della vita di Cristo (figg.
14-15)
Terzo quarto del XIV secolo |
Pietra
scolpita, incisa, lavorata col trapano |
Altamura, Cattedrale |
Descrizione e iconografia
Il monumentale portale architravato (fig. 14a) è incorniciato da due fasce continue che profilano i montanti e la lunetta, di forma leggermente acuta. La fascia più interna è caratterizzata da una decorazione vegetale a girali. Livemente aggettante è la fascia più esterna, decorata nello sguancio da un tralcio d’edera e da 22 formelle che raffigurano scene della Vita di Cristo a partire dall’Annunciazione, che riveste un ruolo particolarmente importante trovandosi alla base di entrambi i montanti laterali (a destra è la figura della Vergine, a sinistra l’Angelo annunciante).
La
figura della Vergine (fig.
14b)
è
scolpita anche sulla lunetta come Maria Regina, assisa in trono sotto un
baldacchino retto da due angeli.
Anche le prime scene scolpite nelle formelle conferiscono a Maria un
ruolo centrale nell’itinerario di salvezza raccontato sul portale attraverso
la venuta di Cristo, la vicende della sua vita e la passione. Le prime scene
hanno infatti come soggetto: il Viaggio
di Maria e Giuseppe a Betlemme, la Natività,
il Viaggio dei re Magi verso Betlemme,
l’Adorazione dei Magi, La
presentazione al Tempio, la Fuga in
Egitto. Le fonti di queste prime scene sono i Vangeli apocrifi. La
narrazione riprende fedelmente il testo scritto. La prima scena, ad esempio (fig.
15a), si svolge secondo il racconto del Protovangelo di Giacomo, in cui
con grande ricchezza di particolari, sono narrate le vicende della Natività e
dell’infanzia di Gesù, precedute da un’ampia leggenda sulla vita della
Madonna. Qui si narra che Giuseppe, appreso del censimento ordinato da Erode
di tutti gli abitanti di Betlemme, non sapendo, a causa della grande
differenza di età, come dichiarare la propria sposa, decise di lasciare la
città. «Sellò quindi l’asina e vi fece sedere Maria; e suo figlio
conduceva la bestia, e Giuseppe li seguiva» (XVII, 2). Sul portale in esame
sono chiaramente distinguibili la figura del giovinetto che porta l’asina
seguito da Giuseppe stesso. Il vivace gusto narrativo che caratterizza
l’intero ciclo emerge, già in questa prima scena, dall’inserimento di
alcuni particolari, quali il pane e la borraccia appesi al bastone portato in
spalla dal figlio di Giuseppe.
Alla
stessa fonte si ispira la scena successiva della Natività,
dove è raffigurato il bagno del Bambino ad opera di due levatrici,
particolare assente nei Vangeli ufficiali.
L’episodio della Strage degli Innocenti è articolato in due riquadri; nel primo la presenza centrale della donna che stringe a sé i due figli sgozzati dai soldati (fig. 15c) accentua il carattere drammatico della scena. Il bagno di sangue compiuto dagli empi soldati è sottolineato nella riquadro successivo dalle teste dei bambini ammucchiate in una sorta di grande vascone alla presenza di Erode assiso in trono. Con la scena di Gesù tra i dottori si chiude il ciclo dell’infanzia. Le Nozze di Cana, che seguono a questo episodio, costituiscono il primo dei miracoli compiuti da Cristo per intercessione della Vergine. è una scena di Banchetto in cui spiccano, in primo piano, le giare ricolme di vino. Queste scene seguono l’andamento curvilineo dell’arco. Su una piccola formella è la scena delle Tentazioni nel deserto, con il diavolo che appare sulla sinistra e il Battesimo di Gesù, ove in primo piano sulle rocce affioranti dalle acque del Giordano sono scolpiti piccoli granchi, particolare presente anche sul portale di Bitetto.
Alla
Resurrezione di Lazzaro segue il
ciclo della passione con Gesù davanti
a Caifas, con la Flagellazione e la Crocifissione
(fig.
15d). L’episodio della Discesa
agli inferi o
Anàstasis (fig.
15e)
è
riportata nel Vangelo apocrifo di Nicodemo secondo cui, dopo la morte di Gesù
la sua anima si separa dal corpo e discende agli Inferi, dove dimorano senza
distinzione gli eletti e i reprobi. Con la sua discesa Gesù libera Adamo e i
Giusti dalla prigione di cui infrange le porte. L’Inferno è rappresentato
dalla gola spalancata di un mostro, mentre in alto la città turrita di cui è
aperta la porta rappresenta la città celeste. Cristo, armato della croce
della Resurrezione trascina le anime dei giusti, Concludono il ciclo le scene
della Resurrezione,
e delle apparizioni di Cristo ai seguaci, sulle quali si basa la stessa
dottrina cristiana della Resurrezione, ovvero del Noli
me tangere e dell’Incredulità di
San Tommaso. Le ultime due scene sono l’Ascensione, con Cristo assiso in
trono in un tripudio di luce trasportato in cielo su una nube dagli angeli
mentre i discepoli attoniti assistono alla scena e la Pentecoste, in cui in
alto è raffigurato Cristo secondo una rara iconografia basata sul racconto
degli Atti degli Apostoli.
Sull’architrave
è raffigurata l’Ultima Cena. La
scena segue l’annuncio dell’imminente tradimento. Cristo, seduto
all’estremità sinistra della tavola, è riconoscibile dai lunghi capelli e
dalla folta barba e dall’apostolo prediletto Giovanni che piega il capo
verso la spalla del Maestro.
Il portale è incorniciato da un protiro con doppie colonne su leoni stilofori.
Notizie storico-critiche
La storia della cattedrale di Altamura è estremamente
complessa. Controversa la data di fondazione, che si fa risalire ai tempi di
Federico II di Svevia quando l’imperatore eresse nella città pugliese una
“chiesa grande” dedicata all’Assunta, con il titolo di cappella
palatina. Imprecisata
la “sciagura” che la colpì nel 1316 determinandone la rovina e la
ricostruzione. Poco plausibile la vicenda relativa ai lavori
cinquecenteschi sulla fabbrica, realizzati in occasione dell’elevazione
della chiesa a collegiata insigne, che avrebbero comportato
il ribaltamento della fronte dell’edificio con inversione
dell’orientamento e conseguente trasporto da Occidente ad Oriente del
portale, del rosone, in una parola di tutta la facciata, per costruzione un
nuovo e più profondo coro. L’incongruenza di tale ipotesi è dimostrata,
oltre che da una attenta rilettura delle fonti e da precise osservazioni sulla
fabbrica anche dallo stesso portale. Lo spostamento di questa imponente struttura avrebbe dovuto, come è
facile intuire, lasciare qualche traccia nell’impaginazione complessiva
della struttura, quantomeno segni di rotture tagli o sostituzioni che
sarebbero stati indubbia conseguenza di uno smontaggio e rimontaggio. Nulla
di tutto ciò si osserva sull’attuale struttura. Unici interventi leggibili
sono relativi all’inserimento alla base dei due leoni stilofori, avvenuto
nel XVI secolo ad opera dello scultore Antonio da Andria.
Su
questo portale un doppio stemma che
campeggia vistosamente sulla cuspide del timpano
consente di determinare in modo abbastanza preciso la data di esecuzione.
La
prima delle due insegne è, infatti, riferibile alla casa reale di Napoli,
l’altra ad un principe di Taranto e conte di Bisceglie, identificato con
Roberto, fratello di Luigi di Taranto, secondo marito di Giovanna I, che resse
il feudo dal 1357 al 1364, seguito dal fratello Filippo Il sino al 1374.
Sappiamo che gli angioini riconfermarono i privilegi della cattedrale di epoca
federiciana e nel 1316, in conseguenza della imprecisata “sciagura”,
contribuirono alla ricostruzione stessa dell’edificio.
All’ambiente
di corte sono riferibili anche i modelli ai quali si ispirarono gli autori del
portale. Se, infatti, nell’impaginazione complessiva quest’opera
appartiene alla lunga tradizione del romanico pugliese ad una analisi più dettagliata il giudizio cambia.
Non solo, infatti, il repertorio di motivi aniconici si presenta
rinnovato e arricchito ma nelle scene cristologiche, di straordinario vigore
plastico, si intuiscono motivi e temi tratti dalla miniatura napoletana uscita
dagli ateliers di corte, come,
ad esempio, le illustrazioni della Bibbia detta di Malines, oggi a Louvain,
del miniatore napoletano Cristoforo Orimina.
Il
riferimento al mondo romanico non è dunque da interpretare come segno di
disinformazione o arretratezza, quanto di fedeltà ad un linguaggio che
conservava ancora per le antiche o più recenti comunità di Puglia, una sua
validità espressiva.
è
la stessa situazione che si ritrova sul portale della cattedrale di Bitetto,
che, sia pure a distanza di un cinquantennio, rimane il termine di confronto
più vicino per l’opera
in esame.
Piuttosto
che di filiazione dell’uno dall’altro, si può parlare di prodotti
inseriti in un medesimo filone che dovette avere probabilmente altri sviluppi,
ormai a noi ignoti, o quanto meno altri elementi affini a fungere da raccordo,
non potendosi facilmente giustificare, con uno iato di oltre vent’anni,
realtà così profondamente differenti nella realizzazione e pur
innegabilmente affini e concordanti nella impostazione di fondo.
Per saperne di più
P. Belli D’Elia, La facciata e il portale della cattedrale di Altamura. Riletture e riflessioni, in «Altamura», 33-34 (1991-1992), pp. 19-47.
P.
Belli D’Elia, Presenze pugliesi nel
cantiere della cattedrale di Traù, in «Vetera Christianorum», 28 (1991),
pp. 387-421.
Questa
scheda è stata tratta da: Byzantium:
an Oecumenical Empire, Catalogo della mostra (Athens-Thessaloniki-Mystras,
October 2001-January 2002), Atene 2002, scheda a cura di P. Belli D’Elia, n.
164, pp. 298-300
©2005 Luisa Derosa. La
scheda fa parte del corso monografico (Narrare per immagini nel
Medioevo, a.a. 2003-2004, prof. Pina Belli D'Elia) di Storia dell’Arte medievale del Corso di Studi in Scienze della Formazione primaria,
Facoltà di Scienze dell'Educazione e della Formazione dell'Università di
Bari. Immagini a cura di Maurizio Triggiani.