di
Luisa
Derosa
Introduzione - Le schede: 1. Adamo ed Eva - 2. Vita di Cristo - 3. Arazzo di Bayeux - 4. Santa Margherita - 5. San Nicola - 6. San Francesco (Bonaventura Berlinghieri) - 7. San Francesco (Giotto) |
4.
Santa Margherita e storie della sua vita (fig.
7)
Anonimo iconografo sec. XIII |
Tempera
su tavola, cm. 130 x 83 |
Bari, Pinacoteca provinciale |
Provenienza
La
tavola, insieme alla gemella con San
Nicola
e ad una Madonna con Bambino,
proviene dalla chiesetta gentilizia di Santa Margherita di Bisceglie,
fondata nel 1198 da Falco, della nobile famiglia Falcone dove la sua
presenza è attestata sino agli anni Venti.
Passata
successivamente con la chiesa alle famiglie Sifola,
Frisari e infine ai conti Berarducci, la tavola fu acquistata nel
1963 dalla Provincia di Bari per la Pinacoteca.
Stato
di conservazione
Mai
sottoposto a un restauro integrale ma solo ad interventi conservativi e di
leggera pulitura, il dipinto ha subito danni irreparabili soprattutto nella
parte inferiore, dove il colore è caduto mettendo a nudo l’imprimitura o
a tratti il supporto, e lungo il margine laterale sinistro, fortemente
lacunoso. Vistose lesioni lo attraversano in senso longitudinale, in
corrispondenza delle giunzioni delle tre tavole di cui è costituito il
supporto, fermate solo da due rozze traverse inchiodate sul retro. Il fondo
oro si presenta lacunoso e integrato in più punti.
Iconografia
Sul
piano compositivo, il dipinto si apparenta strettamente a quello gemello
raffigurante San
Nicola e storie della vita e dei miracoli,
del quale è stato considerato alternativamente modello o derivazione. è
in ogni caso da respingere l’ipotesi che in origine le due tavole
formassero un dittico.
Analoga
è la impostazione dell’immagine, con la figura olosoma della Santa,
rigidamente frontale, campeggiante nello spazio centrale, ribassato rispetto
all’alto bordo che funge da cornice lungo il quale
si dispongono le scene della vita.
La
posizione di orante conferisce il massimo risalto all’abbigliamento
principesco: un mantello rosso con fodera verde reseda impreziosita da un
reticolo ad andamento diagonale, fermato al collo da una spilla e bordato di
due file di piccole perle, che le braccia aperte e sollevate aprono in due
anse su una tunica azzurra vigorosamente lumeggiata di bianco, arricchita da
una stola gemmata. Dall’orlo della veste escono le punte delle scarpe
rosse; la testa è racchiusa in una cuffia blu scuro; i tratti del volto
sono decisamente marcati e rilevati plasticamente da forti pennellate, senza
sottigliezze di trapassi; il nimbo, molto ampio, è rilevato dal fondo.
Mancano
le scritte esplicative delle scene e della figura centrale, che solo la
intitolazione della chiesa permette di identificare con Margherita. La
iconografia della figura e delle piccole scene ha in realtà come fonte
prima la Passio greca di S.Marina,
figlia del sacerdote pagano Edesimo, martire ad Antiochia di Pisidia,
commemorata nelle chiese orientali alla data del 17 o 18 luglio. Il testo
greco, di un Theotimus o Tectinus che si dice testimone degli eventi, fu in età
altomedievale tradotto in latino e diffuso in Occidente in numerose
versioni, nella maggior parte delle quali il nome della santa
diviene Margarita, figlia di Teodosio, commemorata come tale nella chiesa
latina alla data del 20 luglio, con un corollario di leggende e di devozioni
particolari, nessuna delle quali peraltro è registrata nella nostra tavola.
Mancano nella immagine centrale l’attributo della corona regale ornata di
perle, la figura del drago incatenato e persino la croce, con la quale,
secondo una versione fantasiosa, avrebbe squarciato il ventre del drago per
liberarsene.
Nelle
scene sui bordi, la vicenda si snoda semplicemente, secondo l’ordine
della narrazione della Passio originaria, con un andamento di lettura per registri, da sinistra a
destra, dall’alto verso il basso.
Nel registro superiore:
1) Marina-Margherita, giovinetta, convertita alla fede cristiana dalla nutrice, è scacciata dal padre, sacerdote pagano.
2) Mentre pascola il gregge della nutrice,
3) incontra il prefetto Olibrio che se ne innamora.
4) Olibrio manda un servo a prenderla e a condurla da lui.
Seguono, nei registri centrali:
5) Margherita rifiuta le profferte di Olibrio dichiarando la propria fede.
6) è per questo imprigionata in un’oscura prigione.
7) Viene flagellata.
8) Viene torturata con uncini di ferro.
9) Nella prigione è assalita da un demonio in forma di drago che tenta di divorarla.
10) Lo esorcizza con un segno di croce e se ne libera.
11) La Santa viene sottoposta a nuovi tormenti. è sospesa su torce ardenti.
12) Viene immersa
in una caldaia d’acqua gelida. Manca, forse cancellata da un ritocco, la
colomba dello Spirito Santo che, secondo la versione riferita nel Menologio
di Basilio II, con quell’acqua l’avrebbe battezzata. Sono completamente perdute
le quattro scene del registro inferiore, nelle quali si sarebbe assistito al
martirio di coloro che la santa aveva convertito col suo esempio e alla sua
decapitazione. Non sappiamo se vi fossero allusioni al seppellimento e
miracoli dopo la morte. In linea generale si può affermare che l’immagine
si mantiene sostanzialmente fedele alla tradizione greca, ancora viva nella
Puglia e nella Basilicata sino a tutto il Duecento, come testimoniano i
cicli pittorici affrescati nelle chiese rupestri e sub divo, nelle quali
largo spazio avevano la figura e le storie di S. Marina-Margherita.
Analisi
formale
Sul
piano cromatico, la gamma delle tinte sembra programmata sulla base
dell’immagine centrale, ovvero del costume principesco della Santa, con
una ricerca insistita di effetti contrappuntistici e qualche squilibrio
nel gioco dei chiaroscuri soprattutto per quanto riguarda la figura
centrale, dove le forti lumeggiature del volto e della tunica, intese a
potenziare i volumi, contrastano con la piatta stesura del mantello rosso
dominante nella parte superiore.
Meglio
risolte appaiono le scenette della Vita, popolate da figurine agili, quasi
danzanti, delineate da un segno forse a tratti incerto, ma animato qua e là
da leggere brividature di bianco di felicissimo effetto.
Per saperne di più
Icone
di Puglia e Basilicata dal Medioevo al Settecento,
catalogo della mostra a cura di P. Belli D'Elia (Bari 1988), Milano 1988.
La
Pinacoteca Provinciale di Bari, Opere dall’XI al XVIII secolo,
a cura di Clara Gelao, Roma 1999, scheda a cura di P. Belli
D’Elia, n. 4, pp. 41-42
Questa
scheda è stata tratta da: Byzantium:
an Oecumenical Empire, Catalogo della mostra (Athens-Thessaloniki-Mystras,
October 2001-January 2002), Atene 2002, scheda a cura di P. Belli D’Elia, n.
164, pp. 298-300
©2005 Luisa Derosa. La
scheda fa parte del corso monografico (Narrare per immagini nel
Medioevo, a.a. 2003-2004, prof. Pina Belli D'Elia) di Storia dell’Arte medievale del Corso di Studi in Scienze della Formazione primaria,
Facoltà di Scienze dell'Educazione e della Formazione dell'Università di
Bari. Immagini a cura di Maurizio Triggiani.