di
Luisa
Derosa
Introduzione - Le schede: 1. Adamo ed Eva - 2. Vita di Cristo - 3. Arazzo di Bayeux - 4. Santa Margherita - 5. San Nicola - 6. San Francesco (Bonaventura Berlinghieri) - 7. San Francesco (Giotto) |
5.
San Nicola e storie della sua vita (fig.
8)
Anonimo
iconografo sec. XIII |
Tempera su tavola, 130 x 83 |
Bari,
Pinacoteca provinciale |
Unitamente
alla Santa
Margherita
e
ad una Madonna con Bambino proviene
dalla chiesetta gentilizia di Santa Margherita a Bisceglie, fondata nel 1197
da Falco, della nobile famiglia Falcone.
Passata
in seguito, insieme alla chiesa, in proprietà ai Sifola, ai Frisari e infine
ai conti Berarducci, è stata acquistata nel 1964 dalla Provincia di Bari e
destinata alla Pinacoteca.
Il
supporto, insolitamente sottile o assottigliato sul retro con una rudimentale
sgorbiatura, presenta sul recto una
zona centrale ribassata rispetto ad una larga fascia che la circonda a mo' di
cornice. Un listello dal profilo a gola, di cui resta un tratto sul margine
destro, era applicato all’intero margine esterno.
La
rimozione, nel 1967, della pesante patria antichizzante risalente
all’intervento del Colarieti Tosti ha restituito all’immagine la sua veste
cromatica e riportato in luce ampie zone sino allora nascoste dalle
stuccature; ma ha contemporaneamente evidenziato i danni irreparabili subiti
dal dipinto. Una vistosa lacuna separa l’immagine centrale dalla cornice
laterale sinistra, in corrispondenza della giunzione delle tavole, mentre le
scene della fascia inferiore sono fortemente lacunose. Altre cadute di
colore interessano il margine superiore, in corrispondenza delle prime
quattro scene del ciclo.
Nel
campo centrale l’oro di fondo, quasi completamente caduto, è
sostituito da una campitura di colore giallastro che umilia la preziosità
della tavola. In migliori condizioni i fondi delle scene, dove sono ancora
rilevabili ampie tracce dell’oro originario sul quale campeggiano, allo
stato frammentario, iscrizioni latine tracciate in rosso.
La
parte centrale accoglie la figura olosoma del santo, in posizione frontale,
rivestito degli abiti vescovili con omophorion
crocesignato ricadente sul davanti. Con la mano destra benedice alla greca
mentre regge nella sinistra velata il volume dei Vangeli. Ai lati della testa
canuta e cinta da un nimbo, ridotto ad un semplice disco ormai privo della
originaria doratura, spiccano le piccole figure del Cristo e della Vergine che
porgono l’una il libro, l’altra l’omophorion,
insegne
Sulla
alta fascia rilevata che forma la cornice sì dispongono le scene della vita e
dei miracoli secondo un ordine di lettura da sinistra a destra, per registri
(anziché secondo una lettura continua delle quattro bande, come negli esempi
bizantini) e con una particolare ricerca delle rispondenze ritmiche tra le
coppie di scene cui è affidata la rappresentazione dei vari episodi.
Sul
registro superiore troviamo allineati:
1)
Nascita di Nicola che, neonato, si rizza in piedi nella conca nella
quale è immerso dalla levatrice.
2)
Nicola è educato dal vescovo di Mira.
3)
Il giovane Nicola lascia, nascostamente, tre borse di monete d’oro al padre
di altrettante fanciulle che la povertà avrebbe destinato alla prostituzione.
4)
Il padre, riconosciuto il benefattore, si prostra per ringraziarlo.
Seguono,
sui quattro registri centrali:
5)
Nicola,
ancora laico, viene prescelto dai presbiteri della cattedrale come vescovo.
6)
è
consacrato sacerdote e vescovo.
7)
Ancora in vita ma già in fama di santità, Nicola appare ai marinai di
una nave minacciata dalla tempesta e seda le acque.
8)
I marinai, riconosciuto il loro salvatore nel vescovo di Mira, si
prostrano per ringraziarlo.
9)
Uno spirito diabolico, in veste di pellegrina, consegna ai marinai di
una nave in partenza per Mira una fiala d’olio con la quale ungere le mura
di quella chiesa.
10)
Il Santo appare ai marinai in alto mare ingiungendo di gettare in mare
l’olio, che a contatto con l’acqua prende fuoco svelando la diabolica
macchinazione. (Il miracolo è per lo più correlato, nell’iconografia di derivazione
bizantina, all’abbattimento da parte del vescovo Nicola, dell’albero sacro
ad una divinità pagana, Artemide o Diana, che avrebbe cercato di conseguenza
di vendicarsi. L’episodio, noto anche in Occidente, alludeva alla lotta
intrapresa dai primi vescovi contro i culti pagani ma va interpretato come un
prelievo iconografico dalla vita di Nicola vescovo di Sion).
11)
Il vescovo di Mira, ancora in vita, interviene in difesa di tre soldati e li
salva dalla morte.
12)
Ricordando ciò, tre generali (stratelati) ingiustamente accusati, dal
carcere nel quale sono rinchiusi invocano il Santo.
Sul
registro inferiore, gravemente danneggiato:
13)
San
Nicola appare in sogno a Costantino e Ablavio salvando gli stratelati.
14-15)
Le scene, delle quali sono sopravvissuti solo esigui frammenti,
rappresentavano probabilmente l’una la conclusione della Praxis
de stratelatis che precede, l’altra le premesse dell’episodio che
conclude il ciclo. E però possibile che la n. 14 rappresentasse la morte del
santo.
16)
Il santo, post mortem, nel giorno
della sua festa, riporta miracolosamente alla famiglia il giovane Basilio,
schiavo dei saraceni.
Sul piano iconografico il dipinto segue correttamente la tradizione agiografica bizantina, come ci è testimoniato dall’icona conservata nel convento di Santa Caterina al Sinai, probabile opera di un iconografo greco o costantinopolitano attivo tra fine XII e primo XIII secolo, con la quale la nostra ha in comune l’impostazione di numerose scene e non pochi particolari trascritti quasi alla lettera.
Affini anche le iscrizioni tracciate in
rosso
sul fondo dorato delle scene, tradotte nella nostra tavola in caratteri
latini.
Manca
invece ogni accenno ad iconografie di tradizione occidentale, come la
traslazione delle reliquie a Bari o come la leggenda «franca» dei tre
fanciulli risuscitati dal barile della salamoia, nata probabilmente nella
fantasia popolare dal fraintendimento della scena degli stratelati in carcere
(episodi presenti invece in una icona nella chiesa dedicata al santo a
Kalkopetria, nell’isola di Cipro).
Sul
piano formale, è degno di rilievo il particolare uso del colore, di grande
finezza ma giocato su una gamma assai più sobria che non nell‘esemplare
bizantino, concepita come sviluppo del tema dettato dalla severa figura del
Santo nelle vesti episcopali: il bruno del mantello, l’azzurro intenso della
tunica, i bianchi dell’omophorion delle
perle applicate alla rilegatura. Bianco, rosso e blu riecheggiano anche dalla
sottile cornice n finto mosaico che circonda il campo centrale.
La
definizione degli spazi, delle figure e dei lesti che costruiscono il racconto
è affidata ad in segno sicuro e fluente, ricco di espressività ma non privo
di qualche pesantezza.
I
referenti per le scene narrative, oltre che nelle icone già ricordate, vanno
ricercati, sul piano iconografico, nell’ambito della miniatura di età
comnena, in particolare nelle illustrazioni dei menologi e dei sinassari, dai
quali si è sviluppato anche il genere delle icone agiografiche. Dal punto di
vista formale, più pertinenti si sono rivelati invece i confronti con le
illustrazioni di codici latini di Terrasanta, come la più volte citata Histoire
universelle, miniata ad Acco (Ms. 10175 Bibliothèque Royale de
Bruxelles). La figura centrale trova invece strette affinità sia
iconografiche che stilistiche nelle decorazioni ad affresco di alcune chiese
della regione, sub divo, come le
chiese di Santa Lucia e Sant’Anna a Brindisi.
Quanto
ai resti di cicli o di singole scene agiografiche assai affini riconosciuti
nella cripta di Santa Maria dei Miracoli ad Andria o nella grotta sotto la
chiesa di Santa Maria degli Amalfitani a Monopoli, o ancora in Santa Maria
Maggiore a Montesantangelo, si tratta ad evidenza di
derivazioni tarde da questa ed altre affini realizzazioni su tavola,
trascritte da parte di frescanti di ben più modesto livello anche culturale
(come si evince dai numerosi fraintendimenti dell’iconografia), che valgono
essenzialmente a testimoniare della fortuna incontrata anche in Puglia da un
genere, rappresentato certo in origine da un maggior numero di esemplari.
Per saperne di più
Icone
di Puglia e Basilicata dal Medioevo al Settecento,
catalogo della mostra a cura di P. Belli D'Elia (Bari 1988), Milano 1988.
La Pinacoteca Provinciale di Bari, Opere dall’XI al XVIII secolo, a cura di Clara Gelao, Roma 1999, scheda a cura di P. Belli D’Elia, n. 4, pp. 41-42.
Questa
scheda è tratta da La Pinacoteca
Provinciale di Bari, Opere dall’XI al XVIII secolo, a cura di C. Gelao,
Roma 1999, scheda a cura di P. Belli D’Elia, n. 3, pp. 38-40
©2005 Luisa Derosa. La
scheda fa parte del corso monografico (Narrare per immagini nel
Medioevo, a.a. 2003-2004, prof. Pina Belli D'Elia) di Storia dell’Arte medievale del Corso di Studi in Scienze della Formazione primaria,
Facoltà di Scienze dell'Educazione e della Formazione dell'Università di
Bari. Immagini a cura di Maurizio Triggiani.