di Luisa Derosa
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Introduzione - Le aree culturali: pag. 1 - pag. 2 - Le schede: Bitonto; Isole Tremiti; Bari; Taranto; Otranto; Trani; Brindisi; Giovinazzo; Bibliografia essenziale |
1.2
LE
AREE CULTURALI
- La
laguna veneziana e l’Adriatico settentrionale
Particolare del mosaico della chiesa di San Michele di Pavia
La
laguna veneziana e l’Adriatico settentrionale
Lo
studio dell’arte tardoantica ha mostrato come la tecnica del mosaico
pavimentale, nel corso del V-VI e VII secolo, sia proseguita secondo
l’eredità dell’Antico. Esempi di un preromanico precoce si trovano a
Gazzo Veronese, a Cividale, a
Cervignano del Friuli o nelle chiese di San
Nicolò al Lido e di Sant’Ilario. Si tratta di un tipo di pavimenti di
primo XI secolo che non avranno un grande seguito in epoca successiva. La
decorazione è caratterizzata da elementi della tradizione classica accanto
a motivi di tipo ‘barbarico’, a lacci annodati o intrecciati. Questi
pavimenti sono eseguiti con uno stile lineare caratterizzato dall’assenza
di modellazione nel trattamento dei motivi. I colori usati sono
prevalentemente il bianco e il nero.
Già
a partire dall’alto Medioevo, ma con un grande sviluppo nel corso del XII
secolo, una serie di pavimenti legati a Venezia ed al suo entroterra
presentano un sistema decorativo essenzialmente a opus
sectile. Si tratta di ampie stesure di grandi lastre marmoree con figure
circolari di varie dimensioni tra esse collegate da fasce, o i cinque cerchi
a quinconce, con minuti elementi marmorei policromi di forme e dimensioni
geometriche diverse variamente combinati, distribuiti in fasce concentriche
nelle forme circolari o nei campi di risulta tra le figure principali.
Questo
particolare sistema di composizione di elementi marmorei si afferma in area
bizantina. Lo ritroviamo a partire dal VI secolo a Costantinopoli, dove era
probabilmente confluito dalla Siria settentrionale, ma è soprattutto nel
periodo mediobizantino, tra IX e XI secolo, che raggiunse l’apice dello
sviluppo, come dimostrano i numerosi esemplari rimasti concentrati in
particolar modo in Grecia e nelle isole dell’Egeo (tra i numerosissimi
esempi ricordiamo i pavimenti di Hosios Lukas, di Nicea o di Chios).
Composizioni
a carattere essenzialmente geometrico in sectile si ritrovano nelle chiese
di San Marco, di
San
Zaccaria, di San Michele all’Isola, nella chiesa di
Santa Maria e dei SS. Giovanni e Paolo, nel
San Donato di
Murano, a Santa
Maria Assunta di Torcello. In questi esempi compaiono anche inserti in opus
tesselatum.
Precedente
illustre di questa commistione di tecniche è il mosaico che decora il
pavimento dell’abside principale della grande basilica di Aquileia,
risalente all’epoca del patriarca Poppone, che consacrò la chiesa nel
1031. Se il limitato impiego dei colori riflette ancora un gusto tipico
dell’alto Medioevo, l’alternanza delle due tecniche e l’introduzione di
temi zoomorfi in un contesto ancora essenzialmente geometrico e vegetale
inserisce a pieno titolo questo pavimento tra quelli romanici italiani. La
composizione generale è costituita da grandi triangoli allungati disposti a
raggiera con piccole placchette di marmi colorati. L’origine di questo
tipo di composizione si ritrova nei pavimenti paleocristiani di Ravenna. Una
fascia di piccoli pannelli, rettangolari o quadrati, con motivi ad
intreccio, composizioni geometriche o animali, contorna l’abside. Dei
pannelli figurati uno solo si è conservato: entro una cornice ad intrecci e
motivi geometrici si trova un alberello stilizzato fiancheggiato da due
felini.
L’introduzione
del colore, di motivi zoomorfi e di pannelli di sectile consente di
accostare il pavimento di Aquileia a quello dell’Abbazia di
Pomposa,
dell’inizio dell’XI secolo, dove, all’interno di una monumentale
quinconcia, è inscritta una croce i cui bracci partono dal tondo centrale.
Questo motivo è riquadrato su un lato da una cornice continua con
raffigurazioni animali liberamente disposte sulla superficie e da un
sottostante rettangolo che accoglie, al centro di una composizione a cerchi
intrecciati, altre figure zoomorfe. Un'altra quinconcia di notevoli
dimensioni, su un fondo a riquadri geometrici, eseguita con grande
raffinatezza di intarsi marmorei occupa lo spazio della navata prossimo alla
controfacciata. Ampiamente restaurato, questo pavimento risale probabilmente
al secolo successivo.
Queste
decorazioni aiutano a comprendere meglio l’evoluzione dei pavimenti
veneziani di XII secolo sopra citati. Accanto a raffigurazioni zoomorfe
ispirate al repertorio abituale dei Bestiari, quali
leoni,
grifi,
aquile,
cervi, coesistono figurazioni di origine paleocristiana, come ad esempio, i pavoni in posizione araldica. Tutti gli elementi figurati sono rappresentati
in pannelli isolati, senza un ordine apparente, all’interno di
composizioni geometriche. Che tali motivi debbano essere interpretati
unicamente come segno di un influsso occidentale è questione controversa,
dal momento che brani con raffigurazioni animali entro pannelli di forma
geometrica sono attestati anche in area greca.
Si ricollegano a questo filone, pur con le dovute differenziazioni, i pavimenti di San Vitale e San Giovanni Evangelista di Ravenna. Mentre nel San Vitale la decorazione è eseguita in sectile, nella chiesa di San Giovanni Evangelista compare un ricco programma iconografico con elementi tratti dai Bestiari e dal Roman de Renard, in armonia con quelli che si dispiegano sui pavimenti dell’Italia del Nord.
I
pavimenti romanici dell’Italia settentrionale, ai quali si ricollegano
molti esempi di area emiliana, sono caratterizzati dall’ampiezza dei
programmi iconografici e dai legami stilistici con la produzione miniata.
Ancora nel XIV secolo l’Anonimo di Ravenna loda lo splendore e la
magnificenza dei pavimenti a mosaico presenti in città come Pavia o Reggio
Emilia, sottolineando il grande numero di esemplari che decoravano gli
edifici sacri. Un’idea di questa produzione si ha visitando il Museo
civico di Pavia, dove sono concentrati un numero considerevole di mosaici
provenienti dalle chiese cittadine e del circondario.
Gli
esemplari rimasti mostrano un grande gusto per le narrazioni figurate. A
Pavia, in Santa Maria del Popolo, sono presenti scene della Passione di
Sant’Eustachio, che costituiscono il più ricco racconto agiografico
presente su un pavimento medievale.
A
San Michele, verso la fine del XII secolo, dinanzi all’altare maggiore
venne realizzato un pannello musivo con Teseo e il Minotauro, circondato
dalla personificazione dei mesi dell’anno e da altre scene. Raffigurazioni
analoghe, interamente in tessellato, si ritrovano a San Benedetto di
Polirone, a San Colombano a Bobbio e in San Giacomo Maggiore a Reggio
Emilia. Quest’ultimo pavimento, insieme a quello di
San Savino a
Piacenza,
mostra legami anche con pavimenti toscani, soprattutto per il ricorso alla
bicromia che caratterizza gli esemplari di Arezzo,
Firenze e Prato. A
Piacenza il pavimento del coro, eseguito in bianco e nero come quello
contemporaneo della cripta, presenta il tema della ruota della fortuna, che
si ritrova anche nel San Salvatore di Torino. Tra i più alti raggiungimenti
dell’arte musiva di età romanica, il pavimento dell’antica abbaziale di
San Benedetto Po vicino Mantova, risalente al 1151, come documenta
un’iscrizione. Vi sono raffigurate le personificazioni della quattro virtù
cardinali, inserite sotto arcate. Proprio la decorazione entro arcate
costituisce un elemento molto diffuso in questo gruppo di opere, presente in
quasi tutti i mosaici sopra citati.
I rapporti con le miniature si notano nello stile calligrafico e lineare che li caratterizza.