I canosini possono star tranquilli: le sante reliquie custodite nella Cattedrale di Bari non appartengono a san Sabino, il grande vescovo di Canosa, vissuto nel VI secolo e che impresse un'orma profonda con la sua vivace opera pastorale e imprenditoriale. Secondo alcuni documenti medievali, che hanno fomentato una secolare diatriba tra le diocesi di Bari e di Canosa, i resti del santo prelato erano state traslate dal vescovo canosino Angelario nel IX secolo a Bari, allora sede dell'emirato. E, si dice, furono ritrovate da Elia nel 1089, il noto abate divenuto arcivescovo.
San Sabino che è protettore di Canosa lo divenne anche di Bari, prima che la sua autorità venisse scalzata dalla preponderante presenza dell'orientale san Nicola di Mira. Le ossa di san Sabino erano venerate nella cripta del duomo barese, certificate
da una serie di epigrafi.
I canosini non hanno voluto mai credere a questa tradizione. E ora, a «smontarla», è il professor Vito Scattarella dell'Univesità di Bari. Per l'antropologo, i resti custoditi nella cripta della cattedrale barese appartengono ad altri soggetti. E lo annuncerà in un convegno a Canosa, il 12 febbraio prossimo, insieme a Sandro Sublimi Saponetti e Nicola Melone, con i quali ha formato la commissione scientifica voluta nel 1992 da mons. Magrassi (affiancati da specialisti umanisti, Gaetano Barracane, Carlo Carletti, Giorgio Otranto e Franco Magistrale). I risultati di quella indagine non sono stati mai né resi noti né pubblicati (se non per ciò che riguarda la parte archeologica). Benché le voci corressero, e anche il nostro giornale, anni fa, ne avesse fatto un accenno.
Che si è scoperto dunque? «Nel loculo c'erano deposte le spoglie di due individui», ci dice Vito Scattarella. «Del primo, di cui sono rimasti pochi frammenti, si può accertare solo l'età, che oscillava dai 21 ai 40 anni. Del secondo invece restano ben 74 frammenti ossei: e ci svelano un'età meno vaga, tra i 59 e i 62 anni». Ciò escluderebbe che le reliquie appartengano a san Sabino, perché - a quanto pare - «il santo vescovo spirò a una venerabile età, che doveva sfiorare i cento anni». E poi, soggiunge il prof. Scattarella: «Si tratta di una persona con una impalcatura scheletrica molto robusta, nonché di un buon camminatore, come induce a pensare la muscolatura degli arti inferiori».
Ma a quale epoca appartengono? «L'analisi del radiocarbonio (C14) effettuata su queste ossa non ci aiuta a capirne l'epoca, perché l'oscillazione è ampia, dall'80 al 960 dopo Cristo», risponde Vito Scattarella. Il quale, tuttavia, avanza una suggestiva ipotesi: «Quei resti non sono di san Sabino, ma potrebbero appartenere a due altri santi. Non si può escludere, infatti, che si tratti delle spoglie dei vescovi canosini Memore e Rufino, che vennero anch'esse traslate da Canosa a Bari, secondo quanto affermano fonti documentarie». Dalle indagini scientifiche, specie da quelle condotte dal prof. Nicola Melone, emerge anche un dato, che collima con gli eventi
storici della città di Bari: «I resti scheletrici sono ricristallizati», dice Scattarella, «e ciò può avvenire quando le ossa sono sottoposte o avvicinate a una sorgente di calore. Il che potrebbe essere confermato dalla distruzione della Cattedrale di Bari da parte di Guglielmo il Malo nel XII secolo».
Naturalmente il 12 e il 13 a Canosa non si parlerà solo delle reliquie di san Sabino. Il convegno «Canosa. Ricerche storiche 2005» è un appuntamento per aggregare specialisti di ogni campo sulla storia del territorio: da archeologi a storici dell'arte, da latinisti a storici del Medioevo, da antropologi ad archivisti... Perché la memoria e la conoscenza sulla città pugliese, che fu così viva nell'antichità e nel Medioevo, non vada dispersa; non si assopisca.
Giacomo
Annibaldis
|
|