GIACOMO
ANNIBALDIS
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Canosa, bagliori sulla
città del vescovo
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La
chiesa di San Pietro voluta
da san Sabino (VI-VII
secolo) per il culto dei
martiri (e sede del suo
sepolcro). E le catacombe
cristiane di Santa Sofia
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Una grande basilica con un ampio nartece (il «portico» d'ingresso alla chiesa) e porticato, tappezzati da lapidi tombali di dignitari (un «defensor ecclesiae») ma anche di umili cristiani (come quella del «pargolo Giorgio»), è ciò che è emerso a Canosa in questi ultimi anni sulla collina di San Pietro. Gli archeologi dell'Università di Foggia, capitanati da Giuliano Volpe, cercavano su quella collina - collassata per un tratto, crollo che ha coinvolto le absidi della chiesa, e assediata da nuove costruzioni - l'antica sede episcopale di Sabino, il santo vescovo di Canosa e protettore di Bari. Un presule importante del VI secolo per gli incarichi affidatigli dai pontefici, ma anche per l'energia con cui diresse la sua comunità di fedeli e per il piglio manageriale impresso al rinnovamento edilizio e artistico nella sua diocesi durante il suo lungo vescovato, dal 514 al 566 circa.
La ricerca avveniva anche sulla scorta di documenti del IX secolo, soprattutto l'operetta
Historia vitae inventionis translationis sancti Sabini
episcopi, che sembrava indicare nella omonima chiesa di San Pietro la sede dell'antica cattedrale di Canosa, nonché luogo della sepoltura del vescovo. Difatti su quella collina è riapparsa negli anni una «insula episcopalis», con il grande tempio collegato da un corridoio alle stanze dell'episcopio, pavimentate con le piastrelle del vescovo (portano marchiato il logo di fabbrica «Savinus») e con formelle raffiguranti i simboli cristiani del pesce, del pavone, della croce... E poi tombe riccamente mosaicate con tessere vitree, e a pochi metri anche le fornaci del vescovo.
Eppure non tutti i quesiti sono risolti. «Dopo cinque anni di scavi - ci dice Giuliano Volpe - abbiamo compreso che questa non era la cattedrale di Canosa, nonostante i riferimenti dell'operetta del IX sec. E tuttavia è questa la chiesa di S. Pietro, un complesso "martiriale" edificato
ex novo da Sabino per insediarvi la propria tomba. La Cattedrale vera non è ancora scoperta». Con ogni evidenza, soggiunge l'archeologo, il sepolcro del santo vescovo era nel bel «mausoleo privilegiato, costruito contemporaneamente con la chiesa».
Si sa dalle fonti e dalle leggende che le spoglie di Sabino furono traslate nella nuova cattedrale, e - forse in seguito - nel duomo di Bari. In questa «insula episcopalis» recentemente gli archeologi hanno messo in luce un edificio residenziale, che si è rivelato una «domus» di età tardo-antica, articolata in numerosi vani, con diverse funzioni (alcuni contengono i dolia, i grandi contenitori di derrate) e stanze
mosaicate.
Tutto farebbe pensare a una residenza di personaggi eminenti della comunità ecclesiastica canosina, nel VII secolo. Ovvero - suggerisce Volpe - una struttura di proprietà ecclesiastica, fuori delle mura, per ospitare pellegrini giunti fin qui per venerare le reliquie dei martiri e le ossa di san Sabino. Dopo il IX secolo, quando la chiesa di S. Pietro fu dismessa, furono qui accumulati elementi architettonici di pregio. Ora, dopo cinque anni di indagini, gli scavi si interromperanno, «per procedere allo studio di tutti i reperti e alla pubblicazione complessiva, in attesa della ripresa degli scavi finalizzati anche alla definitiva sistemazione dell'area a parco archeologico».
Il Comune, ci svela l'archeologo, sta procedendo all'acquisizione dei terreni. Ma il progetto ambizioso è quello di istituire a Canosa un «itinerario sabiniano», che metta in relazione tutte le emergenze tardo-antiche e medievali, che qui sono davvero rilevanti, per mostrarci nel suo splendore «Canosa città del vescovo». In questo itinerario saranno comprese anche le catacombe di Santa Sofia, da due anni oggetto di indagine da parte degli archeologi dell'Università di Bari, diretti da Carlo Carletti. Qui, ci dice l'archeologa Donatella Nuzzo, si sta investigando un insediamento cimiteriale sotterraneo, scavato sul costone di Lamapopoli e formato da sepolture famigliari, ma anche da deposizioni comuni comprendenti centinaia di defunti. Dove l'indicatore principale per una datazione sono, per ora, le lucerne del V-VI secolo, importate dall'Africa o di imitazione locale, con simboli cristiani. Una piccola luce sulla storia di
Canosa.
Giacomo
Annibaldis
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