MARCO
BRANDO
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Canosa,
i segreti di quell'incursione
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Francesco Morra chiarisce i misteri del bombardamento del 6 novembre 1943.
Le responsabilità dell’aviazione tedesca e le «leggerezze» degli Alleati, che causarono oltre cinquanta vittime
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La guerra era finita, in Puglia, da meno di due mesi. Ma pareva un secolo.
«Stavano ballando il Tango dell’Amapola», ricorda Vincenzo Caporale di
quella sera del 6 novembre 1943. Quando ci fu una serie di terribili esplosioni:
morirono in cinquantatrè, decine i feriti. E nessuno fece in tempo a capire chi
era stato. E perché.
Pare un giallo a sfondo bellico. Invece
è tutto vero. Per capire bisogna fare
un passo indietro. Nel resto d’Italia la guerra stava continuando. Il fronte -
da una parte i nazifascisti, dall’altra gli alleati e gli italiani impegnati nella
guerra di liberazione - risalivano la penisola. Tanti meridionali erano lontani,
militari sparpagliati in Europa e in Africa; ma a questo Sud la distruzione
e il dolore parevano aver fatto un piccolo sconto, in termini di vittime e di distruzioni.
Così la gente, come le truppe alleate, parevano volersi godere una pace
anticipata, nelle retrovie.
Dunque i canosini accolsero con sollievo
l’annuncio firmato «Royal Corps of Signal», l’Unità inglese delle Radiostrasmissioni
che aveva posto la base in città. Anche perché quell’annuncio
era un’ulteriore iniezione d’ottimismo: «Gli Ufficiali, i Sottufficiali e gli uomini
del Royal Corps of Signals sono lieti d’invitare ad intervenire a
un Gran ballo, che avrà luogo sabato venturo 6 novembre
1943, alle ore 19,30. Dei rinfreschi saranno offerti». Firmato: «R.T.
Stone Csm Maestro di Cerimonie». La festa iniziò nel Salone dell’ex Gioventù
italiana del Littorio (Gil). C’erano tutti: le autorità del paese e almeno duecento
canosini e soldati alleati. Ore 21,15. Pasquale Verderosa ricorda che
stava per «entrare nel salone della Gil» quando vide «l’aereo sganciare le prime
bombe sul corso»: «Poi vidi l’aereo ritornare di nuovo e sganciare le bombe
sul castello. Scaricò tutte quelle che aveva».
Ma
chi bombardò Canosa? E soprattutto: perché? Per oltre sessant’anni
queste domande non hanno trovato risposta, avvolgendo la tragedia in un
alone di mistero e di segretezza. Così quella vicenda ha generato tutta una serie
di ipotesi, supposizioni, illazioni. Si è detto che fosse stato un velivolo britannico,
per errore. E pure che, addirittura, un italiano «vendicatore» avesse
pilotato un aereo prestato dai tedeschi: forse un ufficiale repubblichino originario
di Canosa. Tutto falso. In compenso ci fu un lunghissimo rimpallo di
responsabilità, di quelli cui la storia italiana,
purtroppo, ci ha abituati anche negli anni successivi al Dopoguerra.
Solo adesso il libro
I segreti di una incursione aerea. Canosa di Puglia. 6 novembre
1943 (Aracne Editrice) scritto da un giovane canosino - Francesco Morra,
classe 1972 - ha finalmente chiarito qual è stata la storia di quel bombardamento
dimenticato. E lo ha fatto attraverso un’analisi scientifica, da storico,
sulla base dei documenti dell’epoca: carte ritrovate, dato che sono state a
lungo «secretate» dalle massime autorità italiane e alleate. Morra ha la preparazione
giusta e la formazione adatta per trovare il bandolo della matassa: si
è laureato in Scienze politiche all’Università
La Sapienza di Roma; durante il servizio di leva è stato ricercatore
presso il Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS), dove si è occupato di
geopolitica. Èd è appassionato di storia
della Seconda Guerra Mondiale. Il libro rappresenta così la sua opera prima,
frutto di una tesi svolta per il master in Storia e storiografia multimediale
dell’Università degli Studi Roma Tre.
Chi bombardò dunque quella festa
danzante nella Canosa di 63 anni fa? «Dalla mia ricerca - ci spiega Morra -
emergono con chiarezza due elementi: l’attacco aereo porta la firma delle Luftwaffe;
cioè fu un’azione di disturbo dell’aviazione militare tedesca sui cieli
della Puglia e della Campania». E perché bombardarono Canosa? «Colpirono
anche Molfetta. E fu una scelta del tutto casuale dovuta a gravi inosservanze
delle norme sull’oscuramento da parte delle truppe alleate. A Canosa certamente
queste inosservanze furono dovute ai mancati allarmi causati dalle requisizioni,
da parte degli Alleati, dei collegamenti telegrafici».
Insomma, la «colpa» fu angloamericana;
le bombe furono tedesche. All’epoca questa responsabilità però non
se la volle assumere nessuno. Poi calò il segreto militare. E tutto il resto? Il vendicatore?
«Leggende metropolitane», commenta Morra. Di certo, il libro si
può leggere non solo con gli occhi dello storico ma anche con quelli dell’appassionato
di «gialli». Senza dimenticare che per l’autore è anche un esplicito
omaggio a quei suoi compaesani, per decenni vittime dimenticate di un bombardamento
di cui nessuno si era mai voluto assumere la responsabilità.
Marco
Brando
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