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L'idolo
della dea madre
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Un ritrovamento eccezionale
a Vicofertile (Parma)
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Nello scorso mese di marzo in un cantiere edile a Vicofertile (Parma) sono state trovate sei sepolture neolitiche databili alla metà del V millennio a.C.; una di esse conteneva una statuina femminile in ceramica lunga quasi 20 cm, che raffigura la dea madre, ovvero la dea della fertilità, che incarna la religiosità delle più antiche comunità agricole.
Statuette, generalmente frammentarie, che riproducono la dea madre sono state ritrovate in diversi insediamenti neolitici.
è
però la prima volta, in Italia settentrionale, che una statuina di questo tipo – tra l'altro intera - viene rinvenuta all'interno di una sepoltura, offrendo una clamorosa conferma alla connotazione della grande dea quale signora della vita, della morte e della rinascita, coerentemente con la sua identificazione con la “madre terra”, dal grembo della quale la natura rinasce ogni anno.
Le caratteristiche della deposizione di Vicofertile, inoltre, suggeriscono una lettura nuova delle nostre comunità neolitiche anche dal punto di vista sociale: la statuina era infatti posta nella tomba di una donna di età matura, affiancata dalle sepolture di un bambino e di tre giovani uomini.
Il ritrovamento si inquadra nell'importante studio sulle necropoli neolitiche emiliane che è stato avviato, in collaborazione tra archeologi e antropologi, raccogliendo il frutto dei molti dati messi in luce negli ultimi 20 anni in Emilia, grazie all'attenta politica di indagini preventive condotta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna.
Merita infine di segnalare che l'eccezionale rinvenimento è stato reso possibile grazie alla disponibilità del proprietario del cantiere, sig. Bruno Cavalieri.
Nell'occasione,
una conferenza di approfondimento sul ritrovamento della statuetta e sullo studio delle necropoli neolitiche emiliane
è stata tenuta presso l'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria
di Firenze, da Maria Bernabò Brea, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Parma,
e da Loretana Salvadei, della Sezione di Antropologia del Museo Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma.
LA
DEA MADRE
La spiritualità dei popoli privi di scrittura può essere solamente intuita a partire dagli oggetti di culto e dalle testimonianze artistiche. Nel caso della religiosità dei più antichi popoli agricoli, numerosi idoletti femminili presenti nel Vicino Oriente e nell’Europa sud-orientale, fino all’Italia, sono ritenuti la raffigurazione simbolica della dea madre.
Si tratta della rappresentazione di un culto della fertilità che viene generalmente espresso, pur con notevole variabilità, con i tratti di una donna obesa, o quanto meno caratterizzata da una marcata accentuazione del bacino e del sesso, sedi del concepimento e della nascita. Questa venerazione della dea madre sembra essersi propagata attraverso tutte le più antiche comunità agricole, insieme con la diffusione dell’agricoltura, a partire dall’VIII millennio a.C.
è
rarissima, in questi contesti, la raffigurazione del maschio, mentre il simbolo della virilità sembra spesso essere rappresentato dall’immagine del toro o delle sue corna.
In realtà anche nell’antichissima arte paleolitica, espressione delle comunità di cacciatori, compare spesso un’immagine femminile, che sembra dimostrare che la donna, in quanto generatrice, è sempre stata simbolo della vita e della riproduzione. Per le popolazioni di agricoltori, tuttavia, essa si carica di nuovi significati, essendo assimilata alla terra fecondata, dal grembo della quale nasce, ogni anno, la vegetazione che assicura il sostentamento alle comunità umane.
Il ciclo regolare della vegetazione che nasce, muore e rinasce diventa allora una promessa di rinascita anche per gli esseri umani, e la dea madre/madre terra diventa, di conseguenza, la signora della vita, della morte e della rinascita.
è
questa la ragione della presenza di idoletti femminili in alcune tombe del Vicino Oriente, dell’Europa sud-orientale, della Sardegna e adesso – grazie al ritrovamento di Vicofertile - anche dell’Italia settentrionale.
Ogni gruppo culturale ha espresso l’immagine della dea in uno stile peculiare e talvolta in più forme differenti, che secondo alcuni studiosi potrebbero essere indicativi dei molteplici aspetti della natura divina della dea
madre.
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