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LA CASA EDITRICE

VITO BIANCHI, Gengis Khan. Il principe
dei nomadi
, Laterza, Roma-Bari 2005,
pp. 332.

LA PRESENTAZIONE: Bari, 29 novembre 2005, Libreria Laterza, via Sparano.

L'AUTORE NEL SITO:
VITO BIANCHI

NEL SITO:
Gengis Khan principe dei nomadi
Islam, meriggio europeo. A proposito di un libro recente di Vito Bianchi
Sud e Islam. Una storia reciproca
Tatari e Russi
Convegno di Innsbruck/1
Convegno di Innsbruck/2
Il Codice di Innsbruck
Castel del Monte un castello medievale

MARCO BRANDO

 

L’ombra di Gengis Khan arrivò fino a Castel del Monte

 

Un'avvincente biografia dell’imperatore mongolo scritta da uno storico barese per Laterza. Un libro capace di “narrare” anche la storia apparentemente più lontana

 

    

   

«Castel del Monte, Mezzogiorno d’Italia: un ottagono imperfetto e sontuoso, isolato al culmine di un rilievo, fra pietra e cielo della Murgia pugliese. In una delle otto torri che ritmano la geometria dell’edificio c’è una sala con il soffitto esapartito. Nella penombra che s’addensa verso l’alto, sculture di telamoni accovacciati evocano volti occidentali, un probabile ebreo, un africano riccioluto. Un altro personaggio ha gote larghe e piene, il naso un po' schiacciato, gli occhi allungati, una peluria men che scarsa sul viso e la capigliatura tirata all’indietro. Lo si direbbe un orientale, un uomo dell’Asia più profonda. Non necessariamente un mongolo. Eppure, proprio negli anni di costruzione di Castel del Monte, l’Europa veniva attraversata dal terrore dei cavalieri delle steppe… Appena un braccio di mare separava i Mongoli dal regno meridionale di Federico II e dalle pertinenze papali».

È il prologo del nuovo libro di Vito Bianchi: Gengis Khan. Il principe dei nomadi, edito da Laterza e appena giunto nelle librerie. Citare il prologo può apparire prevedibile. Ma non lo è. Il volume non è affatto dedicato alla Puglia, citata in quell’occasione e di sfuggita un paio di altre volte. Né, tanto meno, s’aggiunge alla bibliografia sul castello fridericiano (bibliografia «arricchita» anche da molte fantasiose concessioni ai fan dell’esoterismo, alla faccia dell’incolpevole Federico II). Anzi, è un’opera globalizzante, che ha tutte le potenzialità per piacere a un vasto pubblico, diciamo..., euroasiatico: i cui antenati ebbero a che fare con il vivace imperatore mongolo, Gengis Khan. Tanto è vero che il volume è stato portato da Laterza alla Fiera del libro di Francoforte, per essere presentato fra i titoli di punta dell’editore barese per il 2005.

Tuttavia Vito Bianchi è pugliese: fasanese, professore a contratto di Archeologia all’Università di Bari, archeologo specialista, si è dedicato ai rapporti culturali e religiosi fra l’Europa, il Mediterraneo e l’Oriente. Collabora dal 1999 con la rivista «Medioevo» e ha al suo attivo altri libri. Cosicché in quel prologo testimonia, citando l’ipotesi del volto mongolo scolpito su Castel del Monte, sia il legame con le proprie radici sia il coraggio del ricercatore che lavora in modo scentifico: d’altra Bianchi formulò pubblicamente per la prima volta la sua teoria legata a quel particolare telamone in un importante convegno internazionale su Federico II svoltosi nell’aprile scorso a Innsbruck, in Austria.

Non solo. Il giovane studioso già nel prologo rende l’idea dello stile con cui ha scritto il volume: pur realizzato con rigore scientifico, si fa leggere come se fosse un romanzo, che avvince qualsiasi lettore fino all’ultimo e conferma una capacità di scrittura creativa notevole. Bianchi dunque racconta la storia di Gengis Khan (1155? - 1227), appunto: un nomade mongolo che seppe aggregare tribù sparpagliate per le lande asiatiche e fonderà un impero esteso in tre quarti di secolo dall’Oceano Pacifico fin quasi al Mediterraneo e dalla Siberia all’Himalaya.

«È un libro capace di “narrare la storia”, anche quella che appare meno nota e più complessa - conferma Raffaele Licinio, professore di Storia medievale a Bari - Un libro che non si limita ad avvicinarci ad un mondo che erroneamente continuiamo ad avvertire come profondamente “altro”, estraneo, lontano: ce ne spiega invece il peso e l’influenza nel nostro Medioevo, nella nostra cultura, nei nostri modelli di vita. E perciò ci scardina, allargandolo alla dimensione della storia globale, il nostro piccolo orizzonte storico eurocentrico. Anche qui, presso i popoli della steppa, vanno cercate le nostre radici».


Marco Brando

 

 

da "Corriere della sera - Corriere del Mezzogiorno", 3/11/2005

 

    

 

 

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