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MARCO BRANDO

 

Federico II? Per i tedeschi un sovrano «meridionale»

 

Concluso il convegno di Innsbruck sul grande imperatore poco amato nelle terre dei suoi avi

 

  

  

Ecco che Federico II viene fatto proprio dal mondo virtuale di Internet, per essere digerito e metabolizzato assieme all’artificioso seguito di esoterismi e leggende. Ecco lo Svevo reinventato dalla cinematografia italiana. Eccolo descritto come un divo dei nostri giorni, col corredo di fascino da macho; e scandagliato, nella sua infanzia, con metodi piscoterapuetici. Eccolo poi nella sua reale dimensione storica: un sovrano illuminato, per l’epoca, ma tutto sommato perfettamente inserito nel suo tempo e, oltretutto, attento alla Puglia in misura non dissimile rispetto ad altre aree del suo vasto impero.

È successo - anzi, se n’è dibattuto - a Innsbruck, in Austria, dove ieri è terminato il convegno internazionale, durato quattro giorni, dal titolo «L’eredità di Federico II: dalla storia al mito, dalla Puglia al Tirolo», 755 anni dopo la scomparsa del sovrano. Lo scopo? «Unire - si legge nella presentazione - le attività scientifiche attorno allo Svevo attraverso un collegamento fra studiosi delle università di Bari, Foggia, Napoli, Zurigo e Innsbruck». In più, col contributo di esperti non accademici: webmaster, scrittori, giornalisti, psicologi.

Gli organizzatori sono stati quattro docenti: Raffaele Licinio, professore di Storia medievale a Bari e direttore del Centro di studi normanno-svevi dell'Università barese, Max Siller, professore di Filologia tedesca medievale a Innsbruck, Angelo Pagliardini (Innsbruck e Stams) ed Emanuela Perna (Foggia e Innsbruck). Tutti ospiti del bellissimo e nuovissimo (anche se ospitato in uno stupendo palazzo medievale) Italien Zentrum dell’Università di Innsbruck, diretto da Barbara Tasser.

Il dibattito, malgrado la distanza temporale che ci separa dal sovrano, è stato serrato; in certi momenti persino burrascoso; e, comunque, di grande attualità. Perché la domanda che s’aggirava ufficiosamente per la Sala Claudiana (voluta da Claudia de’ Medici, moglie dell’arciduca del Tirolo Leopoldo V) era questa: «Ma “di chi è” Federico II di Svevia?». Della gente, ovvero del senso comune dei pugliesi, che ne hanno mitizzato la figura, spessissimo ben oltre i confini delle ricerca storica, trasformandolo nel capostipite della stessa “pugliesità”? Oppure l´imperatore svevo “è” degli storici: coloro che - con gli strumenti e il metodo della ricerca scientifica - cercano di sottrarlo al vorace bisogno di miti manifestato dalla gente del Tacco d’Italia (senza distinzioni sociali e culturali), per poi restituirlo alla sua reale collocazione nel panorama del Medioevo e del Mezzogiorno?

Quesito non da poco, se si considera che il mito dell’Imperatore svevo, basato su cognizioni per lo più prive di fondamento, ha generato in Puglia speculazioni pseudoscientifiche, speculazioni esoteriche, campagne pubblicitarie, persino campagne politiche. Mentre in Germania e in Austria Federico II è, secondo una recente ricerca, quasi del tutto sconosciuto e in coda alle preferenze della gente. Il dibattito ha visto protagonisti, tra i relatori meridionali, oltre al professor Licinio (e all’autore di questo articolo), Vito Bianchi, Francesco Violante, Stefania Mola, Fulvio Delle Donne, Maria Teresa Angelillo, Lucia Angelica Buquicchio, Alberto Gentile e Ornella Mariani.

Le conclusioni? Per ora - complici le tradizioni familiari, i mass media e per certi versi la stessa scuola - sembrano avere la meglio i miti basati sulle aspettative dei pugliesi piuttosto che i dati di fatto della ricerca scientifica (spesso sottaciuta dagli organi d´informazione). Ma il confronto - in apparenza impari - tra il fascino del mito e la verità storica non è affatto destinato ad esaurirsi. Il professor Licinio, ad esempio, promette battaglia. E, prima o poi, i pugliesi potrebbero anche accettare l´idea di potersi definire tali anche senza dover avere l’imprimatur dell’Imperatore.

 

 

Marco Brando

 
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