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LE OPERE E I GIORNI | a cura di Stefania Mola | Otranto |
Le opere e i giorni Il mosaico pavimentale I mesi
Una donna è intenta alla preparazione del pasto
(un paiolo pende dal gancio accanto a lei) ed alla cottura di un maiale
infilzato nello spiedo.
Accompagna la raffigurazione di febbraio il segno
zodiacale dell’Acquario,
governato da Saturno e da Urano, undicesimo segno dello zodiaco (e, insieme
alla Bilancia e ai Gemelli, segno di Aria) e cuore del trimestre invernale. Lo
rappresenta una figura maschile alata munita di una grande anfora, inclinata e
retta da entrambe le mani.
La scena è accompagnata dall’indicazione del mese (Fe/br[uarius]) arbitrariamente abbreviato. Il nome latino, derivante da februa
(«mezzi di purificazione», da cui anche il verbo februare,
«purificare»), indica febbraio come il periodo dell’anno della
purificazione e del “passaggio”: nella ritualità cristiana tutto ciò è
rappresentato dalla festa della Presentazione al Tempio (coincidente con la
Candelora, a sua volta derivante dall’antica festa celtica della luce
rinascente); in quella profana dal carnevale.
In linea con il mese precedente, la raffigurazione
di febbraio rimanda al rigore climatico del periodo che impone ai contadini di
tralasciare specifiche attività nei campi per dedicarsi a più confortanti
attività “casalinghe”, così come accade nell’iconografia corrente nella maggior parte dei calendari e cicli dei mesi
italiani ed europei. Spesso, infatti, l’immagine è quella di uomini o donne
seduti accanto al fuoco e intenti a scaldarsi; in alcuni casi, ambientati
all’esterno, l’attività raffigurata rimanda alla potatura degli alberi,
al taglio della legna, alla caccia ai serpenti (quando già siano usciti dal letargo invernale) o alla
pesca: curioso che qui ad Otranto non si sia optato per quest’ultima
possibilità, visto il profondo rapporto tra la città e il lavoro di mare, ed
il clima invernale non paragonabile a quello dell’Europa settentrionale e
centrale.
Una festa della terra e del cielo: il carnevale
Dal
mondo contadino nasce la maggior parte delle tradizioni festive, rituali e
corali che ancor oggi fanno parte del nostro patrimonio culturale. Alla terra
rimanda in particolar modo il carnevale,
una tra le feste che segnano l’inizio del ciclo agricolo annuale, quando
c’è bisogno di rinnovarsi mediante l’espulsione del male; un riflesso del
periodo di passaggio, di lotta, di caos che, secondo la cultura babilonese e
la sua lettura del transito degli astri, avrebbe restituito il cosmo
rinnovato. Ciò avviene attraverso il divertimento sfrenato, figlio dei Saturnalia romani, nel quale un paradossale re Carnevale adorno di
paglia, erba e fronde fa rivivere l’antico Saturno, dio e re della semina,
“l’allegro re del mondo capovolto in cui non regnano gli dèi e non c’è
più ordine”.
Il carnevale, sin dalle origini, è stato sinonimo
di divertimento e festa laica, di liberazione del contadino dalla sua vita
grigia e faticosa e soprattutto di licenza di trasgredire: come ricorda il
vecchio adagio, almeno una volta all'anno è concesso capovolgere l'ordine
sociale costituito. Una motivazione antica, alla base di una coralità
ritualizzata che ha alle spalle la realtà delle campagne e la rivolta nei
confronti dell'inverno e della morte della natura, nell'attesa del
rinnovamento e dell'abbondanza. Sono la vita e la morte che si fronteggiano, e
sono i loro simboli ad essere assunti dietro le maschere e le sfrenatezze del
carnevale; è il mondo dei defunti ad essere continuamente esorcizzato dai
riti, dai travestimenti, dai balli, elementi che nella loro componente oscena
o macabra rivelano la consistenza delle paure collettive e la consapevolezza
che esse vanno combattute affrontandole a testa alta e con la vitalità più
sfrenata.
La sfrenatezza, oggi come un tempo
rappresentazione del passaggio dal vecchio al nuovo anno, è un passaggio
interiore delle acque, metafora del levare l’ancora, del salpare e
dell’affrontare l’alto mare.
L’inquietudine, l’ambiguità, l’angoscia di ogni passaggio delle acque
fa sì che il viaggio – tanto più il viaggio interiore – non sia
affatto facile ma – alla pari dei sogni – un concentrato di paura e
desiderio, sì da designare folli coloro che si imbarcano. Per questo il
medioevo chiamò il car naval anche stultifera
navis, la nave dei folli. Dove la follia non è insensata perché ha una
direzione nell’obiettivo di approdare all’altra sponda: durante la
navigazione il corpo del vecchio anno sfuma frantumando e dissolvendo le
singole identità, invertendo i ruoli e i sessi, mentre la danza collettiva è
orgia dionisiaca obbediente al Gioco divino che regge il cosmo: e cosa c’è
di più tipico di questo periodo se non i giochi?
Ma
c’è ovunque il ricordo di antichi riti agrari
di purificazione, di propiziazione, di auspicio per una buona stagione ricca
dal punto di vista del raccolto. Ed è il fuoco l’elemento della
purificazione e della rinascita, il fuoco con cui si brucia il fantoccio di re
Carnevale, colpevole (ma in realtà, capro espiatorio) di tutti i mali ed i
peccati dell’anno appena concluso, le cui ceneri benediranno i campi e
conferiranno loro prosperità ed abbondanza. Consapevole del suo destino,
spesso il re Carnevale faceva testamento attraverso una farsesca ed esilarante
denuncia pubblica delle malefatte commesse dalla comunità desiderosa di
rinnovare la sua anima per meglio ingraziarsi la primavera ed il conseguente
risveglio della terra.
La sua morte è spettacolo: un rogo, un fantastico
falò (che quasi ovunque a tutt’oggi sopravvive in una tradizione che inizia
nelle fredde serate di gennaio). Un modo reale e simbolico, fatto di luce e
calore, per contrastare i rigori dell'inverno e la sterilità della natura;
una purificazione tra canti e danze nelle forme di un’energia allo stato
puro che si sprigiona anticipando l’energia feconda della natura che si
avvia ormai verso la buona stagione.
Mitologia
della costellazione dell'Acquario
Situata come il Capricorno e i Pesci nella parte
del cielo detta “Acque celesti” o “il Mare”, la costellazione
dell’Acquario è una delle più antiche; Dante nell’Inferno
(XXIV, 1-6) la cantò associandola al periodo in cui l’inverno trascolora
lentamente nella primavera.
L’associazione dell’Acquario ad un uomo che
versa acqua si deve ai Babilonesi, che facevano corrispondere la costellazione
al loro undicesimo mese, chiamato la “maledizione della pioggia”.
Gli
Egiziani vi identificavano il dio Api, dispensatore di acque in cielo e terra,
nella convinzione che dalle acque versate da questa figura provenissero quelle
del Nilo.
Il
mito greco associa invece all’Acquario la figura di Ganimede, giovane figlio
di Troo e di Calliroe, considerato il fanciullo più bello tra i mortali,
tant’è che fu rapito da Zeus nelle sembianze di aquila.
Zeus rese il fanciullo immortale e gli affidò l’ambìto ruolo di coppiere
degli dei (tramandatoci da Ovidio nelle Metamorfosi), ordinando poi ad Ermes di donare a Troo due divini
cavalli, per compensarlo della perdita del figlio, rassicurandolo sul destino
di questi, che sarebbe stato sereno e splendido per l’eternità.
In un mito alternativo, si narra che Zeus s’innamorò del giovane e lo portò sull’Olimpo per averlo sempre vicino.
La
venuta di Ganimede tra gli dei non fu gradita ad Ebe (figlia di Zeus ed Era),
che si vide sostituita nel suo ruolo di coppiere, ma dispiacque soprattutto ad
Era, sia per l’offesa arrecata alla figlia che per gelosia nei confronti
della nuova fiamma di Zeus.
Ogni
tensione fu comunque sedata da Zeus che onorò Ganimede collocandolo tra le
stelle.
I mesI: Settembre (primo mese dell'anno nello stile di datazione più diffuso nel Medioevo) - Ottobre - Novembre - Dicembre - Gennaio - Febbraio - Marzo - Aprile - Maggio - Giugno - Luglio - Agosto
©2002-2003 Stefania Mola