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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI PRATO
in sintesi
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a c. di Fernando Giaffreda
Artimino (villa medicea "La Ferdinanda" o villa dai Cento Camini)
«Fra tutte le ville sparse sul territorio, la più famosa è sicuramente quella medicea di Artimino. Ed un vero gioiello di arte, storia e cultura è lo stesso minuscolo borgo, che domina un paesaggio di vera suggestione. I resti del castello e la torre merlata con orologio sono la testimonianza di un turbolento passato: comunello indipendente fino al 1228 all’arrivo dei fiorentini, prima ancora città etrusca e poi feudo romano. Su un colle del poggio sorge il borgo, su quello opposto, uniti da un viale alberato lungo il crinale, domina imponente la villa medicea nella sua struttura squadrata, quasi una fortezza sormontata da una selva di comignoli dalle forme più svariate. Da qui appunto il soprannome di “villa dai cento camini”. Si narra che Ferdinando I si innamorò di queste colline durante una battuta di caccia e in appena quattro anni, dal 1596 al 1600, su progetto del Buontalenti (che forse sul Montalbano non mise mai piede per dirigere i lavori) la villa fu costruita. L’unico approccio manierista dell’edificio sono i particolari in pietra serena. L’elegante scalinata esterna posta all’ingresso, pur disegnata dal Buontalenti, fu costruita solo nel 1930 dalla contessa Maraini. Per il resto le ampie stanze della villa, vuote dopo una sciagurata asta negli anni “60, lasciano intendere che il ruolo maggiore nelle decorazioni l’avevano mobili e quadri: le lunette dell’Utens (oggi al museo “Firenze com’era”) e le “Bellezze d’Artimino”, settantacinque dipinti di dame e cortigiane esposte agli Uffizi. Rimangono comunque alcuni affreschi».
«Nelle fonti scritte la prima notizia su Bacchereto risale al 1138 quando gli eredi di Ser Rodolfo del fu Pietro cedono il 'castello, curte et burgo' di Bacchereto al Vescvo Atto di Pistoia. All'atto notarile testimonia il presbiter de Bacareto. La citazione del castello e della curtis attesta la presenza di una signoria quale centro amministrativo, politico e sociale a difesa del popolo e a controllo della viabilità verso la valle dell'Arno. Fino ai primi decenni del XII secolo Bacchereto è quindi una signoria rurale con un borgo fortificato, ma forse lo è già nel secolo precedente, quando Rodolfo del fu Pietro compare in un documento anche come signore del castello di Tizzana. La comunità di villaggio racchiusa nel borgo è dotata di una chiesa dipendente dalla pieve di Seano e agli inizi del '200 vanta una popolazione numerosa stimabile in circa 500 abitanti, la maggior parte distribuiti nelle case sparse del territorio. I piccoli castelli del Montalbano sono importanti punti strategici nella politica degli equilibri di confine tra Pistoia e Firenze e tra il XII e il XIV secolo i documenti raccontano di numerosi accordi e scontri tra le comunità e tra i signori feudali: da Rodolfo del fu Pietro la giurisdizione di Bacchereto passa al vescovo di Pistoia, quindi al Comune di Pistoia che la cede definitivamente al Comune di Firenze nel 1329. Nel 1221 si trova la prima citazione del Comune di Bacchereto ma i suoi statuti più antichi conosciuti risalgono al 1399. Nel 1276 per la prima volta nei documenti compare la Pieve di Santa Maria a Bacchereto con le sue tre chiese suffraganee, San Giusto, Colle Ughi e Fusciano: non si conosce la data esatta dell'istituzione della pieve ma i confini del comune nel 1255 corrispondono già a quelli del plebanato di Santa Maria. Dal XIV secolo a Bacchereto inizia una pregevole produzione di ceramiche che durerà per oltre 100 anni. Le fornaci 'da fare orciuoli' sono distribuite in tutto il popolo di Bacchereto (Mesore, Colle, Frecionaia, Treggiaia, Bilorfica, Prezone, Pozzo, Toia); le ceramiche forniscono le mense degli Spedali di Firenze, Prato e Pistoia, e le varie produzioni acquistano un valore sempre maggiore sia artigianale che artistico. Anche a Bacchereto è presente uno ospedale, ricordato come Spedale di Santa Caterina, posto fuori le mura del castello, ricovero di viandanti e pellegrini a testimonianza della frequentazione delle strade del Montalbano. Nel XIV sec. con il passaggio di Bacchereto, Artimino e Carmignano sotto la sfera d'influenza della Repubblica Fiorentina e la pacificazione del territorio, il castello di Bacchereto perde d'importanza. La struttura difensiva, munita di mura merlate e dotata di una abitazione per il notaio, cade in rovina e con il progressivo abbandono delle strutture, depredate dei materiali da costruzione e private della loro funzione difensiva, si determina anche la scomparsa della loro memoria. Nei documenti successivi alla metà del '300, infatti, non c'è più alcuna traccia del castello. Anche la produzione ceramica di Bacchereto è destinata a morire, in parte a causa dell'abbandono delle direttrici viarie che attraversavano il territorio, ma soprattutto perché soppiantata nel XV-XVI secolo dall'espansione commerciale dei fornaciai montelupini. L’abbandono del castello di Bacchereto sembra coincidere con la nascita della Compagni del Santissimo Sacramento che alla fine del ‘300 viene fondata sull’altare di Sant’Antonio».
http://www.parrocchiabacchereto.com/storiapieve.html
«Il territorio del comune di Montemurlo in provincia di Prato vede la presenza di molte ville e residenze storiche, eredità dei casati che qui ebbero i loro possedimenti fin dal Medioevo. Sulla colline che sovrastano la frazione di Bagnolo, si trova la cinquecentesca villa del Barone, definita dai contemporanei la “villa più che reale”, a causa delle dimensioni che non trovano corrispettivo nelle residenze signorili coeve. Il nucleo dell’imponente edificio venne fatto costruire da Bartolomeo Baccio di Filippo Valori, nel mezzo dei vasti appezzamenti che il nobiluomo possedeva fin dal Quattrocento alle pendici del monte Javello. Nel 1537, I Valori sostennero la rivolta antimedicea che ebbe il suo epilogo proprio a Montemurlo il 1° agosto di quell’anno, quando l’esercito di fuoriusciti capitanati da Filippo Strozzi si scontrò con quello di Cosimo I, futuro Granduca di Toscana, più numeroso e meglio organizzato, che grazie anche all'aiuto delle milizie spagnole ebbe la meglio. Il Valori venne catturato e decapitato e i possedimenti pratesi della famiglia vennero confiscati. La Villa del Barone da allora subì molti passaggi di proprietà: Panciatichi (1546-1557), Rossi (1557-1693), Tempi (1693-1824), Banti (1824-1904). Nel corso del Novecento la villa è stata trasformata in una casa di cura per anziani, poi in anni recenti è stata acquistata da una grande società immobiliare che la sta trasformando in una struttura convegnistica e ricettiva di prim’ordine. Poco si sa dei progettisti originari della Villa del Barone, tanto che si è avanzata l’ipotesi che l’edificio fosse stato disegnato dal geniale Giuliano di Sangallo, uno dei massimi architetti rinascimentali, che ha lasciato nel territorio pratese molte testimonianze del suo lavoro. Parallelamente ai passaggi di proprietà, segnati anche da intricate vicende giudiziarie, la villa ha sviluppato le forme e volumi attuali, trasformandosi da fortilizio medievale a dimora signorile, con annessa cappella, ampio giardino e ninfeo. Gli interventi più importanti hanno riguardato la costruzione dei due corpi laterali nella seconda metà del Cinquecento e le ristrutturazioni degli esterni nel Settecento, che hanno conferito all’edificio un aspetto austero e robusto. Gli interni della villa, sono ricchi di decorazioni e statue di gusto tardobarocco e noeclassico, a partire da quelle del grande salone centrale. Di notevole pregio le tempere del Salone delle Marine, eseguite da Antonio Cioci nel 1765-66 e le tele con vedute fantastiche del salone del secondo piano, opera di Niccolò Pintucci del 1731. ...».
http://www.turismo.intoscana.it/intoscana2/export/TurismoRT/sito-TurismoRT... (a cura di Maurizio Nucci)
«Avvicinandosi al paese dalla via Montalese, il località Bagnolo, quando le case si diradano e lasciano ancora un poco spazio alla campagna vediamo, annunciata dall'oratorio di S. Isidoro, la villa di Galceto (non visitabile) che possiamo agevolmente osservare, rialzata com'è dal piano stradale, sulle ultime pendici del Monferrato. La facciata è lineare ed elegante, a tre ordini di finestre, enfatizzata da un doppio scalone in bugnato liscio aperto da un portale; sul ballatoio, l'ingresso alla casa, leggermente rientrato è abbellito da tre archi incorniciati tra lesene concluse da capitelli ionici; statue delle 'Quattro Stagioni' decorano la copertura. La dimora viene costruita da F.M.G. Buondelmonti nel XVIII sec. Su un'antica casa molto deteriorata. La villa passa poi di mano per eredità o vendite fino a giungere alla famiglia Doupoy di Livorno che lascia memoria di sé a Montemurlo per la sua generosità. Una curiosità: la casa accolse, quale passeggero ospite estivo, il poeta Giosuè Carducci che ne ammirò la bellezza e la comodità».
http://www.comune.montemurlo.po.it/arte/htm/ville.htm#galceto
Bagnolo (villa Pazzi al Parugiano)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Ai piedi del Monferrato, tra Bagnolo e Montemurlo si estende una vasta area verde, che reca ancora i segni dell’antica centuriazione romana. Procedendo in direzione di Montale, si nota sulla sinistra il grande complesso della Villa Pazzi al Parugiano, già documentata prima del Mille come torre di guardia e quindi come corte e castello dei Conti Guidi. Dopo l’assedio di Castruccio Catracani del 1325 le fortificazioni del Parugiano vennero distrutte. I Pazzi, nobile famiglia fiorentina di antico lignaggio, provvidero a realizzare una villa turrita e a trasformare il Parugiano in grande fattoria. L’edificio fu testimone di importanti fatti storici, come la Rotta di Montemurlo del 1537 e ospitò in vari periodi anche Suor Maria Maddalena dei Pazzi una delle più importanti estatiche della Chiesa Romana del Seicento, nonché riformatrice dell’ordine delle Carmelitane. La villa fu la casa anche di Giovanni Girolamo de’ Pazzi (1681-1743) fondatore della Società Colombaria Fiorentina, sodalizio che si propose di coltivare gli studi storici, filologici e scientifici, cercando di abbracciare tutte le discipline secondo una visione "enciclopedica". Tra gli illustri proprietari della villa ci fu anche Adolfo Coppedè (1871-1951), artista e architetto fantasioso ed esuberante, personaggio che legò la sua fama e alla grandi committenze borghesi del primo Novecento. La villa al Parugiano, così come appare oggi, è il frutto di successivi interventi che si sono susseguiti tra il XVI e il XVIII secolo: la sobria facciata, che non si discosta dai canoni delle dimore signorili rinascimentali, dà su un ampio giardino di platani e statue, mentre gli interni e in particolare la galleria sono impreziositi dai mobili e dal camino neomanierista progettati dai Coppedè. La Villa al Parugiano, possiede un oratorio cinquecentesco dedicato a San Girolamo, che conserva dei preziosi affreschi del 1583, realizzati dal grande pittore olandese Jan Van Street detto lo Stradano, famoso per aver lavorato alle bellissime decorazioni dello Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio. Il pittore volle rappresentare nell’oratorio della villa pratese varie scene della Bibbia e del Vangelo, in cui spiccano il Peccato Originale e l’Inferno eseguiti sui lati brevi e lunghi della volta della Cappella. Sulla parete d’ingresso lo Stradano eseguì una veduta della Rocca di Montemurlo, divenuta nel corso del tempo uno delle rappresentazioni più conosciute del paesaggio ai piedi del Monteferrato».
Bagnolo (villa Strozzi o di Bagnolo)
Le foto degli amici di Castelli medievali
«Proseguendo per questa via sulla strettoia che di poco precede il ponte sul torrente Bagnolo incontriamo la magnifica villa Strozzi (non visitabile). La casa conserva la misura che le viene dalla sua attitudine d'uso: di ricca dimora ma anche di luogo di lavoro degli abitanti, vissuti stabilmente fino a metà dello '800 e poi solo in soggiorno estivo. Abbiamo attestazioni certe della famiglia fiorentina degli Strozzi come proprietaria della villa dal XVI secolo, epoca nella quale un membro di questa, Piero Strozzi, diviene parte viva della storia locale durante la congiura dei fuoriusciti fiorentini contro il potere di Cosimo de' Medici. Salendo lungo il viale d'accesso alla villa si ha l'impressione di una calma e misura che viene dalla semplicità dell'impianto architettonico della dimora: una costruzione regolare e allungata con un corpo centrale più elevato e coronato centralmente da una torretta. Uno scaloncino a due rampe dà l'accesso al piano nobile della villa. La facciata semplice è caratterizzata da tre ordini di finestre incorniciate semplicemente da fasce in pietra serena; il retro è speculare».
http://www.comune.montemurlo.po.it/arte/htm/ville.htm
Bonistallo (barco reale mediceo e barchetto)
«Sul colle di Bonistallo, passando sulla strada verso Pistoia, poco oltre l’abitato di Poggio a Caiano, si trova un ombroso boschetto circondato con un antico muro, antico monumento in grave pericolo e degrado, nel silenzio generale. Fu realizzato al tempo del duca Cosimo I, a metà del XVI secolo durante gli interventi che interessarono tutti i possedimenti medicei.. I lavori furono diretti da Niccolò Tribolo che realizzò anche il giardino della villa e le scuderie. Il piccolo barco o bargo, posto a poca distanza a nord ovest dalla villa, aveva un perimetro di mura di circa un miglio, come riporta l’inventario dei beni di Cosimo I del 1568. Era probabilmente destinato alla caccia e l suo interno si trovavano una conigliera, una “casa del falconiere”, un luogo attrezzato per l’uccellagione, cioè la cattura di volatili con reti, chiamato “uccellare” e posto sulla sommità del colle e anche una cava di pietra. Tuttavia il principale utilizzo del boschetto doveva probabilmente essere legato alla custodia di animali di grossa taglia, tipo cervi o cinghiali e forse animali esotici come nel similare boschetto quadrangolare delle Pavoniere, realizzato nello stesso periodo all’interno della tenuta delle Cascine sull’altra sponda dell’Ombrone, dove venivano tenuti dei rari daini neri fatti venire dall’India ai tempi di Lorenzo il Magnifico. L’allevamento di selvaggina di grossa taglia all’interno del Bargo è documentato da alcune lettere del fattore del Poggio al maggiordomo del duca Cosimo che informano sullo stato di salute degli “animali del barcho” e sul loro foraggiamento soprattutto in periodo di cattivo tempo. Forse al Bargo finirono le due gazzelle ed il muflone ricevuti in dono nel 1580 da Francesco I. Risulta documentata la presenza di camosci, anche se il loro allevamento fu sicuramente difficoltoso, anche a causa del “gozzo” che li afflisse. ...
Il boschetto del Bargo di Poggio a Caiano occupa il versante nord del colle di Bonistallo sul quale si trova l’antica chiesa di Santa Maria posta appena fuori dal muro di recinzione e in cui sono stati ritrovati alcuni resti di Francesco I e della moglie Bianca, sepolti sotto il pavimento. Probabilmente al momento della realizzazione del muro l’area era già boscata, esclusa dal secolare processo di messa a coltura delle pendici del Montalbano, sia per l’orientamento verso Nord, sfavorevole alla coltivazione, sia per la natura poco fertile del suolo causata dalla natura geologica del colle caratterizzata da roccia arenaria quasi affiorante il cui disfacimento produce un terreno povero. Nonostante la conformazione in declivio, Tribolo, non rinunciò a dare alla strutture una conformazione geometrica, quasi si trattasse di un giardino, con un tracciato di vialetti incentrato su un triangolo isoscele. Sul perimetro murato si aprivano tre porte, delle quali se ne sono conservate due, ornate con portali monumentali di gusto manierista. Gli attuali vialetti tortuosi che hanno cancellato la preesistente strutturazione geometrizzante sono dovuti alle vicissitudini che il Bargo ha dovuto affrontare nel corso del XX secolo e che meriterebbero in altra sede un maggior approfondimento. Nel primo dopoguerra divenne possesso dell’Opera Nazionale Combattenti che sfruttò intensamente il bosco per ricavarne legna, minacciandone la stessa sopravvivenza. Dal 1935 fu affidato all’istituto Agronomico d’Oltremare che utilizzò alcuni terreni interni ed esterni al bosco per sperimentazioni agricole didattiche. Durante la guerra fu utilizzato per l’acquartieramento di reparti tedeschi e poi americani, anche corazzati, con gravissimi danni alla vegetazione. Attualmente il Bargo, quasi completamente inglobato nella struttura urbana di Poggio a Caiano, è aperto al pubblico e costituisce una sorta di bosco in città, capace di dare una fresca ombra in piena estate».
http://provinciadiprato.wordpress.com/2013/03/02/un-monumento-da-salvare/
Cambiaticcio (casa-torre, resti del castello di Montauto, villa Antella)
«...Tornando sulla statale, superata Usella si arriva all'abitato di Colle; da qui una strada sale a Cambiaticcio, bel complesso con casa-torre, prima del quale uno stradello a sinistra porta a Villa Antella, di aspetto cinquecentesco (con trasformazioni del XIX secolo) e, sulla cima del rilievo, ai resti del Castello di Montauto (nel XII secolo fu degli Ubaldini, poi dei Pipini, infine degli Alberti, che nel 1382 lo vendettero a Firenze)...».
http://www.pratoartestoria.it/id251.htm
«La Villa-fattoria di Capezzana o Tenuta di Capezzana è un complesso nell'omonima frazione di Carmignano, in provincia di Prato. Di origine medievale, è attestata in loco la produzione olearia e vinicola fin dall'804. Dell'epoca medievale resta un oratorio dedicato a san Jacopo con campanile e abside romanica. La prima "casa da signore" fu edificata nel Rinascimento su iniziativa di Monna Nera Bonaccorsi, per venire poi ampliata dai Cantucci, imparentati coi Medici, in eleganti forme cinquecentesche. Nel Settecento Maria Maddalena Cantucci, sposata nel 1734 al marchese Bourbon del Monte, aumentò il numero dei poderi della tenuta, ricostruendo la cantina in dimensioni maggiori. Nel Novecento venne acquistata da Alessandro Contini Bonacossi, che la ingrandì ulteriormente acquistando poderi circostanti. Oggi appartiene ai suoi discendenti. La nuova tinaia fu fatta progettare da Giovanni Michelucci, autore anche di altri progetti per la famiglia. Strutturata in più edifici, ha un ampio giardino con un piazzale ornato da statue settecentesche. Le ampie cantine, in cui si conserva una pregiata produzione vinicola locale, e i vari annessi risalgono ai secolo XVI e XVII».
http://it.wikipedia.org/wiki/Villa-fattoria_di_Capezzana
Carmignanello (ponte di Cerbaia)
«Il ponte di Cerbaia è il più antico ponte sopravvissuto fino ad oggi che permette l'attraversamento del fiume Bisenzio. Si trova ai piedi della rocca di Cerbaia, in località Carmignanello, lungo la strada statale 325 della val di Bisenzio nel comune di Cantagallo, in provincia di Prato. Il ponte risale all'alto medioevo ed è antecedente alla costruzione della rocca; Nel 1314 la Repubblica di Firenze fece un accordo con i conti Alberti in base al quali doveva essere costruito un nuovo ponte per agevolare il passaggio delle merci verso Bologna. Sembra che anche Giuseppe Garibaldi abbia attraversato il ponte di Cerbaia e ciò avvenne all'imbrunire di domenica 26 agosto 1849 quando lui e il suo aiutante Giovanni Battista Culiolo detto il Maggior Leggero lo oltrepassarono in direzione Prato per sfuggire agli austriaci. Nel corso dei secoli ha subito numerosi restauri e rifacimenti fino all'ultimo restauro integrale del 1993. Il ponte di Cerbaia presenta tre arcate a sesto ribassato più una quarta di piccole dimensioni; ha il paramento murario realizzato conci squadrati di pietra arenaria. È largo circa 5 braccia fiorentine (2.30 metri)».
http://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_di_Cerbaia
Carmignanello (rocca di Cerbaia)
a c. di Fernando Giaffreda
«Non tutti conoscono la vicenda che portò quasi due secoli fa, allo spostamento del Palazzo Pretorio nella sede attuale. Infatti anticamente la sede del Pretorio si trovava dentro le mura del castello di Carmignano, punto dove oggi si trova il famoso Campano e le antiche mura di cinta. Purtroppo l'edificio che ospitava la sede del Pretorio non riuscì a salvarsi dalla famiglia Cremoncini che il 13 giugno 1826 iniziò ad avanzare diritti di proprietà sul Palazzo e sui suoi terreni circostanti. Anche se le notizie storiche riguardanti tali avvenimenti sono scarse, grazie al libro "Memorie storiche del Castello e del Comune di Carmignano" scritto alla fine del 1800 da Antonio Ricci, possiamo avere un quadro dell’evoluzione storica che il comune ha subito nel corso dei secoli. ... Finalmente nel 1834 il Magistrato, visto giungere il termine del contratto di affitto con il signor Bubbolini, decise di cercare di nuovo delle case che potessero ospitare definitivamente il Palazzo Pretorio. Vennero proposte le abitazioni di proprietà dei Bruni, Gigli e Raffaelli. Nell’ottobre del 1834 venne scelta la casa dei Bruni da acquistare al prezzo di scudi 1.150. Ma passò quasi un anno e si avvicinava il termine di scadenza del contratto con il Bubbolini, ed ancora non si era provveduto a regolarizzare l’acquisto di casa Bruni. Il 9 novembre 1835 il Granduca, con suo rescritto, ordinava l’acquisto del palazzo Bubbolini, denegando la trattativa con Bruni. Al Palazzo acquistato dal Bubbolini vennero integrate negli anni a seguire altre due proprietà, fino a raggiungere l’organizzazione dell’attuale Palazzo Pretorio».
http://www.comune.carmignano.po.it/territorio/?act=i&fid=3481&id=20091201024459429
Carmignano (rocca e torre del Campano)
a c. di Fernando Giaffreda
Carmignano (villa di Trefiano)
«La villa di Trefiano fu costruita nel 1570 da un architetto appartenente ai capitani di parte guelfa per la famiglia fiorentina dei Rucellai.La data e il nome del committente, Giovanni di Pandolfo, si leggono sugli architravi in pietra serena delle finestre della facciata principale.La famiglia Rucellai fu proprietaria di Trefiano fino al 1880 e negli anni ‘ 30 la proprietà fu acquisita dagli attuali proprietari, i Conti Contini Bonacossi. La villa è collocata in cima ad una collina su di un ampio prato delimitato da cipressi da un lato e da un bosco di lecci dall’ altro; e si affaccia sulla piana di Firenze Prato Pistoia».
http://www.capezzana.it/?page_id=122
«Sulla SS 325, passato il confine con Vaiano e la frazione de Il Fabbro, incontriamo Usella (177 m); sorto in periodo medievale intorno alla pieve, fu ceduto dagli Alberti nel '300 a Firenze. La pieve di San Lorenzo, una delle più antiche della vallata (documentata nel 997), fu dal 1189 patronato della badia di Vaiano e subì trasformazioni e rifacimenti, fino alla radicale ristrutturazione del 1907 ... Dalla pieve una strada risale il rio a Sieve e, attraversando prati terrazzati con vigne e olivi, giunge alla chiesetta duecentesca del santo a Codilupo (San Michele), con paramento e abside in arenaria; di fianco a questa un bivio conduce a destra della Torre di Codilupo, complesso turrito sorto sui resti di un fortilizio medievale».
http://www.pratoartestoria.it/id251.htm
Fabio (villa Cipriani, torretta)
«La proprietà, tutta situata lungo la strada di mezzacosta, lungo la strada di mezzacosta che proviene da Faltugnano e che si collega con Savignano, comprende due edifici storici, uno vicino alla chiesa dedicata a S. Martino e la villa signorile, più a settentrione, oltrepassato il Fosso della Mandria. La denominazione di Fabio indica la sua origine romana, testimoniata dall’edificio ancora oggi chiamato La Villa, che probabilmente è costruito su un preesistente insediamento ove sorse una “villa rustica” romana, appartenuta alla Gens Fabia, che ha dato il nome alla località. In epoca medievale Fabio fu sede di una curtis medievale, con un insediamento longobardo importante, anche in ragione delle possibilità legate all’allevamento: il sottostante toponimo “Cafaggio” si collega con il termine longobardo “gahagi” (recinto), a testimoniare il luogo dove si raccoglieva il bestiame che scendeva dalle vie di pastura collegate con i pascoli sommatali della Calvana. Oltre il Fosso della Mandria, che evoca queste antiche attività, risalendo il versante che domina il selvaggio Poggio del Maglio, si trova l’antica villa Cipriani, dal nome della famiglia che si collega direttamente all’attuale proprietà, conosciuta anche come villa La torre e villa Adelina. La villa è costruita su una preesistenza medievale di casa torre, visitabile nella parte interna, costruita con un materiale locale caratteristico: le concrezioni calcaree tipiche dell’Area Protetta della Calvana, detti “spugni” che venivano raccolti nel sottostante torrente Nosa. Il luogo ha un fascino particolare perché ci proietta all’interno di una casa torre medievale ben comprende due edifici storici, uno vicino alla chiesa dedicata a S. Martino, ben conservata, fatto assai singolare. Villa Cipriani conserva i resti di una torretta medievale con caratteristiche originarie di torre di avvistamento, fronteggiante il castello di Altociglio, sull’altra sponda del fiume Bisenzio. L’avvocato Cipriani, notabile pratese, la restaurò e ne fece un possedimento di campagna, secondo gli usi dell’agricoltura mezzadrile».
http://www.antichigiardini.com/?Lang=it&view=giardini&See=villa-cipriani
«...Fossato (747 m), tra le località più interessanti della montagna pratese per la struttura del suo abitato e la possibilità di escursioni. Antico possesso di Matilde di Canossa, fu preso da Pistoia ma rivendicato da papa Onorio III, che lo concesse in feudo agli Alberti. FossatoQuesta famiglia riuscì ad ottenerlo solo dal 1287 al 1319; tornò poi a Pistoia per passare nel territorio fiorentino nel 1401. Importante luogo di confine tra Granducato, Stato Pontificio e Contea di Vernio, grazie a pastorizia e agricoltura Fossato visse un notevole sviluppo fino all'Ottocento, quando avviò una progressiva, massiccia emigrazione verso Corsica e Francia. All'estremità dell'abitato vi è la chiesa di San Lorenzo, lungo la strada per Torri, edificata nell'XI secolo e ampliata intorno al 1580 con le navate laterali. Il robusto campanile a torre è forse tre-quattrocentesco. All'interno le tre navate sono sorrette da tarchiate colonne tuscaniche (1580 circa); sull'altare maggiore (1669) vi è un venerato Crocifisso ligneo del primo '700 e di quel secolo sono anche gli stalli delle due cappelle del coro e un'originale Via Crucis in maiolica dipinta. Dalla chiesa si scende nel pittoresco nucleo principale,con edifici in arenaria, ricchi di rientranze, passaggi coperti, scalette e aperture sette-ottocentesche. Anche l'oratorio di San Rocco (1710-11, con loggetta del 1797) conserva una Via Crucis settecentesca in maiolica, oltre a statue lignee del XVIII-XIX secolo; sul bell'altare maggiore (1723) vi è una tela coeva con la Madonna, il Bambino e Santi. Nella zona settentrionale un robusto complesso ingloba una torre, probabile resto del Castello del XII secolo».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/cantagallo.asp
Gricigliana (villa Novellucci)
«...Superati i ruderi del quattrocentesco ponte di Sessato, distrutto nel 1944, si attraversa Carmignanello, di sviluppo recente; sulla sinistra una strada sale fino a Gricigliana (353 m), piccolo borgo raccolto intorno all'oratorio di Santa Caterina (chiesa parrocchiale del XIII secolo, ristrutturata nel '700) e alla soprastante Villa Novellucci, sorta sui resti di un edificio fortificato medievale. La villa fu a lungo dei Novellucci, poi dall'800 dei Guicciardini e conserva un aspetto seicentesco, robusto e severo, con alta scala a doppia rampa che conduce al portale centinato. Lo stesso gusto e severità improntano Villa Edelmann, già dei Novellucci, lungo la SS 325, a ridosso di uno sperone roccioso (di qui il notevole sviluppo in altezza e la modesta profondità). Anch'essa ha al centro un portale centinato accessibile con una elegante scala a rampe multiple; gli interni conservano strutture più antiche, con ambienti in volta o con soffitti lignei a cassettone».
http://www.pratoartestoria.it/id251.htm
Il Fabbro (villa Guicciardini, casa Tognetti)
«Intorno alla SS 325 si sviluppa la parte del comune di Cantagallo che separa Vernio da Vaiano. Superato il Fabbro, la valle del Bisenzio si apre, addolcendo la sua pendenza; qui sorge Villa Guicciardini, entro un bel parco alberato, che fu centro di una vasta tenuta dei Bardi, poi dei Guicciardini (1810), che la ristrutturarono notevolmente intorno al 1860. L'ampia facciata neosettecentesca, scandita da lesene bugnate, ha un coronamento orizzontale con fastigio al centro; varie sale, lo scalone e la cappella conservano decorazioni sette-ottocentesche. Lungo il prospetto settentrionale vi sono la fattoria e le scuderie, di aspetto neoclassicheggiante. Di fianco alla villa una strada risale la valletta del rio di Migliana e, toccati il complesso di Castiglioncello (vi sorse in periodo longobardo la fortificazione di Castiglion Merlini, distrutta nel 1320-30) e la cinquecentesca casa Tognetti, raggiunge Migliana (603 m)».
http://www.pratoartestoria.it/id250.htm
«Sulla strada per l'Isola resta un complesso con bella torre medievale in alberese: case il Poggio. Ripresa la strada statale, si raggiunge La Briglia (134 m), dove dal '200 uno sbarramento sul Bisenzio alimentava alcune gore. L'abitato è cresciuto intorno all'interessante complesso dell'ex fabbrica Forti, esempio unico nel territorio pratese di città-fabbrica tardo-ottocentesca. La strada interna, fiancheggiata da capannoni e uffici (con fronte classicheggiante), porta al piazzale dove sorgono la chiesa e il fianco della Cartaia settecentesca, trasformata nell'800 adattandola a ramiera, poi a lanificio. La simmetrica facciata è conclusa da una torretta con orologio, mentre all'interno alcuni ambienti (interrati e piani terreni) conservano volte a crociera sette-ottocentesche. La chiesa di San Miniato, costruita nel 1863, è precoce esempio di architettura neogotica, con alta facciata cuspidata, fianchi e abside poligonale forati da aperture ogivali. La chiesa ha pianta a croce latina ed è coperta da snelle volte a crociera; vi si conservano opere di Mihu Vulcanescu (1970-80) e una tela con la Sacra Famiglia, del tardo '600. La chiesa ha assunto dagli anni 1950 il titolo e la parrocchia dell'antico San Miniato a Popigliano (XII sec.), sulle pendici del Poggio di Altociglio. ...».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/vaiano.asp
«L'abitato che dà il nome al Comune è situato nella valle del Rio Ceppeta, alle sorgenti del fiume Bisenzio, circondato dalle verdeggianti montagne dell'Appennino tosco-emiliano. Il borgo medievale di Cantagallo, totalmente distrutto durante la seconda guerra mondiale, rappresenta una base ideale per le escursioni sui monti circostanti da cui si godono ampie vedute panoramiche. A tal proposito ricordiamo che in questo territorio sorge la Riserva Naturale Acquerino-Cantagallo. La sede del Comune è a Luicciana, nel Palazzo detto La Torricella, all'esterno e all'interno del quale si possono ammirare opere d'arte contemporanea facenti parte del Museo all'aperto. Seppur non facilmente raggiungibile degna di nota è la Rocca di Cerbaia sulla quale aleggia la leggenda di una mancata accoglienza di Dante Alighieri fuggiasco da Firenze nel 1285. Il territorio comunale ricopre una superficie di 94,93 kmq e la popolazione complessiva è di 2941 abitanti (2008). Le frazioni che costituiscono il comune sono: Carmignanello (la più popolosa), Fossato, Gavigno, Gricigliana, Cantagallo, Il Fabbro, L'Acqua, Luicciana, Migliana, La Rocca di Cerbaia e Usella».
http://portaleapt.comune.prato.it:81/index.php?page=default&id=338&lang=it
Meretto (villa Hall o degli Strozzi)
«Su piccoli rilievi a est de La Briglia alcuni nuclei con case sparse furono antichi "popoli" del distretto pratese: L'Isola, Maglio (con l'ex chiesetta di San Michele, ora abitazione, e altre strutture medievali) e Meretto, posto più a sud (in un pianoro già frequentato nel neolitico). Qui sorge Villa Hall, edificata dagli Strozzi nel XVI secolo - come dimostra il prospetto occidentale, con due ordini di loggiato - e trasformata nella seconda metà dell'800 dagli Hall, che arricchirono le altre facciate di classicheggianti elementi porticati, terrazzi e avancorpi».
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/vaiano.asp
«Si tratta di un borghetto con strutture medievali. Il borgo si presenta notevolmente degradato, in particolare per quanto riguarda le sue murature esterne e le strutture di copertura. "A quota di poco inferiore al podere detto La Torre, vi era il borgo denominato Mezzana, all’interno del quale era un’altra unità poderale dei Buonamici, detta Mezzana, un possesso che nella seconda metà del Cinquecento era descritto con casa da lavoratore, capanna, orti, stalla, corte, con più terre e campi lavorativi, boscati, castagnati, massetati, prative, pasture e sode. Nei documenti relativi alla volgarizzazione del testamento del cavalier Buonamico Buonamici del 1609, tra i beni lasciati in eredità si trovano anche i sette poderi di Mezzana, Torre, Coricelli, Santo Stefano, Casa al Bosco, oltre al Podere del Mulino, a conferma del fatto che in quest’epoca la fattoria si era estesa dai possessi di Sofignano, e neanche poco, verso nord. Un podere, quello di Mezzana, che nel 1771 era nelle mani di Casimiro di Giovanni ed altri Buonamici, che lo allogarono a Domenico di Giovanni Santi e alla sua famiglia, la cui provenienza, come tradisce il cognome, era di Migliana. ... Ancora nel 1870 il Podere di Mezzana, quello di Casa al Bosco, ai piedi del Poggio delle Ventose e isolato dal primo, oltre al Podere di Cambiaticcio, facevano parte della Fattoria di San Gaudenzio, mentre non figuravano più Santo Stefano, La Torre e Coricelli, quel vasto complesso colonico con la casa da lavoratore a fronteggiare la capanna, due strutture che ci appaiono ancora oggi divise da una grande aia. ... Oggi di quel borgo, se si eccettuano il Podere della Torre e di Coricelli, restano edifici in avanzatissimo stato di degrado, ridotti a rudere" (da: Cinzia Bartolozzi, Cantagallo: Sentieri tra storia, natura ed edilizia rurale, Provincia di Prato)».
http://mapserver.provincia.prato.it/prv_po/ptc2008/_console/07_pdf/edifici_pses_schede/E013.pdf
Montemurlo (borgo, mura, porte)
«Distante pochi chilometri da Prato, la zona di Montemurlo fu abitata fin da tempi remoti, tanto che sono stai rinvenuti antichissimi reperti litici in diaspro rosso. Dopo la frequentazione etrusca, sotto la dominazione romana assunse il carattere di fortificazione che la caratterizza. La città grazie alle ampie distese pianeggianti che la caratterizzano, può annoverare molte dimore patrizie, alcune delle quali vantano illustri testimoni. È un documento d’archivio, risalente al 1100, che attesta la presenza di una «curte et castello». Il soggetto in questione è rappresentato dalla Rocca, lo splendido castello situato su una collina, dall’alto della quale domina tutta la vallata circostante e raggiungibile con varie strade che si stoccano dall'antica Montalese, attraversando zone di recente espansione; dalla via della Rocca si sale al castello giungendo a Porta Freccioni (detta anche "la Portaccia"). Essa sorse nel X secolo su un antica "corte" dei Guidi, ai piedi della quale si formò un piccolo borgo con chiesa, difeso in seguito da mura. I conti Guidi proprio per la posizione strategica del castello, dovettero sostenere molte lotte contro la città di Prato e Pistoia, finché nel 1254 decisero di venderlo per la somma di 5000 fiorini a Firenze, con il loro conseguente inurbamento. ... Alla fine del XII secolo fu costruita una chiesa dedicata a San Pietro, alla quale passò presto il titolo di pieve e la dedicazione a San Giovanni Battista. La facciata dell’edificio. di epoca medievale, è preceduta da un rustico portico su pilastri in laterizio, forse quattrocentesco, che prosegue a destra, dov'è l'accesso al cortile. Dal cortile spicca il campanile, già torre di guardia delle mura, rialzata agli inizi del '400 con la cella a bifore e il coronamento di gusto tardogotico. All'interno della chiesa, tra le pale degli altari laterali, spiccano a destra la Madonna del Rosario (1609) di Matteo Rosselli e l'Assunta (1590) del fiammingo Giovanni Stradano, che presenta sul fondo un'interessante veduta del castello di Montemurlo. Eppure, par proprio che questo stupendo borgo, nonostante siano trascorsi tanti secoli stia aspettando che qualcuno riesca a interpretare i segni antichi. Recentemente i riflettori si sono nuovamente accesi sulle sue pietre, tornate da vere protagoniste a far parlare di sé. Durante i lavori di scavo, avviati dall’attività comunale per migliorare la rete fognaria del luogo, nell’antica piazza del borgo sembra siano stati ritrovati dei reperti archeologici, probabilmente dei vasetti di epoca medioevale. Si tratta soltanto di un piccolo assaggio di quei tesori nascosti che le antiche piastrelle custodiscono gelosamente e che contribuiscono a rendere la Rocca e il suo borgo il vero vanto di Montemurlo».
http://www.instoria.it/home/montemurlo.htm (a cura di Roberta Franchi)
Montemurlo (torre e castello della fattoria di Iavello)
a c. di Fernando Giaffreda
a c. di Fernando Giaffreda
«Giunti in paese, sull'attuale piazza Fornacelle, vediamo villa Giamari, detta anticamente 'della fornace'. Al piano terreno e la limonaia la sede della Biblioteca Comunale "Bartolomeo della Fonte", il centro gioco educativo "Il libro parlante" e il bar (aperto nel periodo estivo). La villa è di costruzione cinquecentesca ed appartenne, con numerosi poderi circostanti alla famiglia Villani di Pistoia ed alla sua estinzione, alla fine del '700, passò ai Giamari, una ricca famiglia borghese di origine armena. Villa Giamari, d'aspetto più semplice delle altre ville viste, ha facciate lineari, portali incorniciati in bugnato liscio e finestre prive di decori. Nel corso del '700 e dell' '800 la villa venne ristrutturata con sufficiente rispetto per le sue forme cinquecentesche».
http://www.comune.montemurlo.po.it/arte/htm/ville.htm#giamari
Poggio a Caiano (scuderie medicee)
«Adiacenti alla Villa [medicea] sono alcune costruzioni come la cappella (dove si trova la Pietà con i SS. Cosma e Damiano, dipinta nel 1560 da Giorgio Vasari), le cucine (di cui si hanno le prime tracce iconografìche in alcune piante del 1610) e il neoclassico stanzone per le piante (o limonaia) "con annessa conserva d'acqua", opera del Poccianti (1825 circa). A metà del XVI sec. circa, sotto Cosimo I, Niccolo Tribolo risistemò i giardini e terminò la costruzione delle scuderie intorno al 1548. La veduta d'insieme dell'assetto del giardino e delle scuderie dopo l'intervento del Tribolo si ha nella famosa lunetta di Giusto Utens del 1599. Le scuderie, acquistate alla fine degli anni '70 dal Comune di Poggio a Caiano, sono poste subito fuori del muro di cinta della Villa, lungo la strada per Prato. Di grande interesse sono i giardini che circondano la Villa, ridisegnati dopo il 1811, ma senza seguire del tutto l'originario progetto elaborato dall'ingegnere Giuseppe Manetti, su commissione di Elisa Baciocchi. Tale progetto prevedeva la loro trasformazione in un giardino all'inglese, con la creazione di un laghetto e di tempio dedicato a Diana e con ulteriori interventi in chiave paesaggistica. Attualmente solo la parte dei giardini che si estende oltre la facciata posteriore della Villa, verso l'Ombrone, si presenta come un giardino all'inglese, con viali ombreggiati ed angoli caratteristici. Sul lato destro della Villa essi hanno invece mantenuto l'aspetto di un giardino all'italiana, con una vasca centrale e numerosi vasi di limoni. Il giardino è qui recinto su tre lati e chiuso sul quarto dal già citato stanzone del Poccianti. I giardini sono arricchiti da rare specie vegetali e da alcune statue, come quella in terracotta raffigurante la cattura della ninfa Ambra da parte di Ombrone descritta da Lorenzo de' Medici nel suo poemetto Ambra».
http://www.prolocopoggioacaiano.it/edificiadiacenti.htm
Poggio a Caiano (villa medicea "Ambra")
«Voluta da Lorenzo il Magnifico e costruita su progetto di Giuliano da Sangallo nel fra il 1484 e il 1520 (con una pausa fra il 1494 e il 1513 a causa della cacciata da Firenze dei Medici). i lavori ripresero con l'ascesa al soglio pontificio del figlio di Lorenzo (Giovanni) col nome di Leone X. La villa rimase sempre residenza estiva dei Medici e fu teatro di importanti avvenimenti della loro storia dinastica. Qui furono festeggiati i matrimoni fra Alessandro de' Medici e Margherita d'Austria (1536), fra Cosimo I ed Eleonora da Toledo (1539), fra Francesco I e Bianca Cappello (1579). Al tempo di Cosimo III (seconda metà del Seicento) la villa fu dotata di un teatro al piano terra per soddisfare i capricci di Margherita Luisa d'Orléans. Il principe Ferdinando ne fece un attivissimo centro culturale. Alla morte dell'ultimo discendente dei Medici l'edificio passò alla famiglia degli Asburgo-Lorena. Modifiche di rilievo furono apportate nel corso del tempo sia alla villa che al parco. Fra il 1865 e il 1871 (periodo di Firenze Capitale del Regno d'Italia) vi soggiornarono Vittorio Emanuele II e la contessa di Mirafiori. Prototipo della villa rinascimentale, si apre su un ampio parco con annesse limonaia neoclassica e scuderie ristrutturate nel 2000 e adibite a struttura polivalente. La facciata è caratterizzata dall'ampio basamento porticato che circonda l'edificio coronato da timpano. L'ampia scalinata a tenaglia eseguita fra il 1807 e il 1811, su progetto di Pasquale Poccianti, porta al primo piano. Al piano terreno sono ubicati la sala del teatro, la sala dei biliardi e l'appartamento di Bianca Cappello. Al primo piano si trovano la camera da campo di Vittorio Emanuele (arredata con speciali mobili pieghevoli da accampamento), il salone che ospita i pannelli originali del fregio del timpano, realizzato in terracotta smaltata lungo circa 14 metri. Il salone Leone X si affaccia sul porticato ed è circondato da un imponente ciclo di affreschi realizzati dal Pontormo, Franciabigio, Alessandro Allori ed Andrea del Sarto. Oltre il salone si trova la sala dei pranzi, l'appartamento di Vittorio Emanuele e l'appartamento della contessa di Mirafiori e il bagno di realizzazione neoclassica. Dal 2007 nella villa ha trovato la propria sede il Museo della Natura Morta che è stato allestito in sedici sale del secondo piano ed espone stabilmente circa 200 dipinti dal tardo Cinquecento alla metà del Settecento».
http://portaleapt.comune.prato.it:81/index.php?page=default&id=48&lang=it
«Direttamente legata allo sviluppo delle cinte murarie di Prato è l'ubicazione delle case-torri edificate tra l'XI e il XIII secolo, che erano circa sessanta e costituirono un aspetto caratteristico della Prato medievale. Le case-torri furono costruite dalle consorterie magnatizie e dalle famiglie della nobiltà feudale per motivi di prestigio, e per essere usate come strumenti di difesa e di offesa nelle faide che coinvolgevano le varie famiglie nobili inurbatesi in città. Alcune torri venivano talvolta requisite dal Comune per l'avvistamento e la difesa cittadina. Nei periodi di governo popolare, quando erano al potere le classi artigiane che a Prato si affermarono già intorno alla metà del Duecento, questi fortilizi privati persero importanza; ma tornarono ad averne, in un contesto politico-sociale assai diverso, allorché, verso il 1340, la signoria della città fu contesa fra le consorterie dei Rinaldeschi e dei Guazzalotti, vincitori quest'ultimi. In tempi più tranquilli, inoltrandosi il '400, le torri furono trasformate in placide altane aperte sul panorama, oppure in colombaie. Nel '500 quelle superstiti erano già considerate nobili testimonianze storiche e motivo di civica fierezza. Pian piano, le case-torri furono distrutte. Tracce di alcune torri costruite entro la prima cerchia muraria (prima del XII secolo) sono ancora visibili all'angolo tra via Mazzoni e via dell'Accademia; gli edifici di fronte a via dei Lanaioli, oggi ristrutturati, erano antiche torri; la torre del vicolo dei Bardi accanto alla casa-torre di Piazza Sant’Antonino è un altro cimelio dell'XI-XII secolo. Ci sono poi torri edificate nella seconda cerchia di mura: la torre in angolo fra via Garibaldi e il vicolo Buonconti, la torre dei Giudei detta della Buca; la torre degli Ammannati e altre. Le famiglie più abbienti, sopravvissute alla peste del 1348 che aveva ridotto del 70% circa la popolazione pratese, ebbero la possibilità di costruire “ex-novo” dei palazzi e di fondere in un unico corpo fabbricati già esistenti nell'ambito del centro cittadino. Inoltre la crisi demografica ed edilizia offrì al Comune la possibilità di dare un più ampio respiro all'agglomerato urbano mediante l'allargamento di piazze e strade. Piazza del Duomo, Piazza del Comune e Piazza San Francesco sono infatti il risultato di demolizioni effettuate in gran parte nel periodo rinascimentale».
http://www.po-net.prato.it/artestoria/it/?act=i&fid=1484&id=20070726122740870
«Il Cassero, da poco tempo riaperto al pubblico dopo un accurato restauro, è un camminamento sopraelevato fortificato al quale si accede da viale Piave, in pratica di fronte alla porta orientale del castello Svevo, e da via Pomeria, dalla porta Fiorentina delle mura medievali. La sua costruzione fu voluta dai fiorentini nel 1351, dopo l'assoggettamento del Comune di Prato per permettere ai soldati a difesa della città di raggiungere direttamente dalle mura il castello e viceversa. Il corridoio interno del Cassero [il 'Corridore del Cassero'], con volta a botte e una lunga serie di finestre a lunetta alternate a piccoli finestrini rettangolari che danno luce al passaggio, fin dalla sua recente riapertura al pubblico, è diventato anche sede per interessanti mostre. Dalla porta Fiorentina, che era in pratica una piccola fortezza a ridosso delle mura, è possibile accedere anche al camminamento superiore, scoperto e coronato su entrambi i lati da merlatura guelfa, dal quale si gode un ottima veduta sul castello e dello skyline pratese».
http://www.castellitoscani.com/italian/prato_cassero.htm
Prato (castello dell'Imperatore)
a c. di Fernando Giaffreda
Le foto degli amici di Castelli medievali
«La città di Prato venne protetta nel Medio Evo da due cerchie murarie in diversi momenti storici. L’abitato si formò dopo l’unione di Borgo al Cornio e Borgo al Prato. Nel XII secolo si costruì la prima cerchia di forma quadrangolare, con la crescita dell’importanza della città nel commercio della lana, costituita da blocchi squadrati di pietra alberese e comprendente otto porte. Nel XIV secolo, l'espansione dei sobborghi fuori dalla cerchia muraria portò alla necessità di nuove fortificazioni. Il prima tratto della seconda cerchia si estendeva per tutta la lunghezza del Mercatale, il secondo tratto di mura, terminato nel 1332, arrivava fino a porta Gualdimare. Fra il 1338 e il 1351 furono costruite le mura fra questa e porta Santa Trinità. Dopo l’interruzione dovuta alla peste del 1348, la costruzione del tratto di mura mancante riprese nel 1382. Il cassero, che spicca nelle mura, fu voluto dai fiorentini per unire la piccola fortezza da loro eretta a ridosso delle mura, con la porta orientale del castello. Il muro merlato presenta una serie di finestre a lunetta alternate a finestrini rettangolari. Il numero di porte della città, otto, nella prima cerchia muraria, implicò anche l'organizzazione dello spazio all'interno delle mura. A differenza di altre città della Toscana come Siena, Volterra e Pisa, dove la suddivisione era in terzieri, Firenze, dove era in sestieri o Arezzo e Pistoia, in quartieri, Prato adottò una divisione in ottavi. Per facilitare l’amministrazione della città, fu però deciso di raggruppare le otto porte a due a due. Il quartiere di Santo Stefano comprendeva Porta San Giovanni e Porta al Travaglio, il quartiere di Santa Maria, Porta Gualdimare e Porta Fuia, il quartiere di Santa Trinità, Porta Santa Trinita e porta a Corte e il quartiere di San Marco, Porta Capo di Ponte e Porta Tiezi».
http://www.toscanissima.com/prato/pratomura.php
«Dimora di Francesco di Marco Datini, costruita nella seconda metà del XIV secolo. Esternamente il palazzo presenta i resti delle pitture realizzate all'inizio del Quattrocento. La sua costruzione fu progettata e commissionata dal Datini quando ancora si trovava ad Avignone e al suo ritorno a Prato il mercante seguì di persona e con grande accuratezza ogni fase dei lavori. L'edificio, inizialmente modesto (il costo dei lavori iniziali fu di 63 fiorini), andò e arricchendosi di nuove opere fino a poco prima della morte del nel Datini, che nel 1399 calcolò stimò in circa 6000 fiorini il costo complessivo dell'abitazione. La dimora raggiunse una ricchezza tale che fu sia utilizzata dal mercante che "dato in prestito" al Comune di Prato per ospitare illustri personaggi dell'epoca. Architettonicamente, il Palazzo si discostava dalle linee rigide e severe tipiche del Medioevo con le sue pareti esterne intonacate e affrescate che gli conferivano grande eleganza; i resti degli affreschi, realizzati all'inizio del Quattrocento sono tuttora visibili all'esterno. All'interno il palazzo è suddiviso in due piani, con numerose e ampie stanze che conservano gli splendidi apparati pittorici che il mercante fece realizzare alla del XIV secolo. La maggior attrattiva del Palazzo era però costituita dal giardino, dove Francesco fece costruire una bottega che diventò a tutti gli effetti la sede principale dei suoi commerci. Francesco Datini muore nel 1410 e per sua volontà testamentaria viene istituito il Ceppo dei poveri di Francesco di Marco, ovvero l'odierna Fondazione Casa Pia dei Ceppi, a cui il mercante lascia tutti i suoi beni, fra i quali Palazzo Datini, dove l'ente di beneficenza ha sede. Oggi, la Fondazione oltre a operare, secondo le disposizioni di Datini, assistendo i poveri della città di Prato, ha realizzato negli spazi terreni del palazzo il Museo Casa Francesco Datini. La mostra permanente illustra la vita, l'attività del mercante pratese e la storia della sua preziosa eredità».
http://www.francescodatini.it/htm/palazzo.htm
«Palazzo degli Alberti, detto anche "Il casone degli Alberti", è uno storico palazzo del comune di Prato, situato nel centro della città. Il palazzo fu eretto nel XIII secolo, infatti sulla facciata è ancora possibile notare le tracce di loggiati ed aperture di quel periodo, poi chiuse con pietra alberese. L'aspetto del palazzo è mutato nel tempo a causa di ristrutturazioni e ampliamenti eseguiti a cavallo tra il XV e il XVI secolo. La "Cassa di Risparmio di Prato", che ha reso possibile la creazione della Galleria all’interno del Palazzo, fu fondata nel 1830 e si trasferì al suo interno nel 1870. Oggi, la Galleria raccoglie una ricca collezione di quadri e sculture che la "Cassa di Risparmio" ha acquistato nel corso degli anni. Il nucleo principale della Galleria degli Alberti è costituito da una preziosa raccolta sul Barocco fiorentino e toscano, con opere dei migliori artisti italiani del XVII e del XVIII secolo, tra cui alcuni dipinti davvero prestigiosi, come la “Coronazione di Spine” del Caravaggio, la “Madonna con bambino” di Lippi e il “Crocifisso con cimitero ebraico” di Bellini».
Prato (palazzo degli Spedalinghi)
«Sul lato occidentale della Piazza dell'Ospedale della Misericordia (XII-XVII secolo) si erge austero il Palazzo degli Spedalinghi, costruito nella prima metà del Cinquecento su una precedente struttura. Sulla destra vi si appoggia un edificio secentesco, più modesto, che ospitava la Farmacia. Composto di tre belle sale a volta, probabilmente più antiche della struttura soprastante. Da un edificio più basso di struttura due-trecentesca, a sinistra della facciata, si entra nella corte del pozzo che consente l'accesso al palazzo. A sinistra dell'ingresso è l'antica chiesa di S. Barnaba, costruita nel 1218, contenente resti di importanti affreschi databili alla metà del Duecento, attribuiti al Maestro di Sant'Agata. All'interno del palazzo nel salone degli Spedalinghi sul quale si aprono quattro portali in pietra cinquecenteschi, ornato da un bel soffitto ligneo a cassettoni del XVI secolo, si conservano frammenti di affreschi staccati con scene di un Giudizio Universale di Bonaccorso di Cino (metà del Trecento circa). Dall'attuale ingresso all'Ospedale si può accedere alla Sala Garibaldi, l'antico "Pellegrinaio" trecentesco; nella zona sud-orientale del complesso si trovano altri ambienti di un certo interesse: la Sala delle Colonne, probabilmente sul luogo dello Spedale vecchio, a tre navate coperte con volte a crociera, sorrette da snelle colonne tuscaniche in pietra, forse del primo Seicento; l'attuale cappella di san Barnaba di struttura cinquecentesca, dalla quale attraverso un corridoio si sbocca nel grande cortile porticato a pianta quadrangolare, dove è conservato un raffinato stemma mediceo tardo manierista, in pietra serena. Il Palazzo ha ora una destinazione culturale e assistenziale».
http://www.po-net.prato.it/artestoria/it/?act=i&fid=1484&id=20070726150527930
«Creata alla fine del Duecento, all'incrocio dei due principali assi viari, la Piazza del Comune costituisce il centro ideale e geometrico della città, oltre che il suo centro politico con il Palazzo del Comune (o dei Priori) ed il Palazzo del Popolo (Palazzo Pretorio). Fin dalle origini la piazza fu sede del mercato delle granaglie e dei banchi dei macellai, ma vi si tenevano anche le manifestazioni più importanti. La piazza è chiusa sul lato settentrionale dal Palazzo Comunale, costituito da più corpi di fabbrica di origini e dimensioni diverse, il cui aspetto tardo settecentesco si deve all'intervento dell'architetto pratese G. Valentini, (1791). L'ala corta del palazzo fu utilizzata come residenza dei magistrati del Comune fin dai primi del Trecento. All'interno si conservano diversi affreschi di Pietro da Miniato della fine del Trecento e si possono ammirare arredi e intagli lignei databili tra il Cinquecento e l'Ottocento, oltre ad una vasta collezione di dipinti: la Quadreria. Fronteggia il lato lungo del porticato l'imponente mole del Palazzo Pretorio, ristrutturato nel 1284, già della famiglia dei Pipini, sede del governo repubblicano e del tribunale (edificato dove anticamente era uno spiazzo detto "lo Sciampio" e, successivamente, il "Cantone"o "platea filiorum Pipini")».
http://www.po-net.prato.it/artestoria/it/?act=i&fid=1484&id=20070726130020490
«Palazzo Pretorio, imponente edificio medievale, prospetta su Piazza del Comune ed è uno dei palazzi pubblici più belli dell'Italia centrale. La sua struttura, composta in parte da mattoni rossi d'impronta duecentesca e in parte da bianca pietra alberese di epoca tardo-gotica, decorata da eleganti bifore, testimonia numerosi ampliamenti in epoche diverse. Nella seconda metà del Trecento fu probabilmente rialzata la parte in cotto portandola a livello del palazzo e realizzando nell'angolo un torrione, ora scomparso; una scala esterna (rifatta nel Cinquecento) e un orologio completavano l'edificio che ospitava le magistrature forestiere. Al pari dei palazzi pubblici di altri comuni medievali dell'Italia centro-settentrionale, anche il Palazzo Pretorio fu adornato da stemmi familiari di podestà e vicari, per lo più in pietra, ma anche in marmo e terracotta, disposti lungo le pareti esterne prospicienti la piazza. Di realizzazione cinquecentesca è il piccolo campanile a vela assieme al coronamento merlato sul prospetto settentrionale. Il portale a piano terreno immette in vasti locali in parte affrescati da Bettino di Corsino (1307) e da Pietro e Antonio di Miniato (1425), mentre la scala esterna conduce al primo piano. Così il Corradini ai primi del Novecento descriveva il Palazzo: "Il centro della città conserva nel Palazzo Pretorio quelle salde note medievali che, per l'architettura civile, vanno riunite ai grigi baluardi delle carceri e al cerchio ferrigno delle mura lungo il Bisenzio pietroso pur ricordato da Dante. Tutti i tempi e tutti i capricci hanno impresso nel palazzotto il loro segno … In fatto è un palazzo cubico, massiccio, turrito, la cui maschia impenetrabilità è rotta solo dalla scala esterna che, spezzata in due rampe, va ad innescarsi ad una balconata precedente l'ingresso. E pure non è un solo edificio questo palazzo; esso risulta dall’innesto d'una casa-torre in laterizio, ceduta dalla famiglia Guazzalotri al Comune nel 1284, e di un più sontuoso fabbricato trecentesco in tutta pietra, con tre ordini di bifore ogivali e un elegante tabernacoletto gotico sulla porta disadorna”. Dal 1912 il Palazzo Pretorio ospita il Museo Civico, attualmente chiuso per lavori di restauro».
http://guide.travelitalia.com/it/guide/prato/palazzo-pretorio-prato
a c. di Fernando Giaffreda
San Quirico (palazzo Bardi o Casone)
«Il Casone, originariamente residenza dei Bardi, signori del feudo, è oggi sede municipale. Il complesso fu costruito, su preesistenze risalenti almeno al XVI secolo, nei primi anni del Settecento grazie al lascito testamentario del conte Ridolfo de' Bardi. Presenta un'elegante facciata di esemplare semplicità. La sala d'ingresso mostra un elaborato soffitto ligneo e una rampa di scale con copertura a botte conduce al primo piano dove si trova la sala del Consiglio con un bel soffitto a cassettoni e numerosi dipinti settecenteschi esposti alle pareti. Sul fianco dell'edificio la Galleria è un'ampia sala un tempo destinata ad accogliere la quadreria, con funzione di corridoio di collegamento verso la scala che porta all'oratorio di S. Niccolò. L'interno di questo terzo edificio è una sala illuminata da tre grandi finestre per lato. Lungo tutto il perimetro della sala, sono disposti bellissimi scranni rivestiti in noce. Alle pareti vi sono tele settecentesche che raffigurano gli Apostoli e quella dell'altare con un'opera attribuita a Giovanni Antonio Pucci».
http://www.pratoturismo.it/index.php?page=default&id=295&lang=it
«.Sasseta, è una frazione del Comune di Vernio (Provincia di Prato) situata fra i 430 e i 500 metri di altitudine a ridosso dello spartiacque appenninico Tirreno-Adriatico. Si snoda lungo la S.R. 325 che collega Prato e Bologna a mezza costa del Poggio di Mezzana (m 892 s.l.m). La località offre belle vedute sui monti circostanti (domina a occidente la Torre di Luciana) e soprattutto, a sud, sulla valle del Bisenzio, fino all’aguzzo sprone del monte Le Coste o Spazzavento. La sua felice collocazione lungo la media valle del Fiumenta, nel cuore del Comune, offre la possibilità di comode escursioni verso le altre frazioni: numerosi sono i sentieri che si possono percorrere a piedi, a cavallo o in mountain bike alla scoperta di incantevoli paesaggi. Ricordata fin dal 1136 Sasseta fece parte del longevo Feudo di Vernio di cui fu una delle nove comunità corrispondenti ad altrettante parrocchie. Nel 1556 i Conti Bardi vi fecero costruire il chiesino dedicato alla Madonna della Neve (che ancora oggi viene festeggiata) dal curioso campanile in cotto a spina di pesce. Fu tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento che il paese ebbe la sua massima espansione grazie alla realizzazione della carrozzabile S.Quirico-Montepiano prima e alla costruzione della Grande Galleria della Direttissima poi. Durante la seconda Guerra Mondiale subì il passaggio del fronte tedesco: come molti altri paesi dell'Appennino tosco-emiliano Sasseta fu attraversata dalla Linea Gotica che fu l'ultimo baluardo della difesa tedesca in Italia. Il fronte vi stanziò per diversi mesi portando gravi distruzioni ed enormi disagi ma gli abitanti dettero prova di grande coraggio e fierezza, partecipando attivamente alla Resistenza e militando nelle formazioni partigiane. Negli anni Cinquanta la crisi dell'agricoltura ed il crollo del sistema mezzadrile portarono ad uno spopolamento del paese: molti degli abitanti emigrarono verso la città per andare a lavorare nelle fabbriche tessili, in quel momento in grande espansione».
https://sites.google.com/site/sassetaonline/
Savignano (borgo e ponte mediceo)
«Sul corso della Nosa, deviato in epoca antichissima perché le sue acque non danneggiassero i campi sottostanti, sorge il paese di Savignano, con le sue case in pietra che tradiscono un’origine medievale e la bella chiesetta parrocchiale, dedicata ai SS. Andrea e Donato. Davanti al ponte sulla Nosa si stagliano un noce ed un grande gelso, a testimonianza della vita contadina di questo borgo che fu anche abitato da artigiani: nel podere davanti alla chiesa si trovava anche un bell’olmo, simbolo di saggezza, sotto il quale si riunivano a consiglio i capifamiglia nel “comune rustico” della villa di Savignano».
«...Proseguendo si raggiunge Sofignano, abitato sparso nato su un insediamento rurale romano, che ebbe il massimo sviluppo nel Medioevo, come testimoniano vari edifici (tra i più interessanti la Casa Nera, dimora fortificata duecentesca con torrione in alberese). Le notevoli trasformazioni hanno conferito alla pieve dei Santi Vito e Modesto (documentata dal 1024) un aspetto dimesso. La facciata è preceduta da un portico su colonne tuscaniche, ristrutturato nell'800, che unifica chiesa, compagnia della S. Croce e sacrestia; dalla zona posteriore emerge il robusto campanile a torre. Nell'interno, a navata unica, restano l'altar maggiore del 1798 (G. Valentini) e i laterali, settecenteschi».
http://www.pratoartestoria.it/id264.htm
Sofignano (villa San Gaudenzio o Buonamici)
«Grande dimora rinascimentale, che si raggiunge direttamente dalla strada Vaiano-Sofignano. Risale alla metà del XV secolo, appartenne ai Buonamici di Prato che ne curarono l’ampliamento inglobando anche edifici medievali: fu luogo di villeggiatura con un giardino all’italiana, grande prato antistante la villa e a settentrione per raggiungere il Selvatico in forma di labirinto. Qui furono ospiti Agnolo Firenzuola ed altri famosi personaggi nelle amicizie della famiglia Buonamici, tra cui Galileo Galilei che amava il vino qui prodotto: a lui Ranieri Buonamici dedicò la Vigna delle Veneri restaurata nel 1841. I proprietari sono discendenti dei Buonamici fondatori della villa».
http://www.antichigiardini.com/?Lang=it&view=giardini&See=villa-di-s-gaudenzio
«Il parco si trova poco fuori la città, in direzione di Poggio a Caiano. Vero e proprio polmone verde della città, l'area faceva parte della tenuta agricola della villa medicea di Poggio a Caiano. La sua nascita è infatti legata ad un originale progetto di Lorenzo Il Magnifico che prevedeva, oltre all'acquisto e la ricostruzione di Villa Ambra anche la realizzazione di un vasto complesso con tenuta agricola. Date le caratteristiche del territorio, soggetto a frequenti inondazioni, venne realizzata una rete di canali per il drenaggio e la regimentazione delle acque nella zona fra Tavola e Bonistallo e fu creato un robusto argine lungo il fiume Ombrone. Insieme alle opere di bonifica venne costruito un vasto edificio, la Fattoria o Cascina, in grado di rifornire con i propri prodotti l'intera città di Firenze. La struttura era, ed è tutt'oggi, circondata da un fossato e da mura fortificate agli angoli da torri, con elementi che ricordano la tipologia delle cascine lombarde. Nel corso tempo la tenuta ha subito passaggi di proprietà e notevoli trasformazioni, passando da un'agricoltura promiscua con prati lasciati al pascolo, ad una coltivazione di riso e frumento, a vigneti delimitati da pioppi e olmi, siepi di bosso e aceri selvatici. All'aspetto di investimento agricolo, è sempre stato legato quello di luogo di svago e i notevoli lavori di ristrutturazione effettuati, pur avendo mantenuto una zona a usi agricoli, hanno visto la realizzazione di un campo da golf e consentito anche la visita di alcune zone del complesso. Al parco è possibile arrivare grazie anche ad una pista ciclabile. La bicicletta è infatti un ottimo mezzo per visitare l'intero parco».
http://www.pratoturismo.it/index.php?page=default&id=307&lang=it
Vaiano (badia di San Salvatore, torre)
«La Badia di S. Salvatore a Vaiano, venne edificata dai monaci benedettini cassinesi nel IX-X secolo. Fu rifatta nell'XI-XII secolo probabilmente dopo il passaggio ai Vallombrosani. Altre modifiche si ebbero nel '200 con la costruzione del campanile e nel '400 con la costruzione del chiostro rinascimentale. Successive ristrutturazioni nel corso dei secoli, hanno permesso di riportare alla luce resti di preesistenti edifici. In particolar modo l'intervento del 1996 ha riscoperto la vecchia chiesa più piccola, absidata e varie sepolture risalenti all'VIII secolo di stirpe longobarda. La facciata della chiesa, di tipo basilicale, presenta un paramento regolare in filaretto di alberese. Sul retro il campanile a torre alto 40 metri costruito intorno al 1260 su precedente struttura. L'interno è a tre navate completamente intonacate. Il Chiostro della Badia è di epoca rinascimentale. Attorno ad esso si articolano gli ambienti monastici. Oggi gli ampi corridoi e molti ambienti del monastero conservano decorazioni a trompe l'oeil, stemmi celebrativi e paesaggi d'invenzione. Il Museo della Badia di Vaiano è stato riaperto al pubblico nel 1999 dopo un accurato lavoro di restauro. Il percorso museale si sviluppa nelle sale che facevano parte del refettorio monastico e dell'appartamento dell'abate e illustra, attraverso reperti archeologici e opere di arte sacra la funzione del monastero nel territorio. Le sale tematiche documentano gli usi alimentari e la vita quotidiana dei monaci di Vaiano come pure le cerimonie della liturgia monastica. Altri temi sono quelli legati alla vita della Compagnia e delle Congreghe. Una sezione ospita arredi e dipinti provenienti dalla pieve di Sofignano e la chiesa di Savignano».
http://www.pratoturismo.it/index.php?page=default&id=63
«L’antico insediamento da cui ha origine la villa sorge sul colle di Calcinaia, che fronteggia il fiume Bisenzio e la sagoma antica della villa Guicciardini di Usella, nella zona di confine tra il medievale Comune di Prato e la zona controllata dai Conti Alberti. Nel bosco soprastante restano ancora i muri in alberese della coeva torre di Melagrana, stessa epoca di quella di Cerbaia: sul colle superiore si trovano i resti del piccolo borgo di Bibbiano con chiesetta di S. Maria. Sappiamo da documenti archivistici che nel 1352 la “villa” di Bibbiano era ancora esistente (non esisteva invece più nel catasto del 1427): la chiesa fu soppressa e accorpata con la Pieve di Sofignano. Nello stesso periodo la proprietà di alcuni poderi e di una casa da signore passò alla S.S. Annunziata di Firenze, che lo mantenne per vari secoli. Lo stato italiano confiscò i beni di alcuni monasteri dopo l’Unità, tra cui anche questo possesso della Nunziata, come veniva familiarmente detto, per far cassa dopo le ingenti spese per le guerre d’indipendenza. I beni furono messi all’asta e acquistati (1867) dal diplomatico Pietro Del Bello, che vantava una discendenza risalente ai cugini di Dante, dimostrava una particolare affezione per i simboli fiorentini, come indicano le decorazioni a gigli anche sulle vetrate delle porte interne della villa. Questo personaggio, che viveva fra Firenze e Roma, fece ristrutturare il complesso creando la villa, accanto alla fattoria come riorganizzazione dei locali preesistenti, il giardino dalla vista panoramica ed il Selvatico come percorso dei proprietari e degli ospiti, alcuni dei quali di assoluto prestigio (Renato Fucini). La fattoria Del Bello aveva numerosi poderi nella zona circostante, un frantoio azionato da animali, un acquedotto proprio, una specializzazione nella coltura del vino, testimoniata dai numerosi premi vinti alla Festa dell’Uva. Pietro Del Bello morì negli anni che precedettero la Grande Guerra, lasciando la villa e la fattoria alla figlia Assunta e alla moglie Enrichetta... Dopo la loro morte la proprietà passò ad una cugina francese (una Pierson) che ne entrò in possesso poco prima della seconda guerra mondiale. All’epoca del conflitto, come i beni di Spranger, fu requisita come proprietà nemica e affidata all’amministrazione del Monte dei Paschi di Siena. Dopo la guerra cominciarono a vendere i poderi della fattoria: la proprietà rimasta venne infine in possesso dell’ultimo fattore Mario Fantini».
http://www.antichigiardini.com/?Lang=it&view=giardini&See=villa-del-bello
Vaiano (villa "Il Mulinaccio" o villa Vaj)
«Ai tempi di Galileo la villa del Mulinaccio già fronteggiava quella di S.Gaudenzio che apparteneva ai Buonamici. La villa padronale del Mulinaccio, diventata poi sede dell’omonima fattoria dei signori Vai di Prato, prese il nome da un vecchio mulino alimentato dalle acque che scendevano dai monti di Schignano, dopo l’acquisto nel 1470 ne fece Francesco Sassetti, braccio destro di Lorenzo Il Magnifico e banchiere del Banco de’ Medici in varie città europee. A costruire la parte più antica della villa fu Cosimo Sassetti, tra la fine XV e gli inizi del XVI secolo su un edificio preesistente, ma un secolo dopo (1609) nella proprietà subentrarono gli Strozzi, che, seguendo l'esempio di altre ricche casate fiorentine cercavano di estendere i loro possedimenti di campagna. Filippo Strozzi nel 1490 possedeva una casa sul poggio del Maglio e i suoi discendenti mantennero altre proprietà nella zona anche dopo il 1661, l'anno in cui vendettero la villa del Mulinaccio ai signori Vai (che ne conservarono la proprietà fino all’estinzione della famiglia, nel 1956), per 14 mila scudi dell'epoca. Già allora non si trattava solamente della villa, bensì di numerosi poderi (nel Novecento erano 36 e giungevano fino a Cerreto di Prato), tanto che le costruzioni che sorsero attorno al primo nucleo signorile erano funzionali alle necessità di conservazione e di trasformazione dei prodotti della fattoria. Di questo occorre tener conto nella ‘lettura’ delle varie parti e degli annessi dell’edificio, che fu restaurato e ampliato nel XVIII secolo. I lavori iniziarono nel 1722, epoca a cui si fa risalire l’ala meridionale e la cappella di S.Antonio Abate. La chiesa è un esempio di barocchetto pratese, con pianta rettangolare e una decorazione che alterna stucchi e finti marmi. ...
Per quanto concerne il nucleo cinquecentesco esso fu costruito al tempo dei Sassetti (a partire dalla fine del XV secolo, a lato del Salvatico (Ragnaia, nei documenti antichi) che fino al ‘700 costituiva un’area importante, digradante fino al Bisenzio. Il boschetto, ancora esistente a settentrione della villa, rispecchia i canoni estetici delle ville rinascimentali ed è una parte della vecchia “Ragnaia”. Al giardino si accede attraverso la caratteristica scalinata, a lato della quale si apre un pianoterra che fa parte del primo nucleo dell’edificio e che, a seguito di ristrutturazioni funzionali alle necessità della fattoria, si articola in dieci diversi locali con soffitto a volte, collegati tra loro. La facciata rinascimentale dell’edificio cinquecentesco ha linee severe, con finestre rettangolari e portale centinato in pietre lavorate a bugne lisce, sormontato da stemma e fiancheggiato da quattro finestre inginocchiate (replicate anche sul lato meridionale). Davanti al prospetto cinquecentesco si stende uno spalto erboso, ricondotto a prato, con vasca ottogonale, che si apre a terrazza sulla valle. I locali sottostanti il nucleo cinquecentesco, con caratteristici soffitti a volta, erano originariamente adibiti a cantina, contenente botti di rovere o di castagno di Slovenia, con antichi strettoi mediante i quali si stringevano le vinacce. Il frantoio era collegato ad un invaso sotterraneo (di cui resta ancora traccia) che raccoglieva le acque dei due fossi che scorrono nei pressi dell’edificio. Nei sotterranei è ancora visibile il ritrecine di grande diametro, con le pale di quercia per meglio sfruttare la forza dell’acqua. Al frantoio era annessa l’orciaia padronale, per la migliore conservazione dell’olio. Si tratta degli ambienti più rustici, afferenti alla vita della fattoria, cui deve aggiungersi, per funzione, il grande locale adiacente al cancello d’ingresso al cortile nato come tinaia e costruito su due piani, uno a livello della strada, con ampia corte in origine pavimentata con manufatti dell’antistante fornace, ed uno a livello del giardino murato del Ninfeo (e con esso direttamente collegato), ad emiciclo a tre nicchie fra lesene binate, ornato di decorazioni realizzate con pietre spugnose (i caratteristici “spugni” di Savignano, raccolti lungo il torrente Nosa), madreperla e mosaici. Di particolare interesse, per comprendere la vita della fattoria, è il piccolo Scrittoio del Fattore, nei mezzanini, con materiali archivistici e ritratti della villa del Mulinaccio. ... Oggi la villa del Mulinaccio ha un piccolo pomario di frutta antica, frutto di innesti per mantenere la biodiversità delle piante locali, una fioriera di erbe aromatiche pensata anche per i non vedenti, siepi di fiori perenni e un orto didattico, lungo il percorso del Parco, che è compreso nell’Area Protetta del Monteferrato».
http://www.comune.vaiano.po.it/il-territorio/villa-del-mulinaccio/la-storia
Verghereto (torre della badia di San Giusto)
«Scendendo le pendici del poggio delle Gabbiane, su un belvedere sostenuto da mura a retta, sorge villa Le Ginestre, che divenne nel '600 fattoria granducale. La fronteggia l'oratorio di San Francesco. ristrutturato nel 1707. Da Verghereto la strada che conduce a San Giusto risale le boscose pendici del Pietramarina, biforcandosi presso il valico;tra le due strade una radura accoglie la bellissima abbazia di San Giusto, della metà del XII secolo, che fu canonica, cioè luogo di vita comunitaria di sacerdoti del clero regolare; perse poi importanza fino a cadere in rovina. Dopo un restauro a fine '800, fu ristrutturata nell'immediato dopoguerra. La pianta è a croce commissa, con navata unica e transetto sporgente, rialzato su una cripta e concluso da tre absidi. Il robusto paramento in arenaria si arricchisce in facciata con l'alternarsi di marmo bianco e verde nel portale e nella biforetta soprastante. Un possente campanile a torre precede il transetto, che ha paramento molto regolare (finemente lavorato, nella parte basamentale, a sottili fasci orizzontali), che fu rozzamente rialzato nel '200 a seguito di un crollo, quando fu rifatta anche la copertura conica delle tre absidi. L'interno mostra influssi dell'architettura clauniacense e del romanico provenzale nell'alta e stretta navata e nel presbiterio rialzato. La cripta, accessibile solo dall'esterno, fu trasformata dopo il crollo duecentesco, rifacendo le crocere su pilastri; originarie sono invece le murature delle absidi, ornata da semicolonne scanalate. Un sentiero panoramico raggiunge la cima del Monte Pietramarina (586 m); in questa zona vi è il Masso del Diavolo, che antichissimo luogo di culto; nei pressi si trova anche l'area archeologica di Pietramarina».
http://www.pratoartestoria.it/id259.htm
a c. di Fernando Giaffreda
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