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IL CENTRO STUDI "GIUSEPPE MARTELLA" DI PESCHICI

LIANA BERTOLDI LENOCI (a cura di), Salviamo Kàlena. Un’agonia di pietra, edizioni del Parco, Claudio Grenzi editore, Foggia 2003.

Per salvare questa antica abbazia si sono mobilitati in tanti, intellettuali, politici, artisti, l'arcivescovo D'Ambrosio, turisti italiani e stranieri e semplici cittadini. Il Centro Studi Martella ha pubblicato un libro denuncia: Salviamo Kàlena. Un'agonia di pietra.

LA PRESENTAZIONE:
Comune di Peschici, Sala consiliare, 24 ottobre 2003.

LUCIA LOPRIORE

 

La vicenda di Kàlena

 si colora di rosso...

 

 

 

 


La vicenda dell’abbazia di Kàlena sta diventando sempre più coinvolgente. Questo perché il comitato pro-Kàlena, capeggiato dalla Presidente del Centro Studi “ Martella” di Peschici, insieme ad alcuni esponenti del mondo della cultura e dell’associazionismo pugliese, ha aperto da qualche anno la discussione sul degrado in cui versa l’abbazia. In varie occasioni è intervenuto l’attuale arcivescovo di Manfredonia, mons. Domenico D’Ambrosio, peschiciano che, durante il convegno tenuto a Peschici nel 2001, ha ribadito l’importanza che assume per il popolo il culto della Madonna delle Grazie custodita nell’Abbazia, risalente agli albori del secondo millennio. Recentemente è stato dato alle stampe un volume che riporta gli atti di quel convegno, dal titolo Salviamo Kàlena. Un’agonia di pietra, a cura della prof.ssa Liana Bertoldi Lenoci, edizioni del Parco, Foggia 2003.

Il libro, ricco di interventi interessanti e di un ricco corredo iconografico sulle peculiarità del monumento, è firmato oltre che dalla curatrice, da autori di chiara fama nazionale, studiosi di microstoria, politici locali. Persone tutte interessate alla risoluzione del problema. In particolare, ognuno ha dato il proprio contributo secondo le distinte competenze professionali.

Adriana Pepe illustra le peculiarità del complesso architettonico dell’Abbazia di Kàlena, evidenziandone il degrado e sollecitando chi di competenza al recupero di questo importante monumento. Pasquale Corsi parla della presenza benedettina a Kàlena nel contesto del Medioevo garganico, Anna Maria Tripputi Malagrinò intitola il suo contributo C’era una volta la festa della Madonna di Kàlena, tema ripreso dai ricordi di Nicola Pupillo, che nel suo saggio parla di ricordi di festa, pellegrinaggi e processioni a Santa Maria delle Grazie di Kàlena. Enzo D’Amato, con il suo dossier sull’abbazia, tratteggia con un lavoro di costante e certosina ricerca d’archivio durata anni, il suo degrado fornendo anche qualche idea per l’avvio al recupero. Le relazioni conclusive sono quelle dell’arcivescovo D’Ambrosio e della prof.ssa Bertoldi Lenoci, che, raccogliendo il consenso di tutti i presenti, si propongono di coinvolgere maggiormente nella questione gli organi istituzionali, in primis la Sovrintendenza ai Beni Architettonici della Puglia.

Le origini del complesso monumentale di Peschici risalgono all’XI secolo. Già nei manoscritti di autori noti, come il Chocorella ed il Mainardi, si parla dell’Abbazia di Kàlena…ed è proprio il Mainardi che nel Regesto del 1592 parla delle «raggioni di Santa Maria di Kàlena». Il testo è commentato, nella parte introduttiva degli atti del convegno, dalla prof.ssa Teresa Maria Rauzino.

Ella scrive che i due autori succitati, nel Cinquecento ebbero modo di visionare alcuni documenti redatti da «scrivani e notai pubblici, le cosiddette ”Tavole antiche”, sottoscritte da nobili, principi e re, che vennero conservate con la massima cura negli archivi di Kàlena e Tremiti. Grazie a questi documenti si è potuta conoscere la storia dell’Abbazia. Il Chocorella ed il Mainardi facevano parte dell’Ordine dei Canonoci Regolari di Sant’Agostino, detti Lateranensi del Salvatore. Questi monaci erano subentrati ai Cistercensi alla guida del monastero di Tremiti nel 1445. Dopo alterne vicende nel 1446 i Canonici Regolari presero l’effettivo possesso dell’abbazia».

Agli inizi del ‘500, Kàlena conservava ancora le vestigia del suo glorioso passato: possedeva diversi terreni, ampi boschi, vari campi, molte vigne ed oliveti qua e là: «sul monte Sant’Angelo si trovava un’estensione così lunga ed ampia di terre soggette alla sua amministrazione che superava i 40.000 passi sia in larghezza che in lunghezza.[…]. Nel corso del tempo, molti dei favori e dei benefici ecclesiastici erano venuti a mancare, per l’avidità di certi principi e per colpa dei monaci predecessori dei Canonici, che non avevano adeguatamente vigilato affinché le proprietà di Tremiti e di Kàlena non venissero usurpate oppure non cadessero in rovina». Il Mainardi, quindi, essendo responsabile della biblioteca dell’abbazia di Tremiti effettuò un minuzioso riordino dell’archivio, procedendo ad un’esatta ricognizione degli antichi diritti goduti dai Benedettini e dai Cistercensi.

Le alterne vicende, che hanno caratterizzato la vita dell’abbazia attraverso i secoli, riportate nel volume curato dalla prof.ssa Bertoldi Lenoci, rendono interessante ed avvincente la storia di questo luogo sacro che, attraverso le testimonianze rappresenta per i residenti e non, un valore aggiunto da recuperare e da tramandare ai posteri.

Naturalmente, l’opinione pubblica ed i residenti sono coinvolti emotivamente nel recupero di quello che rappresenta il patrimonio storico-artistico per eccellenza della cittadina garganica, patrimonio ricco di testimonianze di vita e di tradizioni del passato, che in tempi recenti, per l’incuria ed il disinteresse sta andando in rovina. Gli attuali proprietari dovrebbero unirsi e cooperare con i promotori dell’iniziativa per il recupero dell’abbazia invece di adire le vie legali contro tutti coloro che si sono mossi, denunciando l’evidente degrado. Le querele contro i giornalisti, che hanno richiamato l’attenzione del pubblico con i loro articoli-denuncia (in fin dei conti hanno fatto il loro lavoro di cronisti!), la presidente del Centro Studi Martella, nella persona di Teresa Maria Rauzino, le proteste rivolte alla prof.ssa curatrice del volume di cui sopra, a Enzo D'Amato e, per non nominarli tutti, possiamo affermare che c’è una lista infinita di persone che si sono impegnate per la causa pro-Kàlena. Tutti sono stati bersagliati dalle accuse dei proprietari, tutti, tranne l’arcivescovo D'Ambrosio che però, per amore di giustizia, si autodenuncia con una bella lettera aperta inviata alle principali testate locali.

A noi, che seguiamo la vicenda dal suo inizio, non resta che augurare ai nostri protagonisti la migliore riuscita nell’impresa, nel trionfo della verità e della giustizia. Ma soprattutto per il bene di Kàlena.

 

Lucia Lopriore

 
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da "Il Quotidiano di Foggia" e "La Grande Provincia", 2004

 

  

 

 

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