Irio
Ottavio Fantini |
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Tesori dimenticati: Santa Maria di Kàlena
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Un servizio su Kàlena dell'artista nonché noto illustratore filatelico Irio Ottavio Fantini.
è
venuto in agosto in vacanza a Peschici e si è appassionato alla storia dell'abbazia. Il suo articolo, corredato di servizio fotografico, è stato appena pubblicato sulla rivista d'arte
nazionale «Eventi
culturali. Arte Cultura e informazione a Roma e nel
Lazio». |
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Il nostro è un paese dove convivono opposti
inconciliabili, è ricco di tesori d’arte tra
i più sublimi e celebrati che convivono con
altri considerati a torto minori, una
definizione applicata spesso ad opere egualmente
degne, cariche di storia e di valenze artistiche
ingiustamente sottovalutate, dimenticate o
addirittura ignorate e per questo destinate alla
decadenza e alla completa distruzione. Spesso
trattiamo il nostro patrimonio con indolenza e
superficialità, quasi ci fosse piovuto dal
cielo, dimenticando troppo facilmente che esso
ci appartiene, ci rappresenta, fa parte del
nostro essere oggi, e per questo abbiamo il
dovere di amarlo e soprattutto conservarlo. Non
è stato così nel caso dell’abbazia di Santa
Maria di Kàlena situata nel territorio di
Peschici, la deliziosa bianca cittadina
garganica protesa nello splendido mare pugliese.
Ci siamo accostati a questo complesso con il
grande rispetto che si deve a vecchio saggio
malandato, carico di anni e di esperienza, ma
dimenticato da tutti. Ci siamo trovati di fronte
a un rudere prossimo alla morte, nel quale
rimangono ancora barlumi del passato e glorioso
splendore.
Importante e gloriosa lo è stata davvero questa abbazia,
indiscutibilmente una delle più antiche
d’Italia, se da fonti più che attendibili si
fa risalire la sua fondazione all’872, da
parte di una comunità basiliana approdata da
queste parti dall’area greco-turca.
Ben presto l’abbazia venne fortificata a difesa e
baluardo contro le numerose invasioni,
e assunse il ruolo di centro spirituale e
materiale, controllando territori sempre più
estesi.
Nel 1023 il Vescovo di Siponto la assegnò come pertinenza
alla Abbazia di San Nicola di Tremiti, dalla
quale si svincolò, anche se provvisoriamente,
riguadagnando la sua indipendenza.
Nel tempo i suoi beni si estesero ben oltre l’area
garganica: nel 1420, possedeva 30 chiese verso
il nord con relativi possedimenti di estesi
territori coltivati, un numero imprecisato di
molini, case, oliveti ed altro, ai quali si
aggiungeva il diritto sul pescato del
lago di Varano oltre ai diritti feudali
sulla città di Peschici.
Un patrimonio enorme che giustificava l’interesse
dell’abbazia di Tremiti e di Montecassino a
far ricadere nelle rispettive giurisdizioni
Santa Maria di Kàlena.
I canonici Lateranensi, chiamati a gestire gli affari del
complesso abbaziale assegnarono definitivamente
il monastero alla giurisdizione di san Nicola di
Tremiti.
Santa Maria di Kàlena era una tappa obbligata sul cammino
dei pellegrini verso la miracolosa grotta
dell’Arcangelo Michele, prima dell’imbarco
per
la
Terra Santa.
Fu oggetto di sostanziose donazioni e lasciti da parte di
importanti visitatori che contribuirono ad un
continuo arricchimento del corpo abbaziale.
Veneratissima la sua Madonna col bambino, una pregevole
statua lignea policroma del XIV secolo che ci
risulta sia in restauro presso la sovrintendenza
dopo essere stata custodita presso una casa
privata per molto tempo, «per salvaguardarla
da certa rovina», questo è quanto dichiararono
i custodi.
Che rimane oggi di questa abbazia di storia e di fede?
Un complesso di edifici degradati da antica rovina
determinata dall’incuria dell’attuale
proprietà (è vero, è una proprietà
privata!), aggravata da vecchi rancori e da
altrettanti vecchi contenziosi giuridici che si
sommano alla colpevole dimenticanza delle
sovrintendenze e del ministero.
Intanto alcuni tetti sono crollati, compreso quello della
chiesa, mirabile esempio di architettura
francese, gli interni si stanno polverizzando,
orribili coperture in bandoni fanno bella mostra
di sé, il campanile a vela è parzialmente
crollato. La vegetazione copre le facciate,
l’innalzamento detritico del terreno copre
ormai per metà il murato ingresso, sul quale
campeggia, testimone muto dell’antico
splendore, lo stemma dei Canonici Lateranensi.
Quella che era stata una delle più potenti e ricche
abbazie italiane, oggi è preclusa a tutti e
nulla si fa per fermare il suo inarrestabile
degrado.
Irio
Ottavio Fantini
L’articolo
e il servizio fotografico di Irio Ottavio
Fantini sono stati pubblicati in «Eventi
Culturali. Arte, Cultura e Informazione a Roma
e nel Lazio», a. 2, n. 1, gennaio 2007, nella
rubrica Appunti, pp. 78-79.
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