VITO
RICCI
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Ognissanti di
Cuti
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Il monastero benedettino e le sue vicende storiche |
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Solitaria tra gli ulivi
d’argento nella campagna di Valenzano, a circa
due chilometri dal centro abitato in provincia
di Bari e lungo un antico asse viario prima
peuceta e poi romano, si erge la chiesa romanica
di Ognissanti di Cuti, ultima vestigia di una
potente e importante abbazia benedettina fondata
nel XI secolo dal monaco e primo abate della
medesima, Eustrazio. È un luogo pieno di storia
e di bellezza artistica notevole, la chiesa,
infatti, può definirsi come un autentico
gioiello dell’architettura romanica nel quale
arte, matematica, tecnica, pietra sono fusi in
una splendida sintesi armonica. La
chiesa dalla fine del XIII sec.
appartiene alla Basilica di San Nicola.
Per conoscere e
approfondire le vicende storiche di quello che
fu un rinomato e ricco monastero benedettino
suggeriamo la lettura del volume Ognissanti
di Valenzano. Il monastero benedettino e le sue
vicende storiche edito nel 2002 dal
Centro Studi Nicolaiani. Autrice è Rosangela
Di Monte che ha trattato l’argomento nella
sua tesi di laurea e il libro può a ragione
considerarsi lo studio più approfondito e
recente sulla storia dell’antico insediamento
benedettino nella contrada valenzanese di Cuti.
In apertura del libro
è la presentazione del sindaco di Valenzano Nicola Tangorra, segue una densa
prefazione del prof. Domenico Colonna,
assessore alle politiche culturali. L’autrice,
in primo luogo, ha voluto fornire una rassegna
di tutti gli storici che si sono occupati di
Ognissanti, cominciando dal Beatillo
(XVII secolo), riportando il pensiero e le
opinioni dei medesimi. In cinque capitoli è
riportata la storia del monastero dalla sua
fondazione, che tuttavia rimane ignota per
mancanza di testimonianze scritte e dovrebbe
collocarsi cronologicamente tra il 1070 e il
1080 secondo la Di Monte, sino al suo lento ed
inesorabile declino. La narrazione avviene
grazie ad un vasto repertorio di documenti
medievali, a noi pervenuti in originale o in
copia conservati presso la Basilica di San
Nicola, la Cattedrale di Bari o negli Archivi
vaticani, abilmente studiati ed esaminati
dall’autrice tra l’altro diplomata in
Archivistica, Paleografia e Diplomatica presso
l’Archivio di Stato di Bari. E proprio la
ricchezza di documenti disponibili ha consentito
di ricostruire dettagliatamente le vicende del
monastero di Cuti: le pergamene dei vescovi
baresi Ursone (1082) ed Elia
(1103) che concedevano privilegi e immunità al
monastero, diverse bolle e brevi papali, un
diploma di Federico II (1222) che
confermava i privilegi, solo per citarne alcuni,
sino alla bolla con la quale Bonifacio VIII
annetteva l’abbazia fondata da Eustrazio alla
Basilica di San Nicola (1295).
Particolarmente
interessanti risultano l’approfondimento delle
diatribe tra la Curia barese e il monastero di
Cuti. Trattandosi di un monastero estremamente
ricco grazie alle vaste proprietà fondiarie
deputate soprattutto alla produzione olearia,
i vescovi baresi in diversi tempi cercarono di
appropriarsene, a volte anche grazie all’aiuto
dei pontefici. Tuttavia i benedettini, grazie ai
loro abati (Melo, Nicola, Maraldo, Nicola
Gattuccio, Tommaso e Guglielmo) seppero
resistere a lungo alle mire espansionistiche
dell’episcopio barese. Ma verso la fine del
XIII secolo cominciò la crisi del monastero: nel
1289 veniva privato della propria autonomia e
dato in commenda, mentre, come già scritto, nel
1295 Bonifiacio VIII, su richiesta del priore
della Basilica nicolaiana cardinale Guglielmo
Longo, lo univa alla Basilica
barese. In breve i possedimenti terrieri
iniziarono a frantumarsi, ma le rendite di
Ognissanti continuavano a rimanere considerevoli,
come risulta da documenti del 1304, 1319 e 1326.
Le grandi vicende del XIV secolo (peste del 1348,
guerra del 1348-1350, scisma del 1378)
contribuirono alla crisi di Ognissanti,
aggravata da problemi di carattere
giurisdizionale nella seconda metà del XV secolo.
Nei primi anni del Cinquecento il monastero
veniva ufficialmente soppresso.
Non si può non accennare alla fiera di Ognissanti, probabilmente
introdotta dalla Basilica di san Nicola nel XIV
secolo, che si teneva presso il monastero sino al
1811, quando fu trasferita a Valenzano. Ormai abbandonato,
ridotto quasi ad un rudere con le mura cadenti,
la chiesa frequentata da pastori che vi
portavano e ricoveravano gli animali, nel
1737 i resti del glorioso monastero furono
smantellati e utilizzati dal frati alcantarini
per la costruzione del santuario della Madonna
del Pozzo nella vicina Capurso.
Il libro della Di Monte
presenta anche una serie di appendici nelle
quali sono riportati i documenti relativi al
monastero di Ognissanti sia in facsimile che in
trascrizione, una galleria fotografica
realizzata da Nico Tangorra, e una
rassegna sull’architettura e l’arte nella
chiesa con i giudizi e i commenti degli storici
dell’arte che nel tempo se ne sono occupati.
Il lavoro della Di Monte
è un contributo assai prezioso per storia
medievale del Barese, analitico e dettagliato è
l’esame delle pergamene: l’autrice riesce a
ricostruire minuziosamente le vicende del
monastero restituendole al pubblico, così come i
Custodi volontari di Ognissanti di Cuti sono
riusciti a riportare ad un aspetto dignitoso
quel meraviglioso gioiello che è la chiesa, per
renderla fruibile ai visitatori nel fine
settimana e nei giorni festivi (per informazioni
sulle visite si possono contattare i numeri
3204234990 e 3473675830).
Vito
Ricci
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