Vito
A. Melchiorre
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Bari
e i Saraceni
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Una
storia di battaglie e
cultura
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Il
cronista arabo Al Baladhuri del IX secolo riferì
che, fra gli anni 840 e 841, Bari fu per la
prima volta assalita da una banda di predoni
musulmani di razza berbera, guidati da tale
Hablah o Hayah, liberto dell'emiro tunisino Al
Aghlab di Kairawan. A cominciare da quel tempo,
le note cronachistiche sovrabbondano dei
racconti di analoghe imprese compiute, sulle
coste del Mezzogiorno d'Italia, dai Saraceni,
che provenivano in particolare dall'Arabia, ma
il loro nome finì col designare, durante il Medioevo,
tutte quante le popolazioni di fede musulmana.
Nell'847,
la nostra città formò oggetto di una nuova
incursione saracena, diretta da Khalfun, il
quale, secondo la Historia Langobardorum
Beneventanorum di Erchemperto, essendo
diretto ad aiutare, coi propri uomini, il
longobardo Radelchi di Benevento per
intercessione del gastaldo barese Pandone, aveva
sostato in un sito posto sotto le mura di Bari,
in vicinanza del mare e, vinto dalla bellezza
del luogo, era stato preso dal desiderio di
impadronirsene. Quei masnadieri vi penetrarono
infatti, di notte, attraverso i cunicoli delle
fogne ed ebbero presto ragione degli ignari
abitanti, sorpresi nel sonno, malgrado le
preghiere loro rivolte dal vescovo Giovanni, il
quale riuscì solo ad ottenere la promessa che i
baresi potessero continuare a praticare la fede
cristiana.
Nell'853,
Khalfun fu fatto fuori dalla sua stessa gente e
sostituito con Al Mufarrag ibn Sallam, che venne
pure ucciso intorno all'857, lasciando il posto
a Sawdan: nell'863, costui riuscì a farsi
investire, dal sultanato d'Egitto, della carica
di emiro di Bari. Gli storici ne hanno trasmesso
la memoria descrivendolo come uomo saggio e
tollerante, ma anche feroce e capace, ad un
tempo, di atti generosi frammisti ad azioni
molto crudeli. La sua spietatezza raggiunse tal
limite che il beneventano Adalgiso cercò di
mitigarla, offrendogli un tributo annuo e una
sua figlia in ostaggio. Risulta però che,
durante il periodo della dominazione saracena, i
baresi non tralasciarono occasione alcuna per
apprendere dagli arabi tutto quanto potesse
tornare loro utile come, ad esempio, la tecnica
per la tenuta dei fondachi e per lo sviluppo dei
traffici marittimi, il cambio delle molte monete
estere che circolavano in Bari, l'uso di stoffe
e di indumenti orientali, l'assimilazione di
tecniche edilizie e
musicali, senza dimenticare l'introduzione, nel
linguaggio locale, di vocaboli aventi natura
prettamente araba, molti dei quali ancora
sussistono. L'emirato arabo di Bari cessò di
esistere nell'871, sia per l'assedio di Ludovico
imperatore sia perché fiaccato da discordie
interne. Nella carneficina finale, Sawdan cadde
prigioniero di Adalgiso, che gli aveva dato la
figlia in ostaggio 9 anni prima e gli fece dono
della vita per la lealtà dimostrata nel
rispettare l'illibatezza della giovane.
Malgrado
la dura sconfitta subita, i Saraceni non
lasciarono in pace la città, ma continuarono a
tormentarla, di tanto in tanto, con improvvise
incursioni. Stando alla notizia tramandata dal
cronista Lupo Protospata e dall'Anonimo,
infatti, nel maggio del 1002, un'altra banda di
saraceni, capitanata da Safi, cinse di assedio
l'abitato barese e lo tenne in propria balia
fino al giorno di S. Luca, il 18 di ottobre,
quando si celebrava la purificazione di Maria
Vergine. A liberare Bari da sì grave sciagura
fu il provvidenziale intervento di una flotta
veneziana guidata dal doge Pietro Orseolo
II.
L'avvenimento,
rimasto memorando nella storia cittadina, è
documentato pure da una iscrizione incisa nella
roccia d'una spelonca del porto di Vieste, la
quale testualmente recita che, il giorno 3
settembre, sostarono in quel luogo 100 navi,
comandate dal doge Pietro, dirette a combattere
i saraceni che occupavano Bari. Un successivo
cruento approccio i baresi ebbero con i saraceni
in Sicilia, quando Roberto il Guiscardo condusse
navi e marinai baresi alla conquista di Palermo,
il 10 gennaio 1072.
Le
carte dei secoli successivi riferiscono, infine,
di numerosi episodi di ostilità fra cittadini
baresi e pirati musulmani, definiti più
genericamente "turchi": si tratta di
conflitti quasi quotidiani, fatti di rapine,
incursioni, sequestri di persone, riscatti ed
altre evenienze del genere. Se lo spazio lo
consentisse, molto lungamente ci si potrebbe
soffermare su quello che accadde fino a tutto il
Settecento e al principio del XIX secolo, quando
i rapporti col mondo musulmano finirono col
diventare improntati a caratteri di più civile
convivenza, come si verificò, ad esempio, coi
trattati di pace perpetua, che il governo
napoletano stipulò col bey di Algeri il 3
aprile 1816 e col bey di Tunisi il successivo I6
aprile.
Vito A.
Melchiorre
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