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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI PIACENZA
in sintesi
I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.
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Agazzano (castello della Bastardina)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
AGAZZANO (rocca e castello Anguissola Scotti)
«Al maniero è legata (nel 1500) la tragica morte di una singolare figura di avventuriero: il conte Pier Maria Scotti detto "il Buso". Data la scarsa documentazione, non si è in grado di seguire le vicende di Agazzano (l'Aricazano della Tavola Alimentaria Veleiate) dall'Alto Medioevo fino al secolo XIII, quando venne saccheggiato dall'esercito condotto dal vicario imperiale Federico II di Svevia, marchese di Hohenburg. In seguito il borgo acquistò una notevole importanza divenendo la piccola capitale dei feudi degli Scotti, ai quali pare fosse stato concesso anche il diritto di tenervi mercato; tuttavia non divenne mai un rilevante centro politico a causa della sua posizione, lontana dalle arterie di grande transito e allo sbocco di una valle chiusa. A causa della forte rivalità degli Arcelli, che avevano possedimenti nella contigua Valtidone, gli Scotti non riuscirono a consolidare la loro posizione; anzi, accusati di ribellione dagli Arcelli stessi, vennero privati dei loro beni da Filippo Maria Visconti. Attraverso un documento del 20 settembre 1412 (conservato presso l'Archivio di Stato di Milano) apprendiamo che le proprietà confiscate ai fratelli Alberto, Pietro , Giovanni Scotti e che comprendevano il territorio di Castel San Giovanni, il fortilizio di Sarmato, oltre a quello di Agazzano, vennero assegnate ai loro rivali, fratelli Bartolomeo e Filippo Arcelli, i quali si impegnarono ad appoggiare i Visconti. Tuttavia, tre anni dopo, gli Scotti, che avevano fatto ricorso contro la sentenza ed erano riusciti a dimostrare la loro innocenza, ritornarono in possesso dei feudi.
Il castello di Agazzano era però a quel tempo di proprietà della nobile famiglia dei Figliagaddi, i quali il 17 luglio 1431 lo vendettero al conte Alberto Scotti; successivamente (1475) gli stessi feudatari ottennero l'autorizzazione a riedificarlo. Ad esso è legata la tragica morte di una singolare figura di avventuriero, il conte Pier Maria Scotti, meglio conosciuto con il soprannome di "il Buso". Questi nel 1514, non avendo avuto dalla Camera Apostolica l'appalto dei dazi (che gli avrebbe dato notevoli vantaggi economici), passato dal partito guelfo a quello ghibellino, cominciò ad accanirsi contro gli ex alleati. Per i suoi delitti venne bandito dalla città e anche scomunicato dal pontefice Leone X, le cui truppe riuscirono a sconfiggerlo sotto le mura di Piacenza. Qualche anno più tardi, all'epoca del dominio di Luigi XII di Francia, "il Buso" capeggiò una sollevazione espugnando vari fortilizi del contado. Mentre gli imperiali, con il suo aiuto, si preparavano ad attaccare Castel San Giovanni, egli con un gruppo d'armati tentò di prendere il castello di Agazzano che allora apparteneva al conte Giuseppe Scotti e a sua madre, Luigia Gonzaga. La rocca resistette, ma per poco, perché "il Buso" l'espugnò con l'aiuto di alcuni pezzi di artiglieria e si impadronì di tutto ciò che conteneva: notevoli quantitativi di frumento e vino, utensili, gioielli, denari, dando il via al saccheggio. Ma Astorre Visconti, un fuoruscito milanese suo alleato (con il quale pare che "il Buso" si fosse accordato per prendere la rocca), non appena fu informato della partenza dello Scotti da Castel San Giovanni lo raggiunse ad Agazzano, dove, ritenendosi da lui giocato perché si opponeva alla spartizione del bottino (negando "il Buso" che fosse stato dato al Visconti un notevole apporto nella fase finale dell'assedio), sconvolto dall'ira, fece uccidere lo Scotti e gettare il cadavere nel fossato del castello dove pure fu sepolto.
OGGI - Il castello è a pianta rettangolare con due torrioni rotondi agli angoli della fronte principale orientata a sud-est, nel centro della quale s'innalza la torre in corrispondenza dell'ingresso. Davanti a questo si trova un ponte (ora in muratura e un tempo levatoio) preceduto da un rivellino, non molto elevato, ma di notevole importanza e a cui si accedeva attraverso un altro ponte levatoio. Sull'opposto lato di nord-est si nota un apparato simile nel quale tuttavia la torre d'ingresso sporge dal filo della fronte. All'interno del fortilizio è un suggestivo cortile circondato su tre lati da un elegante loggiato, le cui colonne hanno i capitelli ornati di stemmi e al quale portano due opposte rampe di scale. Sul fondo del cortile si affaccia il corpo di fabbrica rettangolare che costituisce l'altra parte del complesso attribuibile al tardo Rinascimento. Alla fine del secolo XVIII accanto ad esso, su parte delle fondazioni dell'antico castello, venne costruito un palazzo residenziale con pianta ad "U", aperto verso il paese, bene armonizzato con il resto della costruzione e attualmente circondato da un bel parco».
http://pcturismo.liberta.it/asp/default.asp?IDG=796
«Il capoluogo fu un antico feudo di casa Landi ed è per questo motivo che l'edificio che sorge su un altura al centro di Alseno è denominato Castello Landi. Le prime notizie del Castello risalgono al 1186 quando ne fu avviata la costruzione ad opera di Siclerio dell'Andito (Landi) e Savino Videdomino, appartenenti al più antico patriziato comunale. Il fortilizio rimase ai Landi, salvo brevi intervalli, che ne furono infeudati nel 1405 dai Visconti. In seguito, circa in epoca settecentesca, i Landi trasformarono l'edificio in palazzo residenziale. Nel XIX secolo l'edificio, che non costituiva più la residenza dei Landi e versava in un precario stato di conservazione, passò in seguito al matrimonio della marchesa Ottavia Landi con il duca Federico Sforza Fogliani, a quest'ultima famiglia. Attualmente ospita l'asilo parrocchiale per volontà della duchessa Clelia Sforza Fogliani. L'edificio presenta tutt'ora le caratteristiche del maniero: pianta quadrangolare con angoli orientati ai punti cardinali, muro a scarpa con numerose feritoie. Interamente in mattoni a vista è articolato su un cortile sul quale si aprono due portici entrambi a quattro fornici. L'ingresso rimane orientato a sud-ovest. Internamente ha una distribuzione planimetrica articolata senza alcuna conservazione di decori se si escludono gli stucchi settecenteschi della piccola cappella. Esternamente è circondato da una vasta area a prato».
http://digilander.libero.it/alseno.pc/cenni_storici.htm
«Il primo documento che accerta l’esistenza della località è un atto di donazione che il Sigifredo vescovo di Piacenza, fece alla chiesa di Sant’Antonino. Esso riguardava la cessione di un mansione da 144 pertiche. Il fortilizio venne edificato sulle basi di un precedente insediamento romano, per il quale testimonianza è data da diversi reperti recuperati entro il recinto del castello. Dell’edificazione conosciuta ne è la data ma si ha riscontro della sua esistenza tra il 1385 ed il 1386, quando era di proprietà dei Salimbene. La famiglia Piccinino (prima con Nicolò e successivamente attraverso i suoi figli) ne prese possesso nel 1440 su concessione del Filippo Maria Visconti duca di Milano. Ferrante Anguissola (poeta dell’Arcadia Trebbiense e diplomatico dei Farnese) diventando conte di Altoè nel 1650 e prese possesso del forte che resterà da allora di proprietà della sua famiglia. Il maniero, a pianta rettangolare, è realizzato in pietra e cotto e viene presentato da una torre con merlatura ghibellina. Tra gli ospiti che hanno alloggiato a corte, vi sono stati Antonio membro del Governo Provvisorio nel 1848 e Sanvitale, vescovo di Piacenza».
http://www.laprovinciadipiacenza.it/?page_id=1707
«Mentre le prime notizie relative al nome risalgono alla Tavola Alimentaria Veleiate e all'Alto Medioevo, i dati sul castello si hanno solo nel 1466 quando di una parte di esso e del feudo era proprietario Giovanni Della Guardia. Da lui i beni passarono al figlio Giuliano, al quale però (per l'efferato fratricidio commesso) il Duca di Milano li confiscò in favore di Giacometto Latella. Il borgo e il castello di Ancarano subirono gravi danni attorno al 1521, quando vennero attaccati da truppe francesi (comandate da Giovanni da Birago e reduci da un assalto alla rocca di Rivalta) e nel 1526 dai Lanzichenecchi. Data l'importanza strategica del castello, le milizie del conte Federico Dal Verme, nel 1516, dopo averlo conquistato e perpetrato violenze di ogni genere, uccisero il castellano. Secondo le cronache dell'epoca, i seguaci del Dal Verme rubarono argenteria, armi, casse colme di panni di lana e seta, arnesi della casa, cibarie e 1800 ducati. L'ingente bottino fu trasportato alla Rocca d'Olgisio. In seguito venne istituito un processo contro Jacopo Dal Verme ed egli venne condannato, ma non scontò mai la pena comminatagli in virtù delle sue potenti amicizie. Da un atto notarile dell'epoca si rileva che il castello era però già in rovina; negli estimi di circa un secolo dopo risulta addirittura diroccato e coperto da una intricata vegetazione. Nei secoli seguenti il castello passò più volte di proprietà: nel 1704 accanto alla fortezza sorse l'oratorio. Fra le vicende successive si ricorda l'acquisto del castello da parte della marchesa Teresa Tedaldi, maritata al conte Scotti di Vigoleno. Nel complesso castrense, ancora ben conservato, si evidenziano agevolmente due parti; la più antica presenta due torri circolari e tracce di mura scarpate in sasso vivo. Nella più recente - eccessivamente trasformata forse tra il 1500 e il 1600 - si notano, oltre il coronamento della merlatura, belle finestre di gusto rinascimentale. Pure questa parte, adibita ad abitazione privata, è in buono stato di conservazione».
http://www.comune.rivergaro.pc.it/cultura/monumenti/ancarano.html
Arcello (resti del castello, convento dei Carmelitani)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
«Badagnano è una frazione di Carpaneto, il cui castello risale al XIV secolo; ha subito molte manomissioni perciò al momento, è una abitazione rurale, pare solo una casa a torre come tante. La torre quadrata è stata decurtata nel tempo e purtroppo è impossibile capirne l'estensione originaria. Si mantiene un edificio suggestivo».
http://polideuce.blogspot.it/2010/10/carpaneto-piacentino-e-alcune-sue.html
BARBERINO (castello del Dego o di Barberino)
«Il Castello del Dego (o di Barberino) è una possente complesso fortificato che si trova nel comune di Bobbio in provincia di Piacenza. La struttura è composta da due robuste torri, collegate internamente fra loro, e costruita in posizione elevata su uno sperone roccioso nella località Dego di fronte il Monte Barberino e il suo "Orrido" sul fiume Trebbia, in posizione strategica per il controllo dell'accesso da Piacenza alla val Trebbia del caminus Genue, un tempo importante via di comunicazione con il Genovesato e quindi il mare. Nella località Dego sorse nel X secolo la cella monastica di Decus (termine, confine) di fronte al fiume Trebbia e al Monte Barberino (481 m s.l.m.), che fin dall'antichità romana segnava il confine dell'Emilia e della Contea di Bobbio con il Ducato di Parma e Piacenza; fino al 1923 quando anche Bobbio passa sotto Piacenza. Il castello, denominato Castrum de Barbarino, è documentato nel 1207 come possedimento del Monastero bobbiense come casa fortificata e dogana sulla vecchia strada, a sinistra del Trebbia, che da Bobbio conduce a Mezzano Scotti. In passato sulla sponda destra davanti a Barberino, in località Piancasale, vi era un secondo fortilizio sulla vecchia strada statale che valicava il passo Barberino; oggi di questo fortilizio abbandonato ne rimane traccia in un edificio privato. Le due fortificazioni avevano lo scopo di sorvegliare la zona di confine, in un punto strategico di restringimento della valle contraddistinto dall'Orrido di Barberino sotto l'omonimo monte. La struttura attuale risale al 1564, data documentata in una pietra del portale di accesso. Il complesso passò alla famiglia nobiliare dei Monticelli e da questa ai Malaspina, attualmente ancora proprietari».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_del_Dego
«Nel XV secolo il castello (già citato in un documento del 1335), apparteneva alla famiglia Rizzoli, ma venne poi venduto ai Canonici Lateranensi di S. Agostino. L'edificio, a pianta rettangolare è discretamente conservato, sul fronte est si notano l'ingresso, le strutture relative al ponte e ponticello levatoi che superavano il fossato e due torri quadrate di diversa altezza. Nell'androne una lapide risalente al 1530 ricorda il nome dell'abate piacentino Gregorio; nell'interno dell'oratorio - ristrutturato e riconsacrato in memoria del ten. Camillo Cella, caduto nella prima guerra mondiale - si trova un interessante dipinto rappresentante Santi e Dottori della Chiesa con lo sfondo di un città medioevale».
http://pcturismo.liberta.it/asp/default.asp?IDG=3034
«...La famiglia Nicelli, durante i secoli XV e XVI, estese i propri possedimenti anche su buona parte del territorio di Bettola: numerosi sono i castelli che i Nicelli rilevarono nella zona oppure edificarono ex novo per difendere i propri interessi. Gli edifici fortificati dei dintorni di Bettola sono spesso attinenti alla tipologia della "casa-torre". Abbiamo a che fare con robusti edifici in pietra, realizzati in maniera estremamente austera con le limitate tecniche costruttive della montagna, che nulla o quasi concedono alla decorazione ed alla rappresentanza, ma che nella loro essenzialità testimoniano il rapporto con l'architettura tipica dei borghi rurali e rappresentano la fase storica in cui queste vallate erano dominati dai "signori della montagna", primi fra i quali erano gli stessi Nicelli. Le continue feroci lotte tra i Nicelli e la famiglia dei Camia convinsero, attorno al 1540, papa Paolo III Farnese ad intervenire per riportare ordine nella zona. Si deve a questo fatto la costruzione della cosiddetta "Torre Farnese", fortilizio edificato nei pressi di Bettola sede degli inviati pontifici, simbolo di un potere centrale che veniva a cancellare le residue ambizioni feudali. La Torre fu presto bruciata dai Nicelli medesimi, approfittando della congiura che soppresse a Piacenza il duca Pier Luigi Farnese; Ottavio Farnese ne ordinò la ricostruzione nel 1562».
http://www.comune.bettola.pc.it/pagina.asp?IDpag=243&idbox=81&idvocebox=292
BICCHIGNANO (resti del castellone)
«Le prime notizie, secondo lo storico Pier Maria Campi, risalgono all’anno 1043 quando il castello di ”Viano”, “con tutte le ragioni ed adiacenze”, viene donato al monastero di San Savino. Il toponimo Castel vecchio e la dedicazione della chiesa a San Pietro in Lucano, ancora documentata nell’estimo del 1558, suggerirebbe di ipotizzare l’identificazione con l’insediamento più antico, a controllo della valletta, in stretto legame con una torre, in comunicazione con il sistema fortificato della val Nure, dalla quale avrebbe origine l’attuale complesso del castellone. Il controllo del sistema viario, tra val Nure e val Trebbia, sarebbe stato poi completato dalla torre campanaria della chiesa di Bicchignano. Il castello di Veano, detto ancora oggi il castellone, passa agli Anguissola, agli Zanardi (1324) e ai Landi (1405) ai quali si deve la sua trasformazione come documentato dai resti di apparato a sporgere nel corpo principale. ... Dal punto di vista tipologico è interessante rilevare che, nel comune di Vigolzone, sono documentati due casi di recinti quadrangolari dotati di due torri quadrate, poste nei vertici contrapposti, nelle varianti di pianura e collina: quello di Vigolzone trasformato dagli Anguissola nel 1330 in residenza e quello di Bicchignano (detto il castellone). Relativamente alla consistenza del complesso in esame, interessanti informazioni possono essere desunte dai contratti di locazione dei dazi del fieno e del vino del XVI secolo che testimoniano l’esistenza della “camera ab igne” e di una stanza superiore “appellata la camera bianca”. Lo stato di abbandono del complesso sta cancellando, progressivamente, le parti superstiti aggredite dalla vegetazione e compromesse dai crolli».
http://www.associazionepiacenzamusei.it/pdf/79-Panorama%20Musei_Dicembre%202011_Bicchignano.pdf (a cura di Valeria Poli)
«Torre di Bobbiano (di proprietà privata), rimanenza del castello sorto su di un colle, documentato nel 1037, feudo dei Malaspina, e distrutto nel 1255 da Oberto Pallavicino. La torre venne edificata successivamente dagli Anguissola. Adiacente la chiesa medioevale di S. Michele, sorta come cappella privata del maniero ed ampliata all’inizio del XVIII secolo».
http://it.wikipedia.org/wiki/Travo
«Centro più importante della Val Trebbia, la località sorge sulla sponda sinistra dell’omonimo fiume, ai piedi del Monte Penice. Estremamente vicina alla Liguria, risente del benefico influsso del mare, specie alle più elevate altitudini. Bobbio, che possiede il titolo di città fin dal 1014, conferito con bolla imperiale da Federico II, nell’Alto Medioevo fu una delle principali sedi della cultura religiosa in Italia e centro cosmopolita di arte, cultura e scienza. Dei fasti di un tempo, oltre a ciò che rimane dei codici degli Archivi Bobbiensi, conserva il sapore medioevale del proprio borgo, fatto di strette viuzze, case in sasso e palazzetti signorili, cresciuto attorno al monastero, che, assieme ai suggestivi paesaggi naturalistici della vallata, ne fanno una delle principali località di villeggiatura del piacentino. Bobbio si fregia, inoltre, della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano. Tutte le stagioni sono suggestive per apprezzare questo borgo medievale soprattutto dal punto di vista paesaggistico, caratterizzato dallo sfondo scenografico della Val Trebbia. In particolare d’estate, tuttavia, è possibile vedere Bobbio anche nelle insolite vesti di località balneare e pullulare di bagnanti attratti dalle fresche e ristoratrici acque del fiume e dalla possibilità di godersi il sole. L’originale profilo contorto del Ponte Gobbo, uno dei simboli del borgo, legato alla leggenda di San Colombano nel suo scontro con Satana, accoglie e dà il benvenuto ai visitatori non meno dell’Abbazia dedicata al santo irlandese, che qui giunse e lasciò un segno indelebile. ...».
http://www.emiliaromagnaturismo.it/it/localita/bobbio-pc/scheda?ID=227
Bobbio (castello Malaspiniano)
a cura di Elisa Delgrosso
Bobbio (palazzo Comunale, palazzo Podestarile)
«Il Palazzo Comunale di Bobbio è la sede del Municipio del Comune di Bobbio, comune italiano in provincia di Piacenza. È un antico edificio storico del XV secolo, già Monastero di Santa Chiara, situato nel centro storico della cittadina. Vi fu collocata la sede municipale a partire dal 1927. Di fronte al Palazzo Comunale vi è Piazza Santa Chiara e la contrada dei Buelli con l'antico palazzo della famiglia Buelli, di cui è ancora visibile lo stemma nobiliare, e l'adiacente trattoria "La Paolina", ora soppressa, la cui insegna è ancora presente in alto. All'interno della sede comunale e dell'Auditorium di S. Chiara vi è un grande giardino che si affaccia verso Valgrana sopra via Circonvallazione. L'odierna Piazza del Duomo, sulla sinistra adiacente la torre, ancora visibile parte dell'edificio del Palazzo Podestarile La sede comunale fino al principio del XI secolo era nel Palazzo Podestarile costruito nel 1226 in Piazza del Duomo. Nel 1808 la sede del municipio passò nei locali del monastero dell'Abbazia di San Colombano. Dal 1927 ha sede nell'attuale edificio. Il Palazzo Podestarile venne edificato nel 1226 in Piazza del Duomo davanti la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Era sede del Consiglio dei Reggenti, dei Consoli e del Podestà. L'edificio ormai abbandonato dal 1808, con il trasferimento del municipio nel monastero di San Colombano, venne quasi totalmente distrutto nel 1927 per allargare la piazza e per valorizzare esteticamente la Cattedrale. Parte dell'edificio del 1226 venne trasformato ed è oggi ancora visibile alla sinistra del Duomo adiacente la torre campanaria. In quel palazzo nacquero e furono firmati gli Statuti comunali nel 1342».
http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Comunale_%28Bobbio%29
«Costruito dall'unione di preesistenti abitazioni di epoca tre-quattrocentesca, il palazzo fu ampiamente ristrutturato verso la fine del'700. In tale occasione vennero realizzate le ampie sale del primo piano alle quali si diede accesso con l'elegante scalone in arenaria opera dello scultore pavese Carlo Giuseppe Calderara, datato 1791. Secondo la tipologia delle abitazioni signorili bobbiesi l'edificio presenta all'interno un cortiletto con portico sotto cui si conserva ancora un antico torchio in noce della seconda metà dell'800».
http://www.comune.bobbio.pc.it/sottolivello.asp?idsa=16&idam=&idbox=20&idvocebox=166
BOBBIO (palazzo Trecentesco o Alcarini o Casa di Teodolinda)
«Grazioso palazzetto del Trecento, gioiello dell'architettura bobbiese, è con tutta probabilità da identificarsi col palazzo della famiglia Alcarini, da tempo scomparsa, da cui il nome della contrada su cui s'affaccia l'edificio. è certamente la più prestigiosa abitazione civile di Bobbio. Molto ben conservato appare il portico con archi gotici, mentre la parte superiore sembra aver subito trasformazioni successive. Il fronte principale sulla contrada di Porta Alcarina presenta un parato in laterizio. Il portico è sorretto da tre pilastroni cilindrici con bei capitelli in arenaria. Due monofore con arco a tutto sesto si aprono al primo piano. Il fianco sulla contrada dei Buelli è a muratura mista a pietrame e cotto. Sotto al porticato è ben conservata un'antica bottega, che presenta ancora un raro esempio di vetrina medioevale. Il palazzo Alcarini viene comunemente chiamato ''casa di Teodolinda'': si tratta di una colorita tradizione popolar priva di ogni base storica, anche per le caratteristiche architettoniche che suggeriscono come epoca di costruzione il XIV secolo».
http://www.comune.bobbio.pc.it/sottolivello.asp?idsa=13&idam=&idbox=20&idvocebox=166
BOBBIO (ponte Vecchio o Gobbo)
«Il Ponte Vecchio detto anche Gobbo per l'irregolarità delle sue undici campate è uno dei simboli della città. La sua esistenza è documentata a partire dal 1196 quando un certo Anselmo de Oppica lasciava dei denari per la sua manutenzione. Tuttavia esistono motivazioni che lo farebbero risalire ad età precolombaniana, sulla sponda destra del fiume, infatti, si svolgevano diverse attività; vi erano ad esempio le saline del condottiero longobardo Sundrarit e dal V secolo era attiva la fornace del rio Gambado. Fino al XVI secolo il ponte era composto da pochi archi che raggiunsero il numero di 11 solo nel corso del secolo successivo. Il manufatto è anche conosciuto come ''Ponte del Diavolo'' dalla leggenda popolare che ne racconta la creazione. Si dice infatti che San Colombano ansioso di portare la parola di Dio alle popolazioni che vivevano sull'altra sponda del fiume accettò di stipulare un patto con il diavolo. Quest'ultimo si impegnava a costruire un ponte in una sola notte in cambio dell'anima del primo essere vivente che lo avrebbe attraversato. Il mattino seguente sebbene con forma e arcate irregolari, dovute alla diversa altezza dei diavoli che durante la notte ne avevano sostenuto la costruzione, il ponte era terminato ed il monaco Irlandese dovette tener fede alla parola data facendo però transitare per primo un cane».
http://www.comune.bobbio.pc.it/sottolivello.asp?idsa=17&idam=&idbox=20&idvocebox=166
«Situato nell'ambito del territorio comunale di Agazzano (PC), fra le vallate dei torrenti Luretta e Tidone, il Castello di Boffalora dista circa 30 km da Piacenza ed è raggiungibile dalla strada provinciale che da Agazzano conduce a Pianello Val Tidone. La storia di questo castello è stata tormentata, molti i passaggi di mano condizionati da fatti di sangue, truffe ed estinzioni delle famiglie per mancanza di eredi. Nel 1412 ne era proprietaria la famiglia Arcelli (cui si deve molto probabilmente la prima costruzione) che lo passò al ricchissimo Girardo Rustici, assassinato nelle sue stanze per rapina il 13 luglio 1555. Nonostante il tragico fatto, la famiglia Rustici lo resse fino al 1633, quando passò ai Barattieri. Nel 1672 i feudi furono ceduti ai fratelli Felice e Pierfrancesco Bonvini, famiglia mercantile di spezie, droghe e tessuti. Nel 1699 sia il feudo sia il fortilizio furono avocati dalla Ducale Camera che successivamente (1700) li cedette al marchese Francesco Casati e a suo figlio Bartolomeo. Questa signoria durò pochi anni. Infatti nel 1704 Bartolomeo Casati fu accusato di gravissimi reati e perdette tutti i beni. Tra l'altro venne incolpato di aver fatto battere moneta ad una lega carente; di aver rimodernato il castello di Boffalora usufruendo dell'opera forzata dei contadini; di averlo arredato riccamente con mobili della reggia, da lui in precedenza svenduti (avvalendosi della carica di maggiordomo del duca Francesco Farnese) e di averli poi ricomprati di nascosto, a basso prezzo. Il Casati sfuggì alla cattura rifugiandosi nella chiesa di S. Vincenzo in Piacenza. Fu condannato a versare all'erario, nel termine di dieci anni, la notevole somma di 12mila doppie.
Nel 1773 il castello ospitò Maria Amalia di Borbone, moglie di don Ferdinando e, a ricordo del fatto, venne murata sopra la porta d'ingresso del fortilizio una lapide in marmo con le parole "Castrum hoc Boffalorae coeli temperie loci amoenitate aedium amplitudine elegantia et comoditate iam satis commentadatum Maria Amalia Augusta, ospite quarto nonas septembris". Nel 1802 i proprietari erano i fratelli Carlo e Alemanno Tredicini. Alemanno nel 1812 vendette il castello a Genesio Scarani che lo tenne per solo 9 anni: nel 1821 lo passò alla famiglia Radini-Tedeschi che lo tennero fino al 1950, anno in cui venne acquistato dalla famiglia Anguissola-Scotti. Dal 1995 appartiene a un membro della famiglia Brichetto Orsi, tuttora proprietario. L’edificio ha pianta rettangolare con cinque torri, di cui quattro che si staccano dagli angoli e un dongione d'ingresso al centro della facciata nord-ovest. Le torri hanno forme differenti ma tutte quadrangolari, presentano beccatelli che reggono l'aggetto della parte terminale coperta da un tetto. La muratura è in pietra tranne che gli sporti delle torri che sono realizzati in mattoni. All'interno, nel cortile, vi sono un portico, al piano terra, e un loggiato di aspetto settecentesco al primo piano. Interessanti i grandi saloni del primo piano, con soffitto a cassettoni e la scalinata con la volta affrescata a motivi policromi. A poca distanza dal castello ci sono alcune strutture rurali di interesse, come la piccola chiesa costruita nel 1726 da Gaetano Maria Baldini sul luogo di una costruzione preesistente e dedicata a San Giuseppe».
http://castelliere.blogspot.it/2011/11/il-castello-di-giovedi-3-novembre.html
«Il castello di Borgonovo Val Tidone è una fortificazione dell'omonimo paese in provincia di Piacenza. Situato nel centro dell'abitato che si trova in una zona di pianura nella bassa val Tidone, sul percorso della ex Strada statale 412 della Val Tidone. L'oppidum Borgonuovo fu fondato nel 1196 dal Comune di Piacenza per difendere il confine occidentale dei suoi territori, dotato di rocca, torri e cinta muraria con scarpata e ingressi fortificati. Subì, per mano dei pavesi, assalti e distruzioni a più riprese dal 1199 al 1276 e l'ultima nel 1313 per mano dei Visconti. Passò per le mani di varie famiglie: Arcelli, Visconti, Piccinino, Sforza, Zandemaria nel 1691. Questi ultimi trasformarono il castello in una lussuosa dimora corredata di una pinacoteca con 240 opere di pittori di fama quali Correggio e Guido Reni. Risale al 1875 l'atto di vendita al comune per la cifra di lire 80.000. Il castello, completamente edificato in laterizio è una costruzione a base quadrangolare con cortile interno e due torri a base rettangolare negli spigoli nord-est e sud-ovest. Circondato da un profondo fossato che poteva essere riempito d'acqua all'occorrenza, con due accessi con ponte levatoio oggi sostituiti da ponti in muratura ad arco acuto. L'esterno, ingentilito da una decorazione a dente di sega di stile trecentesco, si presenta abbastanza integro anche se si possono notare i merli murati e modifiche nelle aperture. L'interno è stato fortemente rimaneggiato nel XVIII secolo per adeguarlo alle esigenze di una dimora signorile, con la costruzione nel cortile di un loggiato a tre ordini e il complesso scalone che vi si interseca. Recentemente sottoposta a lavori di restauro è sede del Comune».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgonovo_Val_Tidone
BRAMAIANO (castello o "la Caminata")
«La tradizione orale fa risalire la fondazione di una struttura fortificata addirittura al X secolo. Le prime notizie documentate testimoniano l`esistenza di un fortilizio nel XV secolo, quando era un importante caposaldo nel sistema difensivo organizzato dai Nicelli, costituito da numerose torri e fortezze. Interventi successivi hanno ingentilito la struttura originale, dando alla fortezza un aspetto del tutto particolare. L`importane edificio è protetto su tre lati da possenti mura scarpate, agli angoli si impostano le robuste torri di guardia squadrate, di poco più alte delle mura. Emergono invece il mastio quadrangolare e, di fianco, la residenza padronale. Risalgono alle trasformazioni effettuate nel XVI secolo gli eleganti loggiati con arcate a tuttosesto impostati su colonne di granito che corrono alla sommità delle mura meridionali e del mastio. All`interno vaste sale conservano ancora soffitti a cassettoni: Il salone d`onore presenta un bel camino in pietra sul quale resta lo stemma dei Nicelli e la data del 1615».
http://www.valnure.info/it/caminata_di_bramaiano/caminata_di_bramaiano_sta_78.htm
a cura di Pierluigi Bavagnoli
BURIONA DI CANTONE (resti del fortilizio)
«In questa valle [Val Luretta] si è accolti da piccoli borghi ove si intrecciano le emozioni di una plurisecolare vicenda storica: ecco allora Buriona di Cantone ove, all'interno di un complesso di case di campagna si eleva una torre testimonianza di un maniero appartenuto agli Scotti da Mezzano, ma anche Grintorto con i resti di un fortilizio, testimone di cruente battaglie, e la chiesa di San Michele Arcangelo, dietro alla quale sono conservate due colonne con basa mento ornato dallo stemma degli Scotti».
http://vacanze.itinerarionline.it/schede/valli_piacentine_val_luretta_sc_5312.htm
«Del castello di Cadeo vi sono notizie che risalgono al 1300 circa quando 800 cavalieri e 500 fanti lo difendono invano dagli attacchi distruttivi dei nemici. Nel 1310 il castello viene nuovamente dato alle fiamme su ordine di Alberto Scoto e da allora subì ancora altre gravi distruzioni per ben due volte (nel 1336 ci pensò Azzo Visconti, nel 1449 Angelo Sanvitale da Fiorenzuola). Cadeo sorgeva in un importante crocevia tra la via Emilia e le strade antiche che conducevano a “scavalcare” l’Appennino verso la Toscana e il centro Italia e per questo sempre conteso dai signori del tempo. ...».
http://valdarda.wordpress.com/2012/03/19/cadeo-800-cavalieri-e-500-fanti-difendono-il-castello/
CALENDASCO (borgo fortificato)
«Il feudo di Calendasco è, dai primi anni Mille, dipendente dal Vescovo di Piacenza, che fa erigere un recetto, cioè un luogo di difesa dei contadini locali e centro di raccolta dei prodotti agricoli, ovvero un antico prototipo di consorzio. I documenti longobardi testimoniano dei presbiteri locali già dai secoli VII e VIII, in piena epoca della dominazione dei longobardi prima, e franca, in seguito. Il burgi calendaschi, era composto dal recetto e dal castello, dalla chiesa e dall'hospitale dei pellegrini diretti al porto del Po. La chiesa era sotto la dedicazione a Santa Maria. Il paese era spesso citato come burgo, cioè borgo, distinzione netta da villa, termine con cui ci si riferiva a un piccolo agglomerato. Quale borgo, Calendasco ebbe molta importanza: si sa che nel tardo XIII secolo i borghi più importanti sulla Via Francigena in territorio piacentino erano Fontana Fredda (attualmente frazione del comune di Cadeo), Fiorenzuola d'Arda e Calendasco. In un documento conservato nell'archivio parrocchiale e risalente al 1461, è riportata ancora apertamente la dizione burgo. La carta, datata 12 gennaio 1461, è stata scritta nella Curia Vescovile di Piacenza, ed interessava il Dominus presbiter Gulielmus de Ferrariis rector ecclesiae sanctae Mariae de Calendascho Placentinae Diocesis. Vengono inoltre citati parte in causa in questo atto notarile i feudatari del borgo Nobilis Vir Bernabos de Confanoneriis filio Divi Lodovici et Nobil Donne Helena matris suae. Si legge inoltre che vengono fatte permute e fitti di terre casamentate et in parte canellate, poste in burgo dicti loci Calendaschi».
http://www.comune.calendasco.pc.it/pagina.asp?IDpag=102&idbox=38&idvocebox=139
«Il maestoso castello ad una torre cilindrica che si osserva di fianco alla chiesa del borgo, conserva attualmente l'architettura di fine XIII inizio XIV secolo. Ad ingresso levatoio, con fossato, è affiancato da un più antico recetto, anch'esso ad entrata levatoia. Sulla piazza antistante a queste imponenti costruzioni si erge massiccia la fortificazione che fungeva da scuderie per i cavalli e stalla dei bovi, recentemente acquisita nell'ambito delle sue proprietà da parte dell'amministrazione comunale. Nel castro dicti loci calendaschi si conservano le due sale con caminata magna, precisamente la caminata magna inferiore e quella superiore così come testimoniano i documenti medievali. Il primo nucleo importante è il recetto, costruito per volontà del Vescovo di Piacenza, feudatario del luogo, nei primi anni del 1000. Il castello sorgerà un secolo dopo, quando l'importanza del porto sul Po, con passaggi notevoli di genti e merci, richiese protezione, guardia armata e riscossione di gabelle. La famiglia che maggiormente resse questo feudo risiedendo nel maniero sappiamo con certezza dai documenti che furono i Confalonieri, infatti le carte notarili ci mostrano la loro presenza vivace e continua per quasi duecento anni (dal 1400 a quasi tutto il 1500). Il 12 gennaio 1461 presso la Curia vescovile di Piacenza, alla presenza del preposto Paolo Malvicini de Fontana e dei notai piacentini Antonio Gatto e Pietro De Jerondi, si redigeva un atto che andava ad interessare il Dominus presbiter gulielmus de ferrariis rector ecclesie sancte marie de calendascho placentine diocesis ed il Nobilis vir Bernabos de confanoneriis filio divi ludovici e la nobilis donne Helena matris sue, ancora i Malvicini de Fontana con Magdalena, poi antonio de confanonerii che redigono questo instrumento publico di cambio terre con concessione di diritto irrigatorio. Terre casamentate et in parte canelate poste in burgo dicti loci calendaschi, andando ad interessare il cimitterius con le sue pertinenze e queste terre vengono cambiate con un jus cimitterii e un jus irrigandis, ove il flumen Raganella è il portatore di acque. Queste terre, dietro al castello, hanno adiacenze anche con i fossati sia del castello stesso che del ricetto pubblico. Le coerenze, infatti, vanno incipiendo strata introitus dicti riceti sive roche sive castri calendaschi. Ne deriva, quindi, un forte richiamo al castello ed al recetto quali edifici perfettamente distinti».
http://www.comune.calendasco.pc.it/pagina.asp?IDpag=102&idbox=38&idvocebox=139
Campremoldo di Sopra (Castelbosco)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
Campremoldo di Sopra (Castelvecchio)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
Campremoldo di Sotto (Castelmantova)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
«La suggestiva Rocca Mandelli ha una struttura possente: quattro torrioni demarcano la pianta quadrata; un alto torrione con merli ghibellini è posto in posizione leggermente decentrata rispetto all’ingresso. La storia di questo edificio si intreccia fin dalle sue origini con quella di Caorso. Secondo la tradizione, un fortilizio sarebbe stato fatto edificare nell’anno 820, dalle sorelle del vescovo di Piacenza, Imelde e Orsa; proprio dal nome di quest’ultima deriverebbe il toponimo Cà dell’Orsa o Casa Ursilia, da cui Caorso. Alcuni documenti conservati nella cattedrale di Piacenza, retrodatano all'802 le prime testimonianze relative a Caorso, menzionata come Caput Orsi o Caput Ursi. Notizie circa l’esistenza a Caurxio, nei primi anni del 1200, di «un castello circondato da fossati» sono riportate anche dal cronista piacentino Giovanni Codagnello. A quell’epoca l’edificio rivestiva un’importante funzione difensiva. Nei secoli successivi il castello subì una serie di passaggi di proprietà: risulta che nel 1363 apparteneva alla ricca famiglia piacentina dei Dolzani; venti anni più tardi, Giovanni Galeazzo Visconti concesse a Ottone Mandelli il feudo delle terre di Caorso comprendendovi anche il castello; nel 1412, Manfredo Scotti di Ajguera riuscì a estorcere ai duchi di Milano un’investitura feudale di queste terre a proprio vantaggio, ma nel 1421 rinunciò al feudo e i Mandelli riacquisirono i propri diritti. Nel 1450, Francesco Sforza confermò il titolo di conte e la proprietà della Rocca ai Mandelli rimasti suoi proprietari fino al 1827, anno in cui la famiglia si estinse con la morte di Bernardino; egli lasciò parte del suo patrimonio, tra cui proprio la Rocca, agli Ospizi Civili di Piacenza. Il 27 febbraio 1907, la Rocca e il terreno circostante, corrispondente all’antica fossa di circonvallazione, furono acquistati dall’amministrazione comunale di Caorso; attualmente ospita il municipio e gli uffici comunali, ma è comunque visitabile».
«Scarse sono le notizie che riguardano questo castello di antica fondazione, compreso nella giurisdizione di Rivalta, che appartenne ai Malaspina nel 1100 e passò in epoca imprecisata (forse nel XIV secolo) ai Landi. Questi, salvo un breve periodo, che coincide con la signoria dei Piccinino (1438), lo possedettero fin verso i primi decenni del Cinquecento. Dagli Estimi risulta che nel periodo 1558-1576 il fortilizio era dei Rollieri, l'ultima discendente dei quali, Camilla, sposò un Casati. L'edificio, ora sede di azienda agricola, rientra nella comune tipologia dei castelli piacentini, a pianta rettangolare».
http://pcturismo.liberta.it/asp/ElencoPerCategoria.asp?T=L&argomento=Castelli
CARISETO (ruderi del castello)
«Le prime notizie del castello risalgono al 1052 quando fu concesso dall'Imperatore Enrico III al monastero di S. Paolo di Mezzano Scotti. Nel 1164 Federico Barbarossa lo infeudò a Obizzo Malaspina, legame ancor più saldo quando il Barbarossa di ritorno da Roma, fu salvato da truppe nemiche dal Malaspina che l'ospitò nel maniero scortandolo fino a Pavia. Dal 1540 l'edificio fu ceduto ai Fieschi e poi ai Doria fino al 1797. Del castrum costruito nella roccia a strapiombo sulla borgata rimangono pochi tratti di mura con feritoie. Segue la leggenda del ritrovamento di una gallina e di 12 pulcini d'oro conservati al Museo di Monza».
http://www.vicosoprano.it/VALTREBBIA/CERIGNALE/dintorni1/dintorni_1.html
CARPANETO PIACENTINO (castello)
«Sebbene le prime notizie relative al Castello di Carpaneto risalgano al 1321, è comunque probabile che esso esistesse già nel XII-XIII secolo, e precisamente all'epoca in cui la famiglia Malaspina cedette, nel 1180, i propri diritti su Carpaneto alla chiesa di Sant'Antonino di Piacenza. La storia del fortilizio di Carpaneto è purtroppo caratterizzata da una fitta serie di rovinose devastazioni, a cominciare proprio da quella del 1321 ad opera delle truppe viscontee. Di nuovo costruito nel XV secolo, gli attacchi continuarono anche nei secoli seguenti, fino a giungere al 1930, anno del definitivo abbattimento delle ultime testimonianze rimaste dell'antico borgo. Del maniero si è fortunatamente conservata una buona parte dell'edificio quattrocentesco, dove oggi hanno sede gli uffici comunali. Da segnalare soprattutto l'elegante porticato con colonne di granito e capitelli in arenaria recanti gli stemmi degli Scotti. Attualmente ospita gli uffici comunali».
http://www.comune.carpaneto.pc.it/sottolivello.asp?idsa=71&idam=&idbox=20&idvocebox=81
«La parte più antica è la torre circolare, per cui il maniero in sé risale al XVI secolo. Vi si accede da un bell'ingresso ad arco, ma al momento l'edificio è inserito in una serie di altri edifici rurali; inoltre è privato e quindi si può vedere solo dalla strada. Il nome di "case bruciate" pare che risalga a un incendio appiccato involontariamente da Corrado Confalonieri nel 1314».
http://polideuce.blogspot.it/2010/10/carpaneto-piacentino-e-alcune-sue.html
«Castello di Castano (Agazzano). Sulla strada provinciale per Pianello dopo poco si incontra l'abitato di Castano. Il piccolo castello di Castano presenta in buono stato le torri circolari con ampie feritoie e parti di mura. L'insieme risulta alterato da costruzioni successive. La prima investitura risulta nel 1442 agli Arcelli» - «Il Castello di Castano è un'antica rocca di proprietà della famiglia Scotti. Costruita nel XIII secolo, si presenta come un intreccio tra l'imponenza dello stile medioevale e la raffinatezza del Rinascimento. Al suo interno, conserva ancora i mobili d' epoca e gli eleganti affreschi. Oggi è usata come location per celebrazioni e conferenze».
http://www.guidacomuni.it/comune/agazzano/56/3 - http://www.visititaly.it/info/952239-castello-di-castano-agazzano.aspx
CASTEL SAN GIOVANNI (borgo, castrum)
«Le origini sembrano ricondursi ad un'antica pieve detta di "Olubra" (forse il nome antico dell'attuale torrente Lora) e di un fortilizio chiamato "Castellus Milonus", testimonianze che precedono l'edificazione da parte del Signore di Piacenza Alberto Scoto nel 1290 di un nuovo e più munito castello, in funzione difensiva di avamposto verso il pavese. Le mura del castello correvano dove attualmente ci sono i viali alberati ed attraversavano la piazza. Il Castrum aveva due porte di ingresso con torre e ponti levatoi: la Porta piacentina all'inizio dell'attuale Corso Matteotti; quella pavese posta all'incrocio tra l'attuale Corso e via Marconi. In alcuni documenti il nome castrum viene appellato "triturrito" dalle tre torri allora esistenti: le due torri delle porte e dal torrione o maschio che divenne poi, probabilmente, la torre campanaria della collegiata. Dopo aver servito per secoli in difesa del paese, le mura del "castrum" - lunghe ben 1.345 metri - furono demolite nel 1822. Ci vollero sei anni per demolire completamente le mura e di ciò che restava dell'antico castello. Sulle fondazioni delle mura vennero costruiti viali larghi cinque metri. Durante tutto il medioevo la Strada Romea - che passava anche a Castel San Giovanni proveniente da Alessandria e Tortona - fu percorsa da un gran numero di pellegrini che si recavano a Roma o in Terrasanta in visita ai luoghi sacri della cristianità. Lungo il suo percorso sorsero anche qui degli ospedali, che non erano veri luoghi di cura ma "domus ospitalis", cioè case dove venivano ospitati temporaneamente i pellegrini ed i viandanti in transito. Gli ospedali maggiori di Castel San Giovanni erano tenuti da religiosi: Ospedale pievano di san Pietro e poi San Giovanni, ospedale di San Giacomo, ospedale di Santa Maria di Costola di Creta. Oggetto poi di diversi domini e teatro di numerose battaglie nel corso della storia, Castel San Giovanni fu protagonista tra l'altro della resistenza italiana agli austriaci nel 1848. ...».
http://www.comune.castelsangiovanni.pc.it
CASTEL SAN GIOVANNI (villa Braghieri Albesani)
«Villa Braghieri fu costruita alla fine del 1600 per volontà del Conte Daniele Chiapponi ai fini di trascorrere la propria villeggiatura fuori città. Ultimata alla fine del 1700, in seguito passò alla famiglia Albesani, divenendo un importante punto di riferimento per il dibattito civile e culturale della comunità, in quanto luogo di incontro di illustri personaggi locali. Mostra un interessante spaccato del modo di vivere dell'alta borghesia di provincia tra il XIX e il XX secolo. Nel XX secolo, divenuto proprietario l'avvocato Braghieri, venne da questi lasciata come eredità testamentaria al Comune di Castel San Giovanni. La villa è composta di 23 stanze alcune delle quali ancora arredate. I recenti interventi di restauro ne hanno valorizzato la ricchezza architettonica ”di grande interesse per la pregevolezza delle decorazioni, siano esse a stucco o a tempera”. La Camera Svizzera, presenta alle pareti “papier peint” prodotti in Alsazia; pregevoli stucchi si trovano nella Sala della Musica, nel Salotto Rosso e nella Sala della caccia. Pregiate le decorazioni a tempera nella Sala del Biliardo, nel Salotto della Musica, nella Biblioteca storica ed al piano superiore nella Camera dell’angelo, nel Salone d’onore, nella Camera dei forestieri e nel graziosissimo Bagno Rosa. I lavori di restauro hanno salvaguardato il grande patrimonio della villa, facendo in modo che questi segni del passato, siano finalmente fruibili, gran parte dei lavori di restauro sono stati finanziati dall'istituto regionale per i beni culturali. La parte rustica dell'edificio è adibita ad archivio storico e a biblioteca comunale, mentre le cantine ospitano il museo etnologico che raccoglie reperti archeologici e fossili e inoltre preziose testimonianze della passata civiltà contadina come attrezzi agricoli e artigianali. Interessante è anche la serie completa delle antiche misure piacentine per i solidi. Sono inoltre esposte fotografie degli anni '30 e '40».
«Nel 1342 il duca di Milano Azzo Visconti fece costruire intorno a Castell’Arquato una robusta cinta muraria, il “muro castellano” che circondava tutti i quartieri (Campidoglio o Libigio, Sole, Bozario e Monteguzzo) escluso quello di Borghetto. Fu solo uno degli interventi che miravano a rinforzare l’autonomia anche difensiva del borgo. Oggi non ne resta molto, se non due delle quattro originarie porte di accesso al borgo: restano quella anteriore rivolta a nord nella parte inferiore del paese detta di Monteguzzo (fortemente rimaneggiata nel XVII secolo) e la Porta di Sasso o Sotana, unica struttura rimasta della cinta viscontea del ‘300. Del sistema difensivo e di avvistamento faceva parte anche la Torretta che era un fondamentale punto di osservazione sulla Valdarda e sulle strade che portavano al borgo. PORTA di MONTEGUZZO. Era l’accesso al quartiere omonimo, il suo ponte levatoio poggiava sul rio Oriolo. Nonostante i rimaneggiamenti del Seicento è ancora visibile la struttura a grande volta a tutto sesto, inglobata in casa Guerra, la facciata sovrastante il grande arco è stata recentemente restaurata. La porta è costruita in blocchi di arenaria, restano identificabili i meccanismi (gangheri) sui quali giravano i battenti e i gli alloggiamenti in cui scivolavano le catene collegate al ponte levatoio. PORTA SOTANA o di SASSO. È meglio conservata, si trova nella parte alta del paese e ne costituiva l’uscita verso Lugagnano e la Valle scavata dall’Arda. La costruzione è in pietra e mattoni, all’esterno presenta un arco a tutto sesto, all’interno a sesto ribassato. I cinque merli a coda di rondine, simbolo dei ghibellini, che la sovrastano sono stati restaurati e riposizionati recentemente. Sono tuttora in corso interventi di consolidamento del terreno adiacente. Della cinta facevano parte anche la Porta Soprana e la Porta di Mezzo, tutte erano munite di ponte levatoio».
http://www.castellarquato.com/turismo/monumenti/mura.html
CASTELL'ARQUATO (palazzo del Duca)
«Costruito intorno al 1292 da Alberto Scoto, fu abitazione del giudice e dimora saltuaria dei conti di Santa Fiora. Nel 1543 vi fu ricevuto il pontefice Paolo III Farnese in occasione della sua visita alla figlia Costanza, signora di Castell’Arquato. Di notevole presenza un vasto locale a pian terreno, la sala d’armi, da cui parte un cunicolo sotterraneo diretto verso il Torrione e attualmente praticabile solo per alcuni metri. Probabilmente esisteva anche un passaggio pensile fra questi due edifici testimoniato da due posterle in corrispondenza del primo piano del Torrione e ora chiuse. Al di sotto del Palazzo del Duca accedendo tramite un’ampia scalinata si apre la Fontana del Duca. Costruita nel 1292 dal Podestà Tedizio de Spettins per conto di Alberto Scoto per secoli servì la popolazione del quartiere. Dalle sue otto cannelle si attingeva l’acqua con i secchi per gli usi domestici; le donne vi facevano il bucato e, nella vasca laterale, non era raro vederle mentre lavavano i loro bambini. Gli statuti del Trecento citano la sua sorgente imponendovi tutto intorno una zona di rispetto».
https://www.facebook.com/note.php?note_id=368481579331
CASTELL'ARQUATO (palazzo del Podestà)
«La costruzione di questo edificio fu voluta da Alberto Scoto nel 1292. Il Palazzo fu successivamente sede del governo del Podestà e abitazione del conte di Santa Fiora; dalla fine del '500 fino al 1850 fu sede della pretura. La parte duecentesca dell'edificio, interamente realizzato con mattoni in cotto, è il blocco di tre piani costellato da merli a coda di rondine. La scala, i pilastrini e la tettoia esterna sono aggiunte quattrocentesche. In mezzo alle finestre è affrescato lo stemma della COMMUNITAS CASTRI ARQUATI con due leoni controrampanti e un castello merlato. Verso il lato corto dell'edificio si trova la Loggia dei Notari, oggi sede dell'Ufficio Informazioni Turistiche, sormontata da una loggetta ad angolo detta "delle grida" perché da qui venivano proclamati gli editti comunali. Una torre con due orologi, uno affacciato alla piazza e uno al borgo, sovrasta il tutto. All'interno, nella grande sala consigliare, è possibile ammirare il soffitto a cassettoni completamente dipinto. Il Palazzo del Podestà non è solitamente aperto al pubblico, ma è spesso sede di mostre (pittura,scultura, fotografia, presepi)».
http://it.wikipedia.org/wiki/Castell%27Arquato#Il_Palazzo_del_Podest.C3.A0
Castell'Arquato (rocca Viscontea)
a cura di Elisa Delgrosso
CASTELL'ARQUATO (torrione Farnesiano)
«L'edificio presenta l'originale carattere delle costruzioni militari cinquecentesche; la pianta è di forma pressoché quadrata con quattro baluardi agli angoli, un salone centrale delimitato da robusti muri e comunicante con tre piccoli locali ottagonali posti nei baluardi e con una scala a chiocciola in laterizio posta nel rimanente baluardo. I piani sono quattro, l'ultimo dei quali è formato da una stanza ellittica contorniata dalla loggia. Le origini di questo monumento sono poco chiare. L'unico studio sull'argomento è quello di L. Dodi che, citando documenti presenti nella Biblioteca di Piacenza, ipotizza che la costruzione fu iniziata da Bosio II Conte di S. Fiora nel 1527-1535, successivamente sospesa e ultimata per ordine di Sforza Sforza tra il 1545 e il 1575. Era senz’altro collegato al Palazzo del Duca tramite un ponticello all’altezza del primo piano. Risulta quantomeno singolare che un edificio così rilevante abbia scarse menzioni nei documenti ad esso contemporanei. Addirittura in una mappa del 1613 non c’è traccia della sua mole. Un manoscritto settecentesco riferisce però che la costruzione del “Torione” rimase incompiuta per la morte di Bosio II. Il Torrione è costruito interamente in mattoni di laterizio con “quattro robuste pareti nude inserite tra baluardi angolari trapezoidali assai sporgenti, traforati da piccole finestre, rettangolari” (Le Cannu, 1994). I baluardi sono collegati da grandi archi a tutto sesto, il tutto è sormontato da una loggia a sedici pilastri. All’interno di quattro dei cinque piani c’è un vasto locale centrale che immette in vani più ristretti all’interno dei baluardi. Tre hanno pianta ottagonale, quello occidentale che contiene una sinuosa e ripida scala elicoidale a chiocciola è a pianta centrale. È già stato più volte sottolineato come la struttura dei baluardi rispondesse al “criterio di fiancheggiamento nell’offesa e nella difesa” (Dodi, 1942) necessari dall’introduzione delle nuove armi da fuoco. Senz’altro il Torrione faceva parte del sistema difensivo integrato del borgo di Castell’Arquato, e doveva avere funzioni militari. Resta una delle costruzioni più attraenti e “misteriose”, con i suoi presunti passaggi segreti di Castell’Arquato».
http://www.castellarquato.com/turismo/monumenti/torrione.html
CASTELNUOVO FOGLIANI (torre e resti del castello)
«Il percorso turistico lungo il territorio di Alseno non può dimenticare il castello medioevale di Castelnuovo Fogliani, con un vero aspetto di residenza signorile. Questo borgo castellano, chiamato in antichità Montebello sorge all'inizio della valle dell'Ongina. Già arrivando dalla strada statale non può sfuggire la vista della folta vegetazione e lo spiccare della maestosa torre preromanica. La storia del borgo è inizialmente legata alla nobile famiglia dei Della Porta, poi dei Visconti e, dopo varie vicissitudini a Sforza Fogliani a cui appartenne per oltre quattro secoli. Da qui anche la modifica del toponimo in Castelnuovo. La forma attuale di tutto il complesso di edifici fu raggiunta circa nel Settecento durante il restauro voluto dal marchese Giovanni Sforza Fogliani ad opera del famoso architetto Vanvitelli. La fortezza medioevale si presenta come una fastosa residenza con una facciata di stile neoclassica racchiusa in un imponente parco. Il complesso fu donato nel 1925 alla Santa Sede dall'ultima duchessa Sforza Fogliani e oggi è adibito a casa d'accoglienza per seminari e convegni. L'interno è ricco di saloni raffinati dipinti preziosi di vari generi fra cui non si può non evidenziare quella affrescata da Giuseppe Natali».
http://www.comune.alseno.pc.it/pagina.asp?IDpag=110&idbox=35&idvocebox=148
CASTELNOVO VAL TIDONE (castello)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
«Non sono noti documenti riguardanti la costruzione del Castello di Castione. La fortezza potrebbe risalire al X secolo, quando pare fossero signori del luogo i Da Rizzolo. Nel 1647 il castello apparteneva al conte Roberto Benzoni. Alla morte del conte il castello passò alla Camera Ducale che, due anni più tardi, lo concesse, inseme ai feudi di Cassano e Montesanto, alla famiglia Salvatico, che lo mantenne fino al 1866, quando ciò che rimaneva del fortilizio fu venduto ai Silva di Gropparello. Dell'antico edificio resta l`impontente mastio quadrangolare, rimaneggiato nel XVII e ancora nel XIX secolo».
http://www.valnure.info/it/castelli/castello_di_castione_sc_345.htm
CAVERZAGO (rovine della rocca)
«Nella zona, d’origine romana, probabilmente sorgeva il tempio della dea Minerva. Il castello, arroccato su un dirupo strapiombo sul fiume Trebbia, fu documentato nel 1100; nel XIII secolo appartenne al comune di Piacenza, fu occupato dai Malaspina, dal XIV al XIX secolo di proprietà degli Anguissola. Accanto ai ruderi del castello la chiesa medioevale di S. Stefano, d’aspetto seicentesco con modifiche del XX secolo. Caverzago è un insediamento di origini antichissime. Il toponimo è di probabili origini galliche, e già in epoca romana risulta noto come Cabardiacum. Citata nella Tabula Alimentaria di Velleia, l’antica Cabardiacum ospitava un importante santuario dedicato ad una divinità locale che i Romani identificarono con Minerva Medica, in seguito definita Minerva Cabardiacensis. Si trattava di una dea dai poteri taumaturgici, in grado di guarire gli infermi, come attestano numerose incisioni, statue ed ex voto rinvenuti nelle vicinanze presso il greto della Trebbia, e conservate in parte nella chiesa della vicina Travo, in parte nei musei di Piacenza e Parma. Non è attualmente possibile stabilire con certezza dove sorgesse in tempio, che sempre a giudicare dai reperti rinvenuti sembra sia stato assiduamente frequentato tra il I e il III Secolo d.C. è probabile che la divinità che i Romani assimilarono a Minerva fosse in origine legata a una fonte termale (la zona ne è ricca) considerata curativa, di cui in seguito, una volta prosciugata, si sia persa la memoria. è opportuno a questo proposito ricordare che nel XII secolo a Caverzago era attivo un hospitale, inteso come ricovero per pellegrini e viandanti gestito da una piccola comunità di religiosi, e che ancora nel XVIII secolo nella vicina località Tosi venne aperto un chiosco da bibite che vendeva l’acqua di una vicina fonte, ritenuta particolarmente salubre. La rupe a picco sulla Trebbia ospita la chiesa di Santo Stefano Protomartire e la torre d’avvistamento edificata dagli Anguissola, Signori della vicina Travo dal 1337, che però oggi è ridotta ad un rudere».
http://www.altavaltrebbia.net/frazioniemilia/1613-caverzago.html
CELLERI (castello Pollastrelli o torre Confalonieri)
«La mancanza di documenti probanti non permette - sino ad ora- di stabilire la data di costruzione del castello di Cerreto o Cereio, che in un atto del 1385 risulta appartenere a Oberto Landi. Il cronista piacentino Musso lo indica come fortilizio fedele ai Visconti durante le lotte condotte dai guelfi piacentini contro i duchi di Milano. Alla fine del 1400 la Camera Ducale, ad estinzione di un credito che vantava verso Bartolomeo Maria - per certi debiti contratti da Giovan Francesco Landi- avocò a sè una parte del castello, che poi cedette a Galvano e Vergiuso Landi, i quali ottennero l'investitura del feudo, compreso il castello, "come nobile, antico, avuto con ogni giurisdizione..." dal duca Gian Galeazzo Sforza. ... La struttura architettonica del fortilizio, a pianta quadrata, dotato di ponte levatoio sul lato sud-est e di fossati, conferma la sua funzione di controllo di una interessante rete di comunicazioni (probabilmente di tracciato romano) che collegava la collina piacentina alla Via Emilia. Della pusterla restano intatti e visibili nel muro del torrione d'ingresso gli incastri per le catene. Il castello presenta tre torri angolari quadrate e un bel mastio d'ingresso collegati dai corpi di fabbrica, attualmente alla stessa altezza delle torri angolari. Nel cortile posto all'interno dell'edificio si notano le fondamenta dell'antica torre isolata che, in caso di attacco da parte dei nemici, rappresentava l'ultimo ridotto di difesa e che, per la singolarità, fa pensare ad un altro castello del piacentino, Montechiaro, il cui dongione - isolato e centrale- si presenta ancora oggi nella sua imponenza. Nei muri (per gran parte in sasso e ciottoli di torrente), classica struttura delle costruzioni piacentine databili al XIII secolo, si riscontrano le parti più moderne in laterizio, le vestigia di merli guelfi, finestre, aperture e porticati con arco a tutto sesto, e alcune feritoie nella torre d'angolo a nord-ovest e sul corpo di fabbrica rivolto a nord. Al di là del fossato che circonda il castello, si conserva l'oratorio privato dedicato a San Gaetano, aperto al pubblico; l'edificio è ricordato per la prima volta nelle carte seicentesche, ma è forte di origine più antica. Un altro oratorio esistette fino al secolo scorso all'interno del castello, riservato dai castellani agli ospiti nobili, come risulta dalle carte ecclesiastiche; di esso rimangono vari stucchi e le pareti affrescate secondo il gusto neoclassico».
http://pcturismo.liberta.it/asp/default.asp?IDG=766
CENTOVERA (Torrazzo o torre Anguissola)
«Centovera è a 4 km da San Giorgio, verso sud. Il suo nome sembrerebbe derivare dalla parola latina cinctueria, che significa “luogo fortificato”. La barocca chiesa di San Giovanni Battista fu edificata e consacrata nel 1682 sui resti di quella primitiva, di cui è stata preservata la torre campanaria; l’interno - a navata unica con quattro cappelle laterali - conserva un San Sebastiano attribuito al Duchino (P. C. Landriani, 1560 – 1618), mentre l’altare in marmi policromi è settecentesco, come il coro ligneo (1701) e la statua della Madonna del Rosario (1762). Poco distante dall’abitato, in direzione Case Nuove, si visita il “Torrazzo”, il massiccio torrione edificato dagli Anguissola di San Damiano, parte di un complesso castrense oggi non più esistente; un’altra torre commissionata dalla nobile famiglia, ma trasformata in abitazione, si trova lungo la strada per San Damiano, dove c’è anche un edificio cinquecentesco».
http://www.turismoapiacenza.it/sangiorgio.asp
CERRETO LANDI (castello di Cerreto)
«In un atto del 1385 il Castello di Cerreto viene menzionato quale proprietà di Oberto Landi. La sua particolare struttura, a pianta quadrata, con ponte levatoio a sud-est e fossati, si fa testimonianza dell'importante funzione difensiva e di controllo del fortilizio. L'edificio presenta tre torri angolari quadrate e un bel mastio d'ingresso, tutti collegati da corpi di fabbrica. Nel cortile interno si trovano le fondamenta di un'antica torre isolata, ultimo rifugio in caso di attacco. Oltre il fossato che circonda il complesso castrense si trova l'oratorio di S. Gaetano, con affreschi di gusto neoclassico all'interno».
http://www.comune.carpaneto.pc.it/sottolivello.asp?idsa=71&idam=&idbox=20&idvocebox=81
«Chero è sulla riva destra dell’omonimo torrente, 6 km a nord-est di Carpaneto. Il suo castello - i cui resti sono inglobati in un edificio rurale - fu distrutto dalle truppe ghibelline di Cremona a metà del XIII secolo. Signori del posto furono i Dal Cairo e quindi gli Scotti».
http://www.turismoapiacenza.it/carpaneto.asp
«Il toponimo della località indica l'appartenenza del feudo, lambito dal torrente Chiavenna, alla famiglia Landi. Le prime notizie riguardanti questa fortificazione si rilevano dal Registrum Magnum del Comune di Piacenza. Da un atto del 1209 risulta infatti che Gislerio Landi costruì la torre di Chiavenna con il patto di cederne la metà al Comune stesso il quale certamente ne usufruiva come baluardo contro le truppe cremonesi che facevano frequenti incursioni nel territorio piacentino. Tre anni più tardi il Comune investì in fitto perpetuo molte terre situate nel castello di Chiavenna a diversi cittadini forse con lo scopo occulto di ottenere da essi la bonifica di quei campi posti per lo più in zone paludose. Non possiamo dimenticare di citare anche la sosta nel castello di Chiavenna Landi di Federico I, detto il Barbarossa, che in quel periodo discese in Italia in occasione della sua incoronazione a Pavia e che sempre in quel periodo avvenne la prima delle due diete di Roncaglia. Il castello rimase ai Landi fino a questo secolo quando la marchesa Teresa lo portò in dote al conte Cigala Fulgosi e quindi lo vendette (1941) al dottor Livio Cattadori. La costruzione a pianta rettangolare, interamente costruita in laterizio in laterizio, presenta nella parte superiore eleganti beccatelli sui quali danno il cammino di ronda con le aperture delle caditoie e le merlature alla ghibellina. Il complesso è in buono stato di conservazione anche se nel corso dei secoli la sua fisionomia originaria è stata alterata per l'aggiunta di alcuni edifici rustici. Abbandonato ad un progressivo degrado verso la fine del secolo scorso, nel 2004 venne acquistato dalla famiglia Ferro che vi ha realizzato, pur mantenendo intatta la struttura esistente, un magnifico e particolarissimo Hotel Ristorante di gran classe denominato La Tavola Rotonda, location per ricevimenti, meeting e conferenze».
http://castelliere.blogspot.it/2012/02/il-castello-di-martedi-14-febbraio.html
CHIAVENNA ROCCHETTA (località Torricella, corte rurale fortificata)
«La località “Torricella” si trova in Valchiavenna, una delle valli minori adiacenti alla valdarda, più belle e incontaminate della provincia di Piacenza. Nei pressi di Chiavenna Rocchetta, poco distante da Prato Ottesola e Vigolo Marchese (altre belle località!), si trova questo antico “manoir” (maniero, in inglese “manor house”, casa signorile fortificata di campagna) che in origine doveva essere una torre, con limitate funzioni di difesa (?), alla quale è stata aggiunta una casa d’abitazione e d’amministrazione dei possedimenti agrari. In effetti un maniero fortificato era, di fatto, una country house, che svolgeva anche compiti amministrativi e di protezione per una piccola unità di territorio. Purtroppo della Torricella non abbiamo tante altre notizie. Tuttavia il complesso La Torricella, recentemente ristrutturato, è ben visibile sulla sponda sinistra del torrente Chiavenna (lato Diolo). Costituito dalla torre, posta in posizione angolare, e da un fabbricato, entrambi caratterizzati dal muro a scarpata, con belle finiture in cotto delle finestre e un lieve colore “chiaro” del fabbricato . Probabilmente la sua storia è strettamente legata al castello di Chiavenna Rocchetta che viene citato in una atto del 4 maggio 1339 con il quale il Vescovo di Piacenza rinnova l’investitura feudale del “castrum” alla famiglia Cattanei. Nel secolo successivo, dal 1414, erano signori (di tale castrum) i potenti Scotti e, dal 1567, gli Sforza di Santa Fiora, padroni anche di Castell’Arquato fino alla scomparsa di tale famiglia nel 1600 circa. Del castrum non esistono tracce mentre la Torricella è qui ben visibile e fruibile…».
http://valtolla.wordpress.com/2012/06/23/la-torricella-di-lugagnano-centro-polivalente/
CIMAFAVA (castello non più esistente, borgo)
«Cimafava è ad ovest di Carpaneto, da cui dista un paio di chilometri. Il suo castello, abbattuto per far spazio ad un’azienda agricola, appartenne agli Anguissola dal Trecento alla seconda metà del Settecento. Nel 1480, per successione patrimoniale, si costituirono i due rami degli Anguissola da San Damiano e degli Anguissola da Cimafava».
http://www.turismoapiacenza.it/carpaneto.asp
CIRIANO (castello o palazzo Dodi)
«Ciriano si trova due km ad est di Carpaneto, in direzione Castell’Arquato. Palazzo Dodi è frutto del rimaneggiamento dell’antico castello, distrutto nel 1216 dalle truppe filoimperiali di Cremona, Pavia e Parma. I Bracciforti furono feudatari del castrum Ceriani dal XV al XIX secolo. La chiesa di San Lorenzo fu eretta nel Seicento proprio su commissione dei signori del feudo, anche se la facciata neoclassica è di epoca più tarda. Il tempio è caratterizzato da una grande cupola e, al suo interno, conservava un cinquecentesco dipinto della scuola del Parmigianino, purtroppo rubato».
http://www.turismoapiacenza.it/carpaneto.asp
COGNO SAN BASSANO (torre dei Ghezzi)
«Parlando di Cogno San Bassano non bisogna dimenticarsi di citare la frazione dei Ghezzi; nella località omonima s’innalza solitaria una torre antica, forse addirittura romanica, che veniva probabilmente destinata al ricovero delle milizie presidiarie, cui competeva la difesa del luogo. La costruzione, che è ancora ben conservata, ha la porta d’accesso sormontata da una lunetta in pietra, recante al centro l’arma gentilizia dei Nicelli. Sempre all’interno della lunetta, corre una scritta consunta ed illeggibile. Nel 1647 la Torre apparteneva a Marcantonio Nicelli, signore della zona».
http://www.prolocofarini.com/frazioni.asp?frazione=6
COGNO SAN SAVINO (borgo fortificato)
«Le prime tracce storiche riguardanti il nostro paese risalgono al 999, anno in cui veniva stipulato un contratto con cui il Conte Ugo Nicelli entrava in possesso di alcuni poderi nella zona, e dell’antico castello arroccato su un groppo roccioso di cui però non resta alcuna traccia.. Altri cenni storici risalgono al 1047, anno in cui il castello fu conteso tra i vescovi di Bobbio e Piacenza. Nel 1290, il castello venne distrutto da Oberto Pallavicino e riacquistato successivamente nel 1396 da Pietro Nicelli alla cui famiglia restò fino al XVIII secolo. Fino all’epoca del dominio Napoleonico Cogno san Savino era capoluogo di comune e “sansavinese” era Giuseppe Zanellotti fondatore del comune di Farini nel 1867. Cogno San Savino dista 6 Km dal capoluogo Farini, e sorge su uno sperone roccioso sul versante sinistro del torrente Nure, a strapiombo sul rio Rossana. Nel cielo azzurro del nostro paese svetta la torre millenaria in stile romanico alta 18 metri, con base quadrata ed impreziosita da bifore per ogni lato. La Chiesa, sicuramente successiva al campanile, è un gioiello di vari stili: iniziata secondo i canoni dell’arte romanica e gotica è stata conclusa nel XVI secolo con rifiniture barocche. Al suo interno si possono trovare interessanti decorazioni a stucco nonché numerose statue di Santi. All’interno del paese si possono ammirare interessanti scorci di case medievali, così come nei paesi della parrocchia».
http://www.prolocofarini.com/frazioni.asp?frazione=2
COLI (resti del castello dei Magrini)
«Castello dei Magrini, ruderi della rimanente Torre. Edificato verso il XIII secolo dalla famiglia Magrini, passò ai Nicelli, vassalli dei Visconti di Milano fino al 1860. Nel 1964 le rovine del castello crollarono definitivamente».
«Del fortilizio, che si trova alla sommità di una collina circondata da viti, non si conosce la data di fondazione, ma probabilmente esisteva nei primi secoli dopo il 1000; nella seconda metà del secolo XII venne distrutto dalle milizie di Federico Barbarossa, nel 1241 re Enzo, ne smantellò le mura dopo aver sopraffatto la guarnigione guelfa. L'edificio attuale risalirebbe al 1453. Il castello, di non vaste dimensioni, è impostato su pianta trapezoidale e costituisce un esempio raro per il piacentino di fabbricato monoblocco. Sul lato minore s'innalza la torre, forse più antica, con base notevolmente scarpata e che presenta tracce dello scomparso ponte levatoio. All'interno alcune stanze furono decorate da Luigi Arrigoni (1896-1964), considerato uno degli artisti più rappresentativi della pittura piacentina della prima metà del secolo e che vi ebbe lo studio fin dagli inizi della sua carriera».
http://nuke.valtidoneluretta.it/DaVedere/Castelli/CASTELLODICORANOBorgonovoVT/tabid/510/Default.aspx
Corticelli (fortilizio e borgo)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
Damessano (residenza rurale fortificata)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
«Mancano notizie precise relative a questa poderosa costruzione che faceva parte del sistema difensivo dei Nicelli. L'edificio in pietra, con copertura in ciappe, si struttura su pianta rettangolare, con finestre di varie dimensioni che si aprono sui lati. Negli anni Trenta del 1900 furono demolite le volte per permettere l'utilizzo dell'edificio come silos. La torre, restaurata, è attualmente di proprietà privata, non visitabile».
http://www.valnure.info/it/castelli/torre_di_ebbio_sc_267.htm
ERBIA VAL PERINO (ruderi del castello)
«Il castello di Erbia si trova presso San Boceto in Val Perino, nel comune di Bettola, dal quale dista circa 11 km.Gli antichi documenti ricordano la località e il suo castello sotto vari nomi: Herbia, Nebbia, Nebla: Stando alla scritta scolpita in una pietra della torre, la fondazione sarebbe avvenuta nel 1400 per iniziativa del giureconsulo Pietro Nicelli che voleva certo creare un valido avamposto atto a precludere l'accesso alla strada che, dalla Val Perino, portava alla Val Nure, zona da secoli sotto il dominio della Sua famiglia. In seguito a divisioni nel 1514 l'edificio passò a Pier Antonio. Fra i vari esponenti della famiglia che nel 1539, dopo aver saccheggiato Bettola, trucidarono barbaramente Giovanni Camia, detto il grosso, era anche Gian Francesco, signore d'Erbia. Per rappresaglia i Camia, con un buon numero d'armati, si portarono ad Erbia, devastando ogni cosa. Nel 1641 gli ultimi discendenti di tale ramo vendettero il castello e le sue pertinenze al rettore di Calenzano, don Giuliano Cavanna, che lo tenne fino alla sua morte. (1659) Nello stesso anno i suoi nipoti ed eredi, Francesco Maria e Bartolomeo Gulieri, vennero in possesso dell'edificio, subito avocato dalla Camera Ducale in quanto, come fortilizio, non poteva essere considerato bene trasmissibile. Mediante un compromesso sottoscritto, i Gulieri riuscivano ad entrarne in possesso, malgrado l'opposizione di Giovanni Nicelli di Guardamiglio che, in veste di parente più prossimo dei Nicelli, avanzava legittimi diritti su Erbia. Seguiva un'accesa controversia che si risolveva nel 1688 con una transazione fra i contendenti, il conte Giovanni Nicelli (tenuto conto anche dei lavori di miglioria apportati dai Gulieri) li investiva in parte, e a titolo perpetuo, del castello: i suoi discendenti tennero la proprietà ininterrottamente sino ai primi del 1900 circa. Il castello è crollato recentemente in alcune sue parti e si presenta diroccato, non visitabile se non esternamente».
http://www.altavaltrebbia.net/castelli/valli/2235-castello-di-erbia.html
«Un altro Castello sorge a Faraneto un piccolo centro sulla riva destra del Curiasca, qui vi si trasferirono i Grassi nel 1441 dopo aver ceduto quello di Coli alla famiglia Nicelli. Nel 1649 l'edificio adattato a dimora signorile e completato da un oratorio, esso rimase proprietà dei Grassi sino al tardo Ottocento quando il declino economico della famiglia portò alla dispersione del patrimonio. Oggi a testimonianza dell'antico splendore resta un portale a tutto sesto e ai lati dell'ingresso due scalinate con un elegante loggiato che porta tracce di affreschi raffiguranti la Tentazione e la Cacciata dal Paradiso Terrestre».
«Non si hanno notizie del fortilizio di Fulignano fino al 1319, quando il castello fu venduto dai Coppalati agli Anguissola. Agli Anguissola, benché di rami diversi, appartenne fino alla fine del XIX secolo. L'edificio si presenta come un'imponente residenza fortificata, costruita in pietra e cotto, a pianta quadrangolare, con basse torri circolari agli angoli, un ponte all'ingresso permette di superare l'ampio fossato. Tracce di antiche decorazioni si trovano in alcune stanze. Nelle cantine del Castello ha sede il museo della pigiatura. Oggi l'edificio è sede di azienda agricola, agriturismo, punto vendita di prodotti tipici, fattoria didattica».
http://www.valnure.info/it/castelli/castello_di_fulignano_o_folignano_sc_347.htm
GAMBARO (resti del castello dei Malaspina)
«Nel medioevo il territorio di Gambaro è proprietà della potente famiglia dei Malaspina che risalendo la Lunigiana occupa quasi tutto l’arco appenninico, da Carrara a Bobbio e oltre. A Gambaro s’insedia il ramo familiare dello Spinosecco e il territorio diventa marchesato con ampia autonomia e giurisdizione. L’attuale fortilizio è edificato nella prima metà del ’500. Momento florido anche grazie all’estrazione e alla lavorazione del minerale di ferro effettuata dai mulini posti ad Edifizi, località poco distante da Gambaro, dove si produceva polvere da sparo e vetriolo. Passa poi alla Camera Ducale e in tempi recenti a diverse famiglie mantenendo comunque un certo grado di autonomie territoriali» - «Il nome Gambaro è di origine longobarda e compare per la prima volta in un diploma del re Ratchis del 747, con cui questo territorio viene assegnato al monastero di Bobbio. Nel basso medioevo, Gambaro entra in possesso dei Malaspina, grande famiglia marchionale originaria della Lunigiana che si espanse fino all’Appennino ligure-emiliano. Ai Malaspina si deve la costruzione del castello attuale (avvenuta probabilmente verso la metà del 1500) possente e severo, tutto in pietra locale, ma anche sobriamente elegante, con la tipica pianta rinascimentale con corte centrale e quattro torri agli angoli. Estintisi nel 1624 i Malaspina di Gambaro, il castello passà alla camera ducale farnesiana e poi, nel 1687, ai Landi di Rivalta. I Landi, verso il 1785, vendettero il castello ai Bacigalupi, famiglia del genovesato che ne fu proprietaria fino agli anni trenta del Novecento. Durante la dominazione napoleonica il castello fu sede della “mairie“ (comune). I membri della famiglia Bacigalupi rivestivano solitamente la figura di prete, notaio e amministratore locale. Nel Novecento il castello conobbe vari proprietari, fu sede scolastica e di azienda agricola. Infine dagli anni sessanta andò incontro a un più grave degrado, abbandonato ai crolli, alle demolizioni e all’asportazione di elementi architettonici di pregio. È stato posto il vincolo di tutela dal ministero preposto nel 1985. Nell’ultimo decennio è stato restaurato per ricavarne un luogo residenziale e di accoglienza».
http://www.laprovinciadipiacenza.it/?page_id=1306 (a cura del Gruppo Archeologico ValNure) - http://www.castellodigambaro.it/1/cenni_storici_3357623.html
GARIGA (castello della Maggia)
«Costruzione realizzata nel medioevo su un precedente insediamento romano del quale il lato sud del castello conserva un tratto di muro. Tra i proprietari si ricordano i Confalonieri, i Landi, i Cornazzano, i marchesi Maggi. In tempi più recenti appartenne agli Arcelli. Il castello comincia ad essere conosciuto con il nome di Castello della Maggia mentre ne era signora la marchesa Angela Teresa Maggi. La struttura reca tracce di numerose ricostruzioni o modifiche rese necessarie forse anche da fatti d`arme. Il castello ha pianta quadrangolare ed è munito di torri. La torre del XII secolo mantiene tracce del ponte levatoio necessario per superare il fossato ormai interrato».
http://www.valnure.info/it/castelli/castello_della_maggia_sc_166.htm
«Posseduto da Bartolomeo Dolzani nel 1372 ed arresosi all'esercito pontificio comandato dal nobile Dondazio Malvicini, il fortilizio, nel secolo successivo, passò sotto la signoria degli Anguissola. Nel 1700 e nel 1800 il castello era in gran parte dei nobili Bonelli che lo tennero fino all'estinzione della famiglia; il loro stemma figura sul camino di una stanza. L'edificio, dal 1880 sede municipale del Comune di Gazzola, è stato restaurato nel 1978. I lavori, effettuati sotto il controllo tecnico della Soprintendenza ai monumenti dell'Emilia-Romagna, hanno portato al ripristino di archi in precedenza murati e alla valorizzazione degli ambienti interni con soffitti a cassettoni di notevole valore. Sviluppato su pianta rettangolare, presenta sul lato a ovest due torri angolari quadrate disposte obliquamente, poco elevate dalla linea delle cortine. L'interno è stato considerevolmente rimaneggiato in epoca barocca, la quale ha lasciato pure qualche traccia nelle ringhiere in ferro battuto dei balconi e dello scalone, nelle conchiglie ornamentali in pietra e nella doppia scala di granito che conduce ai piani superiori».
http://pcturismo.liberta.it/asp/default.asp?IDG=751
«...Lasciata l'auto in piazzetta saliamo alla chiesa che è sorta tra i resti del castello. Anche in questo caso ci si trova di fronte a strutture molto rimaneggiate che pure hanno visto un tempo avvenimenti storici importanti. Genepreto fu devastato nel 1243 dagli Svevi e nel 1269 dai Landi che incendiarono il paese non riuscendo a prendere il castello. Nel 1408 i Visconti lo diedero ai Malvicini con il titolo di marchese e loro rimase fino all'estinzione della famiglia nel 1792. Con i successivi proprietari il fortilizio venne trasformato in abitazione rurale subendo rovinosi rimaneggiamenti. La veduta verso Piacenza è stupenda, verso l'alta valle è invece rovinata da un imponente cava di cemento».
http://wunnish.altervista.org/gevpc/casttidone/castellitidone.htm
«Gossolengo è capoluogo di comune il cui territorio si estende nella parte pianeggiante della Val Trebbia. Dista circa 8 km da Piacenza. Il castello ha pianta rettangolare ed è munito di due torri ai due lati dell'ingresso dove oggi si trova il portone principale. Il lato nord del castello, non restaurato, conserva la torre di guardia con beccatelli sovrastante l'accesso originario, presso il quale sono visibili tracce dell'antico ponte levatoio. Ben visibili anche i ciottoli del Trebbia nella muratura esterna in cotto. L'interno è diviso in due cortili a pianta quadrata, e la disposizione delle stanze segue un criterio di razionalità: scuderie e magazzini attorno al primo cortile, gli alloggi della guarnigione attorno al secondo. Nel 1936, durante lavori di ristrutturazione sono stati scoperti alcuni interessanti affreschi, attribuiti ad un artista ignoto del XIV-XV secolo. Nonostante le notizie sull'origine del Castello di Gossolengo siano piuttosto scarse si pensa risalga alla fine del XII secolo. È citato nell'occupazione spagnola del borgo del 1636. Attualmente il castello fa parte del patrimonio del demanio militare».
http://www.altavaltrebbia.net/castelli/bassa-val-trebbia/2067-castello-di-gossolengo.html
«Anticamente Gragnano era difeso da un castello, di proprietà del Monastero di San Savino di Piacenza, edificato nel XII secolo. Nel secolo successivo, il castello, che aveva ospitato Federico Barbarossa, fu distrutto da Oberto Pallavicino (1255), poi fu ricostruito e divenne proprietà degli Scotti (1288). Una leggenda racconta che, nel 1611, Rannuccio I Farnese fece chiudere nelle sue segrete l'amante Claudia Colla e la madre. Nel 1759 la fortezza fu trasformata da Carlo Douglas Scotti in residenza signorile e, più tardi, arricchita da un parco in stile neoromantico. In origine il castello era composto da tre elementi inseriti uno all'interno dell'altro. Il primo elemento, di forma rettangolare con ingresso ad occidente e con i lati superiori rivolti a sud e nord, era circondato da un fossato e fungeva da cinta muraria Al suo interno, a sud-ovest, era il secondo elemento, anch'esso a pianta rettangolare con fossato e caratterizzato dalla tipica struttura piacentina a quattro torri angolari circolari. L'elemento, a meridione permetteva l'accesso alla Rocca, e si distingueva dagli altri due per la pianta quadrata e per la presenza di due torri circolari, rispettivamente sud-ovest ed a nord-est».
http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/10/204
GRAZZANO VISCONTI (borgo "medievale")
«Grazzano Visconti fu ideato e realizzato agli inizi del 1900 dal Duca Giuseppe Visconti di Modrone con raffinato gusto scenografico e grande ricercatezza nei particolari e nelle decorazioni. Antichi documenti testimoniano l’esistenza di un centro abitato nel 1300 ed infatti il nome Grazzano deriverebbe da un tale “Graccus Graccianum”, proprietario, in quegli anni lontani, di terre in questa località. Verso la fine del 1400, Gian Galeazzo Visconti, con un editto a Pavia, concesse alla figlia naturale Beatrice, già sposa del nobile piacentino Giovanni Anguissola, il permesso di costruire un castello, che nei secoli seguenti fu teatro di diversi fatti d’armi, in quanto feudo dei nobili Anguissola. Questa importante famiglia piacentina mantenne il possesso del maniero sin al 1884, quando la Contessa Fanny, nata Visconti e sposata Anguissola, perse il marito e l’unico figlio lasciando i beni al fratello Guido Visconti, del ramo della Contea Milanese di Modrone. Per opera del Duca Giuseppe Visconti, il Biscione ritorna a Grazzano ed il borgo, da un nucleo di catapecchie e vecchie stalle limitrofe ad un castello in rovina, diventa un villaggio in stile neomedievale. Le torri del Castello assumono l’imponenza tipica della fortezza viscontea, logge e camminamenti si completano di merlature ghibelline, le facciate in mattoni diventano più armoniche e severe con graffiti e decorazioni caratteristiche del gusto lombardo. Una lussureggiante cornice di alberi secolari, statue, viali e fontane, costituiscono il grande parco, mentre all’esterno sorgono edifici rispondenti in tutto alle linee stilistiche dei primi secoli dopo il 1000; i rapporti architettonici risultano armoniosi e piacevoli e i vari elementi dell’arredo urbano - fontanelle, balconi, finestre, colonnine, stemmi e iscrizioni - sono sapientemente collocati».
http://www.castellodigrazzanovisconti.it/ita/borgo.html#ad-image-0
Nel 1395 «il duca Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano e di altre città del nord, autorizzava la sorella Beatrice sposata al nobile piacentino Giovanni Anguissola a costruire un castello nella loro proprietà di Grazzano. Il complesso castrense fu impostato su schema quadrato con quattro torri agli angoli delle quali: due a base circolare e due a base quadrata. All'interno del corpo di fabbrica una corte a base quadrata circondata da porticati. Sopra ai porticati i corpi di collegamento si affacciano sulla corte interna con delle finestrature o con dei ballatoi aperti. A base quadrata, circondata da un ampio fossato, i torrioni merlati agli angoli, questa rocca, baluardo di difesa dei Ghibellini nelle lotte per il dominio di Piacenza, è vera, autentica; ha tutte le carte in regola con storia: cruenti scontri, impiccagione di prigionieri e congiurati, episodi gloriosi. Un ampio fossato circonda il castello. Lo schema di costruzione è classico del periodo in cui è stato realizzato e testimonia l'influenza Viscontea nella zona. Diversi sono i richiami al castello Visconti di Pavia. Tra una successione e un fatto d'arme furono apportati al maniero numerosi rifacimenti: nel 1698 si sostituì il preesistente ponte levatoio in legno con una struttura "in quadrelli" (autorizzazione firmata dal notaio pubblico e cancelliere di Piacenza Alessio Dosini a favore del marchese Felice Anguissola). Alla fine del 1800 attorno al maniero, sparuti contadini popolavano catapecchie e vecchie stalle. Molte parti del Castello erano andate in rovina: logge e camminamenti erano pericolanti, le mura sgretolate, la stabilità del fortilizio compromessa. Alla morte di Filippo Anguissola avvenuta nel 1870, si estingue senza eredi il ramo della Casata Anguissola di Vigolzone. I beni passarono alla madre Francesca (Fanny) Visconti, vedova di Gaetano Ranuzio Anguissola, che a sua volta, nel 1883, lasciò i possedimenti al nipote Guido Visconti di Modrone. è il figlio di Guido, Giuseppe Visconti di Modrone ( 1879-1941) a pensare di esaltare i legami tra blasone di famiglia e possedimenti piacentini concependo un progetto volto a sostituire le poche modeste costruzioni esistenti attorno al castello e alla chiesa parrocchiale di Grazzano con un complesso edilizio in stile quattrocentesco. Il duca Giuseppe, “uomo coltissimo di gusti raffinati e di idee ben chiare”, nei primi anni del ‘900, coinvolge nel progetto l’architetto Alfredo Campanini (di origini emiliane ma milanese d’adozione) il quale, in perfetta coerenza con le idee del Visconti realizzò notevoli opere di ripristino e trasformazione del castello: oltre al consolidamento statico-strutturale della fabbrica, vengono apportate variazioni alla distribuzione interna degli spazi destinati alla residenza, alla volumetria dell' edificio, ma soprattutto all' apparato decorativo. Tutta la fabbrica, comprese le torri, viene sopraelevata, gli spalti sono coronati dalla merlatura ghibellina (a coda di rondine) e la torre d'angolo a nord-est, originariamente cilindrica, diviene quadrangolare per adeguarsi a quella di nord-ovest. La ridefinizione coinvolge anche gli arredi dove la raffinata cultura del conte trova la sua massima espressione».
http://www.castellodigrazzanovisconti.it/ita/storia.html#ad-image-0
a cura di Elisa Delgrosso
«Nella fertile pianura sorge un castello anteriore al XIV secolo appartenuto ai nobili Cassoli di Reggio Emilia fino al 1677, in seguito agli Anguissola di Travo e di nuovo ai Cassoli fino all’estinzione nel XIX secolo. Dal complesso rimaneggiato emergono due torri (di proprietà privata). Nei pressi sorge la chiesa di S. Lorenzo, fondata nell’819 con annesso hospitale, documentata nel XIV secolo alle dipendenze della pieve di Settima, riedificata nel XIX secolo. La fortezza risulta distrutta nel 1346 dai fuoriusciti piacentini guelfi. Nel 1372 mentre era di proprietà di Ludovico Cassoli, del ramo piacentino di una nobile famiglia di Reggio Emilia, venne occupato dalle truppe pontificie in lotta contro il Duca di Milano, allora signore di Piacenza. Galeazzo Visconti, assoldava allora un condottiero tedesco, Corrado Wiltingher, che un anno dopo, con 400 mercenari suoi compatrioti, fra le altre azioni di guerra, toglieva agli avversari il fortilizio».
http://www.altavaltrebbia.net/frazioniemilia/1620-larzano.html
«Il nome del luogo (molto probabilmente il Licinianus della Tavola Alimentare Traianea) si trova citato in un atto del giudice Albizzone che donava 800 pertiche di terra con case e vigne al monastero di San Savino di Piacenza. Il castello doveva esistere da tempo ma se ne parla solo nel 1203 e poi nel 1244 quando vi soggiornò il marchese di Hohenburg, il vicario dell'imperatore Federico II, che aveva percorso con scopi intimidatori le valli del Tidone e del Luretta. Divenne successivamente proprietà dell'Ospedale Grande di Piacenza. Il castello, molto suggestivo per l'ampio fossato ancora invaso dalle acque provenienti dal vicino torrente Luretta, è a schema rettangolare, con 4 torri rotonde agli angoli. Vi si accede attraverso un ponte levatorio dotato di bolzoni in legno e catene. L'interno è stato trasformato in epoca settecentesca: sul alto nord-est del cortile si sviluppa un duplice portico in stile barocco mentre un ampio scalone porta al piano superiore. Su altri lati si notano tracce di affreschi riproducenti il motivo prospettico del loggiato stesso e trofei militari attribuiti a Ferdinando Bibiena. Di fronte all'ingresso, tra il corpo di fabbrica e la cortina a sud, è collocato un ninfeo con la statua di Ercole vincitore sul leone Nemeo. Le stanza, ampie e luminose, hanno soffitti a vela e a lunettoni. Nel sotterraneo di un torrione si trova un locale, un tempo adibito a prigione, in cui i condannati venivano calati mediante una botola aperta nel soffitto ed è voce corrente che esista pure una galleria sotterranea che porterebbe al castello di Agazzano passando sotto il Luretta».
http://www.comune.gazzola.pc.it/index.aspx?id=NAVIGATE&domain=gazzola&lang=1&item=11&filter...
«Castello minore quello di Lusurasco-Luxeraschi che ora è in totale abbandono e sta rovinando a terra… Pur ignota la sua fondazione possiamo dire che nel luglio 1219 dovette già esistere poiché si ha notizia che le truppe cremonesi provenienti da Fiorenzuola vi sostavano. Le medesime truppe cremonesi, guelfe, nel 1231 erano ancora da queste parti arrecandovi anche numerosi danni (Luxuraschi in quel momento era partigiano dei ghibellini). Il castello era il centro di un feudo che fu dei Terzi (signori di Castelnuovo, allora Castelnuovo Terzi) poi, nel 1466, degli Sforza (quelli che governavano Castell’Arquato) che nel 1595 lo “tenevano” a metà con i Pallavicino. Infine passò ai Cerasi che lo tennero fino al 1800. Lusurasco sul finire del 1657, ricorda lo storico Ottolenghi, fu anche teatro di un episodio molto grave. Il duca di Modena e Reggio ritornando da una guerra alla testa di migliaia di soldati pernottò a Fiorenzuola e le sue truppe, sparse ovunque, si sistemarono anche a Lusurasco. Di sei soldati, ospiti presso una casa non definita, cinque furono ammazzati. Il sesto fingendosi morto diede l’allarme e scatto la vendetta. Il podestà di Piacenza diede l’ordine di far “spianare” tale casa e promise mille ducati di ricompensa per chi avesse dato notizie certe dei colpevoli. Ben presto questi caddero nelle mani del ducato. Erano in cinque tra i quali un chierico. Quattro di essi furono giustiziati sulla strada Castellana mediante “appiccamento” per la gola e poi squartati. Il quinto subì lo steso supplizio due settimane dopo a Piacenza. Oggi l’edificio castrense, dopo essere stato adibito ad abitazione, profondamente trasformato è in totale rovina... L’ennesimo delitto per il patrimonio storico piacentino».
http://valdarda.wordpress.com/2012/06/25/lusurasco-luxeraschi-dal-castello-allappiccamento/
«La località di Luzzano é collocata a circa 300 metri di altezza, sulle prime alture che si innalzano dalla Pianura Padana tra Piacenza e Pavia, nel punto in cui una campagna di scavo realizzata fra il 1995 e il 1996 ha portato alla luce una grande villa agricola del I sec. d.C., denominata "Fundum Lucianum". Il borgo attuale, sul confine pavese, è formato dal castello, che emerge su una collina coperta di vigne prospiciente al torrente Bardonezza, da alcune case rurali del XVII secolo e dalla chiesa neoclassica. Luzzano è citata per la prima volta in un documento del 19 aprile 974 che tratta di un procedimento giudiziario celebrato a Pavia e presieduto da Gualtiero, giudice e messo dell'Imperatore Ottone II. Nel giudizio, l'arciprete di Luzzano, Leone, presenta una carta di permuta stipulata con l'abate Giovanni del monastero pavese di S. Pietro in Ciel d'Oro in Pavia, in cui, fra gli oggetti di permuta, compaiono anche terre e vigne situate "in loco et fundo Luciano". Terreni in zona "Lucani" sono di nuovo oggetto di concessione in un documento del 1196 stilato dall'Abate dello stesso monastero, che ebbe Luzzano fra le sue proprietà fino al momento della soppressione, nel 1781. Dopo tale data, i beni di Luzzano, assegnati inizialmente all'Ospedale S. Matteo di Pavia, passarono ai marchesi Pecorara, antichi affittuari, ai conti Opizzoni, che fecero edificare la Chiesa neoclassica in sostituzione di un oratorio di antichissime origini, e ai conti Barbiano di Belgioioso. Infine, agli inizi del Novecento, andarono alla famiglia Fugazza, attuale proprietaria, che ne ha curato il recupero finalizzato allo sviluppo di una Azienda agrituristica e vitivinicola. Il castello di origini medievali, abbellito nel XVIII secolo e rimaneggiato nel XIX, conserva la volumetria a pianta quadrata con cortile interno. All'ingresso dell'antica cantina, trova oggi posto un piccolo museo che raccoglie le testimonianze, fra cui il documento del 19 aprile 974, di 2000 anni di storia della zona e, in particolare, di Luzzano».
http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/11/291 (a cura di Monica Bettocchi)
«Tra morbidi profili di colline, costellate di alberi e vigneti, si staglia austero ed elegante il Castello di Magnano (sec. XIII), che domina dalla sua posizione privilegiata un panorama amplissimo sul paesaggio circostante. Il complesso castrense è considerato tra i migliori esempi di arte fortificatoria della zona, per la sua struttura trapezoidale irregolare. La prima notizia scritta sul Castello di Magnano risale al 27 giugno 1288, nel Liber Mancassola, uno dei più antichi codici dell'Archivio Storico Comunale di Piacenza, dove si legge che la famiglia Volta Landi alienava parte della proprietà alla famiglia nobiliare Mancassola. Nel 1460, il complesso venne ceduto agli Scotti, del ramo di S. Giorgio e Castelbosco, cui poi si aggiunse il cognome Della Scala. Nel corso dell' '800 passò alla famiglia Marazzani Casali e Scribani Rossi, e successivamente ad altre famiglie. Il fortilizio è costituito da un percorso di mura merlate guelfe, e comprende un corpo monoblocco anch'esso coronato da una solida merlatura, dove si trovano una cantina per la conservazione dei cibi, una parte destinata all'alloggiamento delle guarnigioni, la stalla con il fienile. Rilevantissima è la struttura della torre principale, a pianta quadrata, animata al suo interno da un'antica scala a chiocciola in legno, contrapposta all'altra torre, a pianta circolare. Il Ministero per i Beni culturali ed ambientali afferma: "... il Castello di Magnano riveste particolare importanza soprattutto per l'inconsueta iconografia, che lo pone tra il castello vero e proprio, e il castello-recinto, secondo uno schema tipologico poco diffuso nel Piacentino". La Soprintendenza alle Belle Arti vincola e decreta il Castello di Magnano come edificio particolarmente importante. La proprietà, completamente recintata, su una collina (a 350 metri di altezza) in posizione panoramica all'interno della Riserva Naturale del Piacenziano, celebre per i calanchi e gli importantissimi ritrovamenti di fossili come il cranio di balena, è immersa in vigneti e ciliegi e offre una splendida vista sulla valle del Chero e sulla pianura. Il castello, raggiungibile con strada asfaltata, è circondato da un'estesa area verde con prato, bosco e alberi da frutta. ...».
http://www.magnanocastello.it/ita.htm
«Oggi appartiene ad un privato anche il castello di Masana, appartenuto ai Pallastrelli dal XIV secolo alla fine del XVII, e ai conti Chiapponi fino al 1798. Dell’antica fortificazione resta solo una delle quattro torri».
http://www.turismoapiacenza.it/carpaneto.asp
«Forse il fundus mamuleianus della Tavola Alimentare Traianea (reperti archeologici venuti alla luce in epoca passata ne suffragherebbero l'ipotesi), Momeliano appare già citato nel 325 e quindi nell'869 quando il conte Tadone ne investì suo nipote Manfredo Negrobono. La località, passata in epoca successiva alla Mensa vescovile piacentina, fu per un certo periodo di pertinenza del monastero di S. Brigida e, dopo il 1158, della chiesa urbana di S. Maria in Gariverto. Mentre del paese si parla nelle cronache locali ancora sotto l'anno 1234, quando venne distrutto dalle milizie di Guglielmo Landi in lotta contro i nobili, del castello si ha memoria solo nel secolo successivo. Infatti nel 1368 il suo possessore, Castellino Dolzani, lo vendette a Ruffino Borri. Quattro anni dopo, durante la guerra che il pontefice conduceva contro Galeazzo II Visconti, Momeliano (come altri borghi del territorio piacentino) subì l'invasione delle truppe papali e dovette accogliere il presidio dal cardinale legato Pietro Buturicense. Nel 1488 il castello era di Giovanni Albanesi, detto Rubbino; tre anni dopo ne era il signore il nobile Antonio Ceresa. Per successione ereditaria il fortilizio nel 1530 perveniva alla famiglia Bottigella la quale, pochi anni dopo (1534) lo vendeva ai Radini Tedeschi. Verso la fine del secolo (1585) subentrava nel possesso dei feudi di Momeliano il marchese Ferrari. Nel 1595 ne era già signore il marchese Luigi Lampugnani, il quale possedeva altre terre nel parmense ed in lombardia: fù lui che fece ricavare un oratorio nel torrione orientale del castello. Dopo l'estinzione della famiglia (1742), il feudo venne avocato dalla Camera Ducale; la vedova Lampugnani tuttavia ottenne dal duca di Parma e Piacenza, don Filippo di Borbone, la facoltà di abitare nel fortilizio al fine di poter provvedere all'amministrazione dei beni che possedeva nella zona. Il conte Gherardo Portapuglia nel 1798 acquistava il castello che passava quindi ai fratelli Giovanni e Piero Jacchini e ad essi, per eredità, subentrava Gaetano Basini; Da qui la denominazione Castel Basini data alla rocca. Gli eredi Jacchini si opposero al testamento promuovendo una lite che durò 30 anni al termine della quale il castello passò nelle mani di vari proprietari. Nel 1868 era degli Stevani, nobile famiglia a cui appartenne il colonnello dei bersaglieri Severino, valoroso combattente delle guerre di indipendenza ed esperto agricoltore. Lo stato generale di conservazione del castello è buono. Sono da segnalare: le tracce degli incastri del ponte levatoio nel corpo di fabbrica rivolto verso sud-est; la merlatura, ora chiusa ad arco e praticabile per mezzo di uno stretto corridoio; i resti delle finestra archiacute murate sul fronte a sud-est; la loggia verso corte; due coppie di archi».
http://www.comune.gazzola.pc.it/index.aspx?id=NAVIGATE&domain=gazzola&lang=1&item=11&filter...
«Montalbo (373 m s.l.m.), si trova al confine col Comune di Nibbiano, ed è posto di fronte alla collina di Sala Mandelli. Nel 1138 apparteneva ai Consoli di Piacenza per metà, e al rettore di San Michele di Grintorno per l’altra. I Consoli di Piacenza, dopo averlo acquistato, lo infeudarono ai Da Pecorara, ai Petradueria e ai Seccamelica (1148-1160). Questi ultimi lo rilevarono e lo tennero fino al 1187, forse in comproprietà con i Da Pecorara. Anche il fortilizio di Montalbo fu attaccato nel luglio 1215 dai pavesi, ma, in quell’occasione, i piacentini fecero 25 prigionieri. Fino al 1279 i documenti testimoniano la proprietà dei Da Pecorara. Nel 1372 il castello di Montalbo si arrese alle truppe pontificie comandate da Dondazio Malvicini, e, nel 1377, ne presero possesso i Landi. Nel 1412 Filippo Maria Visconti lo assegnò a Filippo e Bartolomeo Arcelli, che lo governarono fino al 1448, data in cui Francesco Sforza consegnò il territorio a Filippo Confalonieri (1477). Nel 1516, quando la Valle era governata da Francesco I di Francia, la castellana Luigia Confalonieri, vedova Sanseverino - famiglia, questa, filofrancese -, subì l’attacco degli antifrancesi Dal Verme. Ranuccio Farnese investì il Conte Orazio Scotti dei possedimenti di Montalbo alla fine del XVI secolo. Nel 1674 il marchese Giovanni Scotti fece costruire, accanto al castello, la chiesa di San Cristoforo, eretta con materiali provenienti in parte dal castello di Seminò. Attualmente è un edificio a pianta ottagonale, ben armonizzato col paesaggio. Il castello fu trasformato in residenza signorile a pianta esagonale nel Cinquecento. La torre e la torretta sopra l’ingresso sono le parti più antiche. Nel XIX secolo il maniero passò ai Guastoni, poi ai Mascaretti e quindi nuovamente agli Scotti (attualmente è proprietà privata delle famiglie Marchesi). Successivamente fu adibito a dimora estiva per i seminaristi di Piacenza. Durante l’occupazione tedesca fu sede di comando militare.
http://www.turismoapiacenza.it/ziano.asp
«Il castello medievale è citato nel 1395 fra le proprietà del monastero di San Savino di Piacenza. In seguito appartenne a diverse famiglie nobili: Cossadoca, Da Rizzolo, Dal Pozzo, Portapuglia. Fu parzialmente ricostruito nel 1692 dai conti Marazzani, e in seguito fu trasformato in villa residenziale. Nel 1799 fu utilizzato dalle truppe austro-russe del gen. Suvarov. Nel Novecento ospitò prima i ragazzi della Gioventù Italiana del Littorio, e poi quelli del brefotrofio provinciale. Il castello, a pianta rettangolare, nonostante la trasformazione in senso residenziale presenta, ancora ben evidenti, i caratteri legati all'originaria funzione difensiva: mura possenti e robuste torri squadrate agli angoli. Un timpano triangolare movimenta la facciata sul lato dell'ingresso».
http://www.valnure.info/it/castelli/castello_di_montanaro_sc_527.htm
a cura di Pierluigi Bavagnoli
Montecanino (resti del castello di Valorosa)
a cura di Pierluigi Bavagnoli
©2012