Saverio
Zuccarino
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Le
cripte di Puglia agli albori
del cristianesimo
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La
nostra regione ha esercitato nell'arco dei
secoli un ruolo naturale quale "ponte e
cerniera" da e per l'Oriente, che non è da
ritenersi affatto secondario ai fini di una più
rapida diffusione e di un profondo radicamento
del cristianesimo nel continente europeo. La
Puglia, infatti, importante terra d'insediamento
del primitivo cristianesimo partito da Oriente,
ha accolto la nuova religione monoteista
proveniente dai luoghi di culto pagani.
Già
a far data dal I secolo d. C., i seguaci di
Cristo trasferirono in Puglia quello che
costituiva il necessario
"armamentario" teologico e cultuale
per sostituire gli antichi riti politeistici e
misterici con la nuova dottrina. Nasce così il
cristianesimo e con esso i suoi primitivi luoghi
liturgici, il più delle volte
"sotterranei" o "nascosti",
per ben comprensibili motivi, quanto meno di
diffidenza sociale, se non proprio più
verosimilmente di contrasto da parte delle
popolazioni indigene. Non vanno dimenticate a
tal proposito da una parte le persecuzioni
imperiali, dall'altra le ineluttabili
sovrapposizioni e assimilazioni dei differenti
riti venuti in contatto fra loro, al pari di
quello che in meteorologia avviene
dall'incontro/
scontro di masse di aria calda che scorrono su
masse di aria fredda, provocando violente
perturbazioni di carattere temporalesco e
tempestoso. Fenomeno non isolato e circoscritto
al solo cristianesimo, ma che si è registrato
sistematicamente in tutte le religioni del mondo
e che gli esperti della materia hanno
opportunamente sviluppato nell'ambito della
fenomenologia delle religioni. Soltanto
successivamente, con l'inizio del IV secolo, i
luoghi di culto cristiani sono potuti venire
alla luce del sole senza soverchi timori e
contrasti, iniziando ad erigersi - non solo in
Puglia - in tutto il loro splendore
architettonico, impeto prorompente e grandezza
maestosa. Molte attuali "cripte" - o
luoghi considerabili tali - hanno preso origine
proprio da tale fenomeno; inizialmente sorte
come normali luoghi appartati di culto, sono
divenuti poi, in seguito a rifacimenti,
ristrutturazioni ed ampliamenti, veri e propri
ambienti sotterranei deputati alla devozione e
liturgie. Può
essere interessante cercare di comprendere in
estrema sintesi come dunque nasce nella realtà
sociale dell'epoca il culto cristiano nelle
grotte. Nella nostra religione si trova a tal
proposito un solido riferimento, forse a livello
inconscio, nel fatto che Gesù Cristo è nato in
una casa-grotta e risorto da un antro
sepolcrale; un contesto dove l'arcano ben si
coniuga con la grotta nella sua duplice funzione
di "nascondere e manifestare"
. Situazione che riprende l'atavico
"nascondere e manifestare" proprio
della consolidata concezione della presenza del
Dio ebraico nel Tempio.
Fatte
queste premesse, pur estremamente concise per
economia di spazio in questa sede, spostando
l'attenzione più sul piano tangibile e
concreto, va posta attenzione a qualcuna delle
località della nostra Regione, più
direttamente interessate dal fenomeno del
"culto di cripta". In Terra di Bari,
ad esempio, i tesori dei ritrovamenti
archeologici, come ben noto, il più delle volte
sono stati riportati alla luce dopo essere stati
faticosamente estratti dal sottosuolo; e di
tesori veri e propri si tratta, anche in questo
caso, catalogabili tra gli innumerevoli ipogei,
cripte e tombe, disseminati a migliaia in tutta
la Puglia. Scrigni silenti di civiltà antiche,
di insediamenti religiosi, di siti archeologici,
di masserie, di trappeti e di ville antiche.
Costruzioni sotterranee - ma anche a volte a
cielo aperto - legate, però, dall'unico scopo
di conservare, nascondere e difendere quanto di
più prezioso avevano i legittimi antichi
proprietari. Il "mondo sotterraneo" o
comunque "decentrato"
, che si opponeva ai grandi centri urbani, è
una delle caratteristiche principali della
natura politico-religiosa delle civiltà
rupestri succedutesi nella storia della nostra
regione; elemento comune e riscontrabile sia
negli insediamenti micenei che greci, tanto in
quelli slavi che cristiano-orientali
, comunità del Levante mediterraneo che in
Puglia hanno creato - durante l'arco dei
millenni - numerosi insediamenti extra moenia.
Nella sola città di Bari insistono alcune
decine di insediamenti di questo tipo, tra
quelli censiti dagli esperti della materia;
mentre è credibile che molti siti non siano
stati ancora individuati e che invece
moltissimi, purtroppo, siano andati
definitivamente distrutti in un recente passato
da nuove costrizioni edilizie, sopraggiunte
negli ultimi anni non soltanto per quanto
concerne strettamente il capoluogo pugliese.
Il
quadrilatero compreso tra Carbonara, Picone, San
Paolo e Modugno è infatti certamente
ipotizzabile come l'area municipale più ricca e
densa di insediamenti rupestri anche rispetto a
qualsiasi altra zona dell'intera Provincia.
Andando in aeroporto dal centro cittadino, a
mero titolo esemplificativo, sono silenziosi
testimoni del tempo passato i ruderi di
"Torre rossa", villa ipogea situata
proprio alle porte del quartiere San Paolo.
Costruzione databile tra l'età tardoantica e
quella altomedievale, serviva per la lavorazione
del grano e delle olive (trappeto); merci e
prodotti lavorati che venivano poi facilmente
distribuite in tutto l'Impero, grazie
all'articolata e capillare rete secondaria
dell'Appia, che - nel caso di specie - collegava
Bitonto, Modugno, Ceglie e Capurso sull'arteria
denominata "mulis vectabilis via". La
mercanzia una volta giunta a Brindisi, anche
percorrendo alternativamente la "via
Traiana", poteva prendere altresì la
"direzione orientale"; l'antica città
romana di Brundisium, insieme alla città di
Idruntum (Otranto), erano collegate con
l'Albania attraverso un intenso e sistematico
traffico marittimo che permetteva alle merci di
Puglia di traghettare oltremare e di riprendere
il cammino verso Oriente, attraverso la già
nota "Via Egnathia", importante
arteria consolare che collegava Durazzo con
Salonicco. Altrettanto nota è in agro barese la
chiesetta rupestre ubicata in località santa
Caterina, dedicata al martire san Giorgio;
figura ieratica e culto iconoclastico anch'essi
provenienti ab Oriens. Nel monastero medievale
barese visse nel 1100 Guglielmo da Vercelli,
elevato successivamente agli onori degli altari;
eremo che attualmente sembra versare nel degrado
più assoluto, come d'altronde la maggior parte
di altri analoghi insediamenti della zona, e non
esclusivamente di questa soltanto. Degna di nota
è anche la segnalazione di una chiesetta, poco
distante da quella di san Giorgio, intitolata
alla devozione popolare della "Madonna del
Deserto", la cui caratteristica peculiare
è individuabile nella circostanza che, mentre
da una parte rimanda al culto basiliano
insediatosi in Puglia durante l'epoca
iconoclasta e caratterizzato da elementi
ascetici ed eremitici, dall'altra ne svela
profeticamente lo stato d'abbandono di tutta
l'area in cui è ubicata. Ma tant'è!
Spostando
il punto d'osservazione più a nord del
capoluogo pugliese si incontrano alcuni esempi
di cripte, tra le più importanti ed antiche di
Puglia, mutuando per l'occasione alcuni testi
che seguono, dalla reperibilità sul sito www.Enec.it,
curati dal teologo prof. don Nicola Bux, preside
- tra l'altro - dell'Istituto di Teologia
ecumenica di Bari, al quale va un sentito,
particolare ringraziamento. A Montesantangelo,
sul promontorio del Gargano, si trova «la
grotta-cripta pugliese per antonomasia, la più
antica per il culto precristiano e cristiano,
ininterrotto dalla fine del secolo V o dagli
inizi della dominazione longobarda. Vi è
venerato l'Arcangelo per eccellenza: Michael,
nome che sta ad ammonire l'ineguagliabilità di
Eloim-Dio. Qui vi è apparso. La porta di bronzo
ageminato d'argento, di scuola
costantinopolitana (1076) ne canta le gesta, a
cominciare dalla cacciata degli angeli ribelli:
Ubi Angelus Domini in coelum pugnavit; quindi,
l'Angelo che in 2 Re 19,35 sconfigge gli Assiri:
Ubi Angelus Domini percussit; l'incontro dei tre
Angeli con Abramo: Ubi Abraam...; l'Angelo che
soccorre il giovane Daniele nella fornace dei
leoni (cfr Dn14); la scala con gli Angeli, vista
in sogno da Giacobbe ( cfr Gn 28,10); lo stesso
Giacobbe che lotta con l'Angelo (cfr Gn 32,24).
Si passa al Nuovo Testamento con l'annuncio
angelico della nascita di Giovanni, poi ai
pastori, a Giuseppe e così via. E non mancano
le tre apparizioni di Michele al vescovo Lorenzo
di Siponto. La cripta è il luogo, Ubi cioè
dove si celebrano tutte le sue gesta. Varcata la
porta di questa cripta-basilica lo sguardo si
posa sulla statua dell'Arcangelo antropomorfo,
in marmo bianco attribuita al Sansovino,
nell'atto di sottomettere il principe dei
demoni; in mano ha la spada (una lancia, nella
preziosa icona in rame conservata nel museo, che
rimanda all'Arcistratega e all'Arcidiacono della
iconografia e liturgia bizantine). La fervida
immaginazione popolare vi ha poi aggiunto
l'elmo, lo scudo e la bilancia per pesare le
anime, la catena per trattenere il diavolo,
elementi indispensabili dello psicopompo, cioè
che traghetta le anime attraverso l'abisso
interposto tra terra e cielo, non senza essersi
accertato del peso delle anime che sta per
imbarcare. Pertanto, tutti, semplici e potenti,
sin dal Medioevo sono venuti a chiedere perdono
dei peccati e protezione dal Maligno: è questa
la caratteristica del culto micaelico. Si
ritiene che il Gargano, nel pellegrinaggio
medievale, sia stata la tappa intermedia tra
Gerusalemme e Santiago di Compostela. Comunque,
da solo il Gargano, basta a connotare la Puglia
come crocevia d'Oriente e d'Occidente».
Siponto
- l'antica Sipontum - costituisce l'anello di
congiunzione tra il Tavoliere di Puglia ed il
promontorio del Gargano ed è stata «una delle
prime diocesi pugliesi, forse già dal IV
secolo. Anche se la tradizione del passaggio di
san Pietro in una delle due venute in Italia
attraverso la via Appia-Traiana non fosse
verosimile, Siponto, cioè in sinu ponti,
attesta che, subito dopo le persecuzioni (la
cosiddetta cripta di san Cleto a Ruvo dove si
riparavano i primi cristiani potrebbe essere
l'antefatto)
, dal IV secolo il vangelo era già conosciuto;
il primo vescovo di cui si ha testimonianza nel
465 è Felice. La chiesa superiore intitolata a
S. Maria - se la cripta è stata utilizzata come
chiesa quando quella era in rovina - ci mette
dinanzi ad un tratto comune alla gran parte
delle cattedrali pugliesi: il culto della Madre
di Dio. Perché? La Chiesa guarda a Maria come
al prototipo, in quanto la Vergine è già nella
gloria celeste che da questa terra la Chiesa
aspira a raggiungere. Ma c'è un secondo motivo:
se Cristo è lo sposo della Chiesa, il vescovo
è l'amico dello Sposo; dove quindi egli può
risiedere se non presso la Sposa? I vescovi
bizantini per questo portano al collo l'encolpion,
un collare con l'icona della Vergine. Dal XII
secolo una icona della Madre di Dio sipontina,
ed anche una statua lignea, ora nella Cattedrale
di Manfredonia, ricevono culto; ma questo lo si
vorrebbe più antico, perché Lorenzo richiese
una icona per la sua Cattedrale all'imperatore
Zenone, forse perduta. Del tipo dell'Odegitria,
con figure di santi disposte ai lati, fu oggetto
di grande devozione come provano i miracoli
riportati nello Zodiaco di Maria da Serafino
Montorio, e i numerosi ex voto. A Siponto si
cominciò a venerare come santo (dies natalis
il 7 febbraio) lo stesso vescovo Lorenzo
Maiorano (un'apposizione, molto probabilmente da
'S. Maria Maggiore'), 'iniziatore' del culto a
S. Michele che gli era apparso. Così, in lui si
sono incontrati l'antico culto di Michele e
quello di S. Maria».
Saverio
Zuccarino
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