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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI TARANTO

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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AVETRANA (palazzo Imperiali)

Dal sito www.comune.avetrana.ta.it   Dal sito http://vivinuovo.galterredelprimitivo.it   Dal sito www.comune.avetrana.ta.it

«Le notizie sul palazzo sono molto scarse e non permettono una ricostruzione. Sembra che siano stati i Pagano a darne la prima impostazione, sulla quale si è poi sviluppato il restauro fatto al tempo di Michele II Imperiali nel 1693, come è ricordato in un’epigrafe sull’architrave della porta di accesso ai vani superiori. La famiglia Imperiali, originaria di Genova, ha rappresentato una delle famiglie più potenti del XVIII secolo. Furono del resto proprietari di un vastissimo feudo e governarono su Francavilla, Oria, Latiano e Avetrana con il titolo di principi di Francavilla e marchesi di Oria. Gli Imperiali costruirono e/o recuperarono anche diversi palazzi, nelle varie zone di loro pertinenza, tra cui quello Imperiali di Avetrana, Da una ricerca di Michele Paone è scaturito che all’interno del palazzo si trovavano diciotto ritratti di cardinali, nove ritratti di pontefici e cardinali, quattro grandi carte geografiche rappresentanti l’Europa, l’Asia, l’Africa e l’America. Il palazzo si sviluppa intorno a una corte a pianta quadrangolare, l’attuale corte Nazario Sauro, al cui interno una monumentale gradinata porta ai vani superiori. Il Palazzo, dopo l’abbandono, insediato successivamente dai conti Filo il cui stemma campeggia il portale bagnato, fu diviso fra diversi proprietari. Informazioni. Il portale è sito in larghetto Michele Imperiale con atrio ad arcate e scalinata sito in corte Nazario Sauro» - «DESCRIZIONE ARCHITETTONICA STRUTTURALE: Il palazzo ancora oggi pur manipolato negli anni, conserva le caratteristiche stilistiche fondamentali del periodo in cui fu edificato. La facciata è definita da un grande portale, caratterizzato da un singolare bugnato contornato da due colonne a fasce orizzontali a rilievo, che ben si armonizzano con il bugnato; come i capitelli compositi reggono la trabeazione, all’interno della quale è incastonato lo stemma nobiliare della famiglia Imperiali. Il sovrastante timpano tronco aperto incastona, invece, una finestra con cornice modanata e aggettante mensola, sorretta da peducci a volute. Esso immette in un penetrante androne, coperto da volta a crociera, che porta nell’ampio cortile, intorno al quale si sviluppa l’edificio, a partire dallo scalone che dà l’accesso al piano nobile. Questo è costituito da un’ampia scalinata, porticata, coperta da volte a crociera, sorrette da possenti pilastri e contornata da una balaustra . Una serie di arcate, che lasciano intravedere le scalone dal cortile, creano una sorprendente spazialità scenografica. NOTIZIE STORICHE E ARTISTICHE: Il Palazzo Imperiali prende il nome proprio dagli ultimi signori di Avetrana. Fu fatto edificare da Michele Imperiali nel 1693. Essi utilizzarono la struttura non in modo continuo, ma limitatamente ai periodi di caccia e a quelli incentrati su alcune importanti attività economiche e amministrative. Il palazzo si sviluppava al piano terra con l’androne, il cortile, i magazzini, il giardino ed una cappella dedicata alla Madonna del Carmelo. Al piano nobile, invece, si accedeva attraverso un ampio scalone; esso comprendeva dodici stanze, separate da due corridoi con relative logge».

http://www.itriabarocco.net/web/guest/home/articolo... - http://vivinuovo.galterredelprimitivo.it/punti-interesse/palazzo-degli-imperiali


AVETRANA (palazzo Torricelli)

Dal sito www.comune.avetrana.ta.it   Dal sito http://vivinuovo.galterredelprimitivo.it   Dal sito www.comune.avetrana.ta.it

«Palazzo Torricelli domina con la sua facciata l'intera piazza Veneto. Non si può dire molto sulla struttura e sullo stile del Palazzo. È però evidente che si tratta di varie costruzioni assemblate ed è quindi plausibile che il completamento dell'opera sia avvenuta in epoche diverse, presumibilmente sempre nel corso del XVII secolo. Da notare le quattro finestre che si affacciano sulla piazza antistante: la prima a destra ha chiari richiami classicheggianti. Ed ancora, nell'architrave, in perfetta tradizione classica, i triglifi completi di gocce e metope decorate con motivi floreali stilisticamente molto simili a quelli con i quali sono decorate le chiavi di volta nella scalinata di Palazzo Imperiali. Anche le semi-colonne che sorreggono l'architrave sono di chiara impostazione classica e, infine, la finestra di sinistra ha dei collegamenti stilistici e di maestranze che operarono nella seconda metà del XVII secolo. Appare dunque evidente come il palazzo, così come possiamo ammirarlo, è una composizione di diversi edifici riferibili ad epoche diverse. Oggi non appartiene più alla famiglia Torricelli poiché questi lo vendettero ai Lanzo nel 1941-1942» - «DESCRIZIONE ARCHITETTONICA STRUTTURALE: Imponente è la struttura architettonica, ma la linearità stilistica, dove predomina l’orizzontalità, la rende severa e austera. Pochi sono gli elementi che la caratterizzano; le finestre del piano nobile, finemente decorate da cornici barocche , si affacciano sulla Piazza; anche il balcone ad angolo, con il piano modanato mistilineo sorretto da singolari mensole a doppia voluta e decorate con foglie d’acanto, richiama indubbiamente lo stile Barocco. NOTIZIE STORICHE E ARTISTICHE: Palazzo Torricelli prende il nome dalla famiglia omonima. Di notevole effetto ornamentale è l’intera struttura che si affaccia sulla piazza cittadina. Fatto erigere intorno alla seconda metà del ‘600, ha assunto il carattere stilistico del periodo, anche se notevolmente ridimensionato nei volumi e nelle forme».

http://www.itriabarocco.net/web/guest/home/articolo... - http://vivinuovo.galterredelprimitivo.it/punti-interesse/palazzo-torricelli


Avetrana (Torrione)

a c. di Gianluca Lovreglio

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Gianluca Lovreglio (https://www.facebook.com/lovreglio)   Foto di Gianluca Lovreglio (https://www.facebook.com/lovreglio)   Foto di Gianluca Lovreglio (https://www.facebook.com/lovreglio)


Carosino (palazzo ducale)

 

a c. di Gianluca Lovreglio


Castellaneta (centro storico, palazzi)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito it.wikipedia.org

«Il centro storico conserva intatta la struttura urbanistica settecentesca: stradine talmente strette da consentire il passaggio ad una persona alla volta (fatte apposta per impedire che i frequenti attacchi dei nemici potessero violare la città); un dedalo di case tra loro collegate per mezzo di cunicoli sotterranei e corridoi aerei; abitazioni a strapiombo sul burrone che fungeva da difesa naturale. Nel borgo antico sono da segnalare, in particolare: la Cattedrale, che conserva un soffitto ligneo del 1739 ed alcuni dipinti di D. Carella datati 1796-1804; la chiesa di S. Domenico, con affreschi e quadri del XVII sec.; il Palazzo vescovile, costruito nel XVII sec., che custodisce un polittico in legno raffigurante la Madonna con il Bambino dipinto nel 1531 da Girolamo da Santacroce ed infine la casa natale di Rodolfo Valentino ed il museo a lui dedicato».

http://www.castellaneta.altervista.org/centro.htm - http://www.pugliaturistica.it...


Castellaneta (palazzo baronale)

Dal sito http://it.wikipedia.org   Dal sito http://motoxdue.altervista.org/da-taranto-a-matera-moto/

«è ubicato in Piazza Maria Immacolata, accanto al Palazzo Vescovile e si affaccia a strapiombo sulla gravina. Fu sede dei baroni che dal '500 alla fine del '700 dominarono su Castellaneta. Non si conosce con esattezza l'epoca di fondazione del palazzo che, probabilmente, sorge sul luogo ove era l'antico castello dei Normanni. Nel corso dei secoli l'edificio ha subito diversi rimaneggiamenti. Nel XVI-XVII secolo, per esempio, fu ristrutturato ed ampliato forse ad opera dei principi Bartirotti. Un altro restauro si ebbe nell'Ottocento, dopo il 1829 anno in cui il vescovo mons. Pietro Lepore acquistò il palazzo dai De Mari, ultimi baroni della città, per adibirlo a Seminario diocesano, inaugurato nel 1838. Attualmente ospita le monache clarisse ivi trasferite dopo la chiusura del pericolante monastero di S. Chiara. L'edificio si presenta come un palazzotto fortificato, a pianta quadrata con poderoso basamento. La facciata è caratterizzata dal semplice portale; interessanti le finestre che si aprono sul fianco meridionale decorate da cornici con capitelli figurati. Si accede all'interno attraverso un breve androne a sinistra del quale è ubicata la Cappella, un semplice ambiente rettangolare con volta a botte. Al centro dell'edificio vi è un ampio cortile decorato da eleganti cornici marcapiano e da alcuni stemmi delle nobili famiglie che dominarono la città. Interessanti all'interno l'ampio salone di rappresentanza al piano nobile e gli ambienti prospicienti la gravina in cui è possibile osservare elementi architettonici risalenti al Medioevo».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLTACST00000&cod_luogo=PGLTACST00000&cod_pe=19


Castellaneta Marina (torre del Lato o torre Saline)

Dal sito www.castellanetamarinatura.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=LN7XxOCT...

«La Torre del Lato si erige non lontano dalla sponda destra del fiume Lato non distante dalla sua foce. Essa è una torre costiera dell'arco Jonico Tarantino fatta costruire intorno al 1570 durante il viceregno spagnolo per l'avvistamento delle imbarcazioni dei pirati saraceni. Fu eretta per proteggere dalle incursioni la salina presente all'interno in corrispondenza di un'ansa del fiume Lato».

https://www.facebook.com/castellanetarestyle/posts/274523219326982


Crispiano (masserie fortificate)

Dal sito www.mondimedievali.net/masserie

«A partire dal XIV secolo l'organizzazione economica di Crispiano trova il suo fulcro nelle masserie, aziende agricole organizzate, vere unità economico-produttive indipendenti ed autosufficienti. L'elemento caratteristico dalla masseria costruzione che assume tipologie diverse a seconda della destinazione economica dell'azienda (masseria da campo o da pecora), a seconda delle quote altimetriche dov'è situata (collina, montagna, pianura) e a seconda della morfologia del territorio e dei materiali da costruzione reperibili in loco. Altra classificazione riguarda la masseria a corte chiusa o a blocchi isolati e la presenza o meno di elementi di fortificazione. In realtà nel corso dei secoli, le trasformazioni subite con l'aggiunta di nuovi addendi o la soppressione di taluni preesistenti in conseguenza del variare delle necessità, ha spesso modificato l'organizzazione aziendale e quindi la consistenza e la forma delle costruzioni. Fra le più importanti segnaliamo: l'Amastruala, Masseria Vallenza, Mesole, Comiteo, Pizzica, Grotta, Monti del Duca, Lupoli, Lella, Pilano, Valente, Miola, Belmonte, Orimini, Coppola, Medico di Maglie, Casellone».

http://www.pugliaturistica.it/index.php?user=&pw=&luogo=PGLTACRS01000

Principali masserie: http://www.centomasserie.it/php/masserie.php


Crispiano (torri ottocentesche Cacace e Mininnj)

Dal sito www.flickr.com   Dal sito www.guzzardi.it

«La più antica è la Torre Cacace: alta 30 metri, a pianta ottagonale, sormontata in origine da un albero di bastimento che ricordava le origini marinare della famiglia cui era ed e dedicata, collocata a fianco dell’Asilo ”Amor Fraterno”. Si tratta in pratica del monumento funebre per Carlo Cacace, fondatore dell’omonima Ditta. Fu eretta attorno al 1873; di poco più recente (1897) la Torre Mininnj: già Torre Messina dal nome del suo progettista gen.le ing. Giuseppe Messina al quale si deve (1887) il ponte girevole che sta nel porto di Taranto. Inizialmente ebbe una funzione sopratutto difensiva».

http://www.guzzardi.it/arberia/mappa/puglia/crispiano/pagine/monumenti.htm


Faggiano (castello di San Crispieri)

Dal sito www.cittamontedoro.it   Foto di Bios 70, dal sito http://rete.comuni-italiani.it

«Il Castello di San Crispieri fu edificato alla fine del Cinquecento, per poi essere completato nella seconda decade del secolo successivo. Molteplici interventi di adattamento architettonico si sono succeduti sulla fabbrica sino ai nostri giorni, motivati dalle esigenze residenziali dei vari proprietari (attualmente è di pertinenza della famiglia Ciaccia). San Crispieri, frazione di Faggiano, nel XIII secolo era feudo del monastero dei basiliani, che, fra alterne vicende, lo possedettero fino ai primi del XVI secolo. Successivamente passò al signor Evangelista di Castellaneta, quindi alla famiglia D'Ayala. Inizialmente denominato San Crispino e detto in seguito San Crispiere, nel 1571 era chiamato Casale Santorum Trium Puerorum. La struttura, pur nella sua compattezza, è caratterizzata da espedienti architettonici più vicini a quelli di un palazzo baronale che non a quelli di un castello vero e proprio. Semplicità e geometrica disposizione degli spazi sono gli elementi dominanti, riassunti dalle linee essenziali della facciata. La linearità del complesso è vivacizzata tuttavia da una suggestiva cortina muraria in carparo - la tipica pietra locale - e da tre finestre inquadrate da eleganti cornici finemente intagliate, ascrivibili all'originaria fase cinquecentesca della fabbrica. Il semplice ingresso ad arco che si apre sulla facciata principale immette, attraverso un portico voltato a botte, nella corte a cielo aperto che scandisce il cuore del palazzo ed in cui è collocata una solenne scalinata».

http://www.cittamontedoro.it/it/cosa-vedere/castello-di-s-crispieri/


Fragagnano (castello o palazzo baronale)

a c. di Gianluca Lovreglio


Fragagnano (palazzo marchesale)

a c. di Gianluca Lovreglio


Ginosa (castello o palazzo Doria)

Dal sito www.comune.ginosa.ta.it      Dal sito http://ginosanews.blogspot.com

«Il Castello di Ginosa, situato sopra un pianoro murato, domina tre lati della gravina ed è collegato alla via principale del paese mediante un ponte a quattro arcate, a tutto sesto, che si eleva su un largo e profondo fossato. La parte più antica è la torre, posta a nord-est; l´originario castrum normanno, a fine ´400, con il distacco dagli schemi medievali fu ampliato e trasformato in un palazzo signorile, ristrutturato poi nel ´700 dagli Spinola-Alcanices de Los Balbases, feudatari succeduti ai Doria. Il Castello venne costruito verso il 1080 da Roberto il Guiscardo per difendersi dalle possibili incursioni saracene. Esso, quindi, costituiva la difesa del paese ed era quindi l´abitazione del conte, e lo stesso stemma del Castello rappresentava lo stemma del paese. L´imponente edificio del Castello di Ginosa venne costruito sulle sponde della gravina, cioè nella gravina, e solo la parte superiore si affaccia sul ciglio, a livello dell´attuale Corso Vittorio Emanuele, dove oggi è l´ingresso principale, col breve ponte in pietra, che nel passato era un ponte elevatoio (al posto dell´attuale terza arcata. La parte posteriore del Castello, a base trapezoidale, è a strapiombo sulla gravina, e non ha subìto modificazioni (nell´aspetto esteriore) mantenendo lo stile normanno. Il sottosuolo del Castello comprende antri e caverne, e al di sotto ancora erano state scavate tre profonde fosse coniche, larghe al fondo e restringentisi in alto, adibite più tardi a cisterne, ma dapprima orride carceri scavate nella pietra, con una grata di ferro per fargli passare l´aria. Il Castello aveva tre torri merlate (oggi incorporate nel complesso ormai ristrutturato), elementi architettonici che furono però demoliti quando, nel XVI secolo, Ginosa divenne baronia della potente famiglia Doria. Così, il Castello acquisì l´aspetto di un grande palazzo che ancora oggi si erge poderoso a dominio di tutto l´antico abitato».

http://www.comune.ginosa.ta.it/citta/pagina.php?id=344


Ginosa (centro storico, palazzi)

Dal sito www.ginosa.com   Dal sito www.bedandbreakfastmania.com/luogo/ginosa.html

«Siamo nella prima metà del sec. X quanto la venuta dei monaci riporta nel meridione d´Italia quella ventata di riellenizzazione conseguente al dominio bizantino. Nasce così una città presepe, raccolta ai piedi del Castello feudale e della Chiesa Matrice, che appare misteriosa nel profondo della tortuosa gravina. Villaggio concepito e strutturato come borgo medievale, ma scavato nella roccia dei pendii tufacei della gravina, dove abitazioni, chiese, cappelle, laboratori e molini testimoniano un ricco intreccio di arte, spiritualità e praticità. I secoli successivi furono caratterizzati dal continuo succedersi di feudatari, da Manfredi, a Filippo d´Acaia (1296), Stefano Sanseverino (1399), Ugone di Moliterno (1412), Pirro del Balzo (1459) principe di Altamura e duca di Montescaglioso coinvolto nella congiura dei baroni ed infine al saggio e generoso Federico d´Aragona che, divenuto re di Napoli, nel 1496, fece dono del feudo ad Antonio Grisone Sanseverino, accusato poi di tradimento. Nel 1556, l´imperatore Carlo V nominò barone della città il fedelissimo ammiraglio Antonio Doria, dal quale i ginosini ebbero diversi benefici, confermati successivamente da Giambattista, suo figlio, che legò il proprio nome a numerosi interventi quali il miglioramento delle campagne, l´innesto nel bosco di una qualità di olivastri tale da rendere l´oliveto di Girifalco uno dei più estesi della regione e la trasformazione del Castello in grande e comodo palazzo. In questo periodo sorsero anche gli importanti conventi dei Cappuccini e degli Agostiniani mentre - soprattutto dopo la costruzione della Chiesa Matrice - lo sviluppo urbanistico cambiava direzione, spostandosi lungo la via che dai piedi del Castello conduce alla cappellina di S. Antonio da Padova, in un susseguirsi di cantine, vialetti, spiazzali, palazzi che delineano la singolarità del centro storico ginosino. Con il grande esodo dagli abituri in grotta si determinava ormai l´inarrestabile declino della Civiltà Rupestre. Il passaggio del feudo, nel 1632, agli Spinola Alcanices de Los Balbases segnò l´inizio di un periodo dolorosissimo conclusosi definitivamente - nonostante le divisioni demaniali successive al 1812 - solo nel 1922 quando il latifondo, ereditato dalla Corona di Spagna, fu alienato e venduto dalla reggente M. Cristina d´Austria all´O.N.C. e ad una società di siciliani».

http://www.comune.ginosa.ta.it/citta/pagina.php?id=342


Ginosa (masseria Girifalco)

Dal sito www.salentoacolory.it   Dal sito www.ginosa.net

«Girifalco, posta a 72 metri sul livello del mare, su un’altura che domina la piana del Bradano, è l’emblema del feudo. La parte più antica (risalente al X-XI sec.) è costituita dall’alta torre, elemento di difesa di un importante incrocio viario che collegava il Metapontino con i tratturi del Materano e della Puglia. Il complesso rurale ampliato nel ‘500 e nel ‘700, modificato nell’ ‘800, si configura come un palazzo-castello dotato di corte chiusa, abitazione padronale, cappella, locali, vaste cisterne per il recupero delle acque piovane e numerose feritoie disseminate su quasi tutti gli edifici. Nell'androne è collocato lo stemma marmoreo degli Alcanices, mentre sul pozzo, un’antica pietra miliare reca incise le lettere M.C.D. sormontate da una corona reale».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLTAGNS00000&cod_luogo=PGLTAGNS00000&cod_pe=14


Ginosa Marina (torre Mattoni)

Dal sito freeweb.supereva.com/genusia/marina.htm   Dal sito www.cartolinedalmondo.net

«Segno tangibile del passato marinese è “Torre Mattoni” , inizialmente denominata Torre di Bradano, fu costruita dai Doria nel 1560 - durante il viceregnato di Pietro Alvarez de Toledo - fu posta a difesa delle coste dai corsari algerini ed era collegata a vista con le torri dell'entroterra ginosino. Durante il Risorgimento, la pineta e la zona di Torre Mattoni furono elette a rifugio dai briganti (i racconti descrivono le mitiche gesta del brigante Cavalcante, a metà tra storia e leggenda). La torre, oggi, è un punto di riferimento dell'IGM per la compilazione delle cartografie. Si eleva, circondata da una fitta pineta, su una duna sabbiosa a 300 metri dal mare, nei pressi del lago Salinella».

http://growproject.wikispaces.com/file/view/GINOSA+MARINA+caratteristiche+del+territorio.pdf


Grottaglie (borgo storico, palazzi)

Dal sito www.zerounogrottaglie.it      Dal sito www.comune-italia.it/comune-grottaglie.html

«La particolarità di Grottaglie nel rapporto tra edilizia ordinaria e edifici specialistici di rilievo artistico e monumentale sta nella sua storia: molte sono le costruzioni di carattere religioso (si contavano addirittura 25 chiese nel XVII secolo, secondo quanto detto da M. Corcione nel suo La storia e la città di Francesco de Geronimo) mentre relativamente pochi sono i palazzi nobiliari d'alto pregio architettonico. Lungo Via Vittorio Emanuele II trova alcuni palazzi la cui datazione varia dalla fine del '500 agli inizi del '600, come Palazzo Urselli, dalla facciata semplice e un interessante cortile adiacente al portone d'ingresso; Palazzo Maggiulli-Cometa simile al precedente; Palazzo Blasi con la sua facciata barocca. Nella piazza principale sorge un palazzo con un portale unico per la sua dimensione: il Palazzo del Principe dimora dei feudatari Cicinelli. Al periodo che va dalla fine del 1700 al 1880, appartiene una serie d'abbattimenti, e ricostruzioni che hanno dato origine a numerosi palazzotti (tra cui Palazzo De Rossi, Palazzo Scardino, Palazzo De Palma) modificando spesso anche il vecchio tracciato viario. La localizzazione di questi, è ancora lungo gli assi principali, con maggiore addensamento verso il centro. Questa situazione rispecchia la vicenda del potere nell'antica Grottaglie, feudo della Mensa Arcivescovile di Taranto e quindi soggetta all'autorità ecclesiastica, ma anche e contemporaneamente possedimento di svariati signorotti e tirannelli dei quali solo il famigerato Principe Cicinelli hanno avuto dimora fissa nel cuore della città».

http://www.prolocogrottaglie.org/Grottaglie/Storia.htm


Grottaglie (castello Episcopio)

a c. di Gianluca Lovreglio


Laterza (palazzo marchesale)

Dal sito http://freeforumzone.leonardo.it   Dal sito www.laterza.org

«L'antico Castello costruito dai Tarantini per affermare e difendere il loro possesso su questa terra fu distrutto quando sul suo suolo fu edificato l'attuale, perché la consunzione operata dal tempo lo aveva di molto rovinato, ma anche perché non rispondeva più alle esigenze dei nuovi tempi ed ai nuovi mezzi di guerra. Di padre in figlio si è tramandata la notizia della sua esistenza; però unico suo relitto fu il covo sotterraneo, che da quel vecchio castello menava verso il paese vecchio e propriamente verso la Chiesa della Vittoria e serviva di uscita per eventuale bisogno di salvezza. Di questo cunicolo, profondo oltre 2 mt. sull'attuale piano stradale, si sosteneva da tutti l'esistenza, ma nessuno lo aveva mai visto. Solo nel 1927, durante la costruzione della conduttura, che dà acqua alla fontanina dirimpetto al vicolo, che mena alla Chiesa della Vittoria, si poté vedere intersecare lo scavo per la conduttura con questo cunicolo profondo mt. 2 e largo 1 e poco più. Seguiva la direzione verso l'odierno Palazzo Marchesale, ma non si sa dove arrivava da ambo le parti. Non è stato possibile accertare perché, venendo meno il fabbricato poco discosto dalla casa Montulli, furono fatti degli sbarramenti che ne impedirono la possibile ispezione, furono fortificati lo scavo e il cunicolo e situata la tubatura dell'acqua si colmò subito ogni vuoto circostante a questa a livello stradale. Dalla direzione si argomenta con molta verosimiglianza che il tunnel dava esito verso la Gravina sita alle spalle della Vittoria donde erano facili e non viste una sortita od una fuga dal Castello. Questo vecchio cunicolo, che troviamo anche registrato in parecchie descrizioni di castelli e fortezze antiche di altri luoghi, fu conservato ed adibito allo stesso uso dai d'Azzia, quando, distruggendo il vecchio Castello tarantino, edificarono sul suo suolo l'attuale Palazzo Marchesale, come ne è constatata l'esistenza e l'uso nella descrizione di questo. Essendo il primitivo vecchio castello, ridotto a rudere sempre più cadente ed inabitabile, i feudatari precedenti ai d'Azzia e questi stessi, fino all'edificazione del palazzo odierno, abitavano nel vecchio palazzo marchesale, piccolo, inadatto ed indecoroso per un feudatario ricco e di incontrastato potere. Esso era il fabbricato vecchio comprato da Barberio dietro l'asilo, dov'è l'attuale portone dei Sabato; però il fabbricato di prospetto fu edificato dai Barberio innanzi alla vecchia dimora marchesale, alla quale oggi si accede da questo portone di via Asilo. Ai tempi feudali però si accedeva dalla prima strada della Mesola, dopo il passaggio attraverso la casa sfondata e voltando a sinistra di detta strada passato il vicoletto cieco, si va alla chiesa di S. Leonardo, una volta esistente; sotto il cavalcavia, che viene immediatamente dopo la strada per disotto, si osserva ed è ben conservato l'antide signorile dell'antico accesso alla dimora marchesale, ora chiuso a muro, perché sostituito dalla nuova in via Asilo.

Saliti non molti gradini a sinistra, dal pianerottolo si entra in una grande stanza con ampio abbaino, che dà su di un solaio; appresso vi è una grande stanza e poi altre ancora, che il tempo e le modifiche hanno deviato dal primitivo accesso e condominio; poi fu venduto alla famiglia Parisi tutto il lato sud composto da una grande stanza ed altre sale ora in via Balbo. Investito del marchesato di Laterza nel 1536, don Pietro Antonio d'Azzia abitò in questa indecorosa dimora fino al 1548, anno in cui, abbattuti i vecchi ruderi del Castello Tarantino, edificò su quel suolo l'odierno Palazzo Marchesale, degna e signorile dimora di un grande Signore e fortezza di offesa e di difesa dal nemico; giacché se dal lato sud, prospiciente il paese vecchio, è un autentico palazzo signorile, dal lato nord, chiudendo insieme alle mura il paese ad est fino alla gravina, ora Municipio, e ad ovest, allungando le mura fin giù alla porta della fontana, è una vera barriera agguerrita da sormontare per accedere nel paese. Infatti, al lato nord, o via Asilo, ancora esiste parte del largo e profondo fossato, a destra della porta di entrata, lungo mt. 34 e largo mt. 14,50 e questo continuava a sinistra di essa con identico fossato, che era lungo mt. 36,50 e largo mt. 15,50; poi il marchese d'Azzia lo occupò ed edificò quelle case parecchio profonde dal livello stradale di via Asilo mentre il fossato tutto l'aveva costruito l'Università, a maggiore protezione dell'abitato da assalti nemici. Dalla prima porta in via Asilo alla seconda, proprio del palazzo, vi era un ponte levatoio, a destra ed a sinistra del quale vi era completata ed ora in parte, una spianata chiusa da merli e feritoie, che tuttora esistono solo dirimpetto all'asilo infantile, quale vera fortezza, che con la chiusura del ponte ne garantiva la difesa e l'offesa.

Dalla seconda porta, a secondo acuto come l'altra a sud, si accede ad un vasto atrio, dove hanno adito stalle, magazzini ed altre comodità. Dalla scala signorile, a vari ripiani, si sale al vano superiore ed anche nell'intermedio, fra questo ed il terreno vi sono grandi ed asciutti magazzini, capaci di molte quantità di cereali, che la casa marchesale ricavava dai vasti suoi possessi. Al piano superiore a destra vi è la porta che dà accesso agli appartamenti; ha due file di stanze parallele, che occupano il lato nord del palazzo, come identicamente il lato sud, ambedue congiunti ad ovest con l'ampio salone, o sala d'armi ed altri vani; ad oriente vi spazia poi un grande solaio, da cui si gode la vista della sottostante piazza, della campagna e del paese giacché, fra i diritti feudali vi era quello, che nessun fabbricato privato dei cittadini poteva sorpassare il livello del palazzo, impedendone la visuale. Tutto questo formidabile Palazzo, costruito quasi interamente con pietra grezza, è lungo al lato nord ed al lato sud mt. 39. A pianterreno ha inoltre due grandi rimesse attualmente adibite a taverne; ha anche un numero imprecisato di scantinati, con fini di nascondigli, e la fantasia popolare vede anche trabocchetti, sul cui parco sono irti pugnali e ferri acuminati, sui quali erano precipitati dall'alto i condannati della ferocia baronale. Si suppone anche si siano esistite antiche carceri e supplizi dei condannati. ...».

http://www.laterza.org/Arte_cultura/palazzo.asp


Leporano (castello Muscettola)

a c. di Gianluca Lovreglio

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Antonio Minelli (https://www.facebook.com/antonio.minelli.77)


LEPORANO MARINA (torre Saturo)

Dal sito www.unioneterremaresole.ta.it   Dal sito www.unioneterremaresole.ta.it

«La pirateria ha sempre rappresentato un pericolo per le popolazioni costiere; da qui la necessità di difenderle dai ripetuti attacchi. Durante il governo di viceré, a partire dal 1560, fu realizzato un complesso di difesa sulla costa articolato in almeno 21 torri dislocate da Taranto a Punta Presuti. Delle vecchie costruzioni solo 14 sono ancora esistenti e fra queste Torre Saturo. Essa è ubicata a 9 mt. sul livello del mare, sul promontorio che divide Porto Pirrone da Porto Saturo, proprio nei pressi della villa romana. A base quadrata, il fabbricato si sviluppa su due livelli. Sul tetto della torre è stato aggiunto un altro corpo che si fa risalire agli inizi di questo secolo. Il maestoso edificio non presenta dissesti statici, per cui il suo utilizzo potrà essere finalizzato al turismo».

http://www.italyis.com/puglia/comuni/leporano/storia_i.htm


Lizzano (castello)

a c. di Gianluca Lovreglio


LIZZANO MARINA (torre Zozzoli o Sgarrata)

Dal sito www.wikideep.it   Dal sito www.turismare.com

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)   Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)

«Si trova nell'isola amministrativa del comune di Taranto, tra Marina di Lizzano e Marina di Pulsano. In passato conosciuta anche col nome di Sassoli o Salzoli, si trova a 2,3 chilometri a SE di Torre Castelluccia ed a 1,2 chilometri a SO di Torre Canneto, altra torre antisaracena ormai scomparsa, nel comune di Lizzano Alle spalle di questa torre, verso l'interno, a meno di due chilometri, esisteva una masseria fortificata denominata La Torretta, che ancora oggi fornisce il nome alla contrada, collegata a Lizzano attraverso un sentiero».

http://www.wikideep.it/cat/torri-costiere-del-salento/torre-zozzoli/


Manduria (castello Imperiali-Filotico)

a c. di Gianluca Lovreglio

  


Manduria (torre Borraco)

Dal sito www.inea.it/reteleader/crjonico/torri.html   Dal sito www.itriabarocco.net

«Percorrendo la litoranea Taranto-Porto Cesareo, dopo poco meno di 6 km. da Campomarino, si trova “Torre Borraco”. Questa torre, citata nella cartografia ufficiale sin dal XVII secolo è in agro di Manduria, località “Bocca di Boraco”. Comunica ad est con la Torre di S. Pietro ed a ovest con la Torre Moline. Il Marciano la indicava "a miglia quattro dalla 'Torre de’ Molini'". Ancora qualche anno e “Torre Borraco” sarà un cumulo di macerie. Nessuno mai ha provveduto alla sua cura o per lo meno alla ordinaria manutenzione. Per quanto non siano state dedicate particolari ricerche sulla manutenzione delle fortificazioni anticorsare effettuate nel corso dei secoli, ci pare utile evidenziare quanto Federico II ci tenesse alla cura e al restauro delle torri. Il Caprara sostiene: "Già nel 1220, infatti Federico II, per porre argine alle continue incursioni dei corsari che, sbarcando a Porto Cesareo, uno dei luoghi più esposti alle loro scorrerie, sistematicamente saccheggiavano il fertile entroterra, aveva costruito e fatto restaurare numerose torri con la duplice funzione di vedetta e di baluardo di difesa". Che l’imperatore ci tenesse più della Di Bello alle torri è noto a tutti. Successivamente a quel periodo furono costruite le torri di Monte dell’Ovo e quella di Burraco (o “Borraco”). "Quest’ultima, poi, ora di proprietà D’Ayala, era di grande importanza strategica poiché posta a guardia delle fonti di acqua dolce, tuttora esistenti, che erano un richiamo per molte imbarcazioni di passaggio. In quell’epoca i vascelli avevano, infatti, necessità di approvvigionarsi molto spesso di acqua e quindi queste fonti, poste in un luogo facilmente accessibile, erano un continuo irresistibile richiamo per le imbarcazioni turche sia per fare riserva di acqua, sia per la speranza di trovarvi imbarcazioni ferme all’ancora da poter facilmente depredare" (D’Ayala, in Maruggio). “Torre Burraco” poggia su un banco di roccia. È stata costruita in conci di tufo. È provvista di beccatelli. È rilevabile un ingresso, una cisterna, un deposito. Costituiva unico ambiente con volta a botte. Torre del XVI secolo, «quella di Burraco venne così costruita su base quadrata tronco piramidale con tre caditoie per lato con la caratteristica particolare di due feritoie basse su ogni lato e dal centro dei barbacani centrali. Tra i caporali torrieri si ricordano Francesco Grazia (1583), Vito Antonio di Lauro (1685), gli Invalidi nel 1777» (Filomena, in “Maruggio Antica”). Ci troviamo davanti ad un rudere; ogni ipotesi di restauro conservativo sarebbe complessa. Si teme un ribaltamento delle pareti verso l’esterno e quindi il crollo totale».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLTAMRG00000&cod_luogo=PGLTAMRG00000&cod_pe=11


Manduria (torre Colimena)

Dal sito www.prolocomaruggio.it   Dal sito it.wikipedia.org

«Torre Colimena (Torri Columèna in dialetto manduriano) è una frazione balneare del comune di Manduria, in provincia di Taranto. La frazione è situata nella Terra d'Arneo, ad est di San Pietro in Bevagna, altra frazione dello stesso comune, stretta tra le aree protette della Salina dei Monaci ad ovest e la Palude del Conte ad est. Il centro è sorto attorno all'omonima torre, presente proprio sul lungomare del paese, la quale comunica a ovest con Torre di San Pietro in Bevagna in San Pietro in Bevagna e ad est con Torre Castiglione, nel comune di Porto Cesareo. Torre Colimena fa parte di un sistema difensivo di torri costiere volute dall'imperatore Carlo V, re di Spagna, dopo l'invasione di Otranto da parte dei Turchi nel 1480, per difendere la penisola del Salento dalle loro frequenti incursioni. Carlo V è spesso citato per aver pronunciato la nota frase "Nel mio regno non tramonta mai il sole", riferendosi ad Ovest alle prime nuove conquiste spagnole in America dopo il 1492 e, ad Est, al Salento, il possedimento più orientale del regno di Spagna di allora. L'unico episodio storico di rilievo che riguarda la piccola località di Torre Colimena, risale al 1547 quando circa 400 predoni Turchi sbarcarono da 5 velieri approdati nel tranquillo e sabbioso porticciolo di Torre Colimena, per spingersi in un'incursione nell'entroterra, depredando i raccolti delle masserie attorno a San Pancrazio e Avetrana guidati da Khria, un personaggio locale convertito all'Islam. Il significato del nome di questa località è ancora piuttosto incerto. Tuttavia, l'etimologia del nome è di evidente derivazione ellenica, risalente al periodo della Magna Grecia. Probabilmente il nome Colimena è dovuto alla contrazione di καλή λιμένων (kalì limènon, buoni porti), oppure da κολλημένα (kollimèna, attaccati), in quanto la baia di Torre Colimena e l'attuale Salina dei Monaci apparivano agli occhi dei navigatori come due sicuri porti attaccati, attigui. O, ancora, il nome potrebbe essere la contrazione di κολύμπι μέρη (kolympi mèri, luoghi per nuotare). Altri, invece, ritengono che il nome derivi dal latino columna (colonna) in quanto, sul luogo, sono state reperite diverse colonne risalenti al periodo romano. Pur mantenendo la sua inequivocabile origine greca, il nome Colimena è ricorrente anche nella letteratura spagnola come nome proprio femminile che si rifà, secondo alcune altre fonti, presumibilmente al nome della ninfa Colimena, una nereide marina della mitologia greca».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Colimena


Manduria (torre delle Saline)

Dal sito www.prolocomaruggio.it   Dal sito http://digilander.libero.it/antonio1956/saline.htm

«Esistono solo i ruderi di questa torre a base quadrata. è posta tra le torri di San Pietro in Bevagna e della Colimena ad una distanza ridotta da entrambe, questo perché, probabilmente, doveva difendere una ricchezza locale, il sale detto anche “oro bianco”».

http://www.mandurianet.it/guida/monumenti/monumenti.php?pagina=m-difesacostiera


Martina Franca (centro storico, palazzi)

Dal sito www.martinafrancatour.it   Dal sito www.pallavolomartina.it

«Il Centro storico di Martina Franca presenta un'urbanistica singolare, le case venivano edificate in senso verticale. Infatti l'abitazione tipo è formata dal pian terreno dove si collocavano botteghe artigianali, o cantinette, spesso fornite di scale che scendono di uno o più metri sotto il livello della strada. Al primo piano, invece, si trova la zona giorno, con cucina e sala da pranzo; anticamente non era previsto un vano dedicato al bagno, le cui funzioni erano assolte da un semplice "vaso" (in martinese ù candr), posto in un angolo della casa. Di solito era presente anche un camino, che assolveva a una duplice funzione: serviva a cucinare le pietanze e fungeva da stufa, sia per il primo piano sia, grazie alla canna fumaria, anche per i piani superiori. In questo piano é facile trovare anche un imbocco del pozzo, che a differenza della canna fumaria ha un "camino" che arriva fin sotto la casa, nel luogo in cui è situata la cisterna d'acqua, per lo più di origine piovana. Il pozzo veniva sfruttato anche come un rudimentale frigorifero, in virtù della freschezza garantita dalla pietra calcarea del sottosuolo martinese. Gli alimenti venivano depositati in un secchio di rame o di ferro a fondo piccolo e bocca larga (un mezzo cono capovolto) e fatto adagiare a "pelo d'acqua" nel pozzo. Il secondo piano è la zona notte. Qui c'è la stanza, o le stanze, da letto, generalmente con un balcone, o una finestra, che comunica con il tetto della casa. Il tetto viene sfruttato in vari modi. Generalmente è uno spazio utile per stendere i panni, o anche per imbandire tavolate (alcune case hanno il tetto comunicante e allo stesso livello della casa vicina, spesso senza alcun muro separatore).D'estate i tetti si trasformano in veri essiccatoi naturali: gli anziani vi fanno essiccare fichi, noci, fave ed altri alimenti, o "spurgano" la lana e i materassi. La particolarità delle case pugliesi, a differenza del resto della penisola italiana, sta nel fatto che i tetti sono in stile greco-arabico, cioè piatti e non spioventi. Questo perché il clima pugliese è molto mite, fresco, senza particolari precipitazioni (è raro vedere la neve alta, come è invece accaduto nel 1985). Le poche spiovenze servono per incanalare l'acqua piovana nelle cisterne site nel sottosuolo. Caratteristica importante del centro storico sono le vie strette e piene di "spigoli", vicoli ciechi e le strade nascoste: un vero labirinto urbano. Questo assetto, anticamente, presentava un duplice vantaggio: in caso di invasione nemica, infatti era un mezzo per guadagnare tempo durante un'eventuale fuga, o per tendere imboscate ai nemici sfruttando vicoli ciechi e vie "nascoste" o poco visibili. Le vie di Martina Franca presentano una particolare depressione al centro della strada, a differenza delle altre strade moderne che hanno invece il manto stradale a "schiena d'asino": quando piove, l'acqua piovana scorre al centro strada lasciandone asciutti i lati, senza arrivare alle cantine poste nel sottosuolo. Da un punto di vista architettonico, il centro storico è per lo più in stile barocco, ben visibile nelle chiese (ad esempio la Collegiata, ora Basilica, di San Martino)».

http://www.martinafranca.info/centrostorico.htm

«Palazzo Stabile. Caratteristico e scenografico palazzo, dal singolare verticalismo della facciata, il Palazzo Stabile (in Via Masaniello), anticamente sede del partito fascista, è scandito in tre piani. Presenta, oltre ad un mirabile portale, affiancato da due finestre incorniciate, delle caratteristiche balconate affinate da capitelli decorati ad archetti».

http://www.martinafrancatour.it/palazzi.asp


Martina Franca (palazzo ducale)

a c. di Stefania Mola


Martina Franca (porte)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito www.viaggi24.ilsole24ore.com

«PORTA SANTO STEFANO. L'Arco di Santo Stefano, detta anche di Sant'Antonio, fu realizzato nel sec. XIV e successivamente abbattuto e ricostruito fino a mostrarsi attualmente come uno splendido arco in stile barocco del 1764. Splendido arco di Trionfo, che rievoca l'intervento miracoloso di San Martino durante l'assedio alla città da parte dei Cappelletti (1529), custodisce nella parte superiore la pregevole statua del Santo a cavallo, mentre nella parte posteriore si scorgono due piccole statue in pietra rappresentanti la Madonna col Bambino e un putto, entrambe risalenti al sec. XVIII.
PORTA SAN NICOLA. Situata sul lato ovest dell'antica cinta muraria, la Porta San Nicola è attualmente spesso denominata di San Francesco, perché riferibile alla dirimpettaia Chiesa di San Francesco d'Assisi. Fu rimaneggiata nel 1753 da Pietro Bruni, che fece erigere sull'arcata una camera per abitazione. Nella parte interna dell'arco si scorgono due caratteristici anelli in pietra.
PORTA SAN PIETRO. Edificata nel sec. XV la Porta di San Pietro, localmente indicata dai martinesi come "Porta Stracciata", per via dei continui rimaneggiamenti, prende il nome dalla vicina Chiesa di San Pietro dei Greci.
PORTA SANTA MARIA. La Porta di Santa Maria, denominata anche Porta del Carmine, dal caratteristico aspetto monumentale, presenta un'elegante struttura riferibile al tardo rinascimento e custodisce il più antico stemma della città raffigurante un cavallo e il giglio di Francia, che rappresenta appunto gli antichi legami di Martina con i Francesi.
POSTERLA. La strettoia si apre nella cinta muraria affacciandosi su Via Pisterola a pochi metri dalla Valle d’Itria. Consente il passaggio di una sola persona per volta avendo delle dimensioni molto ridotte. Si tratta di un tipico accorgimento dell’architettura difensiva diffusissimo anche nei castelli medievali oltre che nelle cinta murarie. Superiormente presenta la sporgenza del piombatolo dal quale veniva versato olio bollente e cenere contro i nemici».

http://www.martinafranca.info/porte.htm


Martina Franca (torri)

Dal sito www.iluoghidelcuore.it   Torre dei mulini di San Martino, dal sito www.itriabarocco.net

«TORRE DELLE SETI. Alta 10 metri, la caratteristica Torre delle Seti si erge di fronte alla Chiesa del Carmine e in affaccio su Via Pergolesi. Tutte le torri sono caratterizzate dalla parte bassa leggermente obliqua detta scarpa, dal toro, ossia un cordoncino di poco sporgente, il fusto cioè tutto il corpo in altezza della torre e i beccatelli la decorazione superiore.
TORRE DEL FORNO. Lungo Via Pergolesi ad angolo è incastrata fra un arco rampante e i comignoli si trova la cosiddetta torre del Forno, le cui caratteristiche sono simili alle altre.
TORRE DEI MULINI DI SAN MARTINO. Dal caratteristico fusto verticale e beccatelli, la Torre dei Mulini di San Martino, che si erge in affaccio su Via Donizetti, è alta 11 metri.
TORRE DELL’ANNUNZIATA. Sempre lungo Via Pergolesi, inglobata dalle strutture circostanti, si nota la torre mistilinea detta dell’Annunziata, in quanto collocata di fronte alla chiesetta dell’Annunziata, attuale sede della Confraternita del Monte Carmelo. Le dimensioni sono identiche a quelle della vicina torre delle Seti con l’aggiunta dei beccatelli collocati sotto il ballatoio appena sporgente delle mura superiori.
TORRE DI ANGELUCCO. Situata tra via Mercadante, Via Verdi e Via Paisiello, dalla quale attualmente prende il nome, la Torre di Angelucco si presenta con un caratteristico fusto verticale ed è alta 10 metri.
TORRE DI SAN PIETRO. Alta 15 metri, la Torre di San Pietro, nelle strette vicinanze della nota Porta Stracciata, sorge in Via Rossini.
TORRE DI SAN NICOLA. Attualmente conosciuta anche come Torre di San Francesco, in quanto nelle immediate vicinanze dell'omonima Chiesa, con i suoi 12 metri è una delle torri più alte della città».

http://www.martinafranca.info/torri.htm


Maruggio (castello dei Commendatori)

Dal sito www.comune.maruggio.ta.it   Dal sito www.incomingpuglia.com

«La sua costruzione iniziò verso la fine del XIV secolo (per l’esattezza nel 1368), per volontà dei Baly, commendatori dell’Ordine di Malta, e nei primi decenni del XVII ebbero termine i lavori di ampliamento e completamento. Maruggio, infatti, è un paese fondato molto probabilmente dai cavalieri templari, come testimonia un atto, datato 9 ottobre 1320, che faceva parte dei registri della Cancelleria Angioina andata distrutta e giunto a noi in una trascrizione del secolo XIX ad opera della storico napoletano Camillo Minieri Riccio. In tale documento è riportato: “Casale Marigii, fuit quondam Templariorum” ossia che il che il casale di Maruggio un tempo fu proprietà dei cavalieri del Tempio. Il castello era addossato alle mura di cinta della città. Nel corso del tempo ha subito numerose ristrutturazioni. Sul lato del palazzo che si affaccia su piazza del Popolo, la piazza principale di Maruggio, sono collocate semplici finestre decorate con motivi vegetali o zoomorfi. è fregiato da un grande trittico con stemma ed armi del gran maestro dell'epoca, Hugues Loubenx de Verdalle. Sulla porta d'ingresso del castello - in via Umberto I - si notano, ormai corrose, le armi dei Commendatori Alliata e Chigi. Oggi l’edificio, nel cui cortile si trovava in origine la cappella della Madonna della Visitazione, è stato smembrato e appartiene a più famiglie. Il castello si compone di due piani e comprendeva alcune stanze al primo piano e frantoi e magazzini al piano terra».

http://castelliere.blogspot.it/2012/10/il-castello-di-sabato-13-ottobre.html


Maruggio (centro storico)

Dal sito www.comune.maruggio.ta.it   Dal sito www.marubbium.it

«... La storia di Maruggio è molto ricca, a dispetto delle sue modeste dimensioni. Infatti, le testimonianze di storici e documenti attestano già l'appartenenza del feudo all'ordine dei Templari, prima che lo stesso venisse ceduto al Sovrano Ordine di Malta (c. Minieri Riccio nelle sue Notizie storiche tratte da 62 Registri Angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, etc). La tradizione della storiografia dominante (Della Monaca, Marciano, De Marco), tramanda che Maruggio fu governata dai Cavalieri di Malta in seguito alla donazione del suo feudo, nel 1317, che ne fece la vedova de Pandis all'ordine Gerosolimitano. Dagli inizi del '500, quando divenne Commenda Magistrale dipendente dal Priorato di Barletta, si avvicendarono numerosi Commendatori di cui, dopo varie vicissitudini, tra le quali un altro saccheggio ad opera dei Turchi nel 1630, l'ultimo fu il Balì Giuseppe Caracciolo da S. Eramo. Numerose le opere lasciate a testimonianza di un fiorente passato: Il Convento dei Francescani Osservanti (1534) e quello Agostiniani (1580), con la Chiesa di S. Antonio; la Chiesa Madre; La Chiesetta di San Giovanni fuori le mura e quella della Madonna del Verde, annessa al Cimitero Comunale; la Chiesa dell'Annunziata; il Castello; numerosi palazzi signorili appartenuti alle facoltose famiglie che hanno dato lustro alla cittadina (palazzi Armieri, Caniglia, De Marco Covelli, Longo, Cancellieri, Morleo, Villa Montoto). ...».

http://www.marubbium.it/storia_paese.html


Maruggio (torre dell'Ovo)

Dal sito www.prolocomaruggio.it   Dal sito www.lavocedimaruggio.it

«Percorrendo la litoranea salentina Taranto-Gallipoli e “Camminando poi altre miglia due dalla Salsola (la “Sasola” è una torre, posta vicino ad altra torre, detta quest’ultima di “Castelluccio”, che si trova nella Terra di Pulsano) s’incontra il fiume Ostone, il quale nasce paludose miglia due infra terra per la drittura di Lizzano, il quale fiume è profondo, e l’inverno, quando so piogge assai, porta molt’acqua, che riceve dalle colline e campagne di Lizzano, casale miglia quattro lontano dal mare. Dal fiume Ostone fino alla Torre del monte dell’Ovo sono miglia quattro, la quale Torre è situata in un capo, dove s’innalza alquanto la terra, detto il capo o monte dell’Ovo, dalla figura ovale che ha, al quale viene per dirittura ingolfando la navigazione dalla città di Gallipoli. Tra l’occidente e tramontana della Torre forma il capo di un bellissimo e capacissimo porto, sulle rive del quale si vedono alcune rovine di grandi ed antichissimi edifici, ed una fossa fatta a mano che isolava una rocca vicino al porto, dove si vedono pezzi di carpio grandissimi e molte conchiglie di porpora, che danno indizio quivi essere stata la tintura delle lane, come in Taranto, ed in Saturo. Questo porto oggi si dice il Porto del capo, e monte dell’Ovo…”. Cosi descriveva il Marciano nel 1656 questa Terra, sulla quale ancora erge, maestosa e imponente, ” Torre Ovo” (da: Descrizione, origini e successi della Provincia d’Otranto, Napoli, St. Dell’Iride, ed.1855). “Torre Ovo” sorge nel Comune di Maruggio, sul limite territoriale di Torricella; dista 32 km da Taranto e 20 da Manduria. Il promontorio ( o “monte dell’Ovo” ), su cui essa è stata costruita nel XVI secolo (è citata per la prima volta nel 1591), è alto circa 14 m.t. dal livello del mare. Compare in tutte le cartografie del XVI e XVII secolo. Il tratto costiero, ove si erge la Torre, è ricco di tesori risalenti all’età romana. “Lì infatti nel 1912 fu rinvenuto un tesoretto magnogreco composto di 19 diagrammi d’argento datati 302 a.C.; nel 1954 furono esplorate sei tombe attribuibili al IV e III secolo a. C. complete di corredi funebri e nel 1985 due blocchi squadrati provenienti da edifici del culto contenenti scritti che riportano una sorta d’inventario degli stessi” (da: “Il Corriere del Giorno” del 10.9.96). Ai piedi della Torre c’è un’ampia insenatura naturale, da dove è possibile, quando lo specchio del mare è chiaro e trasparente, osservare ingenti strutture semisommerse, costituite da blocchi sui quali sono contrassegnate alcune lettere dell’alfabeto greco. Si presume che esse siano di età greca.

Un dato è certo; Maruggio nell’età feudale, aveva il suo porticciolo presso “ Torre Monte dell’Ovo” e non era da meno a quello di Brindisi. Anche “ Torre Ovo” , dunque attestata su questa linea costiera, costituiva una fortificazione contro il pericolo che veniva dal mare. Essa, abbiamo detto, è stata edificata nel XVI secolo. “Ricerche recenti hanno stabilito l’anno della erezione di questa fortificazione. Si sa, difatti, che nel marzo 1566 si tenne in Taranto un’asta pubblica da parte di Alonzo Salazar per la costruzione di tale torre. L’appalto fu aggiudicato al maestro Marco Barci di Lecce il quale, dopo aver versato secondo l’uso alla Regia Corte 300 ducati a titolo di garanzia s’impegnò a costruire la torre secondo le indicazioni fornite dall’ingegnere Giovanni Tommaso Scala entro otto mesi a contare da maggio (1568). In linea teorica, dunque, la costruzione sarebbe dovuta essere consegnata nel gennaio 1569. Prima di questi anni sul Monte dell’Ovo ci doveva esser un semplice “ posto” per cavallari ai quali ultimi era affidata la guardania” (Filomena, in Maruggio antica). Alla postazione di avvistamento di “Monte dell’Ovo” stava lo spagnolo “caporale torriero” Michele Galvis. Questo guardiano della Torre, dopo aver prestato servizio per sei anni nella “Terra dell’Ovo”, chiese di essere riconfermato. Francesco Carafa, governatore di Terra d’Otranto, con lettera del 18 aprile 1584, riconfermava “lo spagnolo” a “far la guardia di giorno e di notte, fare i soliti segni acciocché le genti dei luoghi vicini stiano avvisati, poiché accorrendo possano ritirarsi al Fronte dentro la Terra, osservando gli ordini del viceré e attaché il tutto possa egli (il caporale) eseguire con facilità gli diamo la potestà bastante ordinando ai compagni di detta torre che lo debbano trattare, riputare et obbedire come loro caporale et ordiniamo ai sindaci , auditori, eletti et gabelotti del luogo che sogliono pagare detto Caporale che li debbano per il tempo in cui servirà detta torre, corrispondere la solita provisione di quattro ducati mese per mese et provederlo delle cose necessaria et munizioni di detta torre conforme all’ordine di S.E.” (da: Archivio storico di Lecce, 46/6, a. 1584, f. 346). Dopo il “ caporale” Galvis, alla fortificazione di “Torre dell’Ovo”, prestarono servizio le “guardie” Francesco Bracco (1591), Federico Nica (1681), Oronzo De Donno (1695) e gli “ Invalidi” ( 1777). Nel secolo XIX la Torre divenne sede delle Guardie Doganali. Nel XX secolo, durante la prima guerra mondiale, era utilizzata come “postazione logistico-militare”. In seguito, fino agli anni Cinquanta, è stata utilizzata come sede della Marina Militare perché provvista di faro. Abbandonata all’incuria degli amministratori locali del tempo e alla ingiustificabile indifferenza della Capitaneria di Porto di Taranto, la Torre è stata utilizzata, negli anni Settanta, come “pizzeria”…, ahimè! Questa torre ha base più o meno quadrangolare, di lati m.t. 10.80 x 10.85, a forma tronco-piramidale. Le coperture dei locali, posti a piano terra , sono a “ volta”; quelli al primo piano, ai quali si accede con una scala al centro del fabbricato, sono a “voltine in tufo”. è provvista di caditoie. Gli ultimi interventi di piccola manutenzione sono stati effettuati negli anni 1968-1969, allorquando la Torre ha ospitato alcuni membri di una spedizione archeologica della Marina americana (Trocmorton Expedition dell’Università di Pennsylvania) venuti ad esplorare il mare di “Monte dell’Ovo”. ...o».

http://www.maruggio.eu/le-nostre-sentinelle-del-mare.html


Maruggio (torre Moline o de' Molini)

Dal sito www.maruggio.eu   Dal sito win.salento.us

«Torre Moline si trova posizionata nel bel centro di Piazzale Italia di Campomarino di Maruggio. Tale fortificazione sorge a circa 7 metri sul livello del mare al quale guarda imponente e maestosa. Dista circa 40 km. da Taranto e 2 da Maruggio, Terra di Templari e Cavalieri di Malta. È distante circa 200 m. dalla costa, circa 4 km. a sud da "Torre Borraco" e circa 5 km. a nord-ovest da "Torre Ovo". Questa torre, costruita sul finire del secolo XVI, si distingue dalle altre torri del Regno, perché sprovvista di caditoie e beccatelli. Essa è tra le più piccole, per modo di dire, torri di Puglia, di forma tronco-piramidale, pressoché quadrangolare, con i lati di base di m. 10.30 x 10.85, di essa è pervenuto a noi un documento di epoca spagnola. Il corpo di guardia posto sulla torre aveva il dovere di segnalare qualsiasi avvistamento di nave sospetta e di dame immediata notizia ai castellani del paese, nel nostro caso al Commendatore dell'Ordine di Malta che governava Maruggio. "Questo servizio di difesa rimase inalterato fino al periodo napoleonico poiché dal "liber mortuorum" della parrocchia abbiamo trovato tracce di decessi di soldati preposti alla vigilanza delle torri marine fino al 1800. In particolare dopo il 1700, poiché in verità il pericolo di incursioni barbaresche era scemato" (D'Ayala Valva, in Maruggio). "Torre Moline" è di proprietà del ministero delle Finanze. Dalla consultazione degli atti depositati presso l'archivio di questo ministero si rileva che la torre consta di 5 vani; di fatto essa dispone di soli 2 vani sovrapposti. Gli altri 3 furono eliminati ad opera del Provveditorato Opere Pubbliche di Bari. La torre è stata utilizzata per diversi anni, fino al 1980, dalla Guardia di Finanza di Manduria quale sede per le funzioni proprie di questa Tenenza. Il 18.7.1980, su richiesta della Capitaneria di Porto, la Guardia di Finanza ha emesso il proprio nulla-osta per la dismissione dall'uso governativo. Il Comune di Maruggio ha avviato, da diversi anni,l'istruttoria amministrativa per l'acquisizione della torre. Attende invano, così come attende una risposta dalla signora Di Bello circa la richiesta di finanziamento per il recupero della "Torre Moline" oltre che della ",Torre Ovo", inoltrata alla Regione Puglia (assessorato al Turismo Settore Beni culturali). Campomarino è il lido di Maruggio, da cui dista circa 2 Km, e si affaccia nello Jonio, ad est del Golfo di Taranto. È dotato di porto turistico, e vi è anche una torre di avvistamento anticorsara (Torre de' Molini) risalente al 1500. Il mare è splendido, tanto da essere conosciuto come "il mare dai sette colori". Le sue spiagge sono tra le più famose dell’intera regione. Tanto che d’estate si trasformano nel maggior polo attrattivo della zona, grazie all’enorme offerta turistica in grado di soddisfare tutti i gusti turistici».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLTAMRG00000&cod_luogo=PGLTAMRG00000&cod_pe=14


Massafra (borgo antico, palazzi)

Dal sito www.masseriamadonnadellarco.it      Foto di MikySicily, dal sito www.panoramio.com

«Tra i palazzi storici si annoverano il villino ex Margherita, una eccellente riproduzione stilistica del castello Miramare di Trieste, sita nella Villa principale, il palazzo ex De Notaristefani (con facciata di interesse artistico), il palazzo ex De Carlo (costruito nel XVI sec. ed ampliato successivamente)».

http://www.pugliaturistica.it/index.php?user=&pw=&luogo=PGLTAMSS00000


Massafra (castello)

Dal sito www.naimavillage.it   Dal sito www.ventiecorrenti.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Vincenzo Zito (https://www.facebook.com/vincenzo.zito.946)   Foto di Vincenzo Zito (https://www.facebook.com/vincenzo.zito.946)   Foto di Vincenzo Zito (https://www.facebook.com/vincenzo.zito.946)  ---  Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)

«Il castello di Massafra si trova nel centro storico di Massafra, in località lo Pizzo e si affaccia sulla gravina San Marco. La sua struttura e i motivi architettonici sono simili ad altri castelli pugliesi, con quattro torrioni disposti a quadrilatero e legati da cinte murarie. Le torri più antiche sono a pianta circolare mentre il torrione a sud-est è ottagonale. Le prime notizie sicure del castello risalgono al 970. In un diploma del 1081 il castello risulta di proprietà di Riccardo Senescalco. Con il dominio angioino, il castello assunse l'aspetto di un fortezza con bastioni e torri merlati. Subì ulteriori trasformazioni sotto gli Aragonesi e nel XVIII secolo la famiglia degli Imperiali ricostruì la torre ottagonale e la facciata verso la gravina, opera dell'architetto leccese Mauro Manieri. Il castello passò successivamente in possesso di diversi proprietari e fu infine acquistato dal Comune. L'ingresso principale, su via La Terra, è tramite un ampio portale da cui si accede all'atrio, con al centro un pozzo ed una rampa che portava al ponte levatoio, di cui sono ancora visibili le carrucole. Da una scala d'onore si accede agli ambienti della residenza signorile. Si conservano locali adibiti a diversi usi: scuderia, fienili, armeria, prigioni (corrispondenti alle torri su via La Terra e alla torre ottagonale), magazzini, neviere e pecerie (dove si conservava la pece per le fiaccole). Vi era anche una cappella dedicata a San Lorenzo. Secondo la tradizione popolare esistono passaggi segreti e una galleria che collega il castello al mare. Negli anni recenti sono stati eseguiti diversi restauri alla struttura. Nel 1965 venne riparata la torre a sud-ovest, che era crollata e nel 1975 il parapetto che era franato. Intorno al 2000 è stata consolidata la torre est e risistemato il piazzale antistante il Castello, i cui lavori sono stati co-diretti dell'arch. Francesco Coratella. È stato inoltre costruito un moderno ascensore. Gli ambienti del castello sono utilizzati come sede della "Biblioteca civica" e del "Civico museo storico-archeologico della civiltà dell'olio e del vino". Nel 2007 il castello è stato immortalato, come simbolo della città, in un francobollo dedicato a Massafra, emesso il 13 aprile 2007».

http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Massafra


Massafra (torre dell'Orologio)

Dal video www.youtube.com/watch?v=qcSeOKZh-CE   Dal sito http://adriana-fermi.blogspot.com

«La torre dell’orologio si erge con i suoi 22 metri d’altezza nella centrale piazza tardo-settecentesca Garibaldi, a breve distanza dalla chiesa barocca di San Benedetto e dall’omonimo complesso conventuale. Il monumento, noto anche con l’appellativo di “torre civica”, è considerata dalla popolazione di Massafra uno dei simboli civici più rappresentativi del borgo antico. Costruita presumibilmente intorno alla seconda metà del XVIII secolo nel cuore della vecchia Massafra, in un’area che fino al Novecento appariva scarsamente urbanizzata, ma che oggi è caratterizzata da un movimentato complesso di strade strette e tortuose, scalinate lastricate che si sviluppano intorno ai più importanti esempi di architettura civile e religiosa del borgo antico. La torre, realizzata secondo le linee proprie dello stile tardo-barocco, nel campanile conserva due campane su cui è incisa un’epigrafe che riporta la scritta "1768 AERE PUBLICO"».

http://www.habitatrupestrepuglia.it/index.php?IDCanale=1&IDCanaleSub=5&IDCanaleSubSub=0&IDItem=85&ItemType=BC


Modunato (casale di Avetrana, castello)

a c. di Gianluca Lovreglio


Monacizzo (castello)

Dal sito www.italiancountryside.it      Masseria della zona, dal sito digilander.libero.it/antonio1956

«Piccolo e caratteristico centro della provincia di Taranto sorge su un'altura di 34 m s.l.m. nel bel mezzo di una fertile vallata coltivata da vigneti ed uliveti secolari a circa 2 km dal Mar Jonio. Le origini del borgo risalgono intorno al X secolo, quando alcuni monaci basiliani vi fondarono un convento costruito su un altro tempio di età magnogreca dedicato alla dea Minerva. In seguito il paese fu saccheggiato e distrutto diverse volte dai pirati Saraceni. Nel secolo XII entrò a far parte dei possedimenti dell'Arcivescovo di Taranto mentre nel XVI secolo fu edificato il Castello. Il nome in latino di Monacorum Hospitium (da cui Monacizzo) fu dato in epoca normanna».

http://www.flickr.com/photos/robertorandofoto/6004363051/


Monteiasi (borgo antico, resti del palazzo ducale)

Dal sito www.associazionesherwood.it   Dal sito www.monteiasi.it

«è al passaggio in zona di un tratto di collegamento alla Via Appia che si deve forse la nascita di un insediamento atto a cogliere le opportunità "commerciali" (ristoro) date dal passaggio di viandanti. E si deve quindi a quel periodo tardo Impero Romano il Parcus Tabernae, stazione di posta (Barco della Taverna) prossimo oggi all’abitato. L’anello di congiunzione con il medioevo è attestato da un alto muro portante, ben conservato nella parte posteriore del palazzo ducale, in pieno centro storico, un tempo detta masseria di Monteiasi (1478 Archivio di Stato di Lecce) nel XV secolo già di proprietà della famiglia Antoglietta e la esistente masseria della Taverna (ex Parcus Tabernae). Ed è proprio dalla fine del 1400 che la storia di Monteiasi diventa più leggibile e documentata, sebbene alcuni passaggi potranno essere meglio datati e chiariti da ulteriori ricerche. Sempre dovuto all’essere punto di incrocio tra due strade di rilevante importanza una proveniente da nord, cioè dal versante adriatico seguendo l’itinerario Pozzo Guaceto, Madonna della Mutata, Masseria Groncio, Giulianello e Monteiasi; l'altra, la già citata Via Appia Sub-lato (iniziava da Taranto, Via Marrese, e passante per Monteiasi si collegava con la Via Appia per Brindisi), che proseguendo per la contrada Bove portava anche per San Marzano, Sava, Maruggio, è naturale supporre, in quel punto nodale di collegamento anche con il porto di Taranto in mar piccolo, l’esistenza di un posto con organizzazione, per il ristoro e sosta per i cavalieri o viandanti, dotato di luogo per la preghiera. Il Barco della Taverna, nato come già detto per assolvere a tali funzioni fin dal tardo Impero Romano, ha quindi avuto una storia antica, e quasi certamente aspetti costruttivi modificati nel tempo. Ma è dagli inizi del 1500 che la storia della Masseria della Taverna si arricchisce in quanto per mezzo secolo circa essa diventa Stazione del Sovrano Militare Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni, chiamati Cavaglieri di Malta. Si può allora sostenere che tale masseria della Taverna insieme all’altra masseria divenuta poi Casale e successivamente Palazzo Ducale (distanti tra loro 400 mt. sulla stessa via di congiungimento alla Via Appia) rappresentano i riferimenti più certi da cui si può far data per i primi nuclei abitativi che daranno poi vita al paese e alla comunità di Monteiasi».

http://www.pugliaturistica.it/index.php?user=&pw=&luogo=PGLTAMNT00000&cod_cap=1


Monteiasi (masserie, palazzi)

Dal sito www.associazionesherwood.it   Dal sito www.associazionesherwood.it

«Masseria Rosario. è stata una delle masserie più importanti del territorio; fornita di silos per gli erbaggi; di vaccheria di notevole grandezza; di campi coltivati nel pieno rispetto delle regole agronomiche; di grande rilievo produttivo di grano e di latte. Il latte veniva portato a Taranto in una rivendita organizzata dagli stessi proprietari (Motolese) e con degli appositi tricicli con la piattaforma anteriore per il trasporto delle bottiglie, veniva portata nelle case di quanti lo richiedevano con fornitura giornaliera. Notevole è ancora oggi la presenza e la grandezza di un frantoio ipogeo. ...
Palazzo Lotta.  Il palazzo e l’adiacente giardino sono stati a lungo strutture pregevoli del paese. Il palazzo edificato sul finire del XVIII sec., era corredato di ampi spazi a piano terra per i servizi e per le abitazioni dei coloni, mentre al primo piano era la dimora signorile della famiglia Lotta composta di professionisti (notai, medici, ufficiali dell’esercito, …). La famiglia possedeva, bensì, una tagliata con vegetazione tipica mediterranea con recinzione in muratura del 1797.
Palazzo Strusi.  La versione corrente è quella ottenuta dopo lavori di “accomodamento” apportati da don Peppo Strusi a seguito dell’acquisto del 1951 dal marchese Russo Cardone. La parte anteriore del palazzo si ritiene edificata nel XVIII sec. sui resti di un più antico insediamento che era chiamato masseria Monteiasi; la parte posteriore del palazzo attuale fa ritenere che rappresenti una parte dell’edificio masseria. Tutta la struttura contiene ampi locali a volta sotterranei e i resti di insediamenti risalenti al ‘500.
Masseria Taverna. Ha funzionato a lungo da masseria, ma non ne ha le dimensioni tipiche delle masserie che si rispettino; è posta all’incrocio della diramazione dell’Appia antica col tratto trasversale di una delle vie istmiche; stante la sua collocazione ha più avuto in passato la funzione di taverna, di rifugio per viandanti alla ricerca di ristoro per sé e per gli animali; da ciò sarebbe derivato il nome (da “taberna”). è ormai inglobata nello spazio urbano; è di proprietà del marchese Pasquale Russo Cardone che ha venduto al Comune il suolo su cui è stata costruita negli ultimi decenni la nuova Casa comunale. Di fronte, verso nord è posto il più esteso territorio legato alla stessa proprietà e questo va sotto il nome di Parco dei Patriarchi per la notevole dimensione degli ulivi secolari che contiene. ...
Masseria Palombara. Come tutte le masserie del circondario fu edificata all’epoca dell’occupazione spagnola e per secoli è appartenuta ai componenti della famiglia D’Ayala. Dagli anni ’50 del secolo scorso è di proprietà degli eredi di Giuseppe (detto don Peppo) Strusi.
Masseria Le Lamie. Come la Palombara apparteneva ai D’Ayala e vi appartiene a tutt’oggi con la differenza che il continuo frazionamento ha fatto perdere d’importanza l’intera proprietà che era estesa per centinaia di ettari. Possedeva un ovile con migliaia di capi di ovini e caprini».

http://www.associazionesherwood.it/sito/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=7&Itemid=109


Montemesola (borgo antico, palazzi)

Dal sito www.comune.montemesola.ta.it/   Dal sito www.italia-italia-hotels.com

«In molti comuni della provincia tarantina si ritrovano centri storici di notevole interesse. Spesso una cinta muraria li separa dalle successive zone di espansione urbana. Il centro storico di Montemesola, dalla pianta a forma di ellisse molto schiacciata, particolare comune a molti abitati di impianto medievale, è in buona parte racchiuso da una cinta muraria, su cui si ritrovano tre porte: la Porta di San Martino a settentrione, la Porta di San Francesco, che guarda ad oriente e quella di San Gennaro ad occidente. Doveva esserci una quarta porta lungo il lato meridionale dell'abitato; lo proverebbe un toponimo di uso dialettale, la "porticedda" con il quale abitualmente si fa riferimento ad un punto preciso, in linea con la facciata del Palazzo Marchesale, dal lato opposto alla Porta di San Martino. Nessuno in paese dice di averla vista, ma i vecchi affermano che è crollata molti decenni or sono. ... L'opera di Andrea Saraceno, che comunque fu esortato ed incoraggiato dal padre, è un vero e proprio progetto di urbanistica, con sventramenti e costruzione di ampie strade; un piano regolatore che prevedeva, fra l'altro, il progetto di un intero quartiere, quello dei Palazzotti. ... Per i Palazzotti fu chiamato un architetto di Taranto, Davide Conversano, il progettista dello storico piano Conversano, redatto per edificare il Borgo Nuovo di Taranto. Il progetto dei palazzotti precede di qualche anno quello del Borgo Nuovo del capoluogo. Comunque il Conversano non poté che rispettare il piano urbanistico voluto da Andrea Saraceno, dal momento che buona parte degli edifici, che si ritrovano lungo Via Vittorio Emanuele, hanno la base dei muri eretti fino a quasi quattro metri dal piano di città, costruiti già prima del 1820, almeno trenta anni prima che l'architetto avesse l'incarico. Tale particolare situazione poté consentire una realizzazione stilisticamente unitaria e coerente di tutto il centro storico; in questo si ritrovano con frequenza stilemi, che concorrono all'omogeneità del linguaggio di quell'architettura: il colore bianco, portano a calcina sulla maggior parte degli edifici; una serie di decorazioni, come particolari modanature, riquadri dai vertici raccordati con archetti concavi, palmette, finestre e balconi con leggeri cornicioni in stile rococò sugli architravi. Inoltre si nota un'assenza quasi totale di edifici emergenti o per lo stile, o per l'eccessiva altezza.

Un'analisi più attenta consente di notare come le costruzioni poste ad occidente rispetto al Palazzo Marchesale siano di architettura più modesta rispetto a quelle che si ritrovano perso la Porta S. Francesco. Oltretutto in quel punto è possibile notare un'intenzione progettuale mirata e di buona architettura, proprio nel quartiere voluto da Andrea Saraceno. I lavori lasciati a metà hanno sicuramente posto problemi nelle fasi di completamento, originati dall'allineamento delle mura di cinta. Probabilmente l'architetto tarantino risolse la zona di raccordo fra la rete stradale dei Palazzotti e la cinta muraria creando un quadrilatero di strade a ridosso della Porta S. Francesco. Senza dubbio il felice gioco architettonico creato con le curve concave di alcune superfici murarie, di vaga ispirazione borrominiana, fu un'idea di Andrea Saraceno. Il marchese, comunque, pose la stessa attenzione su tutto l'abitato, in quanto, dopo aver operato uno sventramento con la demolizione di decine di case, costruì ampie strade e, fra le altre, via Roma, sicuramente la strada più importante di tutto il centro storico. Egli operò anche un abbassamento del piano di città (altrimenti non si spiegherebbero i gradini davanti a tutti i vani dell'isolato del Municipio), nella parte centrale di via Roma, per consentire la realizzazione della fuga prospettica, chiusa nel punto di fuga della bella facciata del Palazzo Marchesale. Via Vittorio Emanuele che, in asse con via Roma, congiunge il Palazzo Marchesale con Porta S. Francesco, fu costruita essendo ancora in vita Saraceno; le altre grandi strade, anche se realizzate successivamente, devono ritenersi facenti parte del grandioso piano urbanistico pensato dal marchese, e cioè via Regina Margherita, via Dante, viale della Rimembranze e viale Giardini. La ristrutturazione del centro storico, come tutti gli interventi di carattere urbanistico, cancellò le tracce di un'esistenza antica; sparirono i calvari (quello dello Spiazzo Guglia) delle aree libere di un rado tessuto urbano, le strade strette e le piccole case "canizzate"; anche nel dialetto sono scomparsi tanti toponimi: strada Anime, via Cocevolina, strada la Piazza ecc. I secoli hanno arricchito di decoro storico il rifacimento architettonico. Gli abitanti vivono in spazi urbani di poco ingigantiti rispetto ad una concezione spaziale pensata a misura d'uomo. Questa leggera dilatazione, comunque, ha consentito l'uso del traffico automobilistico nell'antico sistema stradale, senza la possibilità di dover operare pericolose modifiche».

http://www.guzzardi.it/arberia/mappa/puglia/montemesola/pagine/monumenti.htm


Montemesola (palazzo marchesale)

Dal sito www.italia-italia-hotels.com   Dal sito www.edilgammasrl.com

«Il Palazzo Marchesale, realizzato quale ampliamento e ristrutturazione di una precedente residenza fortificata (XV-XVI secolo) è posto al centro dell'abitato. Ad un nucleo originario del '600, visibile sul lato che guarda a mezzogiorno, che si caratterizza per una particolare articolazione muraria, su cui si innestano due garitte, vennero aggregate, verso la fine del '700, altre strutture, che trasformarono radicalmente l'edificio. Esso si eleva di circa sedici metri dal piano di città. L'impressione di imponenza si spiega col fatto che tutto il palazzo è composto soltanto da un piano terra, da un primo piano e da un sottotetto, visibile in facciata per una serie di finestre circolari. La facciata si spiana, quindi, con ampie campiture: un portale in stile barocchetto, sormontato dallo stemma dei Saraceno; nove finestre al primo piano, con l'architrave decorato da un piccolo frontone in stile rococò. L'impressione di piacevole leggerezza è conclusa da un cornicione finale, agile e lineare. I corpi aggregati sul lato a mezzogiorno sono ornati da insignificanti file di bugnati. Il maestoso cortile, in cui sono state sistemate alcune rimesse per auto, realizzate in maniera precaria, è un vero quadriportico, che precede il portale, ed accresce la sensazione di imponenza dell'edificio con effetti scenici studiati. Il lato opposto a quello dell'ingresso al cortile è costituito da un androne a tre fornici, nel cui interno è sistemato uno scatolone a due rampe, che concorrono ad uno stesso pianerottolo; l'insieme costituisce l'ingresso di rappresentanza; sull'architrave della porta del pianerottolo una scritta lapidea ricorda il nome di chi ha realizzato l'opera, Andrea Saraceno, e l'anno di costruzione, il 1794.

Per l'alto valore architettonico l'edificio costituisce uno dei migliori esempi di residenze nobiliari dell'intero territorio tarantino. Di recente un decreto ministeriale ha apposto il vincolo storico, dichiarandolo monumento nazionale. Si possono ammirare nel suo interno vasti saloni con decorazioni di ottima fattura sulle pareti. Le coperture in legno, poste ad un'altezza di circa cinque metri dal pavimento, sono realizzate con travi a vista ed assi di legno, anche queste decorate con motivi floreali. Nell'interno di un salone è stato ricavato un appartamento di più vani per mezzo di paramenti murari non più alti di due metri. Al di sopra di questi divisori lo spazio rimane unico ed intero. Con tutta probabilità altri affreschi sui muri sono coperti da spessi strati di calcina. Opportuni saggi potrebbero darne conferma. In alcuni punti è possibile intuire la trama muraria in opera incerta, appena visibile sotto uno strato di pittura a calce, che serve a coprire i punti in cui è caduto l'intonaco. Non tutto l'edificio è realizzato con muri in opera incerta, infatti le strutture più recenti sono costruite con conci di tufo dal taglio regolare. Comunque, nonostante la cura e la cautela degli inquilini, fittuari, le decorazioni sulle pareti e sui soffitti vanno sempre più rovinandosi per le infiltrazioni di acqua piovana attraverso i tetti "imbriciati". Si possono ammirare, ancora oggi, alcune porte di stile rococò, che risalgono con certezza alla fine del '700, opera dei falegnami Giuseppe Turchetti, di Bisceglie, G. Saverio Spina, di Taranto e Giuseppe vescovo, di Napoli, a cui don Andrea aveva dato l'incarico. La fornitura comprendeva la messa in opera di porte, finestre e controsoffittature in canne e legname. Una vox populi ha sempre sostenuto che la residenza dei Saraceno custodisse preziose opere d'arte, fra cui alcune tele del Caravaggio, del Lippi e di Luca Giordano, ma che di queste non era rimasto più nulla, essendo state portate a Napoli e altrove. Una tela di grandi dimensioni 2,70x2,00, di soggetto profano, e quindi di maggiore interesse, che il proprietario attribuisce a Luca Giordano, si ritrova nella Masseria dell'Era, a meno di un chilometro dall'abitato di Montemesola. Il proprietario, sig. Giuseppe Cavallo, ritiene che provenga dal Palazzo Marchesale: un'ipotesi attendibile, per un connubio di alta valenza artistica del patrimonio culturale del territorio».

http://www.guzzardi.it/arberia/mappa/puglia/montemesola/pagine/monumenti.htm


Montemesola (porte di San Francesco, San Martino, Gennaro)

Porta di San Maerino, dal sito www.cittamontedoro.it   Porta di San Francesco, dal sito www.cittamontedoro.it

«In molti comuni della provincia tarantina una cinta muraria separava il centro storico dalle successive zone di espansione urbana. Il centro storico di Montemesola, di forma ellittica molto schiacciata, è in buona parte racchiuso da una cinta muraria, su cui si ritrovano tre porte: la Porta di San Martino a settentrione, chiamata cosi perché dava l’ingresso alla città medioevale dalla strada che conduceva da Montemesola a Martina Franca, la Porta di San Francesco, che guarda ad oriente, e quella di San Gennaro ad occidente. Doveva esserci una quarta porta lungo il lato meridionale dell'abitato; lo proverebbe un toponimo di uso dialettale, la "porticedda" con il quale abitualmente si fa riferimento ad un punto preciso, in linea con la facciata del Palazzo Marchesale, dal lato opposto alla Porta di San Martino. La porta San Martino è tra le tre superstiti quella che si è conservata peggio, a causa certamente dell'inquinamento degli ultimi anni e del grande traffico della linea viaria per Martina Franca. La sua forma ricorda molto l’ingresso tipico dei castelli, ma senza avervi un fossato alla sua base, infatti era presente una piazza antistante la porta. Di forma quadrata, con grande arco, è assente di maschio e capitelli sulla parte superiore, riporta sulla sommità lo stemma del Marchese Saraceno e l’anno di costruzione. La porta di San Francesco, sul lato opposto rispetto a quella di San Gennaro, risale anch'essa al XVIII secolo e fu ricostruita da Andrea Saraceno, in luogo di una ricostruzione e ristrutturazione del centro abitato. L'ingresso della porta era in linea d'aria diretto verso la parte posteriore del Palazzo Marchesale, e dava diretto accesso al vecchio convento. Come la Porta San Gennaro, è stata realizzata con carparo, presenta due alte lesene impostate su alti basamenti e separato dal registro superiore da un cornicione. Il registro è caratterizzato da un timpano triangolare, con ai lati due piccole piramidi curvilinee. I maschi murari sono poderosi, e si possono notare dalla facciata esterna alle mura. La porta di San Gennaro è l'unica delle tre porte a rimanere isolata rispetto alle quinte laterali, a seguito di radicali trasformazioni di quella che doveva essere l'originaria consistenza delle antiche cortine e di sventramenti ben visibili sul lato sinistro. Fu ricostruita nel 1777 da Andrea Saraceno, a coronamento dell'opera di ristrutturazione di gran parte del centro abitato. È presente la partitura secondo un ordine doppio, segnato nel registro inferiore da due alte lesene impostate su alti basamenti e separato dal registro superiore da un cornicione alquanto aggettante.  Il secondo registro è caratterizzato da un alto timpano curvilineo raccordato al cornicione mediano da due volute salienti, con una larga svecchiatura centrale entro la quale è collocato uno stemma con una corona ed un cartiglio rettangolare. I maschi murari sono meno poderosi rispetto a quelli della Porta San Francesco, per cui l'immagine della struttura risulta essere assai più lieve e snella».

http://www.cittamontedoro.it/it/cosa-vedere/porta-di-s-francesco - porta-di-san-gennaro - porta-di-s-martino


Monteparano (castello d'Ayala)

a c. di Gianluca Lovreglio


Mottola (borgo medievale "Schiavonia")

Dal sito www.mappeditalia.it   Dal sito www.italia-eventi.com

«Qualsiasi percorso si segua per raggiungerla, la si scorge anche se si è ancora distanti. è la "Spia dello Jonio", come qualcuno l'ha definita, con i suoi 387 metri d'altezza dominanti sul Golfo di Taranto. Colpisce subito la spirale di strade che l'avvolge, snodandosi spesso a gradinata intorno alla pianta circolare del suo abitato. In cima alla collina è la linda "Schiavonia", il borgo antico, con le case in tufo imbiancate di calce viva per antichissima consuetudine. Squisito esempio di architettura spontanea - tutto archi, corti chiuse e slarghi, tra vie strette e serpeggianti - è l'originale risultato di insediamenti progressivi ad incominciare dall'alto Medioevo fino al XVII secolo. è, innanzitutto, alle tracce imponenti della civiltà trogloditica - è il centro pugliese col maggior numero di chiese rupestri - che Mottola deve la sua fama. Molti sono i villaggi ipogei che vi si possono ammirare - San Gregorio, San Vito, San Sabino, Le Grotte - ma certamente i più affascinanti, anche perché immersi nel verde, sono quelli di Casalrotto e Petruscio. Casalrotto consta di un insediamento centrale con centinaia di grotte disposte a gradoni cui si affianca una necropoli medievale dove, presso l'omonima Masseria settecentesca, sono state rinvenute tombe ad inumazione singole o multiple. Tra le chiese-grotte, per citarne alcune, dal punto di vista storico-architettonico, la più importante è Sant'Angelo che fu il centro spirituale di una contigua abbazia rupestre. Si tratta, infatti, di un rarissimo esempio di chiesa ipogea scavata su due livelli, entrambi a pianta trapezoidale ed a tre navate, con tre absidi ciascuno e resti di altari di tipo greco e latino. Tracce di affreschi (X-XIV secolo) ne ricoprono altre ancora più antiche. Degne di nota sono anche la Cripta di Santa Margherita (IX-XIV secolo), a pianta irregolare, affrescata con dipinti bizantineggianti di ottima fattura, e la chiesa-grotta di San Nicola, scavata probabilmente tra il IX ed il X secolo, con pianta a croce latina, tre absidi e notevoli affreschi. L'aspra gravina di Petruscio è lunga circa tre chilometri. Presenta un gran numero di grotte, adibite ad abitazioni, opifici, ovili, chiese e magazzini, e forma una vera e propria città, con ambienti databili nel XIII secolo, nonostante il villaggio sia ancora più antico. ...».

http://www.provincia.taranto.it/comuni/dettagli.php?id_elemento=21&i=2&parola_chiave=


Mottola (masserie dei Caracciolo)

Dal sito http://pugliaturistica.it   Foto di Paolo, dal sito http://blog.libero.it/maselluzzo/7630861.html

«I duchi realizzarono (o potenziarono) tra la metà del XVII e la metà del XVIII secolo almeno una trentina di grandi insediamenti agricoli nell'agro di Mottola. Nella parte settentrionale del territorio tra le masserie più antiche figura Sorresso, il cui nucleo centrale viene costruito nel XVII secolo. Agli inizi del XVIII secolo risale Il Colombo, già sul tracciato di una antichissima via istmica preclassica che collegava lo Jonio (da Chiatona) all'Adriatico (Pezze di Conversano). Questa masseria ha il primato di aver introdotto nella zona a metà del '900 le prime giovenche di razza Frisona Olandese, oggi diffusissime nelle aziende zootecniche del triangolo Noci-Mottola-Martina. Da segnalare l'antico jazzo, un alto muro a secco a guardalupo, la corte con i resti di un enorme albero di fioroni che può aver dato il nome alla masseria, ed una serie di vecchi trulli. Pure agli inizi del XVIII secolo risalgono Pentima e Scacchiemma, mentre della seconda metà del secolo sono Confrateria, Maldarizzi, Montanaro e Chiancarello, che si eleva a 465 metri s.l.m. a circa 15 km dal centro abitato. La caratteristica masseria, a lungo contesa tra il Comune di Mottola e i De Sangro, prende il nome dalla chianca, la pietra calcarea piatta e tipica della zona, e presenta una struttura a castello, con il terrazzo merlato e quattro torrette difensive. Sempre alla seconda metà del Settecento risalgono Belvedere e Giammariarizzi, nei pressi di San Basilio, mentre nella parte meridionale del territorio vengono edificate Acquagnora, Le Grotte, La Giunta e Casalrotto, sulle grotte dell'antico casale e sui ruderi del convento benedettino che avevano visto il fiorire della comunità cavense nel corso del Basso Medioevo. Un'altra masseria edificata in questo periodo è Il Tamburrello, a sud ovest di Sant'Antuono, che nasce già agli inizi del Seicento come masseria di suini. Nel 1856 la vecchia costruzione ducale viene rinforzata ed ingrandita; al 1920 risale il caratteristico Villino Odaldo, in stile liberty, posto a circa 500 metri dalla masseria. Negli anni '30 divenne un importante centro per la coltivazione del tabacco e nel 1950 vennero sperimentati i primi impianti di uva a tendone. Agli inizi dell'800 risale la costruzione della masseria della Stingeta, e nella prima metà del secolo - soprattutto grazie a Maria Argentina Caracciolo, ultima esponente del casato - si realizzano le masserie dedicate ai Caracciolo-De Sangro Argentina, Beatrice, Cunegonda, Isabella, Riccarda, ed ancora le masserie di Bellaveduta, Belvedere, Cassiere, Dolcemorso, Pizzoferro, Parchi del Conte e Simonetti.

Tra le masserie non ducali, di notevole interesse è la masseria de L'Aglio, posta a quota 445 mt s.l.m. a 25 km da Mottola. Essa molto probabilmente è tra le più antiche costruzioni rurali dell'agro mottolese, visto che già nel 1509 un carteggio di Ferdinando d'Aragona si parla di "casa delo Aglio", letteralmente attraversata da un paretone, rappresentò l'antico confine tra Mottola e Noci della contrada Poltri con l'albero della Croce, una enorme quercia con un cippo, che rimasero in piedi sino alla fine dell'800. Notevole la cappella settecentesca con un campanile a vela del 1856, il tetto a timpano e copertura a pignon. Probabilmente al 1739 risalgono la pala d'altare che raffigura la Madonna dei Sette Dolori e quindi San Domenico, San Giuseppe, San Francesco di Paola e San Filippo Neri. In alto è raffigurata la Santissima Trinità e sulle pareti laterali, su due medaglioni, a destra San Vito e a sinistra Sant'Eligio vescovo. Fino al 1960, nella prima domenica dopo il 20 maggio, presso questa cappella si teneva una grande festa religiosa rurale. Un'altra antica masseria non ducale dotata di cappella è quella di San Francesco, chiamata sino ai primi dell'800 Petra Cavallo, posta al margine di una delle vie d'erba della transumanza, il Regio Tratturello Martinese. La cappella risale alla seconda metà dell'Ottocento e presenta la volta a botte, il campanile a vela e la pila dell'acquasanta a forma di conchiglia. Questa masseria, sino al 1809 di proprietà dei monaci francescani di Mottola, è legata ad una leggenda religiosa che riguarda direttamente il "Poverello d'Assisi". Nel 1220 si sarebbe verificata la visita di S. Francesco a Mottola, di ritorno dalla Terrasanta; quando egli se ne dovette andare, nonostante le insistenze e le preghiere, i suoi frati e la popolazione tutta lo seguirono e lo raggiunsero sulla via per Bari proprio presso l'attuale masseria. Il Santo allora li ringraziò ma li rimandò indietro, dicendo che aveva lasciato ai suoi fraticelli un suo ricordo, ovvero l'impronta del suo viso impressa sulla lastra di pietra dove aveva dormito. Il feudatario di Mottola, Nicolò Secondo, arcivescovo di Taranto, donò quindi al Convento la terra presso cui si era verificato questo addio. Tra le tante altre masserie dello sterminato territorio mottolese degne di interesse si segnala la caratteristica presenza dei trulli soprattutto in quelle di Pizzoferro Monsignore, Pandaro Perrini e Pandaro Lenti, Bellomo e Monaci».

http://www.pugliaturistica.it/info.php?user=&pw=&luogo=PGLTAMTT00000&cod_luogo=PGLTAMTT00000&cod_pe=27


Mottola (resti del castello, torretta)

Dal sito http://web.tiscali.it/mottola2000   Dal sito http://pugliaturistica.it

«Mottola venne dotata da Rayca, mercenario saraceno al soldo del condottiero bizantino Basilio Boioannes, di un Castello già nel 1023, ma per i secoli successivi mancano quasi del tutto notizie sulla fortificazione e sulla sua evoluzione architettonica, anche se si deve presumere che esso venne più volte adeguato e modificato dai conquistatori normanni, svevi, angioini ed aragonesi. Dall'analisi di un listello in pietra conservato nella ex Cattedrale, uno storico locale, Marco Lupo, deduceva che tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII Mottola potrebbe aver avuto un castello costruito (o ricostruito) da Enrico VI di Svevia - il figlio di Federico Barbarossa che fu Re di Sicilia dal 1190 al 1197 - e che poi sarebbe andato distrutto intorno al XVI secolo. Potrebbe trattarsi di una ricostruzione in epoca sveva del vetusto castello bizantino, a sua volta ristrutturata nell'età del Vicereame spagnolo di Napoli, presumibilmente per rafforzare le difese interne dalle scorrerie dei Turchi, particolarmente attivi nella zona sino alla fine del Cinquecento. Il già citato Apprezzo ci fornisce una descrizione abbastanza dettagliata del castello nel 1653: subito dopo l'entrata, sulla destra vi erano un cortile, una stalla ed una legnaia a cielo aperto, quindi un locale coperto dal quale si accedeva ad un grande deposito ed alle stalle coperte per i cavalli, quindi alla cucina di due stanze. A sinistra dell'entrata si trovavano alcuni magazzini e il pozzo della cisterna con l'abbeveratoio. Per una scala scoperta si accedeva al primo piano ad un quartierino di quattro stanze e una loggetta coperta da tetti lignei e tegole, quindi ad un altro appartamento più signorile con una sala più ampia e altre tre camere con volta a botte in pietra. Dalla sala si ascendeva alla Torre, che ospitava ad un primo livello tre piccole stanze, e al secondo livello due altre camere, prima di arrivare sulla cima, "dalla quale si gode lontani paesi, città, terre, territori piani, colline, et la marina". Di quel castello esiste oggi ben poco, celato sotto le ristrutturazioni e le superfetazioni che hanno ricoperto ciò che è stato risparmiato dal piccone nel corso del XIX e XX secolo. Gli ultimi interventi sul perimetro della antica fortezza si sono consumati negli anni '50, quando sul lato sud di abbatterono i locali che ospitavano una taverna e la torre, per realizzarvi rispettivamente il Mercato Coperto ed una palazzina di civili abitazioni. Restano ancora evidenti (ed utilizzati) alcuni sotterranei e gli antichi locali del primo livello di costruzione, dal muro esterno leggermente a scarpata, adibiti a cantine, rimesse ed attività artigiane, che si affacciano su via Muraglie».

http://www.comune.mottola.ta.it/index.php?option=com_content&view=article&id=49:il-castello&catid=16:catcentrostorico&Itemid=90

«Percorrendo Via Torretta ci si imbatte nel portale di uno dei pochi edifici della Schiavonia che mostri una qualche pretesa architettonica ed estetica, Palazzo Putignano. Mottola presenta nel suo Centro Antico, a differenza di molti altri comuni vicini, una quasi assoluta mancanza di dimore patrizie e di palazzi di pregio. Questa assenza può essere spiegata con l'asservimento feudale della maggior parte del territorio comunale che è durato per secoli e che ha consentito lo sfruttamento delle ricchezze del latifondo praticamente solo da parte delle famiglie feudatarie. La maggiore dinastia feudale è stata quella dei Caracciolo, duchi di Martina, a partire dalla metà del XVII secolo fino quasi ai nostri giorni, i quali investivano prevalentemente altrove - a Napoli o a Martina, dove peraltro risiedevano - i ricchi proventi del feudo mottolese. Mottola dall'epoca angioina sino ai Borboni è stato quindi un centro a prevalente economia bracciantile e piccolo contadina, ed a causa dell'immobilismo feudale non ha potuto assistere, fino quasi agli albori del XIX secolo, alla creazione di quel florido ceto imprenditoriale, agrario e commerciale che ha favorito le fortune e lo splendore architettonico di tanti altri Centri Antichi della regione. La tradizione vuole che nell'area occupata dall'attuale slargo di via Torretta e dalle costruzioni adiacenti si elevasse una "altissima torre" con la base circolare del diametro di circa 9 metri, innalzata dagli abitanti nel 927, in periodo bizantino, per difendersi meglio dalle incursioni dei predatori che all'epoca venivano a saccheggiare queste terre (Longobardi, Saraceni, Ungari, Slavi). La torre venne distrutta nel corso del XIX secolo. Più avanti la viuzza sfocia su via Mazzini, di fronte al Monumento ai caduti, eretto nel 1982 su disegno dell'arch. Salvatore Favale (i pannelli ceramici sono opera del ceramista grottagliese Leonardo Linoci)».

http://www.comune.mottola.ta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=58&Itemid=90


Palagianello (castello, villaggio rupestre)

a c. di Stefano Favero


Palagiano (borgo storico, palazzo baronale)

Dal sito www.iluoghidelcuore.it   Foto di P. Paladino, dal sito www.galcsajt.it

«Il centro storico di Palagiano è costituito da due rioni: La Terra, che comprende le vie: Pagano, le Mura, Roma, piazza Vittorio Veneto e via De Gasperi. Il secondo rione è il Convento delimitato dalle vie: Carmignano, Sforza, Mafalda, Petrarca, Duca d'Aosta, XX settembre. Sebbene molti palazzi signorili sono stati demoliti, ricostruiti o ristrutturati, i segni della loro origine è ancora presente nella memoria dei più anziani. Tra gli altri il Palazzo Baronale (detto castello), situato nella zona centrale della città, nei pressi del Municipio. Si presenta con forma quadrangolare in stile barocco pugliese poggiato su fondazioni molto antiche. Il palazzo Sannella risale al XVII e presenta ancora qualche particolare architettonico neorinascimentale. Poco distante dalla Chiesa dell'Immacolata si vede l'antico palazzo della cancelleria, una volta sede del Decurionato e proseguendo dalla Chiesa dell'Immacolata su Corso Lenne vi sono case appartenenti ai primi anni del 1900. Sulla medesima via la ex caserma dei carabinieri ora adibita ad Auditorium comunale risalente alla fine dell'800. Decentrati rispetto a questo primo nucleo, troviamo i palazzi delle famiglie Carano in via dei Mille dei Toria in via Trento, dello scrittore Padre Giovanni Maria Sforza».

http://it.wikipedia.org/wiki/Palagiano#Architetture_civili


PETRUSCIO (resti della torretta)

Resti della torretta, dal sito https://blogcamminarenellastoria.files.wordpress.com   Resti della torretta, dal sito www.perieghesis.it   Il villaggio rupestre di Petruscio, dal sito www.visitmottola.com

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Sergio Natale Maglio (https://www.facebook.com/sergio.n.maglio)

«Il villaggio rupestre di Petruscio conserva sullo spalto occidentale i resti di una torretta rotonda di fortificazione, ancora in parte eretta. Essa è stata datata al X-XI secolo, sia per i raffronti con analoghe strutture altomedievali di difesa che per la mancanza di resti di invetriata – che ebbe una larga diffusione in Puglia dall’XI-XII secolo – tra le ceramiche recuperate durante i survey archeologici effettuati nei suoi dintorni. Sono invece molto comuni frammenti di ceramica a bande rosse, anche nella malta della torre, che ebbe una ampia diffusione in Puglia tra il IX ed il XIII secolo. La presenza di una torre di avvistamento presso un villaggio rupestre è stata riscontrata nel Tarantino anche nella Lama di Penziero di Grottaglie».

Sergio Natale Maglio, Storia di Mottola e dei suoi feudatari, Martina Franca 2016, p. 39, e Id., Clima e migrazioni nella Puglia della colonizzazione trogloditica bizantina, in Riflessioni Umanesimo della Pietra, Martina Franca 2003, p. 132.

Vedi anche: Domenico Caragnano, La Torre di Petruscio nel territorio di Mottola (TA) – Note sui sondaggi archeologici e topografici effettuati nel luglio 1996, in "Archeogruppo", Massafra 1997, n. 4, pp. 29-38.


Pulsano (castello De Falconibus)

a c. di Gianluca Lovreglio

  

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)   Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)   Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)


PULSANO (resti delle mura, torre dell'Orologio)

Resti delle mura, porta Taranto, dal sito www.popolopulsanese.com   Dal sito www.comune.pulsano.ta.it   Dal sito www.prolocopulsano.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Resti delle mura, porta Taranto, foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)   Foto di Lucia Lioi (https://www.facebook.com/lucia.lioi)

«Alcune fonti risalenti al 1838 sostengono che il primo feudatario a possedere il Casale di Pulsano fu Falco de Falconibus. Casale aperto e con una sola torre detta Torre massima. Il suo successore, Marino, fece edificare il Castello e la muraglia nel 1430, come attesterebbe una iscrizione, ormai scomparsa, ma riportata in una requisitoria pubblicata nel 1838 e risalente al 1550. La Terra di Pulsano, in seguito, fu racchiusa da Mura di cui il Castello costituiva la fortezza nell’angolo di Nord-Est. Mura che probabilmente erano a forma rettangolare, con torri ai quattro lati, una delle quali potrebbe essere incuneata tra le case di Via Molini Vecchi di cui merlature sono ancora visibili. Pulsano è stata stretta, nel corso dei secoli, da più cinte difensive, prima ancora di portarsi a quella definitiva. Nel 1996, in Piazza Oratorio dinanzi alla Chiesa dell'Oratorio, in occasione di scavi per la posa in opera di tubature dell'acquedotto, affiorarono le opere murarie di fondazione della primitiva chiesa del paese, che furono oggetto di vivo interesse da parte dei cittadini e degli studiosi. Tra i resti rinvenuti è stato scoperto solidale con la struttura portante di base dell'antico edificio un setto murario pertinente ad una cinta difensiva, orientato, per il tratto rinvenuto, in senso est-ovest, e lungo mt. 10 circa, cui doveva corrispondere il passaggio di una ancora più remota cinta medioevale dell'antico casale» - «Torre dell'Orologio e altri resti delle mura di Pulsano. La torre, costruita sulla vecchia guardiola della Porta Maggiore iniziò a funzionare nel 1748, fu distrutta dal terremoto del 1954 e, dopo l'iniziale ricostruzione che ne rimise in sesto orologio e sistema campanario, fu ristrutturata nel 2006. Faceva parte delle vecchie mura pulsanesi anche la torre sita tra le case di via Mulini Vecchi».

https://www.popolopulsanese.com/home-pulsano/storia-e-bellezze-di-pulsano... - https://www.ansa.it/viaggiart/it/city-5604-pulsano.html


PULSANO (torre Castelluccia)

Dal sito www.italyis.com   Dal sito http://comune.pulsano.csttaranto.it

«Torre Castelluccia (la Kaštiduzza in dialetto pulsanese) è una torre costiera salentina situata a Marina di Pulsano, in Provincia di Taranto. È una delle numerosi torre costiere fatte edificare nel '500 dagli spagnoli (che controllavano il Regno di Napoli) in tutto il Salento (da Taranto a Brindisi passando da Santa Maria di Leuca) per proteggerlo dagli attacchi saraceni. Si trova a sud di Torre Saturo, sita a Marina di Leporano, e a nord di Torre Zozzoli (detta "Torre Sgarrata"), sita nell'isola amministrativa di Taranto, tra Marina di Pulsano e Marina di Lizzano. È situata su un altopiano che porta il suo nome all'interno del Bosco Caggione e si affaccia sulla baia di Lido Silvana. Il bosco nel quale la torre si trova è stato meta ambita da turisti italiani e stranieri quando, prima dell' incendio del 2001, ospitava un campeggio internazionale. Dopo il già citato incendio, solo la parte del bosco situata sull' altopiano della Castelluccia è rimasto intatto; la parte sottostante, dove era sito il campeggio, è andata persa. Nei pressi della torre è stato rinvenuto, grazie agli scavi del lustro 1948-1952, il più antico villaggio finora messo alla luce sul Golfo di Taranto. Il villaggio, la prima Pulsano, risale al XVI secolo a.C. ed è collocabile nell'età del bronzo, nella preistoria».

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Castelluccia


Roccaforzata (castello feudale)

a c. di Gianluca Lovreglio


San Giorgio Jonico (castello d'Ayala)

a c. di Gianluca Lovreglio


San Marzano di San Giuseppe (palazzo marchesale)

Dal sito www.comunesanmarzano.ta.it   Dal sito www.prolocomarciana.it

«L’area sulla quale è ubicato l’attuale Palazzo Marchesale, secondo il Farella, in origine era il Castrum Carrellum (tesi però non condivisa da altri storici), abbandonato forse per epidemie o saccheggi, e divenuto in seguito La Masseria delli Rizzi, distrutta anch’essa dalle varie scorrerie e abbandonata. Successivamente, su quella stessa area fu innalzato il palazzo, dopo il 1530, per volontà del barone Demetrio Capuzzimati che lo volle edificare sulla linea di confine dei due feudi da lui acquistati (li Rizzi e San Marzano). La costruzione ha subito vari rifacimenti nel corso dei secoli, ma la struttura principale si deve al periodo dei marchesi Lopez ( 1639-1699) e alla marchesa Elena Castriota e alla famiglia Castriota (1700-1744). Il primo documento dal quale si desumono le prime notizie intorno all’attuale Palazzo Marchesale è del 5 dicembre 1630 redatto dal tavolaro S. Pinto, incaricato dalla Regia Camera della Sommaria di valutare i beni in possesso del barone Demetrio Capuzzimati junior in merito all’ordinanza di esproprio del feudo a causa dei debiti da questo contratti. In un successivo documento del 1633 redatto dal tavolaro Scipione Paterno, si ha notizia anche di un “ponte a levatore”, oggi non più esistente, e quindi, si presume, ci dovesse essere anche un fossato. Sotto il marchesato di Donna Elena Castriota ( 1699-1709) è stato sicuramente impresso un operoso impulso alla struttura definitiva del corpo di fabbrica, portandolo allo stato quale noi oggi possiamo osservare. E a lei si deve il completamento della piccola chiesa di S. Gennaro, all’esterno del corpo di fabbrica. Nel suo insieme il Palazzo Marchesale ha uno stile sobrio, elegante ma imponente. Ben strutturato ed armonico, con un loggiato grazioso e una fuga di arcate eleganti: si nota il buon gusto tipico dello stile rinascimentale della fine del XVI-XVII sec. Sul portone corre un passaggio coperto che congiunge il palazzo al coretto della Chiesa di S. Gennaro, dove i feudatari assistevano alle celebrazioni religiose. Dal portone si accede al cortile interno e da questo al piano superiore per una scalinata pietrizia. Sull’ ampia volta vi è dipinto lo stemma dell’ ultimo marchese di San Marzano, Bonelli. Le famiglie che si sono succedute nella proprietà del Palazzo dal 1530 ad oggi sono: i Capuzzimati (1530-1638), i Lopez (1639-1699), i Castriota (1700- 1744), i Galluccio (1745-1755), i Capece-Castriota (1765-1806), i Bonelli (1806-1929), i Casalini (1930-a tutt’oggi)».

http://www.prolocomarciana.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=83:palazzo-casalini&Itemid=148


San Pietro in Bevagna (torre)

Dal sito www.maruggio.eu      Dal sito www.prolocomaruggio.it

  

«È una torre costiera antisaracena, situata in Piazza delle Perdonanze in pieno centro di San Pietro in Bevagna, la marina di Manduria. Comunica ad est con Torre delle Saline, tra le località di Specchiarica e Torre Colimena, e ad ovest con Torre Borraco, tra Campo de' Messapi e Campomarino di Maruggio. Non si conosce con precisione la data della sua costruzione, secondo alcuni studiosi potrebbe risalire alla fine del XV secolo. Nel 1578 fu acquistata per 807 ducati dalla Regia Corte. La Torre presenta come caratteristica architettonica, una forma a “cappello di prete”, la pianta di forma ottagonale a stella, ed è provvista di caditoie pensili. A ridosso della torre è stata costruita una chiesa di stile neogotico dedicata a San Pietro. La chiesa sorge, nel luogo in cui, secondo la tradizione, l’apostolo Pietro sia sbarcato nel I sec. d.C. Infatti gli scavi archeologici hanno portato alla luce reperti riguardanti la prima cripta che si trova al di sotto dell’edificio religioso e risalenti a IX secolo. Oggi la Torre è di proprietà del comune» - «Nel 1578 fu acquistata dalla Regia Corte per 807 ducati. Dall’inizio del ‘900 sul lato nord è addossata una chiesa collegata ad una cripta ricavata dalla cisterna della torre, in cui la tradizione popolare vuole che San Pietro abbia battezzato dopo li suo sbarco. Ha la caratteristica forma a “cappello di prete” (ottagonale a stella). Secondo alcune fonti risale al 1500, secondo altre al 1575».

http://castelliere.blogspot.it/2017/10/il-castello-di-lunedi-2-ottobre.html - http://www.mandurianet.it/guida/monumenti/monumenti.php...


Sava (palazzo baronale)

a c. di Gianluca Lovreglio


Statte (masseria Accetta Grande)

Dal sito www.maxfest.it/web_site/location   Dal sito www.liguria2000news.com

«è posizionata sul lato avest della Gravina di Leucaspide, non ha un uso specifico. è costituita da un imponente edificio, della tipologia a corte chiusa. Alla masseria si accede per mezzo di due portali. Sono presenti diversi ovili con relativo mungitoio, stalle, un colombaio e gallinaio. Un chiesetta completa il panorama esterno alla corte».

http://www.comunedistatte.gov.it/p/43.html


Statte (masseria fortificata di Leucaspide)

Dal sito www.perieghesis.it   Dal sito www.perieghesis.it

«Costruita nel Cinquecento dai Gesuiti, nel Seicento la masseria fu possedimento dell’ordine monastico delle Clarisse e nell’Ottocento appartenne a sir James Lacaita, gentiluomo italo inglese, patriota e senatore del Regno d’Italia. Il figlio di questi, Charles, fu un valente botanico e condusse importanti studi sulla flora delle gravine. La masseria, circondata da una bella veranda ad archi, è caratterizzata dal colore bianco, dal giardino storico, da una chiesetta e da splendidi campi e frutteti. La fattoria nel tempo ha avuto diversi frantoi, ad oggi se ne contano almeno tre; il più antico era ipogeo ed in origine era provvisto di almeno due macine. Era inoltre provvista di ovile ed aia. La casa padronale, disposta su due piani, è dotata di una loggia porticata che si affaccia su un grazioso aranceto, dal quale si poteva raggiungere il giardino. Alle spalle della casa si trova un altro edificio disposto su 2 livelli: zona residenziale al piano superiore ed alcuni locali di servizio al piano inferiore. Addossato a questo edificio si trova la semplice chiesetta con campanile a vela. Da notare l'imponente colombaio a torre, dotato di cinque piccole monofore che scandiscono la parte superiore dei quattro lati. Durante i suoi lunghi soggiorni nella Masseria di Leucaspide, Sir Lacaita vi ospitò spesso importantissimi personaggi: un'Iimperatrice, principi e principesse, uomini di governo. Tra gli ospiti della masseria va certamente ricordata la londinese Janet Ross, che subì a tal punto il fascino della terra di Puglia da dedicarvi uno dei suoi scritti, La terra di Manfredi, vero e proprio reportage attraverso la Puglia di fine Ottocento».

http://www.habitatrupestrepuglia.it/index.php?Canale=Cosa%20vuoi%20trovare?&IDCanaleSub=8&IDCanaleSubSub=0&IDItem=138&ItemType=BA


Statte (masseria fortificata Sava)

Dal sito www.habitatrupestrepuglia.it

«è custodita in un muro di cinta in cui si apre un sobrio portale. Al suo fianco una cappelletta dimessa su cui però si eleva un timpano e un alto campaniletto a vela in pietra tufacea corrosa dalle intemperie. Il corpo di fabbrica principale della masseria è coronato da garitte con pinnacoli dalla funzione difensiva. Altri fabbricati molto spartani sono destinati alle stalle e ai magazzini. La masseria è dotata anche di una neviera».

http://www.habitatrupestrepuglia.it/index.php?Canale=Cosa%20vuoi%20trovare?&IDCanaleSub=8&IDCanaleSubSub...


Statte (masseria fortificata Spagnolo)

Dal sito http://digilander.libero.it/antonio1956/difesa.htm   Dal sito www.perieghesis.it

«La Masseria Spagnolo deve il suo nome ad un cavaliere spagnolo, Fabiano De la Torre, che la possedeva nel Cinquecento. Nell'Ottocento la masseria ha subito importanti modifiche che ne hanno mutato l'aspetto facendola somigliare ad un castello medievale per via delle orlature disposte sugli edifici. La casa padronale è posta al piano superiore, mentre i locali del piano inferiore ospitavano la stalla, il magazzino, il deposito degli attrezzi ed altri locali di servizio. Da notare la cappella con campanile a torretta e il bel giardino dotato di angoli destinati allo svago. Attualmente “Castello Spagnolo” è un’elegante e ricercata struttura ricettiva».

http://www.habitatrupestrepuglia.it/index.php?Canale=Cosa%20vuoi%20trovare?&IDCanaleSub=8&IDCanaleSubSub...


Statte (masseria fortificata Todisco)

Dal sito www.habitatrupestrepuglia.it   Dal sito www.perieghesis.it

«Sita ad est del paese, a ridosso di un dirupo della gravina, risale al XVI secolo e presenta garitte e torri di avvistamento tali da renderla un edificio fortificato. Questi elementi difensivi, che probabilmente hanno compromesso l'aspetto originario della struttura, sono il frutto dei rifacimenti ottocenteschi voluti dai D'Ayala Valva, ai quali la masseria passò verso la metà dell'Ottocento. Di notevole interesse storico, la masseria conserva integre le caratteristiche architettoniche e morfologiche di un casale. è dotata di un caratteristico frantoio ipogeo, composto da due macine e da una batteria di torchi alla genovese, una serie di stanze ai lati del corridoio sottostante, di cui alcune adibite al contenimento delle olive e altre come dimore per animali e per prestatori d’opera. All'esterno si trova una lapide muraria che riporta lo stemma dei d'Ayala Valva».

http://www.habitatrupestrepuglia.it/index.php?IDCanale=1&IDCanaleSub=8&IDCanaleSubSub=0&IDItem=140&ItemType=BA


Statte (masserie fortificate)

Dal sito www.perieghesis.it   Dal sito http://digilander.libero.it/ledelgi/page6.htm

«Breve scheda sulle masserie del territorio di Statte. Nel periodo normanno, quasi tutto il territorio di Statte era sottoposto a vincolo demaniale, e veniva affittato nel periodo estivo dalla tesoreria del Regno per uso pascolativo ai possessori di greggi di località montane specie Lucane. Mentre ai Signori di Taranto era concesso solo recintarne una piccola parte per il pascolo dei propri greggi. Ma ...fatta la legge, trovato l'inganno, cominciarono a sorgere delle recinzioni abusive o Difese, che impedivano di fatto il pascolo su parte del territorio. All'interno di queste Difese sorsero case agricole e civili ad uso dei Signori e dei loro coloni. Col tempo ed anche col cambiare dei regimi, l'erezione delle Difese continuò (Difesa di S. Angelo a Migliaro, attuale masseria Todisco, difesa di Vucchiara, attuale masseria Giranda, difesa di La Noce attuale masseria di Capocanale, ecc.). Ovviamente questo stato di cose non poteva continuare e nel XVI secolo un solerte doganiere tentò di riportare le Difese nell'ambito legale; i proprietari tarantini ricorso in vari giudizi presso la Regia Camera, ribadendo che l'uso dei pascoli doveva essere di uso esclusivo delle comunità locali, dal momento che a queste non era rimasto che aria e acqua. I vari giudizi si conclusero favorevolmente per i signori Tarantini, ma la conseguenza fu singolare: i proprietari montani di greggi continuarono a venire sul nostro territorio, ma invece di pagare al Demanio, stipulavano contratti con i signori locali. Le difese aumentarono sempre di più e diventarono dei piccoli castelli dove i proprietari trascorrevano vari periodi dell'anno, ed erano ovviamente attrezzati per sfruttare in loco le risorse del terreno: si erano così affermate le masserie. ...».

http://digilander.libero.it/ledelgi/page6.htm


Statte (palazzo baronale)

Dal sito http://statte-ambiente-territorio-tradizioni.blogspot.it   Dal sito digilander.libero.it/ledelgi/page7_a.htm

«Il filo conduttore della storia di questo territorio è rappresentato dalle grotte: nelle grotte abitarono i primi nuclei di stattesi. Contadini che si stabilirono nel Canale della Zingara, oggi ancora abitato e i cittadini residenti in quella zona utilizzano le grotte naturali come cantine o proprio come vani di casa. Tra il XIV e il XVIII secolo il feudo di Statte fu gestito da diverse famiglie feudatarie e probabilmente sul Canale della Zingara, sul villaggio delle grotte, dominava a quel tempo un castello, del quale oggi non restano tracce. Nella metà del 700 i Blasi acquistarono il titolo di baroni e fecero costruire un palazzo e una cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Al termine del periodo feudale Statte dipese dal circondario di Taranto e in seguito fu borgata».

http://www.comunedistatte.gov.it/p/33.html


Taranto (castello Aragonese)

a c. di Gianluca Lovreglio


Taranto (cittadella di Raimondello)

a c. di Gianluca Lovreglio


TARANTO (palazzo D'Aquino)

Dal sito www.cabrinitaranto.net   Dal sito https://faitaranto.wordpress.com

«Il Palazzo D'Aquino di Taranto è uno dei palazzi del Borgo Antico della città. Fu costruito sul finire del Cinquecento, e diventò di proprietà della nobile famiglia dei d'Aquino nel Seicento. L'ingresso del palazzo si trova a pendio La Riccia. La famiglia dei conti di Aquino, di antica estrazione longobarda, giunse a Taranto nel XV secolo come alleata nella congiura ordita contro Ferdinando I di Napoli da Giovanni Antonio Orsini Del Balzo. Da questo ramo tarantino ebbe i natali il letterato Tommaso Niccolò d'Aquino. Il palazzo fu anche destinato in parte ad ospitare l'"Accademia degli Audaci", un circolo culturale istituito nella seconda metà del Cinquecento dallo storico Giovanni Giovine e dal poeta Cataldo Antonio Mannarino, collegato con quelli di Napoli e Roma. Tommaso Niccolò d'Aquino continuò ed intensificò l'attività dei suoi predecessori presso questa accademia, promuovendo discussioni e studi sui temi legati alla poesia, alla teologia, alla filosofia, alla botanica e alla zoologia, e favorendo la diffusione del sapere nella città insieme al Seminario Arcivescovile ed al collegio dei padri Gesuiti. La destinazione prevista per il palazzo è attualmente quella di sede dell'Archivio Storico Comunale e sede universitaria. L'edificio ha una struttura quadrangolare, e i suoi ambienti si sviluppano intorno ad un cortile interno. Alle sue spalle si apre un grande giardino. La facciata presenta un grande portale, fiancheggiato da due rocchi in granito che fungevano da paracarri. Ai suoi lati si aprono due grandi finestre rettangolari con cornici imponenti. Una lapide in marmo ricorda inoltre l'illustre tarantino:"Tommaso Niccolò d'Aquino in questa casa nacque nel 1665 e morì nel 1721. Qui ospitò l'Accademia degli Audaci. Il Comune nel secondo centenario della morte". All'interno è invece possibile notare in alcune sale le tracce di antichi affreschi decorativi».

https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_D%27Aquino


Taranto (torre del Gallo)

a c. di Gianluca Lovreglio


TARANTO (torre dell'Orologio)

Dal sito www.comune.taranto.it   Dal sito www.tripadvisor.it

«La torre dell'Orologio è l'unico monumento significativo che sia rimasto in piazza Fontana, dopo le demolizioni della fine dello scorso secolo nel corso delle quali vennero abbattute la Torre di Raimondello Orsini, la Cittadella e la Fontana della piazza. Probabilmente fu realizzata, nella metà del Settecento, su una precedente struttura di origine medievale. In seguito vennero aggiunti la struttura frontale a forma di poligono (1799) e la cuspide campanaria (inizi del 1800). La campana più piccola fu realizzata nel 1756 e quella più grande nel 1818. I motivi ornamentali che ne caratterizzano la facciata (formelle ottagonali e conchiglie) sono tipici del Settecento. L'orologio che è attualmente in funzione, e al quale ancora si continua a dare la corda quotidianamente, fu costruito all'incirca alla fine dello scorso secolo dagli artigiani napoletani della ditta E. O. Caccialupi. I rintocchi delle campane e lo scorrere delle ore segnato dalle lancette dell'orologio continuano ad essere il filo conduttore di questo angolo della città vecchia. La torre dell'orologio è stata salvata dall'amministrazione comunale, con un accurato intervento di restauro, quando era ormai a rischio di crollo».

http://www.comune.taranto.it/index.php/taranto-tra-storia-ed-immagini/taranto-attraverso-le-immagini/58-la-citta/taranto-tra-storia...


Torri costiere del Tarantino

Dal sito http://digilander.libero.it/antonio1956/difesa.htm   Dal sito www.fondazionemichelagnoli.it

«...Su ordine dell'imperatore Carlo V, l'Italia meridionale fu dotata di torri di avvistamento. Nel Salento ne furono costruite molte ed a distanza più ravvicinata, l'una dall'altra, rispetto a quelle edificate nel resto del meridione. La costruzione delle torri marittime venne fatta in una posizione strategico-militare (cioè a catena) tale da permettere ad ogni torre di controllare le due più vicine ad esse. Ne risultò una linea interrotta di fortificazione difensiva le cui singole torri comunicavano tra loro visivamente tramite segnali: fumate di giorno, fuoco di notte e/o acusticamente mediante campane, colpi di cannone o archibugio. Le torri erano, e sono ancora tutt'oggi (quelle rimaste), di forma quadrangolare, per la maggior parte piccola, solo alcune di maggiori dimensioni. L'ingresso era posto generalmente al piano superiore e si poteva accedere tramite una scala di legno che poteva essere abbassata solo dall'interno. La tipologia della torre è in prevalenza la stessa: divisa in due piani: il primo piano, senza finestre era posto sopra una grande cisterna che garantiva l'acqua e veniva usato come deposito viveri e munizioni e la presenza di una macina garantiva un'autosufficienza alimentare; nel secondo piano, raggiungibile con una scala esterna, vi sono le stanze per dormire ed un camino per segnalare, con cortine fumogene, gli eventuali attacchi; caditoie e feritoie garantivano una primaria difesa del fortilizio; talvolta un secondo piano veniva usato come dormitorio ed il terrazzo, dotato di canna fumaria e di una garitta consentiva il personale di guardia di spaziare l'orizzonte.

La torre doveva avere un piano di fondazione, una cisterna nel terrapieno della torre e una canalizzazione per la raccolta dell'acqua piovana. Il piano terra, generalmente costituito da una sola sala con la volta a botte, pavimento in pietra e senza aperture all'esterno era destinato a deposito di armi e viveri. Il piano superiore era generalmente costituito da un salone, spesso uno solo, che fungeva da soggiorno e pranzo con annesso un caminetto in pietra. L'accesso avveniva tramite una scala in pietra separata dal corpo fabbricato e unito generalmente con un ballatoio, oppure in alcuni casi da una scala mobile che veniva ritirata nell'interno. Dal vano abitabile doveva esistere una scala di accesso al terrazzo protetta da una apertura sulle mura (caditoia), posta perpendicolarmente, e da due laterali. Le caditoie (una era sempre sulla porta d'ingresso), rendevano difficile al nemico l'accostarsi alla torre per tentarne la scalata o per abbattere la porta di accesso. Attraverso le caditoie, infatti, i difensori lasciavano cadere pesanti proiettili (pietre) su chiunque tentasse di accostarsi. Tutte le torri avevano un terrazzo, con una garitta di guardia ed il foro del camino che serviva anche per le segnalazioni di fumo, alcuni erano muniti di cannoni e vi erano depositate le bombarde e le palle. I parapetti, piuttosto elevati presentavano feritoie e merli. Lo spessore dei muri variava dai 4 metri del piano inferiore ai 2,5 metri del piano superiore. Fino alla metà del 1500 le torri erano cilindriche, quelle erette dalle Università (paesetti) erano ampie perché erano adibite anche a rifugio dall'attacco dei pirati. La forma quadrangolare fu voluta dal Regno di Napoli per consentire l'uso di artiglierie ai quattro lati. Alcune torri poste a difesa di punti strategici importanti furono dotate di artiglieria (falconetti, colubrine e mortaretti) e di archibugi, altre di dimensioni minori avevano il compito principale di avvistamento. ...».

http://www.fondazionemichelagnoli.it/progetti/Torri%20costiere%202.htm


Torricella (castello)

a c. di Gianluca Lovreglio


Uggiano Montefusco (castello)

a c. di Gianluca Lovreglio


                  

     

      

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