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TUTTE LE FORTIFICAZIONI DELLA PROVINCIA DI FORLì-CESENA

in sintesi

I castelli della provincia trattati da collaboratori del sito sono esaminati nelle rispettive schede. I testi presentati nella pagina presente sono tratti invece da altri siti internet: della correttezza dei dati riportati, castello per castello, sono responsabili i rispettivi siti.

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Bertinoro (rocca)

a c. di Renzo Bassetti


Bocconi (castrum e borgo di Bastia, torre Mazzoni)

a c. di Renzo Bassetti


Borghi (mura malatestiane)

Dal sito www.prolocoborghi.it   Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it

«I lavori di ripristino, degli anni Cinquanta, hanno restituito quasi tutto il circuito delle mura del castello malatestiano, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Borghi si presenta come un piccolo borgo sopra un podio circondato dalle mura, che comprende due torrioni circolari angolari e due ingressi. Le mura attuali ricalcano, anche nei materiali, quelle realizzate al tempo di Sigismondo Pandolfo Malatesta a metà del XV secolo, e ristrutturate dal Sassatelli nel XVI secolo».

http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/18/172 (a cura di Barbara Vernia)


Calbano (castello)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it   Dal sito www.sarsina.info

«Nonostante l’impietoso logorio dei secoli e le recenti deturpazioni degli uomini, il borgo di Calbano – chiuso a fortezza nel medioevo – sa offrire al visitatore immagini e sensazioni di tempi lontani. In cima al colle, che invita all’espansione edilizia la Sarsina moderna, Calbano fu certamente per i Romani – come probabilmente lo era stato prima per gli Umbri – un’arce di sicura difesa. Lo attestano i blocchi di arenaria e i numerosi mattoni d’età romana, rosseggianti fra le grigie pietre della cinta muraria medioevale, ancora visibile in molti tratti. Nel 1267 il vescovo Grazia vi tenne i "comizi generali" per deliberare sui diritti d’investitura e sui canoni enfiteutici. La Chiesa sarsinate, per concessione dell’imperatore Federico II, era venuta in possesso del castrum Calbane (antico dominio del vescovo di Ravenna) sin dal 1220, consegnandolo solo, ma per breve tempo, nel 1406 ai bellicosi Malatesta di Cesena. Nel 1371 l’Anglico vi censì 12 "fuochi" e, più o meno, vi dimoravano le stesse famiglie nel 1733 allorché il novello vescovo Vendemini, proveniente da Ciola, sostò presso la residenza turrita del governatore Zambini. Ora la muraglia rimasta del "maschio" continua a spiare Sarsina e gli escursionisti che risalgono la collina. Ma la secentesca chiesa di Sant’Antonio, che s’addossa sul fianco, ne attenua l’ardore guerresco. Vigilano, a nord-ovest, l’ingresso alla rocca due torri circolari che, mozzate ed avvilite ad usi diversi, si presentano tronco-coniche in basso e cilindriche in alto. Dentro, le basse abitazioni s’allineano nel perimetro antico e si guardano dai gradini di pietra».

http://www.comune.sarsina.fc.it/turismo/calbano.htm


Castel d'Alfero (borgo e cinta muraria)

a c. di Renzo Bassetti


Castelnuovo Sasso (ruderi del castello e borgo)

a c. di Renzo Bassetti


Castrocaro Terme e Terra del Sole (fortezza di Castrocaro)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a c. di Renzo Bassetti

  


Cesena (mura, porte)

Dal sito www.residenzedepoca.it   Dal video www.youtube.com/watch?v=XAJD3gr6HaI

«La cinta muraria ha sempre seguito lo sviluppo civile, economico e demografico della città, segnato dalle aggiunzioni progressive e dagli adeguamenti del suo circuito difensivo, per secoli costante motivo di preoccupazione (data la sua fondamentale funzione) e nello stesso tempo limite fisico che distingueva "la città". A Cesena le mura urbiche si sono quasi integralmente conservate, caso abbastanza raro, data l'estensione del circuito murario che ancor oggi, nella caratteristica forma di "scorpione", racchiude il Centro storico, la cui ampiezza è rimasta praticamente inalterata da quando si giunse alla forma esistente nel corso del sec. XIV. Della più antica "Murata" (cioè la cinta muraria medioevale) citata dalle fonti, abbiamo solo una descrizione molto tarda del Cardinal Anglico (1371): "Ancora nella detta città di Cesena vi è una parte chiamata Murata posta sulla parte alta del Monte, circondata da un alto muro, nella quale si trovano due grandi palazzi uno vecchio e l'altro nuovo che fece costruire il signore di Santa Sabina (cioè il cardinal Albornoz). Inoltre nella Murata vi sono tre porte con sentinella a difesa: la porta Montanara, per il tramite della quale si va verso la montagna, è posta vicino alla rocca (l'attuale Porta Montanara è più a monte rispetto all'ubicazione antica); la seconda porta si trova in mezzo ai sopraddetti palazzi sopra la piazza di Cesena (all'inizio di via Malatesta Novello, fu detta Del Leone) e per il tramite di essa si entra nella Murata venendo dalla piazza (….); la terza porta si trova vicino al luogo degli Eremitani di S. Agostino (…)"; quest'ultima, detta Del Soccorso, ubicata all'inizio di via Fattiboni, sarà abbattuta nel sec. XVIII. Tuttavia complessivamente si ricava che le mura urbiche nel corso dei secoli XIII-XIV subirono aggiunzioni e ampliamenti (data la scarsità della documentazione in nostro possesso, non riusciamo però bene a seguire), prima della sistemazione definitiva malatestiana e rinascimentale. Il breve tentativo politico di Cesare Borgia richiamò però a Cesena Leonardo da Vinci che, nel corso del 1502, studiò migliorie nel sistema murario difensivo della città e progettò quel famoso canale navigabile che avrebbe dovuto collegare Cesena al porto di Cesenatico. La successiva dominazione papale, privando completamente la città di una sua autonomia, lasciò fino all'Ottocento inalterate le sue dimensioni (fino a tutto il XVIII secolo le piante topografiche di Cesena ci restituiscono l'immagine di una città che vive ancora dentro le mura), conseguenza anche di una crisi economica e demografica che si andò accentuando nel corso del sec. XVII.

La cinta muraria già alla fine del sec. XIV presentava cinque porte d'accesso, oltre alle due cosiddette Portazze in corrispondenza dell'entrata e dell'uscita del torrente Cesuola dalla città: porta Figarola fu denominata dal 1684 S. Maria e poi demolita nel 1867; porta Santi o Romana, tuttora esistente, fu monumentalizzata nel 1819 dall'architetto Curzio Brunelli; porta Cervese fu ricostruita nel 1864 in posizione un poco più avanzata rispetto all'antica porta e, ridotta nella forma attuale, mutò la denominazione in Barriera Cavour; porta Trova venne atterrata nel 1867; porta del Ponte, oggi porta Fiume, si conserva ancora nell'antica veste, a guardia del ponte di S. Martino. Fu nel corso della seconda metà del sec. XIX che si aprirono contemporaneamente ampi varchi nella cinta, in corrispondenza di c.so U. Comandini e delle vie Mazzoni, Carbonari, Braschi e Quattordici; altri tratti furono inglobati da nuove costruzioni, mentre i fossati vennero colmati alla fine dell'Ottocento, in concomitanza con l'escavazione del Tunnel nella via omonima. Purtroppo col pretesto di sanare una realtà urbana degradata, s'iniziava tra il XIX e il XX secolo la fase degli sventramenti nel centro urbano che coinvolgono indirettamente anche le antiche strutture difensive, benché fortunatamente non si giungerà mai all'abbattimento indiscriminato del recinto murario.  Numerosi sono stati nel corso del tempo gli interventi meno traumatici, ma che tuttavia hanno interessato la cinta muraria: l'abbassamento della cortina mediamente per un'altezza di ca. m 4; alcuni torricini viceversa sono stati alzati rispetto alla quota originale; qualche tratto di mura è stato progressivamente assorbito dal tessuto edilizio. Complessivamente l'immagine della cortina muraria attuale è diversa da quella che si poteva ancora osservare agli inizi del sec. XIX, benchè sia tuttora in grado di restituirci efficacemente un esempio ben conservato di fortificazione tardo-medioevale: le mura hanno fondazioni "a scarpa" (ad eccezione di pochi tratti verso porta Fiume, più antichi, in cui il paramento murario presenta una quasi totale perpendicolarità); la parte inferiore del muro ha una fodera esterna di mattoni di spessore variante, mentre il nucleo interno è costituito da sassi e materiali vari legati da malta pozzolana.  Scorci a tutt'oggi suggestivi, che restituiscono un'immagine ancora viva di quello che fu il formidabile sistema difensivo urbano, si possono cogliere dai Giardini di Serravalle fino a porta Santi, dal Ponte di S. Martino presso la porta Fiume e anche dall'alto del colle Garampo, presso la porta Montanara».

http://www.zavagli.it/cinta%20muraria.htm


Cesena (palazzi Albornoz, del Ridotto, Guidi)

Palazzo Albornoz, dal sito www.comune.cesena.fc.it   Palazzo del Ridotto, dal sito www.stradavinisaporifc.it   Palazzo Guidi, dal sito www.comune.cesena.fc.it

«Palazzo Albornoz. Il nucleo originario fu edificato per volontà del cardinale Albornoz (1359-62). Durante l'età malatestiana fu sede della corte e, successivamente, del governatore pontificio. Solo dal 1722 accolse gli organi comunali; contestualmente, venne ampliato e posto nelle attuali forme neoclassiche. Al primo piano, il salone del Sindaco, con busto di Clemente XII e di cesenati famosi. Inoltre è attualmente esposto un prezioso pavimento musivo di epoca tardo-romana. è possibile accedere al Salone del Sindaco negli orari di apertura al pubblico del Comune. L'accesso alle altre stanze è, invece, interdetto al pubblico, tranne che in occasioni particolari. Palazzo del Ridotto. Si tratta del maggiore tra i palazzi civici della città. Costruito tra 1401 e 1403, poi ampliato tra 1466 e 1472, fu sede delle rappresentanze municipali (l'antico nome di 'Conservato' gli deriva dall'organo dei Conservatori). Dal 1722 divenne poi ritrovo dei nobili cesenati (da qui il nome di 'Ridotto'); essi, nel 1782, in onore di papa Pio VI Braschi, ne decretarono il rifacimento della facciata: il disegno di Cosimo Morelli portò a un pregevole esempio di neoclassicismo, arricchito dalla grande statua bronzea del pontefice (F. Calligari, 1791). Palazzo Guidi fu eretto nel 1719 nella zona orientale della città, per volere della famiglia Carli. Nel 1708 fu acquistato dai marchesi Guidi di Montiano che provvidero ad ampliarlo ed abbellirlo, munendolo di un ampio giardino e di un orto confinante con le mura urbiche. Nel corso del XVIII secolo alloggiarono nel palazzo numerose personalità di rilievo, tra le quali la duchessa di Parma, Dorotea Sofia, nel 1729, il re di Sardegna Vittorio Emanuele III nel 1741 e Napoleone Bonaparte nel 1797, come testimoniano le epigrafi conservate nell'atrio. Dopo essere divenuto proprietà della Congregazione di Carità, nel 1891 il palazzo fu acquistato dalla Banca Popolare di Cesena. Nei primi del Novecento passò al Comune che lo adibì a scuola; subì per questo modifiche strutturali che mutarono definitivamente la sua fisionomia originale. Oggi Palazzo Guidi è sede del Conservatorio Statale di Musica "Bruno Maderna", della Societas Raffaello Sanzio e dell'Aula Didattica Monty Banks. All'interno del palazzo è presente il laboratorio del liutaio Arturo Fracassi con strumenti di lavoro e materiale di documentazione, che nella ricostruzione consente di esaminare le fasi di lavorazione di uno strumento musicale dal progetto al prodotto finito».

http://www.comune.cesena.fc.it/cesenaturismo/edificistorici-palazzoalbornoz - ...palazzoridotto - ...palazzoguidi


CESENA (rocca Malatestiana)

Dal sito www.answers.com   Dal sito www.fuggire.it

Le foto degli amici di Castelli medievali

Particolare della rocca, foto di Marco Bianchi

«La Rocca Malatestiana è nata come fortezza militare a difesa della città di Cesena ed è la terza fortificazione costruita a poca distanza dalle rovine delle due precedenti, di epoca tardo romana e medievale. La prima fortezza, detta “Rocca antica”, si trovava più a monte, al Beccavento, sull’antico “castrum romanum”, e venne distrutta da una frana provocata da una piena del fiume Savio intorno all’anno 1000. Successivamente venne costruita più a valle la seconda, detta “Rocca vecchia” nota come “dell’Imperatore” perché nel 1177 vi soggiornò Federico Barbarossa che costruì nuove fortificazioni ed una torre poderosa nella quale visse per tre anni sua moglie Beatrice. In seguito a tutto questo Cesena fu annoverata tra le città imperiali. Anche Federico II giunse a Cesena nel 1241 per punire la città di essere passata tra i guelfi; dopo la resa i cesenati gli consegnarono il castello e Federico lo fece distruggere per costruirne uno nuovo più solido e strategicamente più difendibile, ma anche questo fu distrutto nel 1248 per ordine del card. Ottaviano degli Ubaldini, legato papale. Nel 1294, Malatestino, nominato podestà di Cesena, fece distruggere le fortificazioni residue e la chiesa all’interno del castello. Solo nel 1300, Federico di Guido da Montefeltro, divenuto capitano del popolo, fece riparare il “Castel Vecchio”, cioè quel “mucchio” di fortificazioni più volte demolite e ricostruite, ampliate e dimezzate, che costituirono, da quel momento in poi una rocca nuova rispetto e quella del Barbarossa, ma vecchia rispetto a quella che poi verrà edificata per volere di Galeotto Malatesta.  Nel 1380 incominciarono il lavori di costruzione della “Rocca Nuova o Malatestiana” per iniziativa di Galeotto Ma­latesta, che la rese punto strategico per la difesa della città. La cinta muraria, formata dalle alte e poderose cortine, è di pianta esagonale irregolare, con sette torri esterne di forme diverse; al centro si ergono le due torri comunemente denominate: Il Maschio quella più alta e snella, La Femmina quella più bassa e larga. I lavori terminarono all’incirca nel 1480, sotto la dominazione pontificia, regnante papa Sisto IV. Nel 1500 Cesare Borgia, chiamato “il Valentino”, eresse Cesena a capitale del Ducato di Romagna, centro del suo potere e nel 1502 fece venire in città Leonardo da Vinci, che all’epoca stava se­guendo la progettazione e costruzione del porto canale di Cesenatico, perché completasse la costruzione delle fortificazioni di piazza. Si deve quasi certamente al genio di Leonardo la soluzione adottata per le scale interne del torrione, sovrapposte e concentriche. Fino alla fine del 1700 la Rocca mantenne la sua funzione di fortezza militare, ma dopo l’epoca napoleonica, attraverso lavori di modifica, venne trasformata in carcere sia all’interno delle torri Ma­schio e Femmina, sia nella ‘Torre del Nuti”. La Rocca rimase carcere fino al dicembre del 1969 e solo nel 1970, quando il castello tornò al Comune, vennero eliminate alcune strutture della prigione. Nel 1974 venne collocato nella Torre Femmina il Museo della Civiltà Contadina che fino al 1988 rimase l’unica parte visitabile dell’intero complesso. Dal 1989 per ripetuti interventi di recupero e di adeguamento alle norme di sicurezza e per continue iniziative di valorizzazione quali mostre, spettacoli, manifestazioni varie, la Rocca si è proposta all’attenzione di cittadini e turisti e nel giugno del 2003 sono stati riaperti i camminamenti interni alle mura e il Torrione Maschio. Oggi la Rocca, animata dall’Associazione culturale “Conoscere Cesena” richiama migliaia di turisti e di studenti con le possibilità di percorsi didattici differenziati offerti e per le visite guidate, sia diurne, sia notturne; inoltre propone un ricco calendario di manifestazioni varie: concerti, spettacoli, rievocazioni storiche, feste medievali, mostre».

http://www.roccamalatestianacesena.it/storia_2252319.html


Ciola (resti della rocca)

Foto di Antenore Malatesta, dal sito http://mapio.net   Dall'archivio storico di Gianfranco Fontana, dal sito http://geo.regione.emilia-romagna.it

«A Ciola, sin dal medioevo, esisteva un importante rocca, edificata in posizione fortemente strategica e a lungo vero baluardo della contea di Bobbio; fu in seguito scelta dai vescovi di Sarsina, che per secoli ne divennero i proprietari, anche come residenza, nel periodo estivo o in tempi di rivolgimenti burrascosi quale punto difensivo. Il Castello di Ciola, era “in un alto monte con una forte Rocca, alla cui custodia era proposto un castellano al servizio del vescovo di Sarsina, ai confini della Diocesi”. Già nel 1179 apparteneva a Corrado II dal quale fu ceduto alla Chiesa sarsinate che lo tenne fino al 1330, anno della sua distruzione. Ricostruita, la rocca diventò per qualche tempo proprietà delle famiglie Ordelaffi e Malatesta, per tornare poi definitivamente in possesso nel 1502 del vescovo di Sarsina. Era considerata una roccaforte a presidio del fiume Borello, lungo il confine fra il Vicariato delle Fiumane e quello di Sarsina. Nel 1371 il cardinale Anglic annota il “Castrum Ceulae” con rocca molto importante con XL focolari; con la denominazione di “Contea di Ciola” si cominciò ad indicare il nucleo dei castelli (Ciola, Cerfoglio, Musella, Monte Sorbo, Finocchio e Appozzo) governati e amministrati direttamente dal vescovo di Sarsina. Il Testi nel 1939 scriveva: “A Ciola di Mercato Saraceno […] torreggia ancora in qualche modo l’antica rocca ferma sulle sue mura castellane abbastanza conservata fra le vicende dei secoli, illustre ricordo di rifugio e di difesa dei vescovi conti di Bobbio. Si sale tuttora alla rocca dal vecchio piazzale del castello per lo scalone in capo al quale si apre l’atrio che mette nel piano principale, un tempo nobile, e si entra nella stanze che, sebbene dal tempo deperite, lasciano intravedere il passato avendo qua e là nelle pareti screpolate, che hanno subito modificazioni radicali, avanzi di stemmi e di qualche figura dei presuli augusti dalla lunga barba che la abitarono, nonché motti scritturali. All’esterno del piazzale stesso si scorgono nei muri della rocca incavature, e fermature dei ponti levatoi con relativi stabili sicurezze. Nella terrazza interna sonvi traccie e vestigia dell’oratorio o cappella vescovile dedicata a S. Michele Arcangelo. Il vescovo conte vi teneva un governatore col titolo di capitano che nei dì solenni indossava le insegne di onore consistenti in ricca divisa di stoffa nera di velluto con fascia bianca aderente alla cinta, e spalline dorate come usano oggi gli ufficiali dell’esercito. Il governatore aveva il tribunale di giustizia in I, II e III istanza con statuto approvato dal vescovo signore, e talora nel penale eseguivansi pene capitali per i più gravi delitti” …» (testo a cura di Edoardo Turci).

http://www.paliodelsaraceno.it/ciola.htm


Colonnata (ruderi del castello)

Dall'archivio storico di Gianfranco Fontana, dal sito http://geo.regione.emilia-romagna.it   Dall'archivio storico di Gianfranco Fontana, dal sito http://geo.regione.emilia-romagna.it

«Ubicato sin dai tempi antichi “su di una rupe rocciosa sulla riva del fiume Savio, sulla strada per cui si va in Toscana, con terra fortissima, e 28 focolari”, del Castello di Colonnata si rintracciano memorie fin dal 1085, quando il vescovo Geremia concesse ad Ugone Tebaldi e consorte, donna Gualchena di Cesena, due parti di questo castello ed una invece ai conti Ubaldo e Bidone. Nel 1220 – dopo oltre cento anni di possesso dei Tiberti – l’imperatore Federico II confermò al vescovo Alberico di Sarsina il castello di Colonnata e poco più di settant’anni dopo, nel 1292, Giovanni Fantino degli Honesti vende all’arcivescovo di Ravenna, metà della torre “Castri Colonnate” e parte del castello con terreni fra il fiume Savio, Monte Pelano e il castello di Rontagnano. Si ha pure notizia, tramite gli Annales che nel 1334 a seguito di una lite avvenuta fra gli abitanti di Colonnata (con l’uccisione di un giovane di loro) e quelli di San Damiano per ritorsione andarono nel Burnus S. Damiani e lì bruciarono case e la Pieve. Nel 1415 Gregorio XII confermava per dieci anni il vicariato su Colonnata, (anche Taibo, Monte Sasso, Monte Petra, Piaia, Mercato Saraceno), che Malatesta Malatesti aveva recuperato allo stato ecclesiastico. Alla fine del Quattrocento, Pandolfo Malatesta per conto della Santa Sede, occupò questo castello fino al 1502 quando ne entrò in possesso Cesare Borgia, alla caduta del quale tornò sempre alla Chiesa. Esisteva a Colonnata un convento di frati dell’ordine dei carmelitani calzati a S. Maria in Curia Colomnata o Coronata (località Le Greti, diocesi di Sarsina). Si vede per la prima volta il 21 aprile 1511; fu soppresso circa una ventina d’anni dopo poiché lo si nomina l’ultima volta il 2 luglio 1533. dentro il recinto (territorio) della Parrocchia di Colonnata “trovavansi anticamente sei chiese; la prima dentro il castello di Colonnata stesso, sotto il titolo de S. Apostoli Filippo e Jacopo, che offiziavasi in luogo della Parochiale per esser non lungi dall’abitazione del parroco; questa corre voce rovinasse fin dal 1720 circa essendo parroco in allora don Sebastiano Montalti”. Nel XV secolo il fondo “Casa Campo” e il fondo “Volente Molendini” vengono indicati nel territorio “di Colonnata”, posto sul Savio e appartenente agli arcivescovi di Ravenna, viene evidenziato in uno schizzo del 1568 riguardante vari mulini della zona» (testo a cura di Edoardo Turci).

http://www.paliodelsaraceno.it/colonnata.htm


Corniolo (castello)

a c. di Renzo Bassetti


Corzano (resti del castello)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a c. di Renzo Bassetti


Cusercoli (castello)

a c. di Renzo Bassetti


Dovadola (rocca dei Conti Guidi)

redazionale

  


Forlì (mura, porte)

Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it   Foto di Perkele, dal sito it.wikipedia.org

«La cerchia muraria urbana di Forlì è stata quasi interamente demolita all'inizio del XX sec. ma, nonostante ne restino poche tracce in alzato, la sua forma complessiva è ricostruibile attraverso l'andamento dei viali che attualmente costituiscono la circonvallazione interna alla città (v.le G. Matteotti, via V. Veneto, v.le Italia, via del Portonaccio, v.le L. Salinatore, via F. Corridoni): la cinta muraria, di circa 5 km di perimetro, aveva forma irregolare, vagamente esagonale. Vi si aprivano quattro porte: porta Schiavonia a ovest, porta Ravaldino a sud, porta Cotogni a est e porta San Pietro a nord. Le mura erano inoltre rinforzate con quarantasei torri-guardiole a base rettangolare o circolare, mentre non risultano bastioni pentagonali caratteristici delle ristrutturazioni cinquecentesche. Oltre alla Rocca di Ravaldino con la cittadella, ad un rivellino, al rudere dell'edificio noto come Paradiso e a porta Schiavonia, oggi ne restano solo pochi tratti. Alcuni di questi sono stati individuati con scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna: lungo via del Portonaccio (tratto di mura con guardiola quadrata), in via Forlanini (rudere della torre del Pelacano), in viale Salinatore (torre dei Quadri sulla riva del Montone), in via Porta Cotogni (tratto di mura molto rifatte per la costruzione dello Sferisterio, ora distrutto). Nei tratti individuati, alcuni dei quali posti a 30-40 cm sotto il piano stradale attuale, il paramento esterno è in genere a scarpa (ma non è documentato ovunque) nella parte inferiore; il nucleo è costituito da conglomerato. Il paramento è realizzato in laterizi, di uno spessore variabile tra i 60 e i 97 cm (con un picco di 1,80 m). Sopra il tratto a scarpata, le mura si alzavano verticali ed erano probabilmente coronate da merli a coda di rondine, come testimoniano fonti iconografiche coeve. All'interno delle mura correva un terrapieno, all'esterno un fossato. La città antica, che si era sviluppata tra i corsi dei fiumi Montone e Rabbi, cominciò a espandersi nel XIII secolo, ma un assetto più ordinato le venne dato solo a partire dal XV secolo, quando Antonio Ordelaffi, intorno al 1438, iniziò la costruzione della cinta muraria che fu terminata da Caterina Sforza verso il 1499. La cerchia fu realizzata in più fasi, dando priorità ai punti strategici e alle zone più deboli. Fino alla prima metà del XV sec. dovevano essere ancora in uso le vecchie fortificazioni menzionate dagli Statuti del 1359, costituite da un fossato e da muros vel steccata vel fossata; inoltre, ancora nel 1472 metà della cinta muraria mancava, come testimoniano gli Annales Forolivienses, motivo per il quale Pino III Ordelaffi fece costruire la Rocca di Ravaldino. Il fossato addossato alle mura fu fatto scavare alla fine del Quattrocento da Caterina Sforza la quale, sotto la minaccia incombente di Cesare Borgia, fece ultimare la cinta muraria. Alcuni tratti furono rifatti nel corso del XVIII e XIX sec., sempre sulle basi antiche, poiché danneggiati, ma all'inizio del XX secolo, come in molte città italiane, esse furono abbattute in diversi punti per consentire una più libera circolazione stradale».

http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/16/55


Forlì (palazzo Albertini)

Dal sito http://dcdgalli.altervista.org   Dal sito www.dagospia.com

«Edificato tra la fine del XV e l'inizio del XVI sec., dai caratteri chiaramente veneziani, è costruito su un portico con arco a tutto sesto profilato da una ghiera in cotto. La facciata, in mattoni a vista, è suddivisa verticalmente da lesene di ordine corinzio. Le finestre sono disegnate da bifore in sasso d'Istria, mentre il piano nobile si conclude con una loggia di eleganti proporzioni, impreziosita da una transenna in cotto, ornata da intrecci di volti umani e animali. La parte che si eleva sulle prime tre arcate di destra costituiva l'originario edificio rinascimentale; quella corrispondente agli ultimi due archi venne realizzata nel 1929. Nella Sala Albertini, collocata al piano terra, opportunamente dotata di strutture espositive, sono stati individuati gli spazi in cui i giovani artisti, alcuni dei quali sono stati protagonisti di mostre e pubblicazioni nazionali e internazionali, possano avere visibilità. Le sale del 1° piano sono destinate all'esposizione di mostre temporanee mentre al 2° piano è collocata la mostra permanente "Res Communis", in cui sono esposte importanti donazioni pervenute alla Pinacoteca civica nell'ultimo decennio del Novecento, con opere di Piero Angelini, Bernardino Boifava, Edgardo Zauli Saiani, una pregevole icona russa e oggetti di arte orientale».

http://www.cultura.comune.forli.fc.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16315&idCat=17157&ID=17193&TipoElemento=Categoria


Forlì (palazzo Comunale)

Dal sito www.geoplan.it   Dal sito www.turismoforlivese.it

«Un importante edificio storico, situato in Piazza Aurelio Saffi nel cuore di Forlì, è l’imponente Palazzo Comunale. La parte più antica del palazzo originario, formato dal blocco trapezoidale con relativa corte, è datata intorno all’anno Mille e fu edificata come fortificazione intorno ad un antico torrione a scopo difensivo che veniva utilizzato anche per il controllo delle gabelle. Nella seconda metà del Trecento il palazzo fu sottoposto ad un intervento di ampliamento fino a raggiungere il Ponte del Pane con l’annessione di una scala e una maestosa loggia. In seguito, anche il canale e gran parte del ponte furono inglobati e il prospetto portato più avanti. Nel Quattrocento si ha notizia fosse la dimora della casata degli Ordelaffi, signori di Forlì. Fu il periodo in cui il Palazzo Comunale divenne sede centrale del governo cittadino, della Signoria e dei Governatori. A metà del Seicento venne ingrandito ulteriormente fino a toccare via delle Torri. Nel 1757 venne commissionato al famoso architetto bolognese Antonio Galli Bibiena il progetto della sala di rappresentanza, "Salone Comunale" o "Sala dei Fasti" e dello scalone principale. All’interno della sala del Consiglio Comunale troviamo anche i bellissimi affreschi in "trompe-l'oeil su disegno dello stesso Bibiena. Nell’Ottocento venne sollevata l’ala destra e rifatto il prospetto che assunse l’aspetto odierno per mano di Gottardo Perseguiti e Giovanni Bertoni. Dell’edificio del Quattrocento rimangono interessanti da vedere la raffinata loggetta posteriore e sotto il porticato, gli stemmi nobiliari degli Ordelaffi, dei Manfredi e dei Rangoni sulla base in marmo di quelle che erano un tempo le colonne».

http://www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumenti-provincia-forli-cesena/cartina-monumenti-forli/monumenti-forli-palazzo-comunale.htm


FORLÌ (rocca di Ravaldino o di Caterina Sforza)

Foto di Marilidia Perugini, dal sito www.emiliaromagnaturismo.it   Dal sito www.cultura.comune.forli.fc.it   Dal sito www.geosearch.it

  

«La Rocca di Ravaldino, conosciuta anche come la Rocca di Caterina Sforza è una cittadella fortificata che sorge nella città di Forlì. Di origine medioevale ma ricostruita e rafforzata nel Trecento sia dagli Ordelaffi sia da Egidio Albornoz ed ampliata durante il Quattrocento, è oggi in parte destinata a sede espositiva ed in buona parte destinata ad ospitare le carceri della città. Il nome Ravaldino deriva dalla presenza di una fortificazione denominata Bonzanino, con tutta probabilità un rivellino (da cui la successiva evoluzione in Ravaldino), sorta di rudimentale fortilizio, che sorgeva della nell'area dell'omonima porta. Tra il 1360 ed il 1371 la fortificazione fu rafforzata con l'erezione di una rocca, nucleo per la costruzione dell'attuale edificio. Fu Pino III Ordelaffi che fece progettare all'architetto Giorgio Marchesi Fiorentino le fortificazioni che in buona parte sono arrivate immutate fino ai nostri giorni. Nel 1481 fu costruita la Rocca e in seguito la Cittadella, quest'ultima su commissione del nuovo signore di Forlì, Girolamo Riario, il quale affidò i lavori allo stesso architetto. Furono aggiunti anche, sui due lati esterni della Cittadella, il rivellino di Cotogni ed il rivellino di Cesena. La struttura si presentava perciò costituita da diversi corpi separati, circondati da un complicato sistema di fossati, ponti e mura. Nel 1496 Caterina Sforza, vedova di Riario e reggente per conto del figlio Ottaviano, fece costruire un terzo rivellino e una cittadella sulle rovine del forte trecentesco per la cui edificazione fu distrutta buona parte del Palazzo Comunale per ottenerne materiale da costruzione e strutture architettoniche già pronte. Con l'aumento della potenza delle artiglierie e con il cambiamento delle tecniche d'assedio, la rocca perse la propria funzione di baluardo difensivo, venendo gradualmente destinato a carcere. Le carceri come tali vennero edificate all'interno della rocca sul finire dell'Ottocento e vengono ancora ospitate nell'edificio. Attualmente la rocca si presenta come un'imponente architettura a pianta quadrangolare, con bassi torrioni di forma cilindrica e un tozzo mastio a base quadrata.

La rocca come appare oggi è dovuta alle modifiche avvenute durante il Quattrocento da Pino III Ordelaffi, che ampliò struttura trecentesca in maniera considerevole. Annessa alla rocca è una cittadella voluta da Riario Sforza e da Caterina Sforza per poter ospitare un ampio esercito. La cittadella è costituita da soli due torrioni posti nel lato nord-est della città, in posizione abbastanza distante dalla rocca. Durante il Quattrocento la cittadella era cinta da un profondo ed ampio fossato, di cui rimane visibile traccia, che fu asciugato e parzialmente riempito quando la fortezza perse gradualmente la sua funzione e passò ad essere adibita a carcere. Dalle fonti locali si apprende che il fossato, di solito nelle altre città tenuto asciutto per motivi igienici, a Forlì invece risultava sempre colmo di acqua, probabilmente a causa delle infiltrazioni del sottosuolo. Il mastio è di sezione quadrata, suddiviso in tre piani più un sotterraneo che veniva adibito a magazzino e, mediante una piccola porta, permetteva l'accesso ad un altro ad un altro magazzino sotterraneo sottostante il Palatium. Il mastio aveva un unico accesso tramite una scala a chiocciola che si svolgeva attraverso tutti i piani collegandoli. La circolazione dell'aria era permessa da un passaluce che situato nell'androne adiacente il mastio. I sotterranei sono oggi in buona parte colmi d'acqua. Tale doveva essere un problema frequente anche nel Quattrocento se Cobelli riferisce che il sotterraneo era invaso da infiltrazioni. Le attestazioni dell'esistenza di una rocca nella città di Forlì compaiono a partire dalla metà del Duecento e per tutto il Trecento rimangono sporadiche e non forniscono molte informazioni. Maggiori notizie si hanno a partire dal Quattrocento quando i più potenti signori di Forlì, per rendere maggiormente sicuro il loro dominio, portano ad un progressivo miglioramento del fortilizio.

Sulla rocca trecentesca di Ravaldino in realtà non si conosce molto e ciò che è arrivato fino ai nostri giorni è giunto in maniera frammentaria. La notizia più antica di una fortificazione cittadina risale al 1253, da un documento conservato nel Libro Biscia, e tratta di una fortezza, di cui si è persa qualsiasi traccia nonché il ricordo, sita nel Borgo Bonzanino. Tale fortificazione, più che un castello o una rocca probabilmente era un palazzo fortificato, presidiava un borgo chiamato Bonzanino (borgo di cui non è rimasto più traccia nel futuro della città). Tale fortezza era circondata da un fossato a sua volta collegato con il fossato che cingeva la città. Il borgo Bonzanino sorgeva la di fuori della mura ed era il proseguimento al di là della cerchia muraria di Borgo Merloni. Da un documento dell'8 agosto 1332, si hanno le prime notizie dell'edificazione di una rocca: il comune di Bagnacavallo versa nelle casse forlivesi denaro per finanziare l'edificazione di una rocca. Nel 1371 Anglico de Grimoard, nella sua Descriptio provinciæ Romandiolæ, descrive l'esistenza di due rocche in Forlì che il cardinale decise di ristrutturare, rinforzare e migliorare esteticamente. Di una di queste due, il cardinale fornisce una sommaria descrizione della sua collocazione: "Roccha Ravaldini, posita a parte superiori versus montes, in qua moratur unis castellanus cum XV famulis". La rocca è nella parte della città rivolta verso le colline e vi dimora il castellano con 15 famiglie. Ciò ci fornisce indirettamente un'indicazione della grandezza della rocca. dato il presidio all'interno della rocca se ne può ipotizzare una fortificazione di media grandezza. Altre notizie relative alla rocca sono solo del Quattrocento, e ci vengono fornite da Giovanni di Mastro Pedrino, storico della città. Al tempo della descrizione di Pedrino, il 1423, la rocca è ancora quella nelle forme trecentesche e non ha subito importanti modificazioni. La rocca è alquando scoçada (rovinata) ed inoltre, essendo priva di armamenti, non è difendibile e viene, per diverse ragioni, presa d'assalto dalla popolazione e demolita in diversi punti. Nei casi di sommossa, o durante un cambio di potere i castellani, in nome del loro signore o di chi li aveva investiti del potere, tentavano di resister all'assedio cercando di tenere il controllo della città. Ciò fa supporre che la rocca trecentesca forse ben diversa da quella quattrocentesca, munita di forti mura e munita di armamenti. Resti della rocca trecentesca possono essere individuati ancora oggi nel giardino che circonda la rocca attuale. In seguito alle modifiche volute da Caterina Sforza, la parte trecentesca è stata demolita ma rimangono avanzi di una torre che risalgono al periodo precedente a quello della signora di Forlì.

Fino ai primi decenni del Quattrocento la rocca è sostanzialmente, a parte poche modifiche, quella del XIV secolo. Saranno i nuovi e più potenti signori di Forlì a decidere il suo ingrandimento. Sarà Pino III Ordelaffi a deciderne il suo ampliamento nelle forme che è possibile vedere attualmente. Caterina Sforza non farà altro che apporre minori modifiche mentre aggiungerà alla rocca la cittadella fortificata. I lavori per l'ampliamento vengono affidati a Mastro Giorgio Fiorentino, ricordato anche come Mastro Giorgio Marchesi di Settignano, un architetto che, con i figli, spesso lavorò per gli Sforza e furono attivi nella progettazione di fortezze. I lavori prendono avvio il 10 giugno 1471 mentre il cantiere, dopo la cacciata degli Ordelaffi, passa sotto il controllo di Riario il 14 giugno 1481. La fabbrica della rocca rimane attiva fino al 1483, anno in cui Riario pose la sua prima guarnigione di guardia all'interno della fortezza».

http://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_di_Ravaldino


Forlì (torre Civica)

Dal sito www.4live.it   Dal sito www.filmaremonti.com

«La torre del pubblico orologio (mt 72), oggi denominata Torre Civica, fu costruita su un antico tronco di torre di epoca romana, sulle rive del fiume Montone che anticamente scorreva nell’attuale Piazza Saffi. Il terremoto del 1781 ne fece crollare parte della sommità, poi ricostruita con una lanterna ottagonale. Il cardinale Sanseverino, legato pontificio dell’epoca, dispose l’intervento di consolidamento e restauro dopo che nel 1818 si evidenziarono cedimenti nell’angolo Nord Ovest. Il Consiglio Comunale del 13 marzo 1819 approvò la sopraelevazione della torre di mt 7,80. Il consolidamento ed il restauro furono ultimati nel 1822. La torre del pubblico orologio fu fatta crollare alle ore 1,45 del 9 novembre 1944 dai tedeschi, rovinando sul sottostante teatro. La torre attuale fu ricostruita nel 1975-76, più alta di qualche metro dell’originale, con struttura portante in calcestruzzo armato rivestita in mattoni a vista, con configurazione architettonica simile all’originale. L’orologio della torre civica, fin dai tempi antichi, era controllato dal magister orologi responsabile del funzionamento e della manutenzione, fino al crollo della stessa nel 1944. Nella torre erano ubicate tre campane: all'inizio del 1900, la più grande chiamava a raccolta i pompieri in caso d’incendio; la più piccola gli alunni delle scuole elementari, l’ultima suonava le ore. L’orologio, come in origine, ha quattro quadranti, uno su ogni lato della torre e attualmente funziona elettricamente».

http://www.turismoforlivese.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=3788&idCat=3793&ID=27284


Forlì (torre Numai)

Dal sito www.aaaforli.eu   Dal sito www.aaaforli.eu

«La casa-torre apparteneva all'antica e potente famiglia ghibellina dei Numai, l’unica superstite fra le tante erette in città. La torre visibile oggi è frutto di un massiccio restauro. La torre si trova in centro nelle vicinanze della Piazza Aurelio Saffi. A piedi s'imbocca corso Mazzini per poi girare a sinistra in via Pedriali. Fino al 1870 la casa-torre era munita di merli, poi venne coperta da un tetto a due spioventi. All’inizio di questo secolo la copertura è stata nuovamente modificata con la costruzione di un tetto a quattro falde. Anche la facciata principale ha subìto alcune trasformazioni. La Torre è collegata al Palazzo Numai da un passaggio sotterraneo» - «La torre Numai, oggi proprietà dell’Associazione Arma Aeronautica e sede della Sezione di Forlì a nome “Casa dell’aviatore ten. col. Mario Fabbri”, è l’unica rimasta delle torri erette in epoca medievale a difesa dei palazzi nobiliari forlivesi. Appartenne all’antica e potente famiglia ghibellina dei Numai ed era in comunicazione diretta, mediante un passaggio sotterraneo, col palazzo Numai, oggi palazzo Foschi. Mancano notizie storiche che possano precisarne le origini e i passaggi di proprietà dalla caduta dei Numai, avvenuta intorno alla prima metà del 1500 fino agli Orselli nel 1700 quando la torre prese il nome di torre Orsella. Dagli Orselli passò poi ai Papini, quindi ai Reggiani. In quegli anni crollò anche il passaggio sotterraneo separando definitivamente la torre dal palazzo. Nel 1900, acquistata dall’ing. Luigi Pedriali con l’ intento di restaurarla, riprese il nome di Torre Numai. La ristrutturazione fu iniziata solo nel 1923 dalla nipote Giulia Pedriali e dal marito ten. col. pil. Mario Fabbri che, ricevuta la torre in eredità, decisero di farne la loro residenza. La Famiglia Pedriali Fabbri donò la torre all’Associazione Arma Aeronautica affinché fosse la sede della Sezione di Forlì e al suo interno fosse ospitato un Museo o un Centro di Documentazione Storico Aeronautico intitolato a Giulia Pedriali Fabbri: ciò avvenne nel 1965».

http://www.turismoforlivese.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=4738 - http://www.aaaforli.eu/?page_id=34


FORLIMPOPOLI (palazzo della Torre)

Dal sito www.geometriefluide.com   Dal sito http://fuoridalcaos.com

«Nel lato occidentale della Piazza Garibaldi sorge il Palazzo della Torre dell’Orologio. L’edificio attuale è il risultato di numerose trasformazioni che si sono succedute nei vari secoli e che sono la testimonianza dei diversi momenti storici che hanno segnato la vita della città di Forlimpopoli. Anche se le fonti per risalire alla sua struttura originaria e le caratteristiche architettoniche sono quasi inesistenti, da quelle poche notizie si desume che dapprima fu adibita come Casa del Podestà della città Guido Laçari, in seguito fu trasformata nel Palazzo Comunale. Si può ipotizzare che la prima ricostruzione dell’edificio sia avvenuta dopo il 1380, durante la signoria di Sinibaldo Ordelaffi. Il palazzo quattrocentesco nel tempo fu oggetto di diverse modifiche di cui rimane traccia in alcune anomalie riscontrabili nelle murature attuali ma comunque difficile da ricostruire. Nel 1520 si suppone che furono edificate le carceri sul lato che si affaccia sulla via Saffi e l’assegnazione dei locali che si trovano al piano terra, sotto il loggiato, usati come botteghe e uffici. Alla fine del XVII secolo il palazzo si trovò in una situazione di preoccupante degrado e così si provvide a eseguire opere di manutenzione e l’immagine della Vergine e i Santi Rufillo e Agostino, protettori delle città, venne restaurata. Nel 1751 l’immagine sacra fu cancellata e sostituita da una terracotta faentina inserita in una nicchia, raffigurante l’Immacolata Concezione. Verso la fine del XVII secolo, in seguito all’arrivo dei Francesi, Forlimpopoli venne munita di un Catasto Urbano dal quale oggi è possibile trarre informazioni riguardo all’aspetto del palazzo pubblico. Esso era composto così: al piano terra vi erano il magazzino frumentario, l’archivio pubblico, il quartiere della Gran Guardia, l’annona olearia, il carcere; al primo piano, dieci stanze adibite a residenza municipale e ad abitazione del giusdicente. Nel 1801 i Francesi, dopo essersi impossessati della Rocca, trasferirono lì la sede del Comune. Poi nel 1816 fu demolito il campanile che sorgeva sul lato del borgo poiché rischiava di crollare. Pochi anni dopo l’architetto Raffaele Briganti progettò la costruzione della torre e anche il rifacimento dell’intera facciata. Invece il piano superiore dell’edificio rimase sempre a disposizione dell’Amministrazione per varie necessità. Con l’Unità d’Italia il Palazzo divenne la sede dell’Asilo Infantile costruito per iniziativa di alcune signore della borghesia della città. In seguito nel 1928 il palazzo divenne sede della Casa del Fascio, quindi furono portati nuovi interventi di restauro e di ampliamento. La Sala del Consiglio divenne una sala per le riunioni e per il ballo; i locali del piano superiore vennero trasformati in uffici. Nel 1934 l’Amministrazione Comunale donò al Partito Fascista l’intera proprietà a patto che la restituisse nel caso che non fosse più sede del partito. Nel dopo guerra il Comune riuscì a riaverlo in possesso, dopo aver pagato un’ingente somma di denaro allo Stato Italiano. Dal 1975 un nuovo meccanismo elettrico ha sostituito il vecchio orologio a carica manuale».

http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=forlimpopoli&prod=palazzo-torre-forlimpopoli (a cura di A. Cocchi)


FORLIMPOPOLI (rocca albornoziana)

Dal sito it.wikipedia.org   Dal sito http://milanolondra.blogspot.com

  

«La rocca di Forlimpopoli o rocca albornoziana, in memoria del suo edificatore, è una rocca che si affaccia sull'odierna Piazza Garibaldi nella città di Forlimpopoli. La rocca fu edificata negli anni compresi fra il 1360 e il 1365 per volere del cardinale Albornoz, il cardinale al quale il papa affidò la riconquista delle terre romagnole. Già prima dell'arrivo di Albornoz a Forlimpopoli esisteva una fortificazione a guardia delle mura cittadine. Nel 1356 gli Ordelaffi provvidero a restaurare e rafforzare le fortificazioni della città ma nel 1360 il cardinale Egidio Albornoz, alla testa delle truppe pontificie, dopo un lungo assedio, rase al suolo quasi l'intera città permettendo che le truppe saccheggino le abitazioni ed uccidessero gli abitanti. La rocca viene riedificata sulle basi della precedente ed inglobando edifici preesistenti, come la vecchia chiesa che fungeva da duomo. Nel giro di pochi anni la struttura è già praticamente ultimata tanto che Anglico de Grimoard, nella sua Descriptio provinciæ Romandiolæ del 1371 la nomina rocca Salvaterra. Passato il periodo albornoziano, la città ripassa sotto dominio degli Ordelaffi ed uno di questi, Sinibaldo Ordelaffi fece rafforzare la struttura. Terminata la costruzione, Sinibaldo cedette la rocca al figlio Pino Ordelaffi il quale, morendo, lo lasciava in eredità nel 1402 al fratello Francesco. La rocca ha forma quadrangolare ed è munita di 4 bastioni circolari posti a ciascuno degli angoli. La cortina meridionale è rafforzata dal mastio che custodisce l'ingresso sottostante. A tale scopo, per rafforzare le posizioni all'entrata, fu innalzato un rivellino che rafforzasse l'accesso alla rocca. Di tale rivellino, andato distrutto con il tempo, non rimane più traccia. Le due torri che guardano ad est attualmente hanno forma circolare, ma gli scavi archeologici hanno messo in evidenza le primigenie forme: avevano forma poligonale e solo verso la metà del '400 furono trasformate a pianta circolare che tutt'ora conservano».

http://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_di_Forlimpopoli


GATTEO (castello Malatestiano)

Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it   Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it   Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it

  

«Il castello di Gatteo sorge nel XIII secolo presumibilmente sul luogo di un preesistente accampamento romano. Nel corso dei secoli è stato soggetto a diverse trasformazioni. Ha una configurazione pressoché quadrangolare, è munito di una torre e cinque baluardi ed è circondato da una larga fossa, in origine piena d'acqua, oltrepassabile solo grazie ad un ponte levatoio. Nel lato orientale della cinta muraria si trova l'ingresso del castello, costituito da un arco a tutto sesto sormontato da una torre quadrata, il cassero, dove sono ancora oggi visibili le corsie per lo scorrimento delle travi che azionavano il ponte levatoio; sulla sommità del cassero vi è la seicentesca torre civica. Nella seconda metà del '700 le mura, ad eccezione del lato orientale che conserva resti dei beccatelli e della muratura, vengono abbassate e di conseguenza la fossa circondante il castello completamente riempita di terra ed il ponte levatoio, sostituito da un ponte in pietra. Il Castello è stato soggetto a un lungo restauro conclusosi nel 2003, grazie al quale è ora possibile effettuare un'insolita passeggiata sulle mura di cinta. In agosto la corte del castello viene utilizzata per l'allestimento di una parte della tradizionale Festa Patronale di San Lorenzo».

http://www.comune.gatteo.fo.it/gatteomare/scheda.asp?id=217


Giaggiolo (castello)

a c. di Renzo Bassetti


Linaro (ruderi del castello)

La cosiddetta Portaccia (sorge dov'era la porta del castello), dal sito www.agrariocesena.i   Tratti delle mura, dal sito www.agrariocesena.i

«Arroccato sulla sommità, come tutti i castelli dell’epoca il fortilizio di Linaro, le cui prime notizie risalgono al 1021 (per un processo qui avvenuto contro l’arcivescovo di Ravenna), era sorto a difesa dei territori del Conte che godeva la signoria del feudo. Al centro del castello era la “Rocca” dove abitava il nobile jusdicente con la sua famiglia e da dove s’impartivano gli ordini a soldati e inservienti. Quello di Linaro disponeva di ponte levatoio che, la sera, quando no serviva più ai castellani, veniva ritratto e fermato in alto contro le mura. Del castello – munito di ponte levatoio – sono rimasti segni e ruderi di mura castellane e la base di un torrione rotondo, nonché i nomi della “Rocca”, dello “Strabello” e della “Portaccia”. Munito di postierla, angusta porticina nelle mura del castello che dava adito ad una stretta scala costruita per il passaggio di una persona per volta (utile espediente all’epoca per affrontare in pochi uomini aggressioni di una certa consistenza) il castello di Linaro – come si è detto – era una fortezza. Disponeva di trabocchetti, feritoie, merli, nascondigli, segrete e camminamenti sotterranei che permettevano tanto di resistere ad oltranza agli attacchi nemici, quanto per tagliare la corda in caso di sopraffazione. I conti Aguselli di Cesena tennero per molto tempo la signoria dei feudi di Linaro e Careste; nonché della contea di Apozzo della giurisdizione del Vescovo di Sarsina. Nel 1376 il castello torna alla Chiesa sarsinate che, nel 1418 lo dà in enfiteusi al nobile cesenate Carlo de Lapi “…con uomini, coloni, censi, diritti e dignità, per 50 scudi d’oro; pagando ogni anno, come pensione, due piccole spade con guaina del valore di due soldi e mezzo”. Si ha notizia che il 24 giugno 1586, il conte Orazio Aguselli venne assalito notte tempo dentro il castello da alcuni congiurati. Capitanati da Baldazzo Baldazzi di Cesena – mercenario d’avventura – vi penetrarono con l’ingegnoso stratagemma di scalata con getto di corde uncinate. Approfittarono dell’assenza degli abitanti del castello recatisi sui campi a mietere. Orazio aveva rifiutato accomodamenti, nonostante un vecchio lo sollecitasse ad accettarli, perché “più facilmente si fora il velluto, che il pisello”. Uccisero il conte insieme al di lui figlio dodicenne, facendo bottino delle cose più preziose. Scoperti, per ordine di papa Sisto V (il francescano Felice Peretti, marchigiano), i colpevoli furono acciuffati, ricondotti nel luogo del misfatto e decapitati entro il castello, dove avevano commesso il loro delitto. A valle del castello di Linaro, non distante da San Romano, fin dal 1200, sulla destra del torrente Borello esisteva ab immemorabili una chiesa dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo. Chiesa che nell’anno 1259 il nobile Guido del fu Ridolfo degli Arardi da Falcino, venderà con Linaro, Ciola e Petrella – popolazione, possedimenti, bestiame, censi e diritti – al vescovo di Sarsina per la somma di 300 scudi. Il Monastero di S. Giacomo dell’Ordine di S. Agostino situato “fuori di Linara, sopra la ripa del fiume Borello fra i monti sopra Cesena, in strada pubblica, lontano dal castello due tiri di moschetto, fu fondato l’anno 1477 col consenso e autorità del Papa Sisto IV”» (testo a cura di Edoardo Turci).

http://www.paliodelsaraceno.it/linaro.htm


Longiano (castello malatestiano)

a c. di Renzo Bassetti

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Andrea Magnani (da https://www.facebook.com/ufficioturisticolongiano.pagina/)   Foto di Andrea Magnani (da https://www.facebook.com/ufficioturisticolongiano.pagina/)  ---  Foto di Marco Della Pasqua (https://www.facebook.com/marcodellapasqua; da https://www.facebook.com/ufficioturisticolongiano.pagina/)   Foto di Marco Della Pasqua (https://www.facebook.com/marcodellapasqua; da https://www.facebook.com/ufficioturisticolongiano.pagina/)  ---  Foto di Fabiana Rossi (https://www.facebook.com/banzure; foto Viterbo Fotocine)   Foto di Fabiana Rossi (https://www.facebook.com/banzure; foto Viterbo Fotocine)  ---  Foto di Andrea Pagliacci (da https://www.facebook.com/ufficioturisticolongiano.pagina/)


Meldola (rocca)

Dal sito www.comune.meldola.fo.it

a c. di Renzo Bassetti

  


Meldola (rocca delle Caminate)

a c. di Renzo Bassetti


Modigliana (castello dei conti Guidi o La Roccaccia)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a c. di Renzo Bassetti

Le foto degli amici di Castelli medievali

Foto di Gian Luigi Loreti (https://www.facebook.com/profile.php?id=100010788363924)


Montecodruzzo (castello)

a c. di Renzo Bassetti


Monteleone (castello)

a c. di Renzo Bassetti


Montepoggiolo (rocca)

a c. di Renzo Bassetti

  


MONTIANO (rocca Malatestiana)

Foto di Rick, dal sito http://rete.comuni-italiani.it   Dal sito www.vetrinadiromagna.it

«A forma di cuore, sovrasta e riempie il piccolo borgo. Dall’esterno le alte mura nascondono l’eleganza dell’interno conferendo al manufatto un’aria poderosa, imponente. Residenza della famiglia Malatesta per volontà di Carlo Felice, la parte più consistente della costruzione risale al XVI secolo, mentre le prime vestigia sono certamente del IX sec. Le possenti mura testimoniano l’importanza strategica della rocca, antico confine tra Cesena e Rimini lungamente conteso. All’epoca del suo maggior splendore possedeva eleganti mura merlate, grandi sale finemente dipinte, spaziosi saloni preziosamente affrescati, una chiesa, capaci cantine e un ampio giardino. Fortemente danneggiata durante l’ultima guerra, in parte abbattuta per evitare ulteriori crolli pericolosi, è stata ricostruita in alcune parti come sede di un asilo privato. Recenti restauri hanno ridonato antico splendore alle mura e ai bastioni che sovrastano l’antica Piazza Maggiore, recuperata nel 2004 secondo l’originario disegno storico e architettonico, utilizzando materiali tipici del territorio».

http://www.comune.montiano.fc.it/amm/allegati/95_LaRoccaMalatestian.pdf


Pianetto (ruderi del castello)

a c. di Renzo Bassetti


Pondo (ruderi del castello)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a c. di Renzo Bassetti


Predappio (palazzo Varano)

Dal sito www.forlitoday.it   Dal sito www.comune.predappio.fc.it

«Per la realizzazione della sede comunale di Predappio Nuova venne scelto di riutilizzare il preesistente Palazzo Varano. Il toponimo "Varano" è di origine romana. Nulla si sa della storia dell'edificio, la cui importanza era probabilmente relativa; prima della trasformazione dell'edificio a sede comunale venne utilizzato come scuola elementare nella quale insegnava Rosa Maltoni, e probabilmente per questo venne scelto come sede comunale e Mussolini stesso provvide a proprie spese all'acquisto degli oggetti d'arredo. Nel febbraio 1927 un decreto reale assegnò alla borgata la denominazione di Predappio Nuova e nel giugno dello stesso anno vennero trasferiti nella nuova sede gli edifici municipali sotto la direzione del podestà Baccanelli. Successivamente venne sistemata l'area circostante attraverso la realizzazione di una scalea e di una sinuosa strada carrozzabile che delimita un ampio giardino, al centro del quale compariva, in asse all'edificio, un grande fascio littorio. Il primo progetto, elaborato dai tecnici del Genio Civile di Forlì, subì una profonda modificazione in seguito all'intervento di Florestano Di Fausto, che all'aspetto della rocca militare sostituì i riferimenti linguistici tipici della villa comunale. La pianta del palazzo Varano è simile ad un quadrato di circa venti metri di lato tagliata in due, al piano terra, da un lungo androne centrale coperto da ampie e distese arcate. Tramite uno scalone in pietra grigia è possibile accedere al secondo piano, diviso in due, trasversalmente rispetto al piano sottostante, dalla grande sala del consiglio che si alza fino all'intradosso del tetto. Il terzo livello doveva invece essere destinato ad altri servizi pubblici e servire come alloggio del segretario comunale. Per quanto riguarda l'aspetto esterno, Di Fausto impostò il prospetto principale caratterizzandolo tramite una grande torre centrale che, alzata al di sopra del tetto, dominava l'intero edificio; il grande orologio si presenta come l'elemento di caratterizzazione dell'interno del palazzo».

http://www.comune.predappio.fc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=89&Itemid=100030


Predappio (rocca degli Ordelaffi)

a c. di Renzo Bassetti


Predappio (ruderi della rocca d'Elmici)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it   Foto di Perkele, dal sito it.wikipedia.org

«La Rocca d’Elmici è situata alla sinistra del fiume Rabbi, di fronte alla Rocca delle Caminate. Fino al 1859 fu un appodiato del Comune di Predappio. Restano oggi solo i ruderi dei bastioni dell'antica rocca e le tracce di quella che un tempo fu una fortificazione contesa e più volte distrutta. Il Castrum Elmitiae, fu prima fundus poi castrum. Sin dal 900 fu soggetto ai Calboli; passò poi a Ugone del Sasso nel 970, quindi a Simone di Particeto che donò il castello all'Abbazia di Isola. Incendiata dai Fiorentini nel 1236, la rocca fu soggetta alla Curia di Ravenna, poi nuovamente ai Calboli e agli Ordelaffi, per andare poi alla Santa Sede (1359) che la cedette a Cervatto Sassoni di Cesena. Tornata agli Ordelaffi, fu fortificata da Pino III nel 1471 e dal 1535 passò definitivamente al Comune di Forlì. Apertura: visitabile solo esternamente in quanto ridotta a ruderi. Come arrivare: la rocca si trova a breve distanza dal tratto di strada che da Fiumana porta a Predappio».

http://www.turismoforlivese.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=4111


Premilcuore (rocca, porta Fiorentina, torretta circolare)

La rocca, dal sito www.comune.premilcuore.fo.it   Porta Fiorentina, dal sito www.camperlife.it   La torretta, dal sito www.appenninoromagnolo.it

«Stretto nel perimetro che fu un tempo quello del castello forma una ipsilon che racchiude ancora oggi belle case in pietra attentamente ristrutturate, intricati saliscendi di stradine nel cui orizzonte incombe il verde delle colline. Ubicato su un'ansa del Rabbi, sulla destra del fiume, in una strozzatura della valle tra il Monte Saltone (721 metri) e il Monte Arsiccio (794 metri), è stato il luogo del mercato e nucleo fortificato ed è tuttora il centro amministrativo. La Rocca (Via Castello, o via Torre). Sovrasta il borgo fortificato con la sua mole ma il suo aspetto non è più quello originario, numerosi interventi succedutisi nei secoli per arginare i danni delle guerre e dei terremoti, ne hanno stravolto l'assetto. Oggi, adibita ad abitazione privata, se ne individua solo l'impianto a recinto poligonale con la torre del mastio aderente al lato che guarda a monte. Una parte, quest'ultima, rifatta nel secolo scorso sui propri resti. Porta Fiorentina (Piazza Caduti e Largo Tre Cantoni - Visitabile - Comune). Alta una ventina di metri dà l'accesso al castello, mentre ai suoi piedi si apre la Piazza dei Caduti. La cella campanaria con le sue quattro finestre arcuate è antica, i merli e i beccatelli, invece, sono un'aggiunta in cemento armato della fine degli anni '20. Sotto la cella campanaria si conserva un bell'orologio meccanico del 1593. Il suo motore è costituito da due sassi che svolgendo la lunga corda di canapa per tutta l'altezza della torre imprime il movimento rotatorio all'asse e agli altri meccanismi dell'orologio. Torretta Cilindrica (a 50 metri dalla Porta di Sotto). Ecco una delle due snelle torrette ancora visibili lungo il perimetro dell'antica cinta muraria che cingeva il castello, ossia l'antico borgo sorto ai piedi della Rocca dei Guidi. Dell'antica murata, aperta dalle due porte Fiorentina e Porta di Sotto, rimangono ancora ampi tratti, in gran parte inglobati in successive costruzioni».

http://www.altraromagna.net/home/it/il-territorio/provincia-forli-cesena/88-premilcuore.html


Rondinaia (rocca)

a c. di Renzo Bassetti


San Martino in Appozzo (castello di Casalecchio)

Foto di Antenore Malatesta, dal sito https://ssl.panoramio.com   Dal sito www.sarsina.info   Dal sito www.gruppofunghieflora.it

«NForse non a tutti è nota l’esistenza e conosciuta la storia del Castello di Casalecchio, unico castello nella Valle del Savio, ubicato in parrocchia di San Martino in Appozzo, nel Comune di Sarsina, a 403 metri sul livello del mare. Per arrivare al castello da Sarsina si va in direzione Bagno di Romagna. Dopo circa 1,5 km si prende il bivio a sinistra in direzione San Martino-Monteriolo-Tavolicci, si percorrono 2,5 km e si arriva al bivio per il castello, contrassegnato dal cartello “Casalecchio”. Le prime notizie certe si hanno nel 1179, quando apparteneva al vescovo di Sarsina. Recenti studi collocano la costruzione dell’elegante edificio nel corso dello stesso dodicesimo secolo. Nel 1327 fu dato in feudo a Riccardo Rigoni di Monteriolo, ma ritornò alla Chiesa di Sarsina nel 1350, alla sua morte. Nel 1371 apparteneva al giovane Antonio Succi e c’erano “8 fuochi”, vi abitavano cioè 8 famiglie. Nel 1373 ritornò al Vescovo che lo consegnò definitivamente ai conti Bernardini di Rimini nel 1420. L’ultima contessa, Antonia Bernardini, morì nel suo castello “per morbo apoplettico” il 19 agosto 1800, all’età di 72 anni, come leggiamo nel “Libro dei morti” della parrocchia di San Martino in Appozzo. L’attuale proprietario, Angelo Marini di Sarsina, racconta: “I nostri antenati provenivano da Quarto, dove nel 1812 ci fu la rovinosa frana che distrusse tutta la frazione. I quattro fratelli si divisero: uno rimase a Quarto, uno si trasferì Sarsina, uno a Tomba mentre Annibale Marini acquistò il castello di Casalecchio, passato poi di padre in figlio fino a noi. ...”.

Ciò che colpisce subito il visitatore è certamente la maestosità del palazzo, chiamato dalla gente “il palazzo dalle 100 finestre” anche se sono un po’ meno, l’ampiezza del cortile, con la cappella dedicata a San Nicola e il grande pozzo, che fanno percepire un’atmosfera austera e quasi claustrale. La campana, posta nel campaniletto a vela, venne fusa dalla ditta Balestra di Longiano nel 1826 ed è firmata da Annibale Marini. L’ingresso della Cappella è affrescato con l’emblema raggiante di Cristo “IHS” e lo stemma dei Bernardini, con due leoni e il leccio, una pianta un tempo molto numerosa in questo luogo, che ha dato il nome alla località “Casalecchio”. All’interno desta interesse il grande camino in pietra lavorata, cinquecentesco, posto nel salone di 70 metri quadrati su cui è scolpito lo stemma coronato dei Bernardini, dove vi son raffigurati due lecci, due aquile e tre stelle. Il bordo è tutto riccamente ornato, compresi i due finti bracieri in pietra posti a sinistra e a destra. Sulle pareti c’erano affreschi, dei quali si vede qualche traccia, che però sono andati perduti. Diverse stanze hanno le volte decorate e vi si trovano vari camini “minori” ma pur sempre degni di nota. Curiosa la piccola stanza-dispensa ritornata alla luce da qualche decennio, era infatti murata. Al piano terreno la grande cucina con ampio forno e camino, non usati da tempo, testimonia la presenza di tante persone residenti. Meritano una visita anche le ampie cantine e le stanze per il ricovero degli animali, con mangiatoie ben conservate. Ultimamente lo stabile ha ospitato una mostra del sarsinate Lucio Cangini ...».

http://www.corrierecesenate.com/2009/10/16/l’unico-vero-castello-della-valle/


San Martino in Appozzo (palazzo baronale del Piano)

Dal sito www.sarsina.info   Dal sito www.sarsina.info

«Memorie storiche, bellezze paesaggistiche e attività sportive chiamano il turista sulla strada di San Martino-Monteriolo, che all'altezza della fabbrica Vossloh lascia la statale e scende sul Savio, risalendone il versante dentro. A km 3 da Sarsina s'incontra l'antico terrazzo fluviale, lussureggiante di messi e di erbe. Il Piano faceva parte della contea di Massa-Casalecchio, che ebbe proprio qui, nel Cinquecento, un comodo palazzo residenziale, ampliato poi nel Settecento con graziose loggette e adibito oggi a ristorante e albergo. Da un ampio prato alberato si accede al palazzo. Nell'atrio si fanno notare tre botole rotonde, un tempo comunicanti direttamente ai capaci tini delle cantine per il rapido passaggio di uve e mosti. Nelle stanze centrali del pianterreno i camini guardano ancora i bei soffitti a volta rinascimentali, che poggiano su decorative mensoline, illustranti alternativamente il leccio e l'aquila dello stemma gentilizio dei Bernardini. Nelle ali estreme del pianoterra i soffitti (in legno di ciliegio) ricordano, invece, l'ampliamento settecentesco di cui si è fatto cenno. La cappelletta di San Carlo Borromeo, ubicata al pianterreno e comunicante con l'esterno, fu costruita nel 1733 dal conte Ferrante Bernardini della Massa. La tela dell'altare raffigura la Madonna e i santi Carlo e Francesco; è opera del pittore Giuseppe Milani. Il salone del primo piano conserva decorazioni pittoriche barocche, porte dipinte e un grande camino. Ma è la minuscola alcova il vero gioiello dell'edificio per le vivaci figure delle tre scene bibliche affrescate nel 1755 dal pittore cesenate Vincenzo Giovannini: Lot con le due figlie, Tobia che interviene sul padre cieco, Abramo che scaccia Agar. Ancora un motto latino augura con gentile saggezza la "buona notte" e il "buon giorno": Sit nox cum somno - sit sine nocte dies (sia la notte col sonno - sia il giorno senza la notte). L'alcova s'apre sulla loggetta di ponente, dominata a un tiro di schioppo dal primario castello di Casalecchio, che il riminese Martino Bernardini ricevette per meriti di guerra, da Guidubaldo II d'Urbino, unitamente al titolo di conte della Massa e di Casalecchio».

http://www.sarsinaturismo.it/palazzo-baronale-del-piano


Sarsina (torricini vescovili)

Dal sito www.sarsina.info   Dal sito www.appenninoromagnolo.it

«Sulla Strada Nazionale, precisamente in Viale Matteotti, si schierano i secenteschi "torricini", fatti innalzare dal vescovo conte a difesa della sua residenza sui ruderi delle mura romane. A queste, infatti, pare si debbano riferire e datare i grossi blocchi di arenaria che sporgono, nel primo tratto, a fior di terra. Blocchi simili, trovati nelle fondamenta di una rocca medioevale in Calbano, incoraggiano l'ipotesi che le mura civiche si fossero arrampicate fin sulla vetta dell'acropoli umbra-romana. La passeggiata continua per viale Matteotti, sul tracciato dell'antica circonvallazione che delimitava a valle, coi suoi inaccessibili strapiombi rocciosi, la (propriamente detta) Sassina romana. L'occhio, da qui, può tuffarsi sull'onda vetusta del Sapis e vagare fantasticamente in Pian di Bezzo a disseppellire i marmi della superba strada monumentale, fuggitiva sul pianoro di Romagnano, ai piedi di Sapigno, verso Cesena e il porto militare di Classe. Il cimitero urbano e il verde chiassoso del campo sportivo ci riportano alla Sarsina moderna, ma per poco. Salendo verso il centro dell'abitato attraverso l'ingresso sud, ci ferma sulla sinistra, a un passo da via Guerrin Capello, la cosiddetta "Casa di Plauto"».

http://www.sarsinaturismo.it/i-torricini-vescovili


Savignano sul Rubicone (castello di Ribano)

Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it   Dal sito www.spalletticolonnadipaliano.com   Dal sito www.emiliaromagna.beniculturali.it

  

«Il Castello si trova sulle prime colline verso Sogliano al Rubicone. Si pensa che il toponimo di Ribano derivi dal latino robinus, nome di una pianta da cui si ricavavano colori per la tintura. Le prime notizie che citano un Castrum Gaii o Gabii, risalgono al 1037. In quell'anno Corrado I fece dono della primitiva costruzione al Monastero di S. Apollinare in Classe. Fino ai primi anni del '500 in quel luogo, dove nel frattempo era stata eliminata la costruzione fortificata, sappiamo dell'esistenza di un piccolo oratorio di competenza riminese. I monaci di Classe tornarono in possesso del luogo, e verso il 1580 eressero una costruzione per metà fortezza e per l'altra metà convento, ove i monaci stessi erano soliti passare alcuni periodi dell'anno in virtù dell'aria più salubre delle colline. Oltre che alla vita spirituale, i monaci erano dediti anche ad attività agricole, in particolare alla coltivazione della vite, negli oltre trenta poderi (circa 300 ettari) nei territori limitrofi alla città di Savignano. Il Castello con la Rivoluzione Francese cambiò diversi proprietari, fino al Conte Gioachino Rasponi, nipote del re di Napoli, e, attraverso diversi matrimoni, all'attuale proprietario dottor Giovanni Colonna Principe di Paliano, nipote del Conte Gianbattista Spalletti. La misteriosa origine del castello ha alimentato una serie di racconti, a metà tra storia e leggenda. Si dice, infatti, che gli abitanti delle zone circostanti chiudessero le figlie femmine in casa, quando avevano certezza dell'arrivo dei frati da queste parti. A quanto pare i frati, comunque, non hanno mai cessato di frequentare queste generose terre e continuano ad apparire di notte, forse proprio per sorprendere i coloni delle campagne circostanti. Il Castello oggi è sede dell'importante azienda vitivinicola Spalletti, che produce e vende vini tipici della Romagna e olio. Recentemente è stata costruita una moderna cantina, che affianca l'imponente mole del castello, la cui corte viene anche utilizzata per ricevimenti e feste».

http://www.terredelrubicone.it/italiano/edifici-scheda.php?id=136


Sorrivoli (castello)

a c. di Renzo Bassetti


Teodorano (castello)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it

a c. di Renzo Bassetti


TERRA DEL SOLE (castello del Capitano delle Artiglierie)

Dal sito www.residenzedepoca.it   Dal sito www.castellocapitano.com   Dal sito www.ville-ricevimenti.com

«Il Castello del Capitano delle Artiglierie sorge nel dolce paesaggio collinare del preappennino Tosco-Romagnolo presso le terme di Castrocaro nell’entroterra della Riviera Adriatica. Fa parte integrante della città fortezza di Terra del Sole, rarissimo esempio, perfettamente conservato, di città ideale edificata per volere di Cosimo I dei Medici nel 1564 da Baldassarre Lanci. Il castello, posto sulla strada che da Firenze, nel Granducato di Toscana, conduceva a Forlì nello Stato pontificio, presidiava la porta Fiorentina della cittadella ancora oggi divisa nei due borghi Fiorentino e Romano che si affrontano la prima domenica di settembre a colpi di balestre ed in abiti rinascimentali per conquistare il Palio di S. Reparata. Nato come struttura militare si offre oggi ai visitatori con i suoi saloni dai soffitti lignei a cassettoni o arricchiti da affreschi di Felice Giani, e con le cantine Medicee e l’osteria dove tra gli alambicchi in rame di fine settecento si possono gustare le specialità eno-gastronomiche tosco-romagnole. Le gallerie dove vi erano i posti di guardia i depositi del sale e la vecchia peschiera , oggi vengono utilizzate per eventi, conferenze e convegni, mentre dal grande terrazzo che domina un parco pensile di un ettaro, ieri spazio di manovra e oggi rifugio dei frutti dimenticati, i fortunati ospiti dell’unica suite possono godere la luna piena che illumina le colline verso Firenze.

Il fondatore e l’architetto. Il Granduca di Toscana Cosimo I (1519-1574), dotato di straordinarie capacità di governo, fu anche un raffinato amante dell’arte e un grande mecenate. Tra le varie opere da lui promosse si ricorda la creazione degli Uffizi, originariamente destinati ad ospitare gli uffici di stato e di palazzo Pitti, che divenne la residenza ufficiale dei Medici. Portò inoltre a compimento il meraviglioso giardino di Boboli, parco della residenza granducale, e sostenne molti artisti, tra cui Benvenuto Cellini, Giorgio Vasari, Agnolo Bronzino. Intraprese anche ampie ricerche di manufatti etruschi a Chiusi, ad Arezzo ed in altre città. Fu il Granduca in persona, recatosi in terra ora di Romagna nel 1554 e nel 1558, a designare il luogo in cui sarebbe sorta la nuova città. La fondazione avvenne nel 1564. Il progetto fu affidato all’architetto Baldassarre Lanci, originario di Urbino, a servizio del granduca come ingegnere delle fortezze. Come molte personalità della sua epoca, fu genio universale: oltre a progettare sei fortezze in Toscana, la Valletta a Malta fu architetto civile, religioso, botanico, ingegnere idraulico, pittore e scenografo. Terra del Sole o Eliopoli (città del sole) fu il suo capolavoro.

Il Castello del Capitano delle Artiglierie. Il Castello sovrasta la porta Fiorentina (cioè quella rivolta verso Firenze) che era difesa da un ponte levatoio -posto a metà del ponticello ad arcate in cotto - da una robusta porta in ferrata da una saracinesca e da un sistema di caditoie (aperture dalle quali si faceva cadere sugli assalitori liquidi bollenti, sassi o proiettili infiammati). Il complesso originale comprende: il quartiere del capitano, un insieme di ambienti di residenza e di rappresentanza con soffitti lignei splendidamente dipinti e datati 1587, l’Armeria costituita da un’officina e da un deposito di armi leggere, quali archibugi, picche, alabarde e spade; una galleria di attraversamento che sovrasta ed interseca quella della porta, la quale a sua volta consentiva alla guarnigione di spostarsi da un bastione all’altro senza attraversare il Castello. Vi sono poi tre diversi ambienti che erano destinati al corpo di guardia uno,sotto la porta per il corpo di guardia di giorno, uno in un ambiente al di sopra della porta per il corpo di guardia di notte e un terzo nell’androne per il corpo di guardia di sosta. Qui i soldati sostavano per dare il cambio a quelli di guardia alla porta, a lato di questo padiglione (alto 14,90 mt) vi sono le prigioni militari ancora oggi si possono vedere i segni fatti dai prigionieri. Il prospetto interno del castello di forma angolata e stellata è incoronato da un ballatoio sorretto da mensole in pietra e da archetti in cotto, che anticamente era usato dalle sentinelle di ronda. Il Castello che negli anni è sempre stato di proprietà privata è splendidamente conservato e vissuto per poter tramandare nei secoli la grandezza dei Medici».

http://www.castellocapitano.com/w/about-us


Terra del Sole (castello del Governatore o del Capitano della Piazza)

Dal sito www.terradelsole.org   Dal sito www.mondodelgusto.it

«Il Castello del Governatore (o del Capitano della Piazza), posto a difesa della Porta Romana che guardava verso i territori dello Stato Pontificio, è un forte stellato con impianto e prospetti interni ed esterni analoghi ma rovesciati rispetto al Castello del Capitano delle Artiglierie che domina la Porta Fiorentina. Il mastio del Governatore assumeva questa denominazione dal Quartiere ove aveva alloggio il Comandante della Piazza, anch’esso facente corpo unico con la Porta Romana. Le caratteristiche principali di queste due bellissime edificazioni sono il totale inglobamento col sistema difensivo di Terra del Sole, primariamente costituito dalle mura e dalle oltre 50 bocche da fuoco distribuite sopra le stesse e nelle cannoniere delle casematte, oltre che la particolare forma stellata caratterizzata da corpi architettonici avanzati e spigolati, coronati da un’amplissima gronda e da un sottostante ballatoio, sorretto da mensoloni in pietra e da archetti in cotto. La forma severa e maestosa del Castello ed il fatto che le Porte non siano in asse con i Borghi era dovuto a ragioni militari di tattica difensiva, poiché se l’eventuale nemico fosse riuscito a superare la porta, oltrepassando indenne il ponte, abbattendo i portoni ferrati e le saracinesche e affrontando le caditoie, avrebbe dovuto ancora sottostare al tiro congiunto degli archibugieri annidati sui ballatoi e dietro le feritoie degli spigoli del Castello e appostati sulle case a schiera. La posizione e la forma del Castello, così come tutte le altre costruzioni attigue non è dunque né casuale né meramente estetica, ma risponde ad un preciso calcolo tattico e prospettico, poiché consentiva di controllare ancora più rigorosamente l’accesso alla città-fortezza e di situare i castelli non come fondali puramente scenografici, ma a sbarrare ulteriormente l’accesso all’abitato Nel Castello del Governatore, indicato dal Warren come “Magazzino d’Utensigli da Guerra”, oltre che le residenze del Capitano, vi erano i seguenti depositi militari: magazzino del Carbone di nocciolo; magazzino del salnitro, zolfo e miccia, palle da stioppe; magazzino delle palle da cannone e mulino a vento; magazzino sotterraneo accanto al pozzo; magazzino de’ corbelli e cavalletti da spingarda, olio di balsamo. Il corbello petriere era un cesto riempito di pietre che si lanciava dall’alto delle mura sugli assalitori. Vi erano inoltre diversi locali dedicati al deposito di archibugi, moschetti e forcine, picche e alabarde oltre che armature di vario genere. Una lunga galleria a volta reale indicata come “andito” attraversa il Castello nell’ammezzato a livello dei rampari, e consentiva ai soldati di passare da un bastione all’altro senza creare servitù per il castellano».

http://www.borgoromano.com/il-castello-del-governatore/


Terra del Sole (mura, bastioni, porte)

Dal sito www.appenninoromagnolo.it   Porta Fiorentina, dal sito www.terradelsole.org   Porta Romana, dal sito www.terradelsole.org

«Il sistema difensivo di Terra del Sole era profondamente avanzato per l’epoca per la sua complessità e compiutezza, tanto da costituire un vero e proprio esempio seguito anche lungo tutto il XVII secolo nella costruzione di fortezze simili in tutta Europa. Terra del Sole risponde pienamente ai 10 canoni fissati da Domenico Mora nel suo trattato “Il Soldato”, scritto nel 1570, nel quale cita più volte ad esempio la cittadella medicea concludendo che “con questi riguardamenti edificandosi alcuna Fortezza, fermissimamente si potrà dire inespugnabile”. Le mura costituiscono il primo grande elemento di innovazione tipico delle fortificazioni alla moderna: il diffondersi delle armi da fuoco ed in particolare delle artiglierie pesanti, resero gli antichi castelli deboli e indifesi contro queste nuove armi. Le fortezze medievali infatti avevano generalmente torri alte e merlature sulle mura che i forti colpi dei cannoni avrebbero facilmente abbattuto, facendoli crollare sugli stessi difensori. Le mura di Terra del Sole hanno invece al loro interno un massiccio terrapieno rinforzato con contrafforti a pettine, che avrebbe resistito senza dubbio ai colpi dei cannoni. La cinta muraria ha un perimetro di oltre 2 chilometri, con altezza media di circa 12 metri, lungo tutto il quale correva il cammino di ronda dei soldati. Negli spigoli delle mura ci sono 4 bastioni i cui nomi sono dedicati a: Santa Reparata, Santa Maria, Sant’Andrea e San Martino. I quattro bastioni (detti anche baluardi) sono connessi da altrettante cortine, ovvero mura rettilinee che congiungono i bastioni stessi. La lunghezza delle cortine non è casuale, poiché avrebbe permesso anche ad un archibugiere di poter difendere l’intera lunghezza della cortina stessa con la propria arma. I bastioni sono costituiti da diverse parti: Faccia: murature rettilinee e parallele alle linee di tiro dei cannoni posti nelle cannoniere. Fianco: brevi muri che collegano le facce con le guance. Guancia: muro che congiunge il fianco con l’orecchione. Essendo la parte più nascosta e meglio difesa, vi è ubicata la “portella” una porta segreta posta nella “sortita”. Orecchione: è la parte di fianco ritirato ove erano posti i “pezzi traditori”, ovvero artiglierie che attaccavano con un tiro incrociato, rimanendo allo stesso tempo protetti dai fianchi. Cavaliere: è la parte più alta di Terra del Sole, così chiamata poiché a cavallo delle cortine. Consiste in un piazzale a terrazzo armato di cannoni che difendevano le Porte».

http://www.borgoromano.com/il-sistema-difensivo-2


Terra del Sole (palazzo Pretorio)

Dal sito http://covenaant.com   Dal sito www.terradelsole.org

«Il Palazzo Pretorio, classico esempio di architettura rinascimentale, fu sede del Commissario generale per la Romagna Toscana e del Tribunale civile e criminale di prima istanza. Grandioso ed armonico edificio quadrangolare di m. 40 per lato, classico esempio di architettura rinascimentale, costruito in pietra locale, con elementi di pietra serena e cotto, a due piani. Le finestre del piano nobile, sono archivoltate, quadrate quelle al piano terra, tutte fasciate in pietra arenaria. Dalla piazza si accede all'interno del Palazzo attraverso un elegante loggiato a tre archi, con volte a crociera: il cortile delimitato da un triportico a due ordini, dorico e ionico, legati da un cornicione in cotto dentellato, al centro il pozzo, con arco in cotto da cui si ammira una singolare inquadratura prospettica. Le facciate e le logge sono decorate da numerosi stemmi scolpiti o dipinti, dei vari Commissari. Fu sede dei Commissari generali per la Romagna Toscana e del Tribunale civile e criminale di prima istanza e conserva tutt'ora un complesso sistema architettonico di celle 'segrete' a cui si accedeva da un'ardita scala chiocciola a doppia elicoide (di chiara ispirazione leonardesca). è sede della Pro-Loco di Terra del Sole e del Museo dell'Uomo e dell'Ambiente».

http://www.turismoforlivese.it/servizi/menu/dinamica.aspx?ID=6872


       

 

 

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