VITO
RICCI
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Bari (1071-1156), una città normanna ancora bizantina
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Sappiamo
della grande passione di Nino Lavermiccoca per
la sua città, dimostrata da anni di impegno su
parecchi fronti. Ma l’autore deve provare un
amore davvero particolare verso la Bari
bizantina, tanto da dedicarvi un secondo libro
sull’argomento dopo quello del 2003 (Bari
bizantina. Capitale mediterranea) che
narrava i fasti e le vicende della capitale dei
domini bizantini nell’Italia meridionale. Si
intitola Bari bizantina. 1071-1156: il declino (edito nel 2006 da Edizioni di
pagina, pp. 186, Euro 18,00) e vuole essere la
naturale prosecuzione del primo volume. Nel 1071
i Normanni conquistarono Bari ed ebbe fine la
dominazione bizantina, ma la città ancora per
quasi 90 anni restò nella sostanza bizantina:
fu nelle mani delle famiglia aristocratiche
bizantine, il rito greco continuò ad essere
praticato nella liturgia, si usava la moneta
greca, gli atti notarili venivano firmati da
funzionari bizantini che sottoscrivevano in greco
e ed erano talvolta intestati nel nome
dell’imperatore di Costantinopoli.
Lavermicocca è un bravo divulgatore ed abile
affabulatore, non manca mai di citare
puntualmente le fonti e la bibliografia e in tal
modo il testo non è solo destinato al grande
pubblico, ma anche agli studiosi. La lettura è
veloce, scorrevole e il lettore viene preso
nelle vicende narrate in modo vivo e vibrante.
Non guasta ogni tanto, sparsa qua e là, qualche
battuta, magari con riferimenti alla Bari di
oggi.
I
decenni successivi alla conquista normanna se da
un lato fecero perdere la centralità politica a
Bari, dall’altro furono molto intensi per
questa città: il tentativo dei Normanni di
conquistare Costantinopoli, la traslazione (o
meglio il furto) delle reliquie di S. Nicola che
fecero di Bari una delle mete dei pellegrinaggi
medievali e con l’abilità dell’abate Elia
divennero il nuovo elemento fondante
dell’identità barese, il concilio del 1098
alla presenza di papa Urbano II, la partenza per
la Prima Crociata cui parteciparono attivamente
i Baresi guidati dal principe Boemondo. E dopo
questo periodo storico così intenso, agli inizi
del XII secolo seguì un momento di vuoto nel
governo della città (per una serie di
circostanze non vi erano re, duchi, mancava
persino l’autorità del vescovo) che portò
alla ribalta Grimoaldo Alferanite che si proclamò
principe di Bari, laddove principe era da
intendersi primo fra pari, con il sogno di
trasformare la città in una repubblica marinara
alla stregua di Venezia, Pisa, Genova ed Amalfi,
all’insegna del suo Santo protettore era la
Res publica sancti Nicolai. Purtroppo il
sogno di Grimoaldo e di buona parte dei Baresi
durò poco e i Normanni, con re Ruggero II,
riconquistarono la città in mondo cruento.
Nel
libro diversi capitoli sono dedicati ad
argomenti come la vita quotidiana a Bari, i
vescovi e i santi, la basilica di S. Nicola e i
pellegrinaggi, le manifestazioni artistiche del
periodo. L’ultimo capitolo è riservato al
tentativo bizantino di riconquistare Bari e la
Puglia sottraendole ai pirati normanni portato
avanti dal basileus
Manuele Comneno, giovane, affascinante, di
grande abilità diplomatica e militare. Le
truppe bizantine, comandate dai generalissimi
Michele Paleologo e Giovanni Doukas, riuscirono
a conquistare la Puglia ed entrarono a Bari, ove
era un forte partito antinormanno. I Baresi
distrussero il castello fatto erigere dai re
normanni, i quali ultimamente si erano
dimenticati della città adriatica preferendo la
siciliana Palermo. Ma la riconquista bizantina e
il sogno di un nuovo Catepanato si rivelarono
ben presto effimeri e i Normanni in un solo
giorno (28 maggio 1156) tolsero ai Bizantini
tutto quanto essi avevano guadagnato in un anno.
Brindisi fu saccheggiata e la vendetta del re
Guglielmo il Malo si abbatté su Bari: la città
fu quasi rasa al suolo per dare una lezione
esemplare ai ribelli baresi. Furono risparmiati
S. Nicola e il monastero di S. Scolastica, forse
su indicazione di Maione da Bari, grande
ammiraglio di Guglielmo, che aveva una sorella
badessa in quel convento. Maione assisté
impassibile, senza proferire parola, di fronte
alla distruzione della città che gli aveva dato
i natali.
Il
libro di Lavermicocca esamina un periodo
cruciale della storia di Bari, caratterizzato
dalla fine dell’egemonia politica e
l’ingresso forzato ad opera dei Normanni nella
sfera occidentale con un forte processo di
latinizzazione, quasi una rimozione di due
secoli di appartenenza bizantina, e la fine di
quel melting
pot che aveva caratterizzato gli anni della
bizantinocrazia. È anche il momento in cui, con
la traslazione delle reliquie di S. Nicola, si
fonda, grazie al lungimirante abate Elia, una
nuova identità barese nel nome di S. Nicola. A
Bari non più un primato politico, ma quello
religioso con il più bizantino di tutti i
santi.
Vito
Ricci
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